Fede nell'Impossibile

Aperto da ricercatore, 23 Agosto 2021, 14:04:15 PM

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bobmax

@Iano
Apprezzo questo tuo modo spontaneo di inoltrarti nel mondo. Questo cercare di evadere dalle gabbie che costantemente crea il pensiero razionale.
Così come la convinzione che nessuna "verità" conosciuta possa mai essere la Verità!

Tuttavia non condivido l'idea che, visto che nessuno conosce la Verità, allora possiamo tranquillamente fare a meno dei pensieri che altri, nella storia, hanno sviluppato.
E soprattutto, considero indispensabile la fede nella Verità.
Se manca, è impossibile qualsiasi effettivo dialogo.

Ignorare il pensiero di chi è venuto prima non è inessenziale. Perché pur non essendo Verità, questo pensiero è una componente fondamentale della nostra ricerca. Costituisce le spalle dei giganti sui cui noi possiamo salire.

Certo, su quali spalle sta a noi deciderlo, ma farne a meno è una presunzione che non porta da nessuna parte.
Noi possiamo fare forse un gradino, non tutta la scala.

Certamente il pensiero, nel momento stesso in cui è formulato, ha già una perdita di profondità.
Il pensiero, infatti, o è determinato o non è.
E per determinare applica necessariamente delle categorie, che altro non sono che delle semplificazioni, delle generalizzazioni.

Ma questa perdita è inevitabile. E pure necessaria, perché solo limitando possiamo diventare consapevoli di qualcosa.

Cercare invece, come tu fai, di saltare a piè pari sia il limite del pensiero determinato sia i suggerimenti che ci giungono dal passato, non è forse una manifestazione di volontà di potenza?

Certamente occorre andare oltre la razionalità. Proprio in quanto la conoscenza razionale non può che essere parziale, incompleta, e perciò in sostanza non vera.
Ma con tremore e timore...

La pretesa di semplificare a prescindere, non è forse essa stessa semplicistica?
Non è forse auto contraddittorio affermare qualcosa, dire qualsiasi cosa, negando la Verità?
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

ricercatore

Citazione di: bobmax il 30 Agosto 2021, 19:27:00 PM
Sì, può essere inteso come un invito a "essere".

Tuttavia sono convinto che dica ben di più.
Cioè che vada oltre l'invito.

E' la risposta ad ogni male, ad ogni sofferenza, ad ogni ingiustizia.
E' l'Etica che trova la sua pace.

E' la conclusione dell'eterna lotta tra essere e non essere.

"Io sono colui che sono!"

E' ciò che è. Diceva Plotino.

"Io sono colui che sono" è una risposta molto strana che Dio da a Mosè.
come a dire, sono qualcosa che trascende tutte le possibili categorie umane, compresa l'idea che Dio è un'illusione.
il secondo comandamento è forse un ribadire questo concetto: non è possibile fare immagine alcuna di Dio, perché Dio non è inscatolabile in nessuna etichetta.
è la porta del Mistero, la Fede nell'Impossibile.

ricercatore

Citazione di: Phil il 30 Agosto 2021, 15:06:13 PM
Se ci fosse poi una terza fase, quella della maturità adulta, in cui serve uno sguardo trasversale e tendenzialmente imparziale che contestualizza, socialmente e storicamente, il senso del proprio agire e le "verità" del proprio mondo, fase caratterizzata dalla riflessione (dopo istruzione ed educazione)?

la fase della RIFLESSIONE, dove l'Uomo osserva se stesso: mette i suoi vissuti tutti su un tavolo, come un mazzo di carte sparpagliate. li analizza e da essi trae delle conclusioni, la morale della sua storia, frammenti che lo avvicinano alla sua Verità.

quei frammenti di Verità che poi avrà il desiderio (dovere?) di trasmettere, in una fase ancora successiva, quella del GENITORE (inteso non necessariamente in senso biologico)

bobmax

Citazione di: ricercatore il 31 Agosto 2021, 15:24:29 PM
"Io sono colui che sono" è una risposta molto strana che Dio da a Mosè.
come a dire, sono qualcosa che trascende tutte le possibili categorie umane, compresa l'idea che Dio è un'illusione.
il secondo comandamento è forse un ribadire questo concetto: non è possibile fare immagine alcuna di Dio, perché Dio non è inscatolabile in nessuna etichetta.
è la porta del Mistero, la Fede nell'Impossibile.

