Giustizia: la trappola dei numeri "assoluti" e dei numeri "relativi"!

Aperto da Eutidemo, 10 Febbraio 2020, 13:40:59 PM

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Eutidemo

Ho sempre pensato che in Italia, in galera, ci finiscono prevalentemente i poveracci, mentre i ricchi la sfangano quasi sempre; e lo penso ancora.
Vedi:
https://m.dagospia.com/poveri-carcerati-in-italia-in-galera-finiscono-solo-i-poveri-i-ricchi-la-sfangano-sempre-132357

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So bene che si tratta di un "luogo comune", di cui io, per principio, diffido sempre; però , come mio solito, lo avevo sottoposto ad un accurato e doppio riscontro:
- sillogistico;
- sperimentale.

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Quanto al primo, il mio "sillogismo dimostrativo" era e resta il seguente (ovviamente "ceteris paribus" ed in via di principio):
a)
Chi è ricco, può permettersi gli avvocati "migliori"; cioè, quelli che, statisticamente, vincono più cause degli altri avvocati.
b)
Chi è povero, invece, non può permetterseli.
c)
Dunque, statisticamente, chi è ricco viene condannato con minor frequenza di chi è povero.

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Quanto al secondo, cioè al mio "riscontro sperimentale", mi sembrava che esso confermasse in pieno la mia deduzione logica; in quanto, effettivamente, è indubbio che in galera ci sono più poveracci che ricconi.

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Riflettendoci meglio, però, mi sono reso conto che, anche in questo caso, "forse" sono incorso in un duplice "bias cognitivo".
Ed infatti:

1)
In molti processi, il "tema decidendum" concerne proprio il fatto:
- se l'imputato si sia arricchito illecitamente o meno;
- se l'imputato si sia arricchito lecitamente ma occultando i suoi redditi reali.
Ad esempio, un soggetto che dichiara un reddito di 12.000 euro all'anno, al quale, però, il Fisco addebita un reddito di 12.000.000 l'anno, come vogliamo considerarlo: povero o ricco?
Tecnicamente, infatti:
- se viene assolto, dovremmo desumerne che era realmente "povero";
- se invece viene condannato, dovremmo desumerne che era realmente  "ricco", e che mentiva sulla effettiva entità del suo reddito.
Il che, nella fattispecie, contraddirebbe l'ipotesi di partenza, perchè avremmo un povero assolto ed un ricco condannato!
E' vero che potremmo basarci, in entrambi i casi, sull'entità della parcella legale che ha pagato al suo avvocato; però, a prescindere dalla circostanza che l'avvocato potrebbe aver sottofatturato l'onorario, non mi pare che sarebbe un criterio molto perspicuo a livello statistico.

2)
A prescindere da tale aspetto processuale, la maggiore "criticità", secondo me, sta nel mio troppo semplicistico riscontro sperimentale dei NUMERI: ed infatti io l'ho effettuato sui numeri "assoluti", mentre invece andava effettuato  sui numeri "relativi".
Mi spiego meglio: a prescindere dalla circostanza dell'accertamento se uno possa definirsi "numerariamente" "ricco" o "povero", basandosi, invece, "orientativamente" sulla tipologia di reato, possiamo plausibilmente "presumere" che:
- alcuni reati sono più tipici dei ricchi, come il delitto di "aggiotaggio" di cui all'art. 501 c.p. (rubricato "rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse azionarie"), ecc.
- altri reati, invece, sono più tipici dei poveri, come il reato dello "spaccio di droga da strada", di cui all'art. 73 del c.d. Testo Unico in materia di stupefacenti (che sanziona come reato qualsiasi attività di cessione e destinazione ad un'altra persona, anche a titolo gratuito, pure di una semplice canna), ecc.

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Ora, è OVVIO che in galera ci siano ben pochi condannati per "aggiottaggio", "falso in bilancio" (e simili reati da ricchi), perchè, ovviamente, i reati di tale tipo sono più rari dello spaccio da strada di droga; il quale è il reato più frequente, e, tipicamente (sebbene non necessariamente) da poveri.
Senza contare la circostanza che i "ricchi" in generale, veri o presunti tali, sono molto meno numerosi dei "poveri", veri o presunti tali; per cui è naturale che, sia nelle strade che nelle patrie galere ce ne siano NECESSARIAMENTE molti di meno.
Se vado a caccia, è ovvio che farò fuori più quaglie che beccacce, perchè le prima sono molto più numerose delle seconde; dico in via di ipotesi, perchè non sono un cacciatore.

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Tuttavia, pur essendo caduto a piè pari nella trappola dei numeri "assoluti" e dei numeri "relativi", resto tuttavia persuaso della validità logica del mio "sillogismo"; che non rinnego, ma di cui, ora, però, mi manca "il riscontro sperimentale"... che, ingenuamente,  credevo di avere.
Per avere quest'ultimo in modo dimostrativo (in un senso o nell'altro), infatti, invece dei numeri "assoluti" dei vari tipi di carcerati, me ne servirebbero, invece, i numeri "relativi"!
Cioè, in PERCENTUALE!

