Il "test del DNA", a volte, può indurre in errore

Aperto da Eutidemo, 04 Novembre 2021, 14:02:59 PM

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Eutidemo

Come è noto, soprattutto nei casi di omicidio e di suicidio, il "test del DNA", assieme a quello "dattiloscopico", è considerato la cosiddetta "prova regina" dell'accusa; ed infatti, come si suol dire, "tanto va la gatta al lardo, che ci lascia lo zampino".
Questo deriva dal fatto che ogni essere umano ha un proprio codice genetico scritto  "indelebilmente" e "inconfondibilimente" nel Dna, presente in ogni cellula del suo corpo, il quale è in grado, in linea di principio, di identificarlo in maniera assolutamente univoca; per cui eventuali tracce di DNA lasciate sull'arma del delitto, individuano in modo "quasi" certo chi ne ha fatto uso.
Tuttavia, il "test" in questione, ha alcuni "punti deboli": uno dei quali, come vi racconterò, stava per causare un colossale "errore giudiziario" in uno dei processi criminali più famosi della nostra storia.

IN GENERALE
In generale, circa i "punti deboli" del "test del DNA" si tenga presente quanto segue:

a)
In primo luogo, circa lo 0,2% della popolazione europea, è costituita da "gemelli  monozigoti", i quali hanno esattamente lo stesso codice genetico: per cui, nel loro caso, il "test del DNA" è completamente inefficace.

b)
Nel restante 99,98%, invece, il "test del DNA" è indubbiamente efficace; a condizione, però, che, sull'arma del delitto (o in altri luoghi rilevanti ai fini dell'accertamento del crimine) se ne trovino tracce sufficienti per poter effettuare un confronto davvero soddisfacente.

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In alcuni casi molto particolari, però, sebbene si trovino tracce sufficienti per poter effettuare un confronto davvero soddisfacente, si rischia lo stesso di cadere in errore; come nella vicenda che qui di seguito vi riporto.

IL CASO DI CLAUDIA ORNESI
Nel famosissimo caso di Claudia Ornesi e della figlia, che vennero ritrovate morte a causa del gas di alcune "bombolette da campeggio" dopo che erano state "narcotizzate" con una dose massiccia di "xanax", ad un certo punto del processo, dalle analisi dei periti, risultò che:
- sui dieci "blister" aperti per prelevare le 95 pasticche di sonnifero, non c'era alcuna impronta digitale o tracce di DNA del presunto assassino Maurizio Iori;
- su uno di tali "blister", invece, si trovarono indubbie tracce di DNA di Claudia Ornesi, per cui, sul momento, sembrò più probabile che si fosse trattato di un suicidio.

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Nonostante che, sul momento (non solo nel processo, ma anche sulla stampa) stesse prevalendo tale tesi, io non ero affatto convinto della cosa.
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Ed infatti, almeno secondo me:

a)
La circostanza che sui dieci "blister" non ci fosse alcuna impronta digitale o tracce di DNA del presunto assassino Maurizio Iori, non dimostrava assolutamente "niente"; ed infatti è "ovvio" che, se io intendo drogare qualcuno con del sonnifero, per poi ucciderlo col gas, i "blister" li apro con i guanti, e non certo a mani nude.

b)
Inoltre, se, nel ruolo di "killer", intendo simulare il suicidio della mia vittima, non posso certo limitarmi ad evitare di lasciare le mie tracce sui "blister", ma devo necessariamente far sì che su di essi appaiano le tracce della vittima; ed infatti è quasi impossibile che uno si si suicidi aprendo dieci "blister" di sonnifero, senza lasciarci sopra la benchè minima traccia corporea (visto che lui non ha nessuna ragione di aprirli con i guanti).

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Per cui, secondo me, il DNA di Claudia Ornesi su uno dei "blister", avrebbe benissimo potuto "trasferircelo"  l'assassino, facendolo venire in contatto con una mano della morta; semmai ero rimasto un po' sorpreso per il fatto che tali tracce ci fossero soltanto su un "blister" (ma questo me lo spiegavo con la fretta che angoscia qualunque assassino).
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Successivamente, peraltro, durante la seconda udienza, il dottor Lupi, "medico legale" della polizia, ammise:
- di aver prima toccato, con i suoi guanti in "nitrile" il corpo senza vita di Claudia Ornesi;
- quindi, senza cambiarsi tali guanti, di aver toccato uno dei blister trovati allineati sul tavolo della cucina della casa di via Dogali.
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A questo punto, in aula, si innescò una accesa diatriba tra i "periti genetici":
- Roberto Giuffrida e Sebastiano Gugliandolo per l'accusa;
- Nicola Cucurachi per la parte civile;
- Marzio Capra per la difesa (ex vice comandante del Ris).
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Ed infatti, il giudice Pierpaolo Beluzzi chiese loro:
"E' possibile che una persona che tocca i cadaveri abbia trasferito le tracce sul blister?".
E Giuffrida risponde: "Non si può escludere!".
Replica di Capra: "Bisogna vedere come è stato toccato il blister".
Allora Beluzzi lo incalza: "Se io faccio pratica di rianimazione con i guanti, posso poi lasciare tracce, sì o no?".
"Certamente che si può", ha ammesso il consulente della difesa, "però i guanti in uso al 118 hanno una scarsissima possibilità di assorbimento; per cui è abbastanza raro che ciò avvenga".
Marzio Capra per la difesa, è stato vice comandante del RIS, quindi è una fonte sicuramente attendibile, anche se "di parte"; però "raro" non vuol dire "impossibile".
Altra domanda di Beluzzi: "Come vi spiegate che sugli altri blister non sia stata trovata alcuna traccia?".
Per Capra "E' normale, perché non tutto dà un profilo genetico!".
Cucurachi della parte civile ha replicato: "Sì, è vero, il quantitativo di Dna era scarso, ma poiché la pressione è la stessa su tutti i blister, ci si sarebbe dovuti attendere un risultato analogo su tutti".
Secondo me, ha senz'altro ragione Cucurachi.
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In ogni caso, a mio parere, i casi sono due:
- o, come continuo a pensare, è stato l'assassino a trasferire "volontariamente" il DNA della vittima su almeno uno dei "blister" (io, al posto suo, avrei fatto sicuramente così, ma su tutti i "blister").
- oppure è stato il medico legale  a trasferire "involontariamente" il DNA della vittima su uno dei "blister".
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In ogni caso, tali tracce, a mio parere, non costituivano assolutamente un indizio a favore di Maurizio Iori; benchè, obbiettivamente, ce ne fossero altri in suo favore, non adeguatamente considerati dai giudici.
Comunque Maurizio Iori è stato condannato definitivamente in Cassazione; e, tutto sommato, sia pure con qualche residua perplessità, penso che la sentenza sia stata giusta.
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