I cafoni viggono nel brigante il vindice dei torti a loro inflitti dalla società

Aperto da cvc, 27 Dicembre 2016, 11:15:16 AM

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cvc

Cesare Lombroso, il pioniere della scienza criminale, attribuiva questa frase (il titolo di questo topic) ad generale che partecipò alla celebre convocazione del parlamento sul brigantaggio, di poco successiva all'unità.
Fin troppo esplicita appare qui la giustificazione morale che a maggior ragione nei tempi attuali viene solitamente accompagnata ai reati vari. Quindi la valanga dei luoghi comuni: "Le multinazionali sono disoneste, fa bene chi ruba nei supermercati". "Non mi danno la pensione, bravo chi non paga le tasse". "Mi hanno dato la multa, giusto aggredire le forze dell'ordine".
Da qui nasce una sorta di sentimento apologico nei confronti dei delinquenti, che sarà pure una brutta parola, ma come lo vogliamo chiamare chi delinque? Da qui anche una specie di peccato originale nella coscienza comune, dobbiamo portarci sulle spalle la croce e la colpa di una società ingiusta che fa figli e figliocci. E noi fortunati come ci permettiamo di puntare il dito sui delinquenti, che non sono altro che le vittime di una società ingiusta?
Poi si rischia di cadere da un giustificazionismo ad un altro, si rischia di diventare forcaioli. Ma a dire il vero su questa categoria c'è già una certa guerra preventiva, chi auspica la legalità con intransigenza viene infatti subito bollato come fascista. Ma se uno in cuor suo sa di non aver mai fatto del male ad una mosca, perché deve portarsi dietro la croce e la colpa di una società ingiusta che - proprio perché ingiusta - deve essere indulgente coi farabutti (e mi scuso per quest'altra brutta parola)?
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

acquario69

Citazione di: cvc il 27 Dicembre 2016, 11:15:16 AM
Cesare Lombroso, il pioniere della scienza criminale, attribuiva questa frase (il titolo di questo topic) ad generale che partecipò alla celebre convocazione del parlamento sul brigantaggio, di poco successiva all'unità.
Fin troppo esplicita appare qui la giustificazione morale che a maggior ragione nei tempi attuali viene solitamente accompagnata ai reati vari. Quindi la valanga dei luoghi comuni: "Le multinazionali sono disoneste, fa bene chi ruba nei supermercati". "Non mi danno la pensione, bravo chi non paga le tasse". "Mi hanno dato la multa, giusto aggredire le forze dell'ordine".
Da qui nasce una sorta di sentimento apologico nei confronti dei delinquenti, che sarà pure una brutta parola, ma come lo vogliamo chiamare chi delinque? Da qui anche una specie di peccato originale nella coscienza comune, dobbiamo portarci sulle spalle la croce e la colpa di una società ingiusta che fa figli e figliocci. E noi fortunati come ci permettiamo di puntare il dito sui delinquenti, che non sono altro che le vittime di una società ingiusta?
Poi si rischia di cadere da un giustificazionismo ad un altro, si rischia di diventare forcaioli. Ma a dire il vero su questa categoria c'è già una certa guerra preventiva, chi auspica la legalità con intransigenza viene infatti subito bollato come fascista. Ma se uno in cuor suo sa di non aver mai fatto del male ad una mosca, perché deve portarsi dietro la croce e la colpa di una società ingiusta che - proprio perché ingiusta - deve essere indulgente coi farabutti (e mi scuso per quest'altra brutta parola)?

se non ho capito male l'argomento..penso che chi si autogiustifica commettendo a sua volta un ingiustizia non fa altro che auto-alimentare lo stesso circolo vizioso di cui diventa vittima.

se la società e' disonesta e se "alla fine della filiera" esiste un apparato gigantesco votato alla disonesta credo dipenda dal fatto che cio sia stato permesso e in qualche modo giustificato.

esempio banale;
molti buttano le cose per terra..e poi li senti lamentare che dove vivono e' sporco
 

baylham

La giustificazione della delinquenza è dovuta alla dissociazione tra la morale individuale e la legge pubblica, un fatto inevitabile. L'individuo e la società sono necessariamente conflittuali, altrimenti non ci sarebbe alcun bisogno di morale e di leggi. 

Se non sbaglio i briganti meridionali erano contadini o figli di contadini, renitenti alla leva obbligatoria imposta da uno stato occupante. Chi scegliere tra Robin Hood e lo sceriffo di Nottingham? Il legalismo non è per me un buon criterio di giustizia.

