Disgregazione dell'occidente?

Aperto da Eretiko, 02 Febbraio 2017, 16:53:39 PM

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Jacopus

Interessante discussione. Entro quando le forme e le fazioni sono ormai ben definite.
Vorrei partire dalla definizione di Occidente. L'Europa è l'Occidente che si contrappone all'Oriente. Uno dei primi miti chiama Europa la figlia di un Re fenicio, che viene con l'inganno rapita da Zeus e portata a Creta, dove generera' fra gli altri Minosse e Radamanto, il giudice degli Inferi. I suoi fratelli arriveranno dalla Fenicia in Grecia per cercarla e fra questi Cadmo, che fondo' Tebe e trasmise la conoscenza dell'alfabeto. Insomma tutto questo per dire che la nascita dell'Occidente fu probabilmente il risultato di una prima migrazione e fusione fra la civiltà fenicia e quella greca.
In questa discussione la disgregazione viene addebitata talvolta al pensiero scientifico (induttivo), talvolta alla morte di Dio, talvolta al relativismo. In sostanza parliamo di un'unica causa: la sostituzione del pensiero mitico con il pensiero razionale, con il benedetto logos.
In questo senso credo che la disgregazione dell'Occidente sia già concepibile ai suoi albori, quindi ancor prima dell'avvento di Bacone e Galilei, i quali diedero al processo una spinta sensazionale. La disgregazione dell'Occidente avviene già in Edipo. E' vero il regno di Tebe (ancora lui) era in preda ad una carestia e solo conoscere una terribile verità l'avrebbe salvata, ma Edipo in fondo poteva non chiedere a Tiresia quel terribile segreto, che l'avrebbe condotto alla rovina, eppure lo fa, non tanto credo per salvare Tebe, ma per sete di conoscenza. E' la sete di conoscenza che differenzia la cultura occidentale da molte altre culture. Una conoscenza che diventa presto "sapere" al servizio del potere, che parcellizza il sapere stesso e lo rende un sistema di dominio.
Un sapere che crea anche una gerarchia di saperi e una assolutizzazione degli stessi. In questo senso non vedo differenze rilevanti fra la religione metafisica e quella scientifica. Intendo dire che la scienza ha prodotto dei mutamenti straordinari e dei miglioramenti delle condizioni di vita ma è anche vero che ci ha chiuso in gabbia. Le considerazioni che qualcuno ha fatto sulla scienza che ci rende più stupidi sono da prendere sul serio. Una gabbia fondata sulla assenza di un senso alternativo. Viviamo in un mondo dove la verità è scientifica e il senso delle cose è dato dal denaro. Non esiste più nient'altro. Il monoteismo è stato un importante trisavolo di questa forma di pensiero. In questo modo è stata creata l'identità chiusa dell'uomo occidentale, pronto a rendere strumenti anche gli altri uomini, un tempo per ordine di Dio, ora per ordine della Scienza o della sua ancella pratica, il Denaro.
E' come se vi fosse stato un cammino delle idee, che consequenzialmente ci ha portato dove siamo ora. Abbiamo in mano un potere immenso nelle nostre mani, ma questo potere forse ci ha trasformati, ci ha reso inerti, sedati e ipnotizzati, pronti ad assolutizzare un principio, un'idea, un valore e pronti anche a considerare il "relativismo" un male.
Ma è proprio il relativismo a farci comprendere il mondo secondo una visione non paranoica, perchè io-sono-con-gli-altri che sono diversi da me. Solo il relativismo ci rende capaci di non sottomettere il pensiero altrui al costo della cacofonia di cui questa discussione è un esempio lampante.
Eppure anche se l'Occidente nasconde dentro di sè i semi della sua autodistruzione, direi che conserva anche ampie doti di recupero. Starà a noi dimostrare se quella idea era vincente oppure se dobbiamo riconsegnarci a qualcuno che ci metterà la gabella attorno al collo, ovvero un bussolotto di legno, al quale attingevano gli esattori passando per le campagne o che ci obbligherà ad andare a messa alla domenica, sotto pena di essere fustigato nella pubblica piazza in caso contrario.
Non credo esista una ricetta univoca. La stessa storia delle religioni e del pensiero è ambigua e piena di contraddizioni. La stessa mentalita' occidentale è quella che ha sviluppato la maggiore sensibilità sul tema dei diritti umani e sulla corresponsabilità. E' il pensiero occidentale che è diventato maggiorenne ed ha interpretato la storia come freccia e non come circolo (come ben raffigurato dalla storia del Vangelo).
Il problema odierno credo che dipenda anche dalla impossibilità di confrontarsi con un altro modello, ora che quello sovietico è scomparso. Una hybris di potenza a stento contenuta dalla ricerca di nemici improbabili e pezzenti, e una inquietudine derivante da un modello che apparentemente non permette soluzioni di riserva.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