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Vale a dire, che, se i ricchi in carcere sono 10 ed i poveri 100, questo non significa assolutamente niente se non sappiamo anche, in che percentuale, essi siano stati condannati in tribunale.
Ed infatti:
- se i 10 ricchi sono stati condannati su 20 imputazioni, e i 100 poveri sono stati condannati su 200 imputazioni , ciò vorrebbe dire che non c'è stata alcuna disparità di trattamento processuale tra gli uni e gli altri;
- se, invece, i 10 ricchi sono stati condannati su 60 imputazioni, e i 100 poveri sono stati condannati su 300 imputazioni, ciò vorrebbe dire che c'è stata una indubbia disparità di trattamento processuale tra gli uni e gli altri.

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Però, purtroppo, io non riesco assolutamente a trovare un tale tipo di statistica (che sarebbe l'unica davvero significativa); per cui, se qualcuno di voi fortunatamente la trovasse, mi farebbe una gran cortesia a farmela avere.

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Grazie  :)

iano

Certo che se nessuno avesse mai fatto questa statistica sarebbe significativo.
Comunque , anche restando fuori dai tribunali , il sillogismo è certamente valido fra chi ha cultura verso chi no , nel farsi ragione .
È da vedere poi se ricchezza culturale e ricchezza materiale hanno un legame , per poter indirettamente arrivare al tuo sillogismo.
In fondo l'aver bisogno di un intermediario , avvocato , non è strettamente necessario dal punto di vista logico.
O forse sbaglio.
Si può essere ricchi senza avere cultura , la quale non serve neanche per scegliere un buon avvocato.
Per quello basta la statistica.
Diciamo che la statistica dice che gli avvocati vincenti costano , anche se non li chiamerei buoni avvocati.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Eutidemo

Ciao Iano.
Mi fa piacere che tu consideri valido il mio sillogismo; ed infatti, sebbene, per ora, esso sia rimasto privo del riscontro statistico,  spero, però che una nuova più accurata rilevazione statistica (in percentuali), possa comunque suffragarlo.

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Quanto al fatto se ricchezza culturale e ricchezza materiale abbiano un legame tra di loro, secondo me, tale tema costituirebbe un ottimo spunto per un nuovo TOPIC; però, di primo acchito, direi senz'altro anch'io che si può essere benissimo ricchi senza avere cultura (e viceversa), la quale non serve neanche per scegliere un buon avvocato.


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Però, a mio avviso, a parte quanto prescrive la legge:
- così come è senz'altro necessario avvalersi di un buon medico per farsi idoneamente idoneamente curare, se si viene colpiti da qualche serio malanno.
- allo stesso modo è senz'altro necessario avvalersi di un buon avvocato per far idoneamente valere le proprie ragioni in Tribunale, se si viene accusati di un qualche reato.

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Quanto al fatto che la statistica dice che gli avvocati vincenti costano, anche se tu non li chiameresti "buoni" avvocati, non sono affatto d'accordo; ed infatti non bisogna confondere "semanticamente":
- il significato del termine "buono" con riferimento alla moralità generale di una persona, a prescindere dall'attività che svolge;
- il significato del termine "buono" con riferimento al successo che una persona consegue, nell'esercizio dell'attività che svolge.
Per cui:
- un "cattivo" soggetto, può benissimo essere un "buon" avvocato, perchè, in genere, vince sempre tutte le cause;
- un "buon" soggetto, invece, può benissimo essere un "cattivo" avvocato, perchè, in genere, perde sempre tutte le cause.

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Ovviamente, diverso è il discorso per quanto concerne la "lealtà processuale", in quanto, un avvocato che, per "vincere", ricorresse ad espedienti "scorretti", sarebbe come un giocatore di poker che venisse colto a barare, o uno sportivo che venisse colto a doparsi; per cui, pur vincendo le cause, potrebbe senz'altro essere definito un "pessimo" avvocato, poichè le sue vittorie non sono attribuibili alla sua "bravura", bensì soltanto alla sua scorrettezza processuale.
Due cose da non confondere assolutamente!

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Ed invero, l'art. 88 CPC, stabilisce che gli avvocati difensori: "... hanno il dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità"; in caso contrario, il giudice deve riferirne alle autorità che esercitano il potere disciplinare su di loro, ed essi possono essere anche radiati dall'Albo (come nel caso di Previti, e di molti altri).
Se, poi, un avvocato, oltre a commettere delle scorrettezze processuali, per vincere arriva a commettere dei veri e propri reati (occultamento di prove, subornazione di testimoni ecc.), oltre ad essere radiato dall'Albo, finisce a far compagnia al suo cliente in galera.
In tal caso, infatti, più che un cattivo avvocato, è un avvocato criminale.