Jacopus

Un argomento complesso. Senza dubbio. Per semplificare (si fa per dire), si può usare il binomio escluso/incluso. Chi commette un reato si pone convenzionalmente al di fuori, è escluso...Spesso questa esclusione opera sulle parti meno forti e più estranee della società. La definizione di reato, che cambia nei tempi e nelle società, è una normalizzazione. Molte società primitive comminavano la pena dell'esilio e in Grecia vigeva ad esempio l'Ostrakon. Nel medioevo si sono inventati pene più pittoresche ma in ogni caso la divisione era netta. I buoni e i cattivi erano separati, spesso per sempre, e ai buoni non veniva chiesta pietà o "portare la croce" come dice CVC.
Portare la croce è un richiamo interessante. Gesù fu crocifisso insieme a due ladroni. Era a tutti gli effetti un delinquente, e fu condannato dal potere temporale di allora. E' stato Gesù il capostipite di tutta questa confusione moderna insieme ad una sua sorella maggiore, una certa Antigone.
Gesù con il suo sacrificio dichiara di essere fuori dalla legge e nel suo insegnamento c'è spesso la tensione universalistica a riaccogliere gli ultimi, gli stranieri, si menzionano anche i nemici e i carcerati. La colpa viene diffusa su tutti e in una dimensione storicizzata. Questa è un tema particolarmente rivoluzionario del cristianesimo che, volenti o nolenti, condiziona ancora oggi le nostre società europee. Un tema contro cui si è scagliato vivacemente Nietzsche.
L'evoluzione storica verso la confusione dei ruoli (chi delinque e come) ha fatto il resto. Una parte importante l'ha avuta ovviamente il marxismo, che ha indicato nel sistema capitalistico il massimo dei delinquenti. Ma il positivismo non è da meno, anche se da una angolazione diversa. Nasce proprio da Lombroso (che era un medico, come Freud) l'intento di considerare il delinquente un soggetto clinico, e sulle sue orme si sviluppa un imponente processo teso a curare e riabilitare il delinquente, e i pazienti non sono più i "cattivi". Non esente da questa modifica anche il capitalismo che vuole regolare e classificare, far rientrare il mondo in una gabbia d'acciaio, dove ognuno abbia un proprio ruolo e dove il delinquente possa essere "sfruttato" in modo mercantile, piuttosto che escludendolo o peggio ancora "giustiziandolo".
Si sviluppano ad ogni modo anche le analisi che confermano come sistemi penali più rigidi incrementino la delinquenza piuttosto che contenerla e questo aumenta ancor più quel vago senso di colpa di cui parla CVC.
A mio modestissimo parere dividere il mondo in buoni e cattivi fa sempre male al mondo, perchè ognuno di noi è collegato agli altri. Tutti noi siamo storia individuale ma anche storia collettiva e sociale. Faccio un esempio di illegalità minore. In alcuni quartieri si parcheggia in doppia fila...il deviante è l'automobilista o lo speculatore edilizio che non ha fatto parcheggi sufficienti? E' l'automobilista o l'azienda di trasporto pubblico che per svariati "oscuri" motivi non offre un servizio dignitoso? E' l'automobilista o l'assenza di un servizio di vigilanza, poichè il personale per clientelismo, lassismo e nepotismo è imboscato negli uffici? E' l'automobilista o un processo culturale di indottrinamento secondo il quale possedere un automobile è il lasciapassare verso la società degli eletti? Però è anche l'automobilista, perchè avrebbe potuto parcheggiare più avanti e farsi un chilometro di strada a piedi.
D'altro canto lo speculatore edilizio ha tutto l'interesse a concentrare l'attenzione sull'automobilista, poichè così non si vede la tangente che ha pagato all'amministratore pubblico per poter costruire sopra un parcheggio ben poco redditizio un altro condominio.
Su tutto ciò non sono neppure d'accordo con Baylham. Lo stato di diritto è un artificio ma un artificio che ci può difendere dalla violenza del potere. Laddove la giustizia viene considerata qualcosa di diverso dalla legge costituita fioriscono gli stati autoritari in meno che non si dica. Come forse qualcuno saprà, in Germania all'epoca del nazismo, vigeva il Volksrecht, ovvero dei principi vaghi di patria, sangue e razza che potevano giustificare qualsiasi nefandezza e sovrastare ogni norma positiva.
La risposta finale al quesito di CVC è quindi che sì, effettivamente dobbiamo portare questa croce e che questa croce è un ottimo antidoto a tutte le teorizzazioni amico/nemico che di solito si collegano a notevoli spargimenti di sangue. Però, in quanto ancora (ancora?) figli del positivismo possiamo sperare di migliorare le cose, consapevoli del gran guazzabuglio che coesiste nel cuore di ogni uomo e di ogni società.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