InVerno

Citazione di: donquixote il 19 Febbraio 2017, 05:39:01 AM
Citazione di: InVerno il 19 Febbraio 2017, 00:59:47 AMNon c'è bisogno di aspettare l'armageddon per farlo, io lo faccio, ma non sono un autarchico, sono uno stronzo. La tecnologia necessaria per questo tipo di progetto è interamente dovuta a quel malevolo e meschino ambiente di "movimenti finanziari". Suvvia, credete che solo il trattore? Pannelli fotovoltaici.. già, sotto le foglie d'autunno. Stalle.. già, crescono se bagnate il terreno. Ed i Mormoni sono fintamente autarchici nella stessa maniera. Ah, l'economia calcola con avidità anche l'orto. L'invito è quello di provare invece di bagnarvi di sogni notturni, i terreni e i fabbricati in zona rurale si svendono in questo momento, vi posso tranquillamente indicare una decina di terreni e fabbricati che potete portarvi a casa con una decina di mensilità.. Ma poi? Le teorie di Massimo Fini "vorrei essere un morto di fame del Sudan" e poi non trova mai il biglietto per partire..

Ognuno utilizza le armi dialettiche che ha a disposizione, e questa supponenza denota probabilmente una carenza di argomentazioni più convincenti. Quando con Paul si parlava di queste cose lo si faceva citando coloro che esaltano la globalizzazione affermando che questa ha "fatto uscire dalla povertà" milioni di persone nei cosiddetti paesi in via di sviluppo. Nei fatti però lungi dal fare questo la globalizzazione ha solamente "urbanizzato" milioni di contadini che campavano con l'economia di sussistenza inserendoli in una economia di mercato che si misura con il movimento di denaro e quindi fornisce solo l'apparenza di una maggiore ricchezza e di un maggiore "benessere" (e non può peraltro quantificare ciò che è andato perduto in termini di rapporti umani, distruzione dell'humus culturale, aumento della solitudine, incremento di stress e malattie psicosomatiche e così via) poichè li renderà dipendenti dal volere di altri uomini (siano essi datori di lavoro o clienti) che non potranno mai rendere più sicura e serena la vita di qualcuno poiché tenderanno sempre ad approfittarsi di loro e a sfruttarli per i loro scopi, e si sa che gli uomini non sono certo affidabili e sinceri come la natura. Una volta che è stato perso l'equilibrio precedente legato ai cicli della terra e delle stagioni si entra letteralmente in un altro mondo, nella spirale della crescita esponenziale dei bisogni, delle speranze e dei desideri da cui poi non si riesce ad uscire. Se in campagna più o meno tutti vivono allo stesso modo nelle metropoli si "tocca con mano" l'american dream (e le sue distorsioni), si vive fianco a fianco con uno che guadagna (e spende) in un mese quello che tu non riusciresti a guadagnare in una vita e inevitabilmente viene da pensare "ma se ce l'ha fatta lui che magari è anche un po' cretino perché mai non dovrei farcela io che sono anche più intelligente?". Così si rimane schiavi dell'idea che "prima o poi" verrà anche il tuo momento, e ogni sia pur piccolo progresso nel tenore di vita illude che ve ne siano sempre di più non essendo previsto un limite (che invece in natura esiste e lo si può verificare vivendoci). Si crea quindi una dipendenza pari a quella delle droghe da cui è molto difficile uscire: l'orto ti fornisce frutta e verdura e la stalla latte, formaggi e carne, e questi beni sono indispensabili per sopravvivere e deperiscono se non utilizzati; il lavoro invece fornisce un reddito, ovvero un bene non deperibile che può essere accumulato indefinitamente ed essere scambiato con beni non indispensabili alla sopravvivenza. Questo fatto ingenera l'idea del futuro, ovvero di un tempo lontano in cui con tutto il reddito accumulato oggi si potrà in seguito vivere bene senza lavorare, o si potrà trasferirlo ai figli per permettere a loro di non lavorare. Ma anche questa idea si sta perdendo perché il sistema si regge solo se continua a correre, come una bicicletta che se si ferma perde l'equilibrio, e quindi si è costretti a procrastinare "il futuro" sempre più in là fino ad annullarlo. Si vive dunque nell'illusione di un futuro sereno che non vi sarà mai mentre il presente viene sacrificato sull'altare di questa illusione. Solo pochissimi si rendono conto dell'assurdità di questa condizione che a detta dei loro sostenitori dovrebbe generare "benessere" per tutti (o per il maggior numero) e tenteranno quindi di perseguire un equilibrio e mantenerlo (che certo non si può fare all'interno di questo sistema in cui "chi si ferma è perduto") mentre la stragrande maggioranza si roderà il fegato tentendo di "vendersi" come schiavi a ogni sorta di padrone che si servirà di loro finché questo gli garberà e poi li eliminerà come scarpe vecchie. La stragrande maggioranza degli uomini occidentali (o occidentalizzati) e urbanizzati sono come animali che avendo perso ogni capacità di procurarsi il cibo da sé sono costretti ad elemosinare il cibo dalla "generosità" altrui (e, come dicono gli inglesi, "non esiste un pasto gratis") perdendo dunque la propria indipendenza, la propria libertà, il proprio onore, la propria dignità, la propria cultura e quindi, tutto sommato, la propria umanità.
Io sono d'accordo in via generale con il sentimento delle vostre opinioni (non riguardo all'urbanizzazione dei contadini, avvenuta molto prima della globalizzazione). Detto questo, il paradosso è che se qualcuno come me riesce a farcela oggi giorno.. è proprio per la globalizzazione. Paradosso ancora più grande, è che il tema del ritorno al naturale nasce proprio nel substrato dell'american dream (Thoreau etc). Vorrei andare nei dettagli di questo tipo di argomentazione, ma sarebbe probabilmente  un altro offtopic quindi evito. Io ho una passione nella vita, demolire le "idealizzazioni" come fonti di ideologie, tentare di mostrare la contaminazione insita in ogni storia, la merda sotto gli stivali di ogni generale sceso da cavallo. E' una missione satirica in un certo senso, ma una missione che ha come unico nemico il puritanesimo, inteso non come movimento religioso, ma ideologia della purezza. Se c'è una cosa che il contatto con la natura insegna è che non esistono binomi, non esistono categorie perfette, e sopratutto come diceva il poeta (Dylan ha sdoganato?) "Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori". Ho prurito per i cercatori di diamanti, perchè spendono la loro  vita a cercare terreni asettici e infertili, terreni di fobia e repressione, deserti di morte. Se voglio un mondo in cui vivere, deve essere pieno di letame, e parte di questo lezzo fecale è anche il fatto che senza la globalizzazione quelle poche realtà agricole sarebbero morte in una maniera ancora più rapida a seguito dell'industrializzazione. La parte meno nota, è che oggi grazie a quel letamaio della globalizzazione, i pochi e fortunati che riescono a gestirsi un microscopico regno agricolo, vivono di una qualità della vita nettamente superiore, e potete voi fantasticare sull'installazione di pannelli solari. Per questo mi definisco stronzo, nel senso di parassita, ma a buon rendere, anche il mio modello ha qualcosa da offrire, e molti se ne stanno accorgendo. Tempo al tempo, senza fretta, come dici tu "ritornare a seguire il ritmo delle stagioni", ne fa parte anche l'aspettare che i corsi e ricorsi storici degli uomini si compiano.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Duc in altum!

