Fallimento della democrazia

Aperto da Jacopus, 23 Luglio 2018, 02:48:38 AM

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InVerno

#15
Citazione di: paul11 il 26 Luglio 2018, 23:30:01 PM
Ogni forma di potere ha delle controindicazioni.
Se si ritiene che la democrazia sia la migliore, la rappresentanza non può permettersi di avere un habitus sociale e un linguaggio troppo diverso dal popolo che dovrebbe rappresentare.
Il Parlamento non può essere formato soprattutto da professori scolastici ed avvocati, non può rinchiudersi nella gergalicità del
politichese.
Queste forme elitarie, divenute caste, non vogliono bene al popolo, non cercano il bene del popolo, non hanno interesse e volontà
che il popolo maturi politicamente.
Quali virtù deve praticare il rappresentante del popolo. Una è il "buon esempio", e poi? (1)
Per quanto il popolo possa essere ignorante o ritenuto tale, sa riconoscere la virtù in chi governa

(2)Uno dei fallimenti dell'attuale democrazia è il prendere il popolo come " procuratore di interessi economici e sociali" .
Significa accettare il tessuto socio economico e culturale, nemmeno lontanamente pensare a forme virtuose di rappresentanze o di governo.
Il Parlamento è l'agone del mercato politico di interessi economico sociali corporativi.
Quando la politica solo prende atto dello status quo esistente, smette di avere un progetto di trasformazione.
La fine delle ideologie, ha praticamente appiattito se non azzerato le dottrine sociali.
Da anni ormai la legge più importante dei governi è "la finanziaria", ma riforme serie e complessive ,sulla giustizia, sulla scuola, sulla sanità? Oggi il problema politico è quanto denaro distribuire a giustizia, scuola, sanità, e così via.
Quando la politica è  spesa dello Stato anche solo per mantenerlo, per "tenerlo in piedi" e si tratta di quali strati di popolazione debbano soprattutto compierlo, il problema si sposta non solo alla crisi della democrazia, ma anche al concetto di
Stato. (3)Cosa è questo "ente mistico" che succhia soldi? Lo stato può essere ritenuto una sovrastruttura come concetto cultural politico, ma è una vera  e propria macchina mangia soldi e a sua volta distributrice di prebende o bastonate.

Se in più aggiungiamo la crisi delle sovranità degli Stati nella fase della globalizzazione economica..........

Ho l'impressione che è la politica, intesa come filosofia e scienza ad essere in crisi.(4
)
Vale  a dire che è la cultura che permea come una coltre  l'intera società contemporanea ad essere in crisi: èuna crisi originaria e non contingente o congiunturale
Ciao Paul,
ciò che stupisce di più è che queste analisi possono differire nei dettagli ma la patologia (il fallimento implicherebbe una rivoluzione) a grandi linee è chiara a tutti (da decenni?), eppur nulla si muove. L'individualismo ha certamente una grossa responsabilità in ciò, invero che cosa può realmente muovere un individuo solo? L'unico che ha mai riusciuto a consolarmi di questo stato è T.Paine, che a riguardo scriveva "il Tempo converte più persone di quante ne converta la Ragione"  
Vorrei rispondere ad alcuni tuoi quesiti proprio con Paine, sperando di fare cosa gradita essendo autore poco conosciuto in europa, purtroppo avendo solo il testo inglese mi si perdoni una traduzione a braccio (corsivo).

(1) Gli uomini che vedono se stessi come nati per regnare, e gli altri ad obbedirgli, presto diventano insolenti. Selezionati dal resto dell'umanità le loro menti sono avvelenate immediatamente. E il mondo in cui agiscono differisce cosi materialmente dal mondo intero, che hanno pochissime opportunità di conoscerne il vero interesse. Quando questi arrivano al governo, frequentemente sono i più ignoranti e incapaci di un dominio razionale.
Le "culle delle leadership" tanto amate, atenei e clubs..

(2) C'è qualcosa di eccessivamente ridicolo nella composizione della monarchia. Prima esclude l'uomo dai significati dell'informazione, poi gli da il potere di agire dove il massimo grado di giudizio è necessario. E lui non aveva mai sentito parlare di "ignoranti" che dovessero vorare come far scendere il differenziale tra btp e bund.

(3) La società in ogni sua forma è una benedizione, il governo nella migliore delle sue forme è un male necessario, nel peggiore dei casi un male intollerabile [...] la società è composta dai nostri desideri, lo stato dalla nostra malvagità.
Qui la common law risplende, la società al centro della società anzichè lo stato al centro della società.