paul11

Citazione di: cvc il 27 Dicembre 2016, 11:15:16 AM
Cesare Lombroso, il pioniere della scienza criminale, attribuiva questa frase (il titolo di questo topic) ad generale che partecipò alla celebre convocazione del parlamento sul brigantaggio, di poco successiva all'unità.
Fin troppo esplicita appare qui la giustificazione morale che a maggior ragione nei tempi attuali viene solitamente accompagnata ai reati vari. Quindi la valanga dei luoghi comuni: "Le multinazionali sono disoneste, fa bene chi ruba nei supermercati". "Non mi danno la pensione, bravo chi non paga le tasse". "Mi hanno dato la multa, giusto aggredire le forze dell'ordine".
Da qui nasce una sorta di sentimento apologico nei confronti dei delinquenti, che sarà pure una brutta parola, ma come lo vogliamo chiamare chi delinque? Da qui anche una specie di peccato originale nella coscienza comune, dobbiamo portarci sulle spalle la croce e la colpa di una società ingiusta che fa figli e figliocci. E noi fortunati come ci permettiamo di puntare il dito sui delinquenti, che non sono altro che le vittime di una società ingiusta?
Poi si rischia di cadere da un giustificazionismo ad un altro, si rischia di diventare forcaioli. Ma a dire il vero su questa categoria c'è già una certa guerra preventiva, chi auspica la legalità con intransigenza viene infatti subito bollato come fascista. Ma se uno in cuor suo sa di non aver mai fatto del male ad una mosca, perché deve portarsi dietro la croce e la colpa di una società ingiusta che - proprio perché ingiusta - deve essere indulgente coi farabutti (e mi scuso per quest'altra brutta parola)?
Kant scriveva la morale dentro di me e Fichte che la morale è personale, il diritto con la legge  è sociale e si esercita con il potere giuridico.
E' dialettico il rapporto fra individuo e società.Il delinquente, il derelitto e reietto è un fallimento sociale, perchè nella società perfetta non dovrebbero esistere, non dovrebbero esserci motivi che vi sia "dissociazione".
Allora il problema è sia morale/etico ,nel rapporto fra come pensa e vive la morale propria dell'individuo rispetto alla legalità del sociale e quindi di come il potere esercita il dovere di incarnare il diritto con il magistrato che giudica e commina la pena e il legislatore che sancisce la legge e ancora di chi il potere socialmente costruisce la giustizia sociale fra il ricco e il povero, oppure se socialmente aumenta le differenze.
Quindi il  reietto sociale lo è o moralmente o socialmente, o è scelta di una volontà per seguire la propria morale oppure è dato dalle condizioni sociali economiche che condizionano la propria esistenza. Il potere ,che è stato sociale e stato di diritto, che quindi ha in sè la morale divenuta etica,diritto fino alla legge e nello stesso tempo dovrebbe socialmente unire il ricco e il povero nel patto sociale, di
fatto è lui stesso è dialettico per cui il diritto si modifica in funzione della morale individuale e della struttura economica che sono storia. poichè la morale che è individuale diventa rapporto fra morali anche nei diritti reali , nello scambio, nelle transazioni economiche

maral

#5
CitazioneMa se uno in cuor suo sa di non aver mai fatto del male ad una mosca, perché deve portarsi dietro la croce e la colpa di una società ingiusta che - proprio perché ingiusta - deve essere indulgente coi farabutti (e mi scuso per quest'altra brutta parola)?
Non la metterei nei termini di una "colpa", non c'è una colpa nella società, e ogni società si rivela nei suoi aspetti giusti o ingiusti nel rapporto condizionante verso ogni singolo individuo che quella società esprime nel suo specifico modo di vivere e sentire. Si tratta piuttosto di accorgersi del fatto che ognuno di noi, nel suo personale modo di essere onesto o farabutto è il risultato di un mondo collettivo che di necessità lo precede e che egli stesso, agendo in ragione di questa necessità, viene a mutare secondo una risultanza collettiva. Il vederla in questo modo non significa essere indulgente con i farabutti e men che meno con il proprio sé farabutto (che c'è sempre, anche nella persona migliore), ma tentare di comprendere la dinamica da cui i nostri modi di agire sono determinati e, alla luce di questa comprensione, trarre le conseguenze per le nostre azioni e i nostri modi di pensare. L'unica colpa (l'unico "peccato") sta nel sentirsi individualmente esentati da questa comprensione (una comprensione culturale, non morale), magari in virtù di meriti che si vogliono sentire come del tutto privati.
E' così che nel mito della storia, capita che il brigante di oggi sia l'eroe di domani, il restauratore della giustizia, che a sua volta finirà con l'avere a che fare a che fare con i briganti di domani, ossia i successivi redentori di giustizia.   

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