#152
**  scritto da Inverno:
CitazioneSe c'è una cosa che il contatto con la natura insegna è che non esistono binomi, non esistono categorie perfette, e sopratutto come diceva il poeta (Dylan ha sdoganato?) "Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori".
Meno per la natura "uomo", infatti è l'unica che distrugge, anche senza motivo, la natura. E' l'uomo che ha dato vita alla menzogna, quindi è imperfetto.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

donquixote

Citazione di: Eretiko il 18 Febbraio 2017, 11:09:10 AMLa separazione netta che tu fai tra "sapere metafisico deduttivo" e "sapere scientifico induttivo" è proprio quello che sto contestando dall'inizio di questa discussione; ancor più contesto l'affermazione che il sapere scientifico sia (esclusivamente) induttivo. Se lo scopo della discussione è fornire spunti di riflessione allora è bene, ancor prima di giungere alla tesi finale che ognuno, liberamente, potrà elaborare, partire da ipotesi iniziali condivise (invece anche su queste siamo, sembra, irrimediabilmente divisi). In particolare, come ho già affermato in altri post, ho l'impressione che ci sia in molte persone un approccio sbagliato nei confronti del metodo scientifico, che si continua ad identificare erroneamente in un puro e semplice metodo induttivo (che era quello della scienza antica) e che mai potrebbe produrre una "verità" perché non si può ovviamente "indurre" una legge universale dall'osservazione ingenua di un fenomeno contingente (come metaforicamente faceva notare Russel a proposito del "tacchino induttivista"). Per questo avevo invocato una maggior cultura scientifica, intesa come comprensione di fondo della metodologia base del metodo scientifico, proprio per sgombrare il campo definitivamente da questo infondato pre-giudizio negativo.