Tuttavia non vi è in questa frase la coincidenza degli opposti?

Tu e l'altro.
Io e colui...

Se la pronunci come espressione del tuo pensiero, se sei proprio tu a pensare: "Io sono colui che sono!", cosa avverti?
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#49
Citazione di: bobmax il 31 Agosto 2021, 12:31:45 PM
@Iano
Apprezzo questo tuo modo spontaneo di inoltrarti nel mondo. Questo cercare di evadere dalle gabbie che costantemente crea il pensiero razionale.
Così come la convinzione che nessuna "verità" conosciuta possa mai essere la Verità!

Tuttavia non condivido l'idea che, visto che nessuno conosce la Verità, allora possiamo tranquillamente fare a meno dei pensieri che altri, nella storia, hanno sviluppato.
E soprattutto, considero indispensabile la fede nella Verità.
Se manca, è impossibile qualsiasi effettivo dialogo.

Ignorare il pensiero di chi è venuto prima non è inessenziale. Perché pur non essendo Verità, questo pensiero è una componente fondamentale della nostra ricerca. Costituisce le spalle dei giganti sui cui noi possiamo salire.

Certo, su quali spalle sta a noi deciderlo, ma farne a meno è una presunzione che non porta da nessuna parte.
Noi possiamo fare forse un gradino, non tutta la scala.

Certamente il pensiero, nel momento stesso in cui è formulato, ha già una perdita di profondità.
Il pensiero, infatti, o è determinato o non è.
E per determinare applica necessariamente delle categorie, che altro non sono che delle semplificazioni, delle generalizzazioni.

Ma questa perdita è inevitabile. E pure necessaria, perché solo limitando possiamo diventare consapevoli di qualcosa.

Cercare invece, come tu fai, di saltare a piè pari sia il limite del pensiero determinato sia i suggerimenti che ci giungono dal passato, non è forse una manifestazione di volontà di potenza?

Certamente occorre andare oltre la razionalità. Proprio in quanto la conoscenza razionale non può che essere parziale, incompleta, e perciò in sostanza non vera.
Ma con tremore e timore...

La pretesa di semplificare a prescindere, non è forse essa stessa semplicistica?
Non è forse auto contraddittorio affermare qualcosa, dire qualsiasi cosa, negando la Verità?
Giuste critiche, dalle quali nemmeno provo a difendermi, se non per evidenziare qualche fraintendimento.
Io non ci provo nemmeno ad andare oltre il razionalismo, ad uscire dalla gabbia, ma solo a prenderne piena coscienza, almeno quanto basta per apparire meno ingenui.
A priori non considero nemmeno una gabbia il restare invischiati nei testi dei filosofi passati, ma credo che non li si possa comprenderli limitandosi a studiarli, ma imitandoli. Cioè prendendo spunto da essi per fare filosofia.
Mi basta una frase di un grande filosofo e inizio a filosofare, e così mi rimane poco tempo per studiare.
Questa è la mia presunzione.
Che non si riesca ad esprimere la profondità di pensiero è invece la tua.
È sufficiente liberarsi dai condizionamenti che ci limitano.
Non è nei pensieri altrui , ne' nei miei che vado a cercare la verità, perché essa non è ciò che tu credi.
Non c'è alcun pericolo che qualche grande l'abbia trovata e noi ce la siamo persa.
Non è questo il motivo per cui leggo, quando li leggo, i grandi.
Ma per capire cosa sono io in rapporto a ciò che erano loro.
Non c'è alcuna persa sapienza da trovare nelle vecchie scartoffie, ma quanto basta per capire quanto quegli uomini siamo ancora noi e quanto più non siamo.
Questa critica non è rivolta in particolare a te, anzi...
Pure la sensazione che si faccia sfoggio di sapere fine a se stesso, meritoria citazione in genere, permane.
Le vecchie pergamene servono per costruirci ali e per volare.
Non c'è nessun gigante sulle cui spalle salire. Ci siamo solo noi, ieri oggi e domani.
Forse non lo sai, ma Newton, quando schernendosi disse di non aver altro merito che di essere salito sulle spalle dei giganti, stava facendo un riconoscimento ad Hooker, il quale però era un nano deforme.
Strano personaggio davvero questo Newton, ma se davvero lo vuoi comprendere devi provare ad immedesimarti in lui.
Non dimenticare che noi facciamo parte della grande tribù delle scimmie, maestre nell'apprendere per imitazione.
Mi spiace che tu perda tempo a cercare cioè  che già hai, da sempre.
Non c'è mai stata nessuna rottura fra noi e la natura.
Nessun peccato, nessun male, nessuna cacciata dal paradiso.
Nel paradiso ci sei già.Goditelo