(4)Più vicina arriva una patologia alla sua crisi, più vicina è la sua cura. Pericolo e liberazione avanzano insieme, ed è solo all'ultimo momento, che uno dei due prende il sopravvento.

Dobbiamo stare attenti a quando sarà questo "ultimo momento" per essere sicuri di spingere nel verso giusto.

Ciao.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Phil

Secondo me, si potrebbe anche pensare alla democrazia senza considerare inscindibili la libertà d'opinione/espressione e la partecipazione attiva alla vita politica, ovvero il voto: per quanto suoni impopolare, una scelta basata sulla quantità, non è sempre sinonimo di qualità; se riteniamo giusto tener buona la maggioranza popolare, facendola sentire importante e decisiva, allora non ha senso restare poi sconsolati se il suo atteggiamento manca di lungimiranza, capacità d'analisi e saggezza decisionale. Il dazio da pagare per il quieto vivere nazionale, è accettare che la maggioranza decida chi ne possa meglio rappresentare ambizioni, ansie e speranze (e la classe politica lo ha capito da tempo...).

Il rapporto fra guerre e democrazia, mi ha fatto venire in mente l'Europa, e il perché l'identità europea risulti talvolta forzata, quasi artificiosa o percepita solo formalmente: manca una narrativa classica unificante (la storia recente europea è antiunitaria, e ripensare ai tempi del medioevo non giova abbastanza); la comunità europea non è nata da uno sforzo umano di sangue (conflitti, vittime, etc,), ma da un accordo economico a tavolino. Per questo l'Europa viene percepita da alcuni dei suoi abitanti, più che come una identità storico-culturale, come l'organizzazione economica dei fondi comunitari da spartire, del libero mercato, dei viaggi low cost senza passaporto... è come stare in un campus universitario: convivono differenti culture, differenti nazionalità, differenti orientamenti, magari ci si trova bene e ci sono dei vantaggi, ma non tutti ci si sentono "a casa".

acquario69

#17
Citazione di: Phil il 27 Luglio 2018, 12:27:11 PM
Secondo me, si potrebbe anche pensare alla democrazia senza considerare inscindibili la libertà d'opinione/espressione e la partecipazione attiva alla vita politica, ovvero il voto: per quanto suoni impopolare, una scelta basata sulla quantità, non è sempre sinonimo di qualità; se riteniamo giusto tener buona la maggioranza popolare, facendola sentire importante e decisiva, allora non ha senso restare poi sconsolati se il suo atteggiamento manca di lungimiranza, capacità d'analisi e saggezza decisionale. Il dazio da pagare per il quieto vivere nazionale, è accettare che la maggioranza decida chi ne possa meglio rappresentare ambizioni, ansie e speranze (e la classe politica lo ha capito da tempo...).

Il rapporto fra guerre e democrazia, mi ha fatto venire in mente l'Europa, e il perché l'identità europea risulti talvolta forzata, quasi artificiosa o percepita solo formalmente: manca una narrativa classica unificante (la storia recente europea è antiunitaria, e ripensare ai tempi del medioevo non giova abbastanza); la comunità europea non è nata da uno sforzo umano di sangue (conflitti, vittime, etc,), ma da un accordo economico a tavolino. Per questo l'Europa viene percepita da alcuni dei suoi abitanti, più che come una identità storico-culturale, come l'organizzazione economica dei fondi comunitari da spartire, del libero mercato, dei viaggi low cost senza passaporto... è come stare in un campus universitario: convivono differenti culture, differenti nazionalità, differenti orientamenti, magari ci si trova bene e ci sono dei vantaggi, ma non tutti ci si sentono "a casa".

..e le nuove generazioni dei millenians non lo avvertono manco più...a loro ci pensa l'europa "democratica"
http://www.ilnodogordiano.it/?p=16118

0xdeadbeef

#18
Citazione di: Jacopus il 26 Luglio 2018, 21:50:36 PM
Be' Ox. Anche tu ne dici di cose da sottoporre a seria riflessione. Tragedia e democrazia e' un binomio interessante. La tragedia e' l'impossibilita' di decidere univocamente. La consapevolezza che ogni scelta nasconde un veleno. Avere questa consapevolezza e' pero' gia' un antidoto contro le forme piu' violente di potere, che non si riconoscono nella tragedia ma nella rassicurante netta distinzione paranoica amico/nemico. La tragedia contrapposta al film a lieto fine.