Tutti sanno perfettamente che chiunque (di qualunque cultura) utilizza entrambi i metodi (deduttivo e induttivo) per elaborare il proprio sapere, ma se uno vuol fare una sintesi schematica la fa sulla base della prevalenza (o meglio della gerarchia) di uno rispetto all'altro. Se guardi i messaggi che ho scritto questo l'ho evidenziato, anche se magari in modo indiretto. Ma visto che è così difficile capirsi proverò ad essere più chiaro: immagina un puzzle formato da 20 miliardi di pezzi tutti sparsi alla rinfusa davanti a un rappresentante della cultura deduttiva o metafisica (che per comodità chiamerò "tradizionale") e uno uguale sparso innanzi ad un rappresentante della cultura induttiva o scientifica (che per comodità chiamerò "moderna"); il primo sa, perché gliel'hanno insegnato i suoi avi i quali a loro volta l'hanno imparato dai loro e così via (anche se non è affatto escluso che ci possa arrivare anche da solo), che quella montagna di pezzi sono tutti parte di un unico disegno, anche se non sa di che disegno si tratti perché non l'ha fatto lui e nessuno glielo ha mostrato. Il secondo invece, negando l'insegnamento dei suoi genitori e dei suoi nonni e affidandosi solo ai suoi sensi, rifiuta a priori l'idea che vi sia un disegno complessivo e vuole guardarci dentro da solo, e osservando con i suoi occhi vede che ogni pezzo del puzzle ha un disegno, una figura, e crede che quello sia esattamente e solo quello che è (o meglio che lui ha deciso che sia), indipendente da tutti gli altri pezzi, come fosse una cosa a sé.
Mentre il rappresentante della cultura tradizionale sa, perché gliel'hanno insegnato, che anch'egli e ogni  suo simile è parte di quel disegno anche se gli risulterà difficile trovare i tasselli che lo riguardano e metterli nella giusta posizione all'interno del quadro complessivo, quello della cultura moderna non lo sa poiché pensa di essere un'altra cosa, separata, rispetto alla montagna di pezzi che ha davanti (da qui l'invenzione della "conoscenza oggettiva"); si ritiene anzi  il "dominus" di quei tasselli perché in fin dei conti è stato lui a conoscerli, a nominarli, come il personaggio del Piccolo Principe si credeva il padrone delle stelle perché era stato il primo a contarle.
La tradizione si rende conto della piccolezza dell'uomo dinnanzi all'immensità dell'universo, che rispetta e teme poiché sa che questa può schiacciarlo quando vuole, mentre alla modernità basta sottomettere qualche animale con l'allevamento oppure piantare ordinatamente qualche seme convincendosi di essere lui e non la natura a controllarne la crescita, per illudersi di poter controllare, col tempo, tutto ciò che vi è in cielo e sulla terra. La tradizione è convinta che siccome l'uomo è un prodotto dell'universo come tutti gli altri animali dovrà limitare (osservando appunto quel che fanno gli animali) la propria conoscenza induttiva e "funzionale" ai tasselli del mondo che gli serviranno a garantire la propria sopravvivenza (basta leggere seri trattati di antropologia per vedere come molti popoli possedessero una tassonomia solo per le piante che ritengono utili all'uomo in qualche modo, mentre tutte le altre le chiamano semplicemente "piante"), mentre la modernità classifica qualunque cosa vede, utile o non utile, illudendosi che la conoscenza di quanti più frammenti possibile lo possa condurre a scoprire il disegno completo del puzzle.