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Un saluto! :)

anthonyi

Ciao Eutidemo, sono corrette le considerazioni che fai sulle difficoltà di definire la ricchezza dei criminali. Ogni criminale ha bisogno di tenere occulta la sua ricchezza, che è anche prova del suo crimine, per cui tende a risultare, ufficialmente, povero. C'è poi una domanda che mi pongo: Un avvocato che accetta da un criminale di cui ha la difesa un pagamento in contanti, di cui la provenienza è presumibile, non compie il reato di riciclaggio?
Al di là di questo la tesi per cui:
Più poveri in galera --> I ricchi non pagano per le loro colpe
ha un altro punto debole.
E' ragionevole pensare che i ricchi abbiano una minore propensione a delinquere non essendo in condizione di necessità come i poveri. Oltretutto il ricco nato ha probabilmente avuto accesso a forme educative migliori che lo spingono ad essere più rispettoso delle leggi.
Le ricerche sull'evoluzione delle forme di criminalità mafiosa negli USA hanno rilevato ad esempio che a seguito dell'acquisizione di alti livelli di ricchezza le famiglie cambiano strategie, smettono di essere criminali e si concentrano sulla gestione della ricchezza illecitamente acquisita, il figlio del mafioso studia, diventa un bravo manager, e non accetta più di compiere attività illegali.
Un saluto

Eutidemo

Ciao Anthony.
Vedo che siamo entrambi d'accordo sulle difficoltà da superare per accertare l'effettiva ricchezza dei criminali economici.

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Farei soltanto un "distinguo".
 - non ogni criminale ha bisogno di tenere occultata la sua ricchezza, ma solo i criminali di tipo economico, la cui occulta ricchezza costituisce la prova del loro crimine;
- uno stupratore o un omicida, invece, può essere povero o ricco, evasore o meno, ma, ai fini di occultare il suo crimine, non ha alcuna necessità di dissimulare le sue disponibilità economiche.

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Quanto alla tua domanda: "Un avvocato che accetta da un criminale di cui ha la difesa un pagamento in contanti, di cui la provenienza è presumibile, non compie il reato di riciclaggio?", occorre ben distinguere il dettato dell'art. 648 CP, il quale punisce la "ricettazione", dal dettato dell'art. 648 bis CP, il quale punisce il "riciclaggio". 
Al riguardo, infatti, si tenga presente che:
a)
Il primo, cioè il delitto di "ricettazione", ai sensi dell'art. 648 c.p., è un reato comune, che punisce chiunque si renda responsabile di "acquistare, ricevere od occultare denaro o cose provenienti da qualunque delitto"; e insieme a questi ultimi anche coloro che, attraverso una condotta di mera "intromissione", aiutino taluno a porre in essere le medesime tipologie di azioni.
b)
Il secondo, cioè il delitto di "riciclaggio", ai sensi dell'art.648 bis c.p., punisce invece chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato, sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa.
Per entrambe le fattispecie, trattandosi di "delitti", è necessario il "dolo"; per cui, se questo è riscontrabile, non c'è dubbio alcuno che anche l'avvocato del criminale dovrebbe risponderne.
Così come pure il suo dentista, ricorrendo le stesse condizioni previste dalla normativa.

***
Quanto al fatto che sia ragionevole pensare che i ricchi abbiano una minore propensione a delinquere non essendo in condizione di necessità come i poveri, questo vale indubbiamente per certi tipi di reato (ad esempio lo spaccio da strada o il furto d'appartamenti); allo stesso modo, però, di come è ragionevole pensare che i poveri abbiano una minore propensione a commettere il reato di aggiottaggio, il reato di falso in bilancio e simili altri tipi di reato
A ciascuno il suo!

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Quanto al fatto che il "ricco nato" ha probabilmente avuto accesso a forme educative migliori che lo spingono ad essere più rispettoso delle leggi, non conosco rilevazioni statistiche e sociologiche al riguardo; però, secondo buon senso, presumo anche io che, almeno teoricamente, "dovrebbe" essere proprio così come dici
Quanto, invece, a chi non è affatto "nato ricco", ma, nonostante questo, è riuscito a diventarlo in misura improvvisa e smisurata (magari ricevendo qualche misterioso miliardo da una società anonima svizzera), ritengo lecito presumere l'esatto contrario.

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Quanto alle ricerche sull'evoluzione delle forme di criminalità mafiosa negli USA, in effetti, da ciò che ho letto anche io,  sembra che esse abbiano effettivamente rilevato che, a seguito dell'acquisizione di alti livelli di ricchezza le famiglie cambiano strategie, e smettendo di essere criminali, si concentrano sulla gestione della ricchezza illecitamente acquisita;  ho letto anche, però, che, in molti casi si tratta soltanto di attività legali di mera "copertura".

***
Un saluto

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