Sì, in effetti volevo indicare un paragone con l'attuale crisi della democrazia nel senso che il, chiamiamolo, "debolismo
decisionale" che a parer mio contraddistingue la democrazia male o nulla si concilia con l'attuale pensiero "forte" di
cui è espressione la tecnocrazia.
Che bisogno c'è di consultare il popolo quando già si sa qual'è la decisione da prendere?
Questo, tra l'altro, è uno degli esiti cui conduce lo "scientismo", cioè l'indebita estensione ad ogni ambito del vivere
dei principi della scienza (a riprova che la scienza non è in grado di riflettere su se stessa).
E', ad esempio, sotto gli occhi di tutti come la serie di riforme denominata "Decreto Dignità", seppur sacrosanta (e benchè
all'acqua di rose...) trovi numerosissimi oppositori fra i sostenitori della "scienza economica" (che per essi coincide con
il Mercato). Alla fine, vedrete, poco o nulla si farà, perchè fra "spread" e paletti vari che costoro metteranno fra le
ruote del decreto, ne risulterà una tal paura di contraddire la "scienza" che una retromarcia è quasi inevitabile.
Ora, è chiaro (chiaro a chi ha occhi per vedere, naturalmente) che la suddetta "scienza" è per così dire agli ordini di
qualcuno (e non è ad una tesi complottista che mi sto riferendo); ma ancora manca del tutto la consapevolezza che scienza
e tecnica sono "in ultima istanza" (...) solo dei mezzi, per cui c'è necessariamente qualcuno che questi mezzi adopra (a
proprio vantaggio, ovviamente).
In un simile quadro (di cui ho giusto accennato qualcosa), risulta evidente che la democrazia come sistema politico è
semplicemente superflua...
Sui popoli guerrieri sì, mi sembra che anche questo ci sia da dire. Nel senso che non è semplicemente della "democrazia"
come sistema "tecnico" che sto parlando. Dicevo del potere politico "spalmato", e questo lo ritroviamo ad esempio a Sparta,
che pur certamente non fu una democrazia.
C'è un bellissimo aneddoto che riguarda il mercenario anglo John Hawkwood, generale dell'esercito mediceo (fra
l'altro raffigurato in un affresco all'interno del Duomo di Firenze).
Dopo la conquista di una città, si dice che un soldato anglo (chiaramente i fiorentini non combattevano...) catturò
una bellissima donna, Il generale la vide e disse al soldato: "quella donna è mia". Ed egli rispose: "la donna l'ho
catturata io, quindi è mia". Il generale pensò a lungo poi disse: "per l'antica legge del popolo degli Angli tu hai
ragione, mio prode soldato. Ma io sono il tuo generale, quindi è anche mia". Dopodichè, si dice, tagliò la donna in due
e la divise col soldato...
Emerege chiaramente la figura di un uomo (John Hawkwood) a cavallo fra due culture. Il condottiero anglo rispetta la
tradizione, che vuole che la preda sia di chi la conquista; mentre il generale fiorentino la vuole tutta per se, ed
unicamente in virtù (p vizio...) del suo potere.
Mi sembrerebbe significativo...

saluti

paul11

Ciao Jacopus,
la democrazia ha di fatto stabilito storicamente che sia la forma di potere più stabile.
Il paradosso è che l'ultracapitalismo necessita quindi della forma di potere politico più stabile, per abbassare il livello di rischio sugli investimenti.
Un altro problema è che l'individuo, in un sistema in cui un voto= una testa(indipendentmente dal livello culturale, consapevolezza, coscienza sociale ) vale sempre meno tanto più la popolazione
di una giurisdizione di uno Stato aumenta. E' la perdita di signifcato politio della democrazia, ma è il guadagno individualistico in termini capitalistici.
Quindi per forza c'è necessità di associazionismo, quindi di partitti politici, che coalizzino in un insieme gli individui, facendo acquisire più potere negoziale.
Le similitudini fra democrazia e capitalismo vanno a braccetto.
Specifico che non sono un antidemocratico tout court, anzi.
Le statistiche quindi hanno senso anche sul piano politico, poiché ognuno di noi vale una goccia di un colore scelto che entra in una vasca.il risultato di tutte le gocce di colore sarà sempre un colore mediano, per questo in politica gli estremismi non pagano.In politica ormai i partiti ne hanno preso atto, per cui quelli che durano nel tempo sono sempre centralisti, mai estremisti.

Questo costituisce la base della stabilità e del conformismo. E' molto difficile un' innovazione
che nasca dai partiti; il caso 5stelle è da studiare come nuova forma di associazionismo politico.