La razionalità non è da superare, ma da capire, perché la razionalità siamo noi, e noi ,ed essa con noi, non produciamo alcuna verità .
Noi poniamo fede e la togliamo come ci aggrada ponendo le fondamenta dei mondi in cui viviamo.
Noi dobbiamo svolgere il nostro dovere di individui, trovando il pieno coraggio di farlo, senza paura di sbagliare.
Sbagliato è solo porsi dei limiti nel farlo, sprecando la nostra esistenza, in attesa del nulla.
Non sopravvalutarti , non sottovalutarti, sii te stesso
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

Citazione di: iano il 31 Agosto 2021, 19:12:32 PM
Mi spiace che tu perda tempo a cercare cioè  che già hai, da sempre.
Non c'è mai stata nessuna rottura fra noi e la natura.
Nessun peccato, nessun male, nessuna cacciata dal paradiso.
Nel paradiso ci sei già.Goditelo

Iano, se questo è quello che credi, buon per te. Sei nel Nirvana.

Per me è invece solo una speranza, una fede nell'impossibile.

Sì, può essere come tu dici. Ma occorrerebbe mostrare perché. Cioè cosa allora il mondo è, in cosa consiste per davvero l'esserci.
E qui arriviamo ancora al Nulla...

Solo un'ultima osservazione.
Ciò che affermi è per te Verità?
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#51
Non è verità, Bobmax, è ciò in cui pongo fede oggi e domani non più , perché noi così mutiamo nel nostro rapporto con la realtà.
Conoscere la verità, toccare i confini della realtà, sarebbe la vera gabbia.
La fine del nostro rapporto con la realtà. Il nostro annullamento. Il nostro divenire realtà indistinta.
Ciò inevitabilmente avverrà, ma è cosa che viene da se'.
Tutto quello che noi possiamo fare è accelerare maldestramente questo passaggio, facendolo diventare un fine.
Sarebbe la fine anticipata di ciò che ci da' un senso nel nostro rapporto con la realtà .
La realtà, di cui noi siamo solo parte, di ciò dovrebbe ringraziarci?
Noi ne siamo solo parte, e ciò se vuoi e' un mistero , ma col quale possiamo ben convivere.
Pongo fede sul fatto che l'individuo abbia un dovere, quello di restare tale finché può.


Ribadisco comunque che là capacità di credere, o di porre fede in qualcosa, è ciò che sta a nostro fondamento, e la ricerca della verità è solo una distorsione innocente di quella capacità, innocua finché non ci blocca.
Ma ci vuole davvero malata perseveranza nel rinunciare ad essere in attesa di non essere.
Cosa ci stiamo a fare allora qui?
Siamo qui per esserci finché siamo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

Quindi, Iano, secondo quanto affermi dovrei godermi il paradiso, in cui sono, finché ci sono...
Non vi è nessun male, ma solo per ora.
Perché potrei cambiare idea e non essere più nel paradiso.

Il bene e il male pari sono.
Però un domani chissà...

E questo lo chiami essere.

Mentre per me è proprio il contrario, è non essere.

Non essere che deriva dalla assolutizzazione dell'esserci.
Ossia essere inteso come ciò che è qui, ora.
Essere che prima non era e poi più non sarà.

Accelerazione del divenire, che annulla ogni verità.
Tranne, evidentemente, questa stessa "verità"...

Questa è l'essenza del nichilismo. Come ben descritto da Severino.

Tra essere o non essere il nichilismo è la scelta del non essere.

Viceversa, la scelta dell'essere tiene ben distinti il bene e il male.
Con la speranza che il divenire, che è inteso come svelamento dell'essere, giunga infine a eliminare il male. Perché non verità.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

PhyroSphera

Citazione di: ricercatore il 23 Agosto 2021, 14:04:15 PM
Sto leggendo in questo periodo un libro di E.Fromm (Fuga dalla libertà) e sono stato colpito da un aspetto a cui non avevo mai pensato.

Questo il passo:
"...Non ci rendiamo sufficientemente conto che, pur trattandosi di una vittoria contro quei poteri della Chiesa e dello Stato che non consentivano all'uomo di praticare il culto che gli dettava la sua coscienza, l'individuo dei tempi moderni ha perduto in gran misura la capacità interiore di aver fede in qualcosa che non sia dimostrabile per mezzo dei metodi delle scienze naturali."

La credenza in qualcosa di più grande, in Dio, negli anni passati ha condotto l'uomo a realizzare qualcosa di incredibile.
Credere che l'impossibile fosse possibile è stata un'attitudine mentale e psicologica che ha consentito all'uomo di progredire e di evolvere efficacemente.
Anche la stessa Scienza, probabilmente, è figlia di questa attitudine (a parte l'apparente diatriba tra Fede e Ragione).
Anche l'Ateo moderno, inevitabilmente, è figlio di una cultura che ha plasmato la sua mente a credere che domani può essere meglio di oggi.

Secondo voi, con la caduta degli dèi (che sembra proseguire di anno in anno), rischia un giorno di venir meno anche questa capacità interiore?
Rischia di venir meno la curiosità e il coraggio dell'esplorare l'impossibile?
Lo spirito dello Scienziato rischia di affievolirsi?
Quali potrebbero essere le conseguenze per l'Uomo e per la sua crescita?


I fenomeni più imponenti di questa crisi non sono spiegabili nei termini del politeismo ma in termini monoteisti di "morte di Dio" cioè venir meno della importanza di Dio per il mondo.
L'accettazione dello "Status quo" non politico ma esistenziale genera fatalismo mortale con conseguenze contro l'esistere della vita.


MAURO PASTORE

iano

#54
Citazione di: bobmax il 01 Settembre 2021, 08:28:33 AM
Quindi, Iano, secondo quanto affermi dovrei godermi il paradiso, in cui sono, finché ci sono...
Non vi è nessun male, ma solo per ora.
Perché potrei cambiare idea e non essere più nel paradiso.

Il bene e il male pari sono.
Però un domani chissà...

E questo lo chiami essere.

Mentre per me è proprio il contrario, è non essere.

Non essere che deriva dalla assolutizzazione dell'esserci.
Ossia essere inteso come ciò che è qui, ora.
Essere che prima non era e poi più non sarà.

Accelerazione del divenire, che annulla ogni verità.
Tranne, evidentemente, questa stessa "verità"...

Questa è l'essenza del nichilismo. Come ben descritto da Severino.

Tra essere o non essere il nichilismo è la scelta del non essere.

Viceversa, la scelta dell'essere tiene ben distinti il bene e il male.
Con la speranza che il divenire, che è inteso come svelamento dell'essere, giunga infine a eliminare il male. Perché non verità.
Io non assolutizzo l'essere. È l'esatto contrario.
Almeno su questo concordiamo, anche se poi dici che il nichilismo è la scelta del non essere, intendendo immagino un esserci altro ,non in questo mondo, che altro non ti appare come un accidentale guado da passare facendo meno danni possibili.
Ma poi le nostre strade si divaricano del tutto.
La tua la vedo come un futile progetto in cerca della verità e in attesa del nulla.
Sulla tua ricerca di verità posso immedesimarmi , quindi non ho difficoltà a comprenderti.


Essere che prima non è e poi non sarà....è vero, ma ti sfugge il fatto, che noi, esseri viventi siamo ancora qua.
Come minimo direi che la tua idea di essere è un po' snob. Un essere riservato ad una eletta schiera , seppur poi ripudiata e in fase di espiazione.