Da quando Cartesio, nel tentativo di ripensare da capo tutta la filosofia precedente, proclamò il famoso "cogito ergo sum" sottintendendo di fatto che ciò che non pensa nemmeno è, ha ribadito e definitivamente cristallizzato la superiorità dell'uomo su qualunque altro ente dell'universo, e se questi ultimi esistono è solamente perché l'uomo, col suo pensiero, gli fornisce la dignità dell'esistenza. Protagora diceva "L'uomo è misura di tutte le cose", ma questa è una semplice ovvietà perché se noi fossimo pesci avrebbe detto "il pesce è misura di tutte le cose" dato che ogni specie e ogni ente si rapporta con gli altri enti in modo differente e partendo dalle proprie caratteristiche, dai propri bisogni e dalle proprie esigenze. Se la tradizione, quindi la cultura deduttiva, pone come assoluto colui che ha "progettato" e ha dato vita al disegno rappresentato da tutti i pezzi del puzzle e cerca di trovare il suo posto all'interno di questo disegno rispettando nel contempo il posto di tutti gli altri enti e di tutte le altre specie, ed essendo, questo "geometra" (come diceva Platone), uno, assoluto, inconoscibile, inaccessibile, incommensurabile, ineffabile non può essere ridotto a "servitore" di qualcuno ma solo di se stesso (e tutti gli altri enti dell'universo sono, in qualche modo, al suo "servizio"), la modernità ha invece, come già avevo sottolineato nel mio primo messaggio, posto come assoluto l'uomo,  la specie umana, e quindi le sue esigenze, i suoi bisogni, i suoi desideri, le sue necessità. Il maggior errore della modernità è stato quello di idolatrare l'uomo, ovvero in altri termini quello di assolutizzare il relativo (poiché l'uomo è ovviamente un relativo e non un assoluto), di porre al di sopra della scala gerarchica universale ciò che ne è invece solo un piccolo, e in sé insignificante, frammento. Per questa ragione dicevo che l'uomo tradizionale guarda lontano e "vede" l'universo, mentre l'uomo moderno vede solo il suo ombelico.
Dunque la cultura tradizionale può utilizzare senza alcun problema un linguaggio mitico, allegorico, favolistico, immaginifico, fantasioso per raccontare il fuoco, o i fulmini, o le eclissi, o l'eruzione di un vulcano, o i comportamenti degli animali e delle piante fino agli aspetti psicologici e caratteriali degli uomini poiché la sua è una cultura deduttiva e quindi "giustificativa"; ogni fenomeno del mondo, piccolo o grande che sia, ha una sola giustificazione nel "volere" di Colui che sovrintende l'universo, lo ha "disegnato" così com'è e lo mantiene in vita (anche qui da noi si diceva una volta "non si muove foglia che Dio non voglia") e i racconti di fantasia che servono a spiegare ogni singolo fenomeno hanno la funzione di placare in modo coerente con la cultura di riferimento (utilizzando quindi i simboli e le allegorie riconoscibile da quella cultura) il desiderio umano di curiosità (e se del caso a consolare le sue ansie e le sue sofferenze) senza che vi sia il pericolo che tale conoscenza possa essere utilizzata per modificare alcuni aspetti delle dinamiche universali che dovevano comunque essere rispettate. Poi alcuni (anzi molti, poi dipende dalle culture) di questi racconti e di questi miti sono metafore elaborate  in modo che potessero avere anche una funzione e una dignità prettamente intellettuale, filosofica e metafisica e potessero tradursi nella forma letteraria e concettuale che siamo più abituati ad usare noi (basta guardare la Bibbia, oppure la Bhagavad Gita, oppure molti romanzi epici di ogni cultura e di ogni tempo), come del resto molte favole sono evocative di concetti morali che vengono espressi in forma non concettuale.
L'uomo moderno invece, ponendosi come assoluto, riconduce la conoscenza a sé, la modifica e la elabora per renderla funzionale alle proprie esigenze (di solito si "conosce" qualcosa non come effettivamente è, ma si esalta la conoