Fede nell'Impossibile

Aperto da ricercatore, 23 Agosto 2021, 14:04:15 PM

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Ipazia

Lucrezio, attraverso Epicuro, era in diretto contatto coi presocratici ed in particolare con l'apeiron di Anassimandro. L'evoluzione scientifica ha dato loro ragione. È un apeiron finito, ma così impensabilmente esteso da sembrare infinito. È la stessa ineffabilità di quel confine a spingere la freccia sempre oltre.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#61
Citazione di: bobmax il 01 Settembre 2021, 21:10:35 PM
Iano, non sto giocando ad attribuirti alcuna verità.
Perché non ve n'è alcun bisogno.
Infatti tutto il tuo discorso si fonda su evidenti verità.

Alcune inevitabili, perché senza verità non è possibile alcun dire.

Ciò a cui mi riferivo è però la "verità" del divenire.
Il quale, proprio per questa sua verità annulla molte altre.

E il divenire è per te certezza.
Così come il molteplice.

Che per te siano verità è evidente dal tuo discorso.
Perché se le mettessi in dubbio non lo potresti fare.

Ma la verità più perniciosa e per la quale ho deciso di scriverti, è la verità etica!

Quando affermi che il male non esiste e questo è il paradiso non è forse verità?
E qui non si tratta del mondo illimitato o meno. O dell'indeterminato a cui torneremo oppure no.
Qui si pretende di conoscere la Verità!

Che sta oltre qualsiasi logica o  costruzione razionale. Perché riguarda ciò che davvero conta: il Bene!

Neghi la Verità perché ritieni di conoscerla.
Il divenire è certezza matematica. Infatti contiene anche il suo opposto, il non divenire, come valore zero del divenire.
Ora, se uno nega il divenire, sta dicendo di fatto che esso può assumere solo il valore zero.
Se uno invece non lo nega non sta escludendo alcuna possibilità, quindi non sta affermando alcuna verità.


Certo che non si può fare alcun discorso se non a partire da dati punti fermi. Ma che bisogno c'è di chiamarli verità, ed ancora evidenti per maggior peso...e addirittura inevitabili ?
Si può parlare di assunzioni, le quali non sempre sono presenti alla nostra coscienza , ed a ciò ho cercato di legare l'evidenza e la nascita del concetto di verità
Il molteplice , ti concedo, sembra essere una assunzione inevitabile, perché non potremmo fare alcun discorso se non esistono almeno un io e un altro che io chiamo realtà .
Sono assunzioni minime, curando per quanto è possibile che non ve ne siano di nascoste, dalle quali possiamo derivare, come prodotto della loro interazione ogni cosa, che perciò non sarà mai con certezza assoluta, perché assoluto non è quel rapporto.
Le verità, le evidenze, sono invece il prodotto di una interazione con la realtà nella misura in cui le assunzioni che facciamo, ciò su cui poniamo fede, non sono a noi coscienti.
La nostra capacità di credere, che io spesso definito fondamentale, non è necessariamente legata alla  coscienza.
Ogni volta che qualcosa ci sembra evidente, ovvio, cioè indiscutibilmente vero, sotto c'è un porre fede a qualcosa non esplicitato.
Così, ad esempio, come mi pare di intuire, Lucrezio ricava magistralmente la dimostrazione che il mondo sia infinito, ma partendo dall'ipotesi  taciuta, perché evidentemente ovvia per lui, che il mondo sia Euclideo.
Ecco come nascono le verità .
Sono convinto che abbiamo e continueremo ad avere ipotesi nascoste.
Ma che siano nascoste o meno non si può fare alcun discorso senza.
Quando qualcosa mi appare evidente, ovvia, vera, io vado alla ricerca dell'ipotesi nascosta.
Se lo studio degli antichi viene fatto pregiudizialmente alla ricerca di una possibile verità perduta fra le righe, si rischia di perdersi nei dettagli, senza astrarne la sostanza, la quale io suggerisco sia ad esempio che sempre ci saranno ipotesi nascoste e in conseguenza di ciò percepiremo sempre evidenti e indiscutibili verità.
L'infinito ,nell'esempio riportato su Lucrezio, era appunto un dettaglio nel quale ti sei perso.
La sostanza era la verità che arriva come indiscutibile conseguenza di una nascota assunzione.
Una volta svelata l'assunzione , basta negarla, e la verità sparisce.


La razionalità non è una gabbia, in quanto noi siamo razionalità , a meno che noi stessi non siamo la nostra gabbia.
Ma, se gabbia noi siamo, il credere davvero nelle definizioni di comodo attraverso le quali interagiamo con la realtà , la rendono davvero angusta più del necessario, e comprensibile allora diventa l'attesa di un nulla liberatorio.


Sono definizioni utili, ma da non prendere mai troppo sul serio.


La verità etica?


Non esiste nessuna verità etica.
Esiste un apprendere per errori che poi si evita di ripetere.
Se però ci piace sopravvalutarci allora parliamo pure di verità etica.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#62
Riassumendo.
Quando le assunzioni che facciamo non sono a noi evidenti, saranno le loro conseguenze ad apparirci come indiscutibilmente evidenti.
Indiscutibili o perché, come dice Bobmax, senza fare assunzioni ( che Bobmax chiama verità) non si può discutere di nulla, o perché le abbiamo fatte, ma non ne abbiamo coscienza, e quindi parimenti non possiamo discuterne.
Esse ci appariranno quindi evidenti, come ciò di cui "non occorre discorrere".
In ciò è la prova della nostra superbia, diventando indiscutibile ciò di cui non siamo, almeno ad oggi, in grado di discutere.
Se non oggi, siccome diveniamo, domani potremmo essere in grado di farlo.
Così il divenire non è alcuna verità, ma una possibilità sempre aperta.
Però se anche il divenire ci disturba, allora c'è in noi una volontà di potenza assoluta.
Noi, così come qui ed ora,,e così  per sempre.
È una aspirazione, chiamiamola spirito di conservazione , che ben comprendo.
Voglio dire.... alla fine sono umano anch'io. 😀
Però preferisco evitare di vivere in questa gabbia di troppo.
Forse non sono veramente libero, ma assumo di esserlo, e questo da un senso alla mia individualità, e ad una vita che val la pena di essere vissuta, che non si riduca ad una spazientita attesa alla fermata di un bus chiamato verità.
Una impossibile verità, anche se in lontananza ci sembra di scorrerlo il bus.
Sembra lui finalmente, sta per arrivare.
O forse non è lui, ci siamo sbagliati.


Ecco, certe discussioni filosofiche somigliano a quelle fatte alle fermate dei bus, per ingannare l'attesa, maledicendo il caos che regna nell'azienda municipalizzata dei trasporti.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Se cerchiamo l'impossibile possiamo tranquillamente negare l'evidenza e (con)fabulare a gogò per far passare il tempo alla fermata del tram o della vita. Ma così facendo il tram non passa mai e Godot si (dis)perde nell'impossibile.

La filosofia, inclusa la naturale, è la ricerca del possibile e delle possibilità che si coagulano in verità pratiche, le uniche atte ad alimentare verità metafisiche solide e ben fondate nel logos, e nella logica, strumento principe della razionalità e di tutti i saperi.

L'infinito della retta euclidea è uno stimolo razionale, ma il perseguirlo nella realtà, disvelandone i misteri, richiede buoni archi e buone frecce.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Alexander

Buongiorno a tutti


Se la verità fosse fuori di noi sarebbe possibile paragonarla ad un bus  che aspettiamo. Ma la verità presuppone la ricerca, soprattutto in noi, e quindi non è mai statica attesa di un qualcosa che deve venire, chissà quando, indipendentemente da noi. Qualcosa che qualcuno ci dovrà dire. Non possiamo stare fermi alla fermata del tram aspettando che qualcuno ci porti la verità bella e confezionata. La verità richiede movimento continuo dello spirito e quindi , proprio in ragione di questo , la vita val la pena di essere vissuta. Cercando non siamo oggetti, tra i tanti, della vita, ma soggetti NELLA vita e quindi pienamente umani, sempre in cerca di un senso al nostro movimento e di un perché al nostro agitarci  tanto, e continuamente.

bobmax

Iano, sei ancora nel paradiso terrestre.

Vi ero anch'io, sebbene con meno spensieratezza, almeno mi sembra, e forse con una maggior predisposizione a ragionare per concetti.

Ma viene il momento in cui se ne è cacciati. O meglio, ci si ritrova fuori.
E nonostante fosse stato così bello starci, non si tornerebbe mai indietro!

Ritengo che questa uscita dal paradiso terrestre capiterà pure a te, anche se ti auguro che ciò avvenga con minor virulenza che nel mio caso.

Avverto già dei prodromi nel tuo discorrere. Le circonvoluzioni, le contraddizioni, ma la stessa enfasi, rivelano secondo me un bisogno  ancora probabilmente inconsapevole, ma che reclama attenzione.

Ma non temere, una volta uscito dal paradiso terrestre, per nulla al mondo vorresti tornare.

Niente infatti vale quanto la Verità.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#66
Citazione di: Ipazia il 02 Settembre 2021, 07:38:40 AM
Se cerchiamo l'impossibile possiamo tranquillamente negare l'evidenza e (con)fabulare a gogò per far passare il tempo alla fermata del tram o della vita.

Bisogna capire cosa si intende per evidenza prima di negarla. Se c'è una cosa per nulla evidente infatti è proprio l'evidenza.
Io ho proposto essere il prodotto di ipotesi non evidenziate , cioè nascoste, e che sempre ci saranno, perché il nostro procedere non è mai del tutto cosciente.
Non vi è nulla di impossibile se non vi è nulla di vero.
La fede nell'impossibile è la tensione ad uscire dalla verità precostituita quando la sua evidenza inizia a sbiadire lasciando apparire al su posto il suo essere  gabbia nella quale ci sentiamo costretti.
L'impossibile è la conseguenza logica di una evidente verità.
Una verità indiscutibile , perché non ne conosciamo la genesi e quindi nulla possiamo dire.
Ma una volta scopertane la genesi, ciò che sembrava impossibile diventa possibile.
Cosi nascono nuove verità, ogni volta quelle veramente vere, e nuove impossibilità conseguenti.
La fede nell'impossibile è una fede divenuta vacillante nella verità di moda.
Il risultato è una nuova gabbia in cui sentirsi di nuovo liberi finché non ci appariranno chiari i suoi confini, scoperte le nuove ipotesi nascoste.
È compito della filosofia scoprire queste ipotesi nascoste, e la loro scoperta non ha nulla da invidiare a quelle della  fisica, perché esse parlano di noi quanto quelle della fisica parlano di altro da noi.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

L'evidenza ce l'ha spiegata Cartesio nel "discorso sul metodo" e concordo che dopo Cartesio "non possiamo più chiudere gli occhi, ma possiamo solo andare avanti". Ovvero mettere al posto di Dio l'intelligenza intersoggettiva. Senza lasciarci confondere dai maghi e fattucchiere della "comunità scientifica".
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

Occorre accettare come vero solo ciò che si presenta alla mente come chiaro e distinto.
Questa è l'idea di Cartesio.
Un bel passo avanti per i suoi tempi.
Ma è ancora attuale questo modo di vedere?
Io i miei dubbi, pur non chiamando direttamente in causa Cartesio, li ho espressi in modo chiaro e distinto.  :)
Dietro ciò che appare chiaro e distinto, quindi vero secondo Cartesio, c'è sempre una assunzione nascosta.
Neppure la scienza, e financo la matematica, sono immuni a ciò.
Ma la matematica è certamente il miglior esempio di cui disponiamo di teoria che ben esplicita le sue assunzioni, ma le verità cui si giunge a partire da quelle assunzioni chiare e distinte, non sono altrettanto necessariamente chiare ed immediate, eppure sono vere, seppur si tratta di una verità tautologica.
Difficilmente di solito quelle verità si intuiscono ,e , a volte, con maggior difficoltà le si dimostra., e una volta dimostrate si stenta a credervi.
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Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

ricercatore

Citazione di: bobmax il 31 Agosto 2021, 17:01:19 PM
Tuttavia non vi è in questa frase la coincidenza degli opposti?

Tu e l'altro.
Io e colui...

Se la pronunci come espressione del tuo pensiero, se sei proprio tu a pensare: "Io sono colui che sono!", cosa avverti?

pronunciarla come mia mi fa uno strano effetto: scompaiono altri pensieri dalla mente, sembra che non possa essere pensato altro dopo questo. si deve per forza cambiare discorso.

iano

#70
Citazione di: bobmax il 02 Settembre 2021, 09:34:55 AM
Iano, sei ancora nel paradiso terrestre.

Vi ero anch'io, sebbene con meno spensieratezza, almeno mi sembra, e forse con una maggior predisposizione a ragionare per concetti.

Ma viene il momento in cui se ne è cacciati. O meglio, ci si ritrova fuori.
E nonostante fosse stato così bello starci, non si tornerebbe mai indietro!

Ritengo che questa uscita dal paradiso terrestre capiterà pure a te, anche se ti auguro che ciò avvenga con minor virulenza che nel mio caso.

Avverto già dei prodromi nel tuo discorrere. Le circonvoluzioni, le contraddizioni, ma la stessa enfasi, rivelano secondo me un bisogno  ancora probabilmente inconsapevole, ma che reclama attenzione.

Ma non temere, una volta uscito dal paradiso terrestre, per nulla al mondo vorresti tornare.

Niente infatti vale quanto la Verità.
Quindi baratti la verità col paradiso?
Non esistono verità ne' paradiso, ma il fatto che tu faccia una scelta fra i due, dice molto su di te.
In generale paradiso e verità e tante altre cose che inventiamo dicono soltanto di noi.
"Io sono colui che sono"...che effetto mi fa' questa frase?
Ricercatore ha dato una risposta molto interessante.
Noi vediamo il mondo necessariamente coi paraocchi, impossibili da togliere, ma possibili da cambiare, una volta presane piena coscienza. Ma ciò richiede tempo , per vedere i vecchi quanto i nuovi, che subito quindi non ci appaiono. Quindi in tal senso sono impossibili da togliere, in quanto la necessaria interfaccia fra noi e la realtà. Cambiano perché noi cambiamo, non la realtà, se non nella misura in cui me siamo parte, paraocchi compresi.
Io credo che sono ciò che tu sarai se avrai tempo ancora sufficiente da vivere.
Io non ne ho più per uscire dal paradiso, che però è solo uno dei paraocchi che mi sono tolto.
Ci vuole coraggio a togliersi i vecchi paraocchi, perché rimani disorientato, non avendo coscienza dei nuovi paraocchi.
La verità è un ottimo catalizzatore per comporre utili risultati, nei quali però, ormai dovrebbe essere chiaro, essa non appare mai.
Io sono colui che sono significa che non sono più ciò che ero e non sono ancora ciò che sarò.
Questo mutamento è continuo, ma contempla salti che interpretiamo come discontinuità, e uno di questi salti lo chiamiamo coloritamente "uscita dal paradiso".
È una presa di coscienza , ma non un atto di volontà.
Non sei tu , come individuo, che decidi se restare o tornare, perché un individuo, per quanto esprima libera volontà ...è pur sempre quel che è.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

Citazione di: ricercatore il 09 Settembre 2021, 18:31:16 PM
Citazione di: bobmax il 31 Agosto 2021, 17:01:19 PM
Tuttavia non vi è in questa frase la coincidenza degli opposti?

Tu e l'altro.
Io e colui...

Se la pronunci come espressione del tuo pensiero, se sei proprio tu a pensare: "Io sono colui che sono!", cosa avverti?

pronunciarla come mia mi fa uno strano effetto: scompaiono altri pensieri dalla mente, sembra che non possa essere pensato altro dopo questo. si deve per forza cambiare discorso.

Provo una sensazione simile alla tua. Mi coglie una vertigine insostenibile. Un affacciarsi sull'abisso.
Il pensiero si smarrisce.

Ritengo che dipenda dalla possibile ricomposizione della scissione originaria.
È il sipario del molteplice che si chiude.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

Citazione di: bobmax il 09 Settembre 2021, 22:41:04 PM
Citazione di: ricercatore il 09 Settembre 2021, 18:31:16 PM
Citazione di: bobmax il 31 Agosto 2021, 17:01:19 PM
Tuttavia non vi è in questa frase la coincidenza degli opposti?

Tu e l'altro.
Io e colui...

Se la pronunci come espressione del tuo pensiero, se sei proprio tu a pensare: "Io sono colui che sono!", cosa avverti?

pronunciarla come mia mi fa uno strano effetto: scompaiono altri pensieri dalla mente, sembra che non possa essere pensato altro dopo questo. si deve per forza cambiare discorso.

Provo una sensazione simile alla tua. Mi coglie una vertigine insostenibile. Un affacciarsi sull'abisso.
Il pensiero si smarrisce.

Ritengo che dipenda dalla possibile ricomposizione della scissione originaria.
È il sipario del molteplice che si chiude.
È un bell'esempio  di coscienza in nuce dei tuoi paraocchi, come ben ha esemplificato ricercatore, che , intuito un ostacolo, lo supera, ignorandolo. Cambiando discorso.
In effetti è proprio quello che facciamo sempre. Impossibilità' teoriche, credute tali, non ci fermano mai.
Deviamo il discorso e le superiamo così pragmaticamente, in attesa di focalizzarle meglio.
Io non vivo ancora in paradiso , perché vivo in ciò che è, da sempre.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

Beh, Iano, avevi affermato di essere nel paradiso, che anch'io ero nel paradiso.
E che quindi ti spiaceva il mio struggermi per nulla.
Te ne ringrazio.
Ma la vedo diversamente.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#74
Citazione di: bobmax il 09 Settembre 2021, 23:17:39 PM
Beh, Iano, avevi affermato di essere nel paradiso, che anch'io ero nel paradiso.
E che quindi ti spiaceva il mio struggermi per nulla.
Te ne ringrazio.
Ma la vedo diversamente.
La vediamo diversamente.
Che lo chiamiamo paradiso o altro, intendevo che è sempre lo stesso posto.
Siamo noi ad essere cambiati, però se neghiamo il nostro cambiamento, se noi siamo sempre quel che siamo, allora è il posto ad essere cambiato.
Non posso dimostrare che io ho ragione e tu torto, ma posso solo affermare che la mia ipotesi è più semplice.
Il paradiso non ha alcun motivo di esistere, ma la sua idea non nasce dal nulla.
L'uscita dal paradiso è la presa d'atto di un salto nella nostra presa di coscienza, cosa che in se' non è nulla di eclatante, se non comprensibilmente per chi l'ha vissuta serbandone memoria.
I testi sacri non sono libri di fantasia, ma neanche cose da prendere alla lettera.
Se vi si parla di diluvio universale vuol dire che un diluvio c'è stato e che se ne è tramandata memoria, per poi essere messo nero su bianco.
Secondo un ipotesi accreditata scientificamente potrebbe essere avvenuto 7000 anni fa'.
Un tempo compatibile credo con la trasmissione della memoria orale.
Cosa è successo.
Lo dico in modo scorretto e poi lo preciso meglio.
Si è chiuso lo stretto di Gibilterra. Il mediterraneo nel corso di qualche millennio si è prosciugato per evaporazione. Poi si è riaperto ed è arrivato il diluvio.
In effetti non era lo stretto di Gibilterra, che si è formato dopo, ma qualcosa di equivalente.
Sono impreciso. La memoria non è perfetta. Ma la sostanza è quella.
Un fenomeno naturale avvenuto quasi...ieri, di cui è rimasta traccia scritta.
Se la cosa ti incuriosisce cerco il riferimento bibliografico.
Anche qui nulla di strano. Le zolle continentali si muovono aprendo e chiudendo mari.
I sedimenti che stanno sotto il letto del Nilo e di altri fiumi che sfociano nel mediterraneo diversamente non si spiegano.
Quando il mediterraneo si è prosciugato il Nilo ha iniziato a scavare il suo letto, per poi riempirlo di nuovo di sedimenti, per stare a pari col livello del mare, quando il mediterraneo si è di nuovo riempito, e tutto ciò è scientificamente databile.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''