Penso anch'io che le ideologia non siano finite intese come fondamento di un pensiero che ha una cultura alle spalle , ma di fatto nel sistema politico democratico, per quanto ho appena scritto non appaiono più.

Temo che la struttura economica e la globalizzazione non permettano fasi di ritorno al passato.
Vedo, in un prossimo futuro, la dissolvenza degli Stati nazionali le forme democratiche si sono evolute.
Non è detto che sia tutto "male".Così come l'individuo conta meno ,tanto più il numero dei votanti aumenta, gli stati nazionali e sovrani dovranno necessariamente coalizzarsi, come sta avvenendo con trattati commerciali,di diritti.Avremo in un futuro blocchi confederati di Stati.

paul11

ciao Inverno,
non si muove perchè contiamo poco più di nulla individualmente,per quanto ho scritto anche a Jacopus.

Non è mai cambiato il rapporto di forza nei passaggi monarchia, aristocrazia, democrazia.
la politica pu gestire economia e armi e questo era temuto dai monarchici e dai nobili aristocratici.
Ma in realtà se è vero che sono spariti come forma politica, si sono trasformati adattandosi  in grande borghesia, come dimostrano le storie di dinastie e casate..Anzi oggi sono invisibili ,allora erano visibili.
Il fallimento della democrazia è il potere di poco o niente  del singolo appartenente agli "ultimi" che necessariamente devono coalizzarsi per avere potere e forza.Il potere teme da sempre  la coalizzazione solidale degli "ultimi".In democrazia significa scegliere un partito. I rappresentanti degli ultimi sono i più corruttibili, perchè vengono da antica fame.Al limite si ricattano.
Finisce sempre che il partito più rappresentativo del popolo, per strane riformulazioni interne, perda identità e si trasformi in "borghese" fiancheggiatore capitalistico.
La democrazia non è esente ,anzi, dal virus del trasformismo.

Sai che Thoreau, statunitense, è il teorizzatore dell'individuo contro lo Stato? Se negli Usa il cittadino è armato è perchè viene accettato dallo Stato stesso che il potere può deragliare dalla costituzione originaria, per cui è l'individuo il vero sorvegliante della costituzione e delle volontà dello Stato conformi a ciò che statuì la costituzione.Quindi l'individuo è armato e non come da noi in cui lo Stato  ha il monopolio della violenza, come viene studiato nella teoria dello Stato.

la libertà cozza con la coercizione, è da sempre il problema di qualunqe forma sociale organizzata .
Quindi il voto può essere una scelta da liste già scelte, ma non abbiamo il potere di cambiare, tanto meno le regole statuarie..

Eco perchè credo in comunità a controllo sociale individuale.Un imprenditore può controllare fisicamente i suoi affari, ma più diventa grande l'azienda  e più ha necessità di delegare ad altri, i dirigenti, quei suoi affari,affidandogli delle procure legali.
Ma se l'imprenditore può licenziare i suoi dirigenti, essendo un'organizzazione geracofunzionale in cui l'imprenditore è anche proprietario, in politica, nella democrazia, quali reali poteri ha l'individuo? Nulla.

InVerno

Citazione di: anthonyi il 25 Luglio 2018, 16:22:31 PM
Citazione di: InVerno il 25 Luglio 2018, 12:36:47 PM
e gli esclusi non hanno alcuna intenzione di farsi scardinare cosi e votano chi parla la loro lingua.

Non c'è alcun dubbio, le chiacchiere sono belle da ascoltare, soprattutto quando sono piene di promesse allettanti, bisogna capire alle parole quali fatti seguono.
Mi ero dimenticato di risponderti. Giusto..che fatti seguono..perchè il sotteso sarebbe che i populisti essendo ignoranti verranno puniti dal mercato-Dio-biologia o qualsiasi altra formula alchemica del moto perpetuo, quindi basta sedersi in riva al fiume, pagare al massimo lo scotto di qualche anno, e poi i "giusti raziocinanti" torneranno a risplendere. Hai ragione, considerato che i populisti di noiartri almeno "ce provano", che fine può fare il pupulista maximo, Donald Trump? Gli insider lo raccontano sul letto a ordinare macburger e guardare foxnews, sfiduciatato dal pentagono e dalla casa bianca  (!) sicuramente un atteggiamento irresponsabile, e che fatti seguono?... tutti i dati macroeconomici sono in salita, alcuni forse sono scampoli della vecchia amministrazione ma altri proprio no. Non vorrei che succedesse lo stesso anche in altri paesi, che già avevano mostrato dati estremamente incoraggianti durante le crisi di governo (chiedere Spagna, Belgio, Germania etc) .E' possibile che nel mondo di oggi il miglior governo sia il non governo? E che addirittura quest'ultimo venga premiato dal super-ente mercato? Ma allora, quando ce li togliamo più? Quando torneranno i belli e tragici?
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Jacopus

Inverno: il mercato divorera' se' stesso. E' solo questione di tempo.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

0xdeadbeef

Citazione di: paul11 il 27 Luglio 2018, 18:34:35 PM
Le similitudini fra democrazia e capitalismo vanno a braccetto.