Il divenire che annulla ogni verità tranne questa?
È evidente che stai giocando ad attribuirmi almeno l'affermazione di una verità.
Ora, mi pare di avere ben spiegato come si origina il concetto di verità, ma io ti invito a non prenderti troppo sul serio e quindi a non prendere troppo sul serio qualunque concetto noi produciamo.
Io credo che sia arrivato il momento da un lato di riconoscere il buon lavoro svolto, storicamente dal concetto di verità, e dall'altro di derubricarlo in un porre fede in qualcosa su cui poi costruiamo il mondo in cui viviamo, che è un interfaccia fra noi e la realtà, e perciò variabile, e perciò noi siamo divenire.
Di Severino, come dei filosofi in genere ,so' poco e nulla, ma da quel che traspare da quel che ne riportate ogni tanto qui traggo grande sorpresa dal fatto che un filosofo dei nostri giorni mi appaia così antico.
Non fraintendermi. Non esiste obbligo di modernità. Ma è l'esperienza, il nostro divenire, che ci rinnova.
È allora mi chiedo in quale mondo tutto suo abbia vissuto questo Severino.


Io noto significative coincidenza nella nostra storia di uomini, e ritengo perciò utile porvi fede, ma non sto affermando così alcuna verità.
Domani potrei ritrattare tutto, ma non ci provo gusto a farlo. Semplicemente mi sento libero di farlo.


Se credessi nella verità coerentemente dovrei dirti che il mondo in cui viveva Lucrezio era fittizio, e ciò è dimostrabile.
Ma da ciò non traggo che il mondo in cui viviamo noi si avvicina di più alla verità.
Traggo che è parimenti fittizio quanto funzionale al nostro essere vivi, come appunto lo era per Lucrezio e sento il mio essere in continuità con esso. Altro che venire dal nulla per tornare al nulla.
È la tua prospettiva, che tu assolutizzi impropriamente, che ti fa' vedere ciò.
Per potere tu credere nell'assoluto devi prima crederti assoluto, o che lo sei stato e che tornerai ad esserlo.
Per me ciò significa sopravvalutarsi fino al ridicolo.


Lucrezio ha dimostrato che il mondo è senza limiti.
Infatti esso dice: poniamo di trovarci al confine del mondo e da lì tiriamo una freccia.
Se la freccia lo supera allora non era il confine.
Se non lo supera allora c'è altro al di la' che si oppone, quindi ancora quello non è il confine.
Quindi il mondo non ha limiti.
Questo è il mondo Euclideo in cui viveva letteralmente Lucrezio.
Noi abbiamo compreso che sono possibili altri mondi in cui vivere.
Magari un mondo parimenti illimitato, come quello lineare di Lucrezio, eppure senza confini.
Ciò che per Lucrezio sembrava impossibile per noi è possibile.
Che lezione traiamo da ciò?
Che siccome noi non siamo diversi da Lucrezio ( non è passata un eternità fra noi e lui) , aspettiamoci di scoprire nuovi mondi che oggi ci appaiono impossibili, come apparivano a Lucrezio.
Dunque, diversamente da Lucrezio, noi viviamo su una sfera, che è finita, ma non ha limiti?
Così è se ci pare , finché ci pare.
Non c'è nessuna verità in nessun mondo in cui decidiamo di vivere.
Teniamo solo conto del fatto che la fede che poniamo nel mondo in cui viviamo, somiglia tanto più alla verità , quanto più non abbiamo deciso coscientemente le basi su cui erigerlo.
Sono le ipotesi nascoste. Ci sono sempre.
Per Lucrezio era l'ipotesi di un mondo lineare, che era per lui evidentemente vera, per il motivo che lui non l'aveva neanche fatta.
Caro, e sottolineo a me molto caro Bobmax, è in questo involontario gioco di prestidigitazione mentale che si annida la verità, non come ciò che non sappiamo ma che dobbiamo aspirare di sapere, ma come ciò che non occorre sapere perché appare subito evidente.
Essa è la parte visibile di una massa sommersa di ipotesi nascoste, che sempre ci saranno, perché non tutto passa ( non essendovene necessità) per la nostra coscienza.
Ma il nostro divenire passa a volte per la scoperta di ciò che era prima sommerso.
Quando ciò avviene sappiamo qualcosa in più non del mondo, ma di noi stessi.
Di come siamo in rapporto a ciò che eravamo, e di come forse saremo.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

atomista non pentito

Sostanzialmente : VIVERE ( o forse non ho capito)

iano

#56
Sostanzialmente vivere, come fanno senza difficoltà teorica alcuna gli esseri che usano poca coscienza, evitando perciò gli inconvenienti del suo troppo uso e tenendosi solo i vantaggi, facendocene padroni veri nell'uso.
Ma non illudiamoci di eludere il cosiddetto male perciò.
Come dice Paolo Conte: "È un mondo adulto, si sbaglia da professionisti"
Noi procediamo per errori, ma solitamente poi non li ripetiamo.
In qualunque mondo decidiamo di vivere, ingenuo o adulto che sia, continueremo ad imparare sbagliando e quegli errori sono i veri confini di quel mondo oltre i quali non si dovrebbe più andare, dopo esserci andati.

Però non traiamo da ciò, complice la nostra coscienza abnorme, un senso di colpa che ci blocchi.
Mi sentirei di dire che il nichilismo è il rovescio della medaglia dell'intensità d'uso della coscienza, che però in se' è un fattore evolutivo puramente accidentale.
Ma la soluzione non è tornare indietro, in un paradiso di inconsapevolezza, posto che ciò,in modo puramente accidentale potrebbe verificarsi,,ma andare avanti imparando per pratica, come abbiamo sempre fatto noi esseri viventi, più o meno accidentalmente coscienti.
Tutto ciò potrà apparire banale.
Ma dovremmo rinunciare a ciò in nome di cosa?
In nome della verità?
Sarebbe come dire che rinuncio all'automobile in nome della scatola del cambio.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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atomista non pentito

Personalmente approvo in toto quanto letto ( e capito)
A questo punto e' sempre piu' forte la mia idea che nella semplicita' sta la possibilita' di essere felice ( con tutto cio' che questo fa ricadere di positivo sul soggetto e cio' che lo circonda) ,  proprio per depotenziare quel senso di colpa o arrabbiature , tensioni e quant'altro , dalle ns parti i vecchi sostenevano " par quat di che l'uma da vivi......"ossia " per quattro giorni che abbiamo da vivere" sottintendendo il non c'e' ragione di sprecarli con la negativita' ed il male ( che pure esistono)

iano

#58
Citazione di: atomista non pentito il 01 Settembre 2021, 15:20:39 PM
Personalmente approvo in toto quanto letto ( e capito)
A questo punto e' sempre piu' forte la mia idea che nella semplicita' sta la possibilita' di essere felice ( con tutto cio' che questo fa ricadere di positivo sul soggetto e cio' che lo circonda) ,  proprio per depotenziare quel senso di colpa o arrabbiature , tensioni e quant'altro , dalle ns parti i vecchi sostenevano " par quat di che l'uma da vivi......"ossia " per quattro giorni che abbiamo da vivere" sottintendendo il non c'e' ragione di sprecarli con la negativita' ed il male ( che pure esistono)
Dunque si poteva dire la stessa cosa in modo semplice e lineare ?😊
Lasciami allora ancora dire che non solo la vita, al di la' delle apparenze, è semplicita', ma sembra proprio non tollerare le complicazioni , come non sostenibili.
Però la strada che porta alla semplicità non è necessariamente semplice, quando ci si mette di mezzo la coscienza che ha come coda il nichilismo, in attesa di perderla per evoluzione.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

Iano, non sto giocando ad attribuirti alcuna verità.
Perché non ve n'è alcun bisogno.
Infatti tutto il tuo discorso si fonda su evidenti verità.

Alcune inevitabili, perché senza verità non è possibile alcun dire.

Ciò a cui mi riferivo è però la "verità" del divenire.
Il quale, proprio per questa sua verità annulla molte altre.

E il divenire è per te certezza.
Così come il molteplice.

Che per te siano verità è evidente dal tuo discorso.
Perché se le mettessi in dubbio non lo potresti fare.

Ma la verità più perniciosa e per la quale ho deciso di scriverti, è la verità etica!

Quando affermi che il male non esiste e questo è il paradiso non è forse verità?
E qui non si tratta del mondo illimitato o meno. O dell'indeterminato a cui torneremo oppure no.
Qui si pretende di conoscere la Verità!

Che sta oltre qualsiasi logica o  costruzione razionale. Perché riguarda ciò che davvero conta: il Bene!

Neghi la Verità perché ritieni di conoscerla.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.