Ciao Paul
Ritengo che questa affermazione vada presa come si suol dire con le molle...
Non ricordo se già te ne parlai, ma c'è un saggio di J.P.Fitoussi di qualche anno fa che analizza proprio il rapporto
che sussiste (e che è beninteso innegabile) fra democrazia e mercato (al tempo questa ricerca era quasi l'unica disponibile,
visto che il tema non era praticamente trattato da nessuno).
Insomma, Fitoussi individua nel Messico di quegli anni il più efficace (da un punto di vista razionalistico) rapporto fra
diritti democratici e libertà economiche.
Quindi sì, senz'altro vi è una connessione fra democrazia e capitalismo, però bisogna pur sempre vedere "quale" democrazia,
visto che la democrazia, come insegna il compianto G.Sartori, non è un traguardo ma un processo (nei miei precedenti
interventi tendevo a mettere il luce come nella storia vi siano stati numerosi esempi di potere "spalmato", pur senza
poter parlare di democrazia).
Dunque "quale" democrazia? Ma forse soprattutto "quanta" democrazia? Negli ultimi decenni a me pare si sia assistito
ad un regresso del, chiamiamolo, "tasso di democraticità". Come dicevo nel mio precedente intervento la "tecnocrazia"
sembra proprio mal digerire questi "fuochi" (di paglia? Ai posteri l'ardua sentenza...) che la possibilità di un voto
ancora e tutto sommato libero appicca.
Vedo ancora come molto lontani i blocchi confederati di stati di cui parli (viceversa la globalizzazione economica è
già realtà in atto). Mi pare anzi che ben pochi li vogliano veramente e perseguano una strada ("come sta avvenendo
con trattati commerciali, di diritti") in tal senso (trattati commerciali senz'altro, ma gli altri molto meno...).
saluti

paul11

Citazione di: 0xdeadbeef il 28 Luglio 2018, 14:16:13 PM
Citazione di: paul11 il 27 Luglio 2018, 18:34:35 PM
Le similitudini fra democrazia e capitalismo vanno a braccetto.


Ciao Paul
Ritengo che questa affermazione vada presa come si suol dire con le molle...
Non ricordo se già te ne parlai, ma c'è un saggio di J.P.Fitoussi di qualche anno fa che analizza proprio il rapporto
che sussiste (e che è beninteso innegabile) fra democrazia e mercato (al tempo questa ricerca era quasi l'unica disponibile,
visto che il tema non era praticamente trattato da nessuno).
Insomma, Fitoussi individua nel Messico di quegli anni il più efficace (da un punto di vista razionalistico) rapporto fra
diritti democratici e libertà economiche.
Quindi sì, senz'altro vi è una connessione fra democrazia e capitalismo, però bisogna pur sempre vedere "quale" democrazia,
visto che la democrazia, come insegna il compianto G.Sartori, non è un traguardo ma un processo (nei miei precedenti
interventi tendevo a mettere il luce come nella storia vi siano stati numerosi esempi di potere "spalmato", pur senza
poter parlare di democrazia).
Dunque "quale" democrazia? Ma forse soprattutto "quanta" democrazia? Negli ultimi decenni a me pare si sia assistito
ad un regresso del, chiamiamolo, "tasso di democraticità". Come dicevo nel mio precedente intervento la "tecnocrazia"
sembra proprio mal digerire questi "fuochi" (di paglia? Ai posteri l'ardua sentenza...) che la possibilità di un voto
ancora e tutto sommato libero appicca.
Vedo ancora come molto lontani i blocchi confederati di stati di cui parli (viceversa la globalizzazione economica è
già realtà in atto). Mi pare anzi che ben pochi li vogliano veramente e perseguano una strada ("come sta avvenendo
con trattati commerciali, di diritti") in tal senso (trattati commerciali senz'altro, ma gli altri molto meno...).
saluti
ciao Mauro,
il fallimento della democrazia è soprattutto pratico, prima ancora che teorico.
Studiai a fondo Sartori, Bobbio, nella fase del passaggio alla cosiddetta seconda Repubblica in italia.
Non esiste una formula sul buon funzionamento della democrazia, in quanto sono i soggetti, popolo, rappresentanti parlamentari ,governanti, coloro che fanno dinamicamente svolgere una democrazia.
Quando vediamo che sono in crisi gli stati nazionali, sono in crisi i partiti soprattutto storici, allora il malessere è necessariamente causato in profondità.
Metaforicamente ,se una crisi economica come si è avuta anni fa è paragonabile a una forza ciclonica all'ennesima potenza, paul11 vale niente, e la politica vale poco:questo è un dato di fatto.
Quindi il fallimento della democrazia non può essere analizzato solo  in sè e per sè, ma come forma dentro altre dinamiche che lo hanno reso "piccolo" negli ultimi anni.
Ribadisco, dovrebbe essere depotenziato il ciclone economico per renderlo governabile, e quindi limitarne usi e poteri.
Non si riesce perchè la politica è ridotta a governo economico, non governo dell persone, ma anche perchè le persone stesse, i cittadini, pensano ormai alla politica come dispensatori di favori economici, attraverso acquisizioni di rendite di posizioni economiche, cioè privilegi.
Ricapitolando, i cittadini stessi, noi per primi siamo cambiati, siamo diventati homo economicus, e meno "politicus".
Nessuno o pochi credono ancora alla politica, per vari motivi.Il risultato è rendersi imbelli, depotenziare se stessi quando invece il problema era depotenziare i dispositivi culturali che hanno reso il popolo, mi sia consentito."rincoglionito".
Accadrà sicuramente un'altra profonda crisi economica,senza che la politica e la democrazia abbia trovato strumenti idonei per governarla in modo democratico;facendo pagare a chi lo ha prodotta, non a tutti i contribuenti. Perchè la democrazia oggi è ridotta nel paghiamo tutti gli errori di pochi.e allora rifacendomi al post precedente, cosa è davvero cambiato in realtà fra monarchia, aristocrazia, democrazia? Prima il re aveva un volto, gli aristocratici e i nobili pure, o sono assurti al ruolo storico di "magnifici" o di "deficienti" Era chiaro nell'evidenza storica il livello di responsabilità di chi avendo potere produceva benessere o malessere. Ed ora? Ora non si capisce più nulla volutamente.La democrazia è un falsa complessità dietro alla quale si nascondono
i vecchi re, i vecchi nobili, le vecchie aristocrazie a loro volta rincoglionite.nel passaggio di generazioni e con i nuovi arricchiti dell'ultimo secolo, dei barbari incivili e cinici che corrompono i nostri" eletti democraticamente.
In questa finzione questo tipo di democrazia rappresenta il sistema più funzionale al mercato,dietro cui si nascono i veri e potenti poteri.
O si depotenzia, limitando l'economia o finisce tutto ii farsa. Nessuno più andrà a votare.
i Sartori e i Bobbio e la storia della filosofia politica, ci ha detto di limitare i poteri delle monarchie e bandire le nobiltà per il governo del popolo.
Il liberalismo è la dottrina della divisone dei poteri, quindi del limite del singolo potere. E' mai stato fatto qualcosa nel liberismo, come dottrina economica, dove si dice esattamente il contrario?Quale è il limite alla ricchezza individuale?
Senza questa è inutile da tempo parlare di politica.

anthonyi

Citazione di: paul11 il 28 Luglio 2018, 19:40:00 PM

In questa finzione questo tipo di democrazia rappresenta il sistema più funzionale al mercato,dietro cui si nascono i veri e potenti poteri.
O si depotenzia, limitando l'economia o finisce tutto ii farsa. Nessuno più andrà a votare.
i Sartori e i Bobbio e la storia della filosofia politica, ci ha detto di limitare i poteri delle monarchie e bandire le nobiltà per il governo del popolo.
Il liberalismo è la dottrina della divisone dei poteri, quindi del limite del singolo potere. E' mai stato fatto qualcosa nel liberismo, come dottrina economica, dove si dice esattamente il contrario?Quale è il limite alla ricchezza individuale?
Senza questa è inutile da tempo parlare di politica.

Ciao paul11, secondo me il rapporto mercato-politica-potere non può essere eviscerato adeguatamente se non si considera che il mercato è un sistema, mentre il potere è individuale. Nella tua visione limitare il mercato vuol dire limitare certi poteri, ma se la limitazione del mercato è prodotta dalla politica nella quale il potere è concentrato naturalmente, e magari lo stesso potere può agire al servizio di certe concentrazioni di potere economico credo si tratti di una vittoria di Pirro.
Nel pensiero liberale c'è la lotta ad oligopoli e monopoli, c'è la lotta alla corruzione (Che altro non è che lo strumento con il quale il potere economico condiziona la politica).
D'altronde lo abbiamo visto anche in Italia, Berlusconi, il più grande accentratore di potere in questo paese dal dopoguerra, al di là della retorica, non ha certo realizzato in Italia politiche liberali.
Gli enti di controllo Europei che intervengono nei confronti delle grandi imprese informatiche, come Apple, Microsoft, Facebook, sono invece una dimostrazione positiva di concretizzazioni liberali attuate che hanno l'effetto di ridurre la concentrazione di potere, ma soprattutto di farlo in maniera efficiente, perché non riducono l'incentivo che hanno queste imprese a produrre servizi sempre migliori.
Un saluto.

0xdeadbeef

A parer mio a fondamento di tutte queste dinamiche che stiamo analizzando c'è l'autentica divinizzazione cui è stata
fatta oggetto la scienza ormai da molti decenni a questa parte.
Severino parla, a mio giudizio acutamente, di "ricostituzione dell'inflessibile"; un "inflessibile" originario (le
varie forme con cui si è presentata la divinità) che è stato "flesso" (e, sembrava, definitivamente con la "morte
di Dio"), ma che si ricostituito PERCHE', essenzialmente, l'essere umano non è capace di essere "oltreuomo"; cioè
non è capace di sopportare il peso esistenziale che deriva dalla consapevolezza del tragico divenire delle cose (la
Tecnica, dice Severino, è il rimedio contro l'angoscia suscitata dal divenire delle cose).
Oggi tutto è "scienza". Sono numerosi coloro (a anche in questo forum abbondano) che ritengono la scienza ormai come
il sapere definitivo; un sapere che ha soppiantato tanto la religione quanto la filosofia.
Così non è. con tutta evidenza, ma quel che conta non è il "vero" quanto ciò che viene ritenuto vero...
L'espressione che qui più ci interessa di tutta questa dinamica "scientista" è nell'economia e nella politica, non a
caso (e assurdamente) anch'esse ritenute scienze.
Ah certo, c'è qualcuno che in in rari momenti di consapevolezza (o di pudore...) parla di "metodo" scientifico così
come di scienze per così dire "hard" o "soft", ma nulla cambia nella sostanza: le scienze, e per cui anche l'economia
e la politica, vengono prese per definitive ed infallibili, cioè per divine.
Nasce in questo modo il potere tecnico: la "tecnocrazia".
E allora ripeto la domanda che ho fatto in una precedente risposta: chè bisogno c'è di consultare il popolo quando già
si sa qual'è la decisione da prendere?
Non ce n'è evidentemente nessun bisogno, ed infatti il potere decisionale del popolo è ridotto ad un simulacro vuoto.
Vorrei dire ad Anthomy che qui si è ormai andati ben oltre il pensiero liberale classico (qui la base filosofica è
semmai lo "spontaneismo" di Von Hayek).
Come già J.Schumpeter faceva notare negli anni 40 del 900 il capitalismo moderno semmai tende ad accentrarsi in oligopoli
e monopoli, ed è semmai la politica che può assumere il ruolo di argine contro questa tendenza di fondo.
Questo, certo, avveniva nel pensiero liberale classico (nel quale la politica aveva ancora un ruolo importante), ma
avviene e può ancora avvenire tutt'ora? Io avrei al riguardo molti dubbi...
Certo c'è qualche importante segnale al riguardo (come i casi che Anthony cita), ma a parer mio non basta di certo ad
arginare un fenomeno che appare inarrestabile se fronteggiato con questi scarni e scarsi strumenti di cui disponiamo.
Torna allora su questo punto quanto già dicevamo: occorrerebbe una "sovranità" politica per poter agire in tal senso
in maniera efficace. Ma quale "sovranità" se già il termine stesso (certo riferito a, forse, anacronistiche sovranità
"nazionali") procura alla tecnocrazia dominante una, diciamo, forte reazione allergica?
Perchè il punto torna sempre ed è esattamente questo: la "tecnocrazia" esclude necessariamente ogni potere ad essa
alternativo nel modo speculare in cui lo scientismo esclude ogni sapere che non sia ritenuto "scienza".
saluti

InVerno

Citazione di: 0xdeadbeef il 29 Luglio 2018, 08:37:25 AMTorna allora su questo punto quanto già dicevamo: occorrerebbe una "sovranità" politica per poter agire in tal senso
in maniera efficace. Ma quale "sovranità" se già il termine stesso (certo riferito a, forse, anacronistiche sovranità
"nazionali") procura alla tecnocrazia dominante una, diciamo, forte reazione allergica?
Una sovranità che possa interlacciare il controllo locale\territoriale delle cose fisiche (persone, aziende, territorio etc) insieme ai grandi domini metafisici (mercato, diritti, etc) . Ciò che poi era stato condensato nella parola "gl-ocal", un livello globale e un livello locale che lavorano coordinatamente. Le nazioni sono una misura di mezzo che non rappresentano ne la località, ne la globalità, rappresentano se stesse asserragliate dalla necessità di potere che non sanno più esprimere perchè i loro fondamenti sono artificiali, come lo furono la spada di latta dei Savoia o come l'acciaio degli Junker che unificarono Ita e Ger. Si, ci sono le lingue nazionali, il che assicura una continuità culturale di una determinata zona nazionale, ma al di la di questo (che invero è praticamente tutto di una nazione) che cosa rimane? La recente vicenda basca (ma anche scozzese) tuttavia ci insegna come l'autodeterminazione di unità realmente regionali è osteggiata anzichè favorita, come se ci fosse paura che questi una volta autoderminati spostino il loro territorio nel pacifico, non si può "lasciarli andare". Si deve lasciarli andare, a patto che dimostrino sostenibilità primaria del proprio assetto (politico, economico, culturale, ecologico). Tante nazioni non sono sostenibili da questi punti di vista (che è la parola chiave del prossimo secolo) e sopravvivono abusando degli altri o di se stesse. E intanto cosi ci riprenderemmo il controllo della località, per quanto riguarda la globalità invece è un discorso tutto da farsi, ma senza la base, senza sovranità locale reale, che senso ha anche solo parlarne?.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Jacopus

La vicenda locale/globale ha un esimio precedente, da cui scaturirono proprio gli stati nazionali. Sto parlando della contrapposizione medievale fra poteri locali (comuni/signorie/abbazie) e impero. Lo stato laddove si consolido' si affermo' come potere mondiale: Spagna, Francia, Regno Unito, Russia. Laddove resto' allo stato embrionale pago' un prezzo in termini di ritardo culturale e di sviluppo.
Oggi "il giusto mezzo" fra locale e globale non e' piu' lo stato. Specialmente lo staterello europeo di poche centinaia di migliaia di chilometri quadrati. La sfida e' su quantita' dieci volte superiori. Cio' nel ns caso si chiama Europa. Non a caso si sta delineando il conflitto piu' o meno velato fra Europa e le altre grandi potenze limitrofe.
L'Europa pero' dovrebbe rifarsi alla  sua grande tradizione democratica, egalitaria e liberale allo stesso tempo. Riconoscersi in questa tradizione e' il nostro dovere di europei in questi tempi incerti. Ma per fare questo dobbiamo rivoluzionare molti principi che abbiamo assimilato dalla svolta reaganiana-tatcheriana in poi.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

InVerno

Servono comunque, nel principio della sussidiarietà, unità che gestiscano il locale efficientemente. Non si può pensare ad un locale governato a livello continentale, ci hanno pensato ed è semplicemente un disastro. Quando una frana intasa una strada aspettare i bandi europei per finanziare i lavori significa avere una frana in mezzo alle palle per 2-4 anni. Il mondo non è tutto mercato e diritti, il livello locale deve avere una propria autonomia, e ciò che dicevo è che le nazioni sono incapaci di gestirlo, sopratutto quelle "grandi" che hanno squilibri interni eccezionali (generalmente nord-sud). Insisto che i cerchi concentrici nel quale è organizzato il potere europeo debbano essere riorganizzati nei loro limiti fisici, e democraticizzati. L'efficienza della democrazia è proporzionale alla grandezza dello stato, più è grande più funziona male o deve essere "fratturata" in mini democrazie. Una megademocrazia europea senza intermediari reali (non parlo di amenità succhia soldi come i parlamenti regionali italiani) è una cosa che non può esistere e se esisterà non funzionerà. Poi sai bene che io avevo parlato di un Leviatano capace di contrastare il capitale, l'esistenza dei "too big to fail" è il più grande paradosso che il capitalismo deve affrontare, c'è bisogno che questi falliscano (e quindi uno stato che possa attutire il colpo), altrimenti si costituiranno (e già lo sono) come una nuova aristocrazia monopolistica, e sia la democrazia che il capitalismo non avranno più senso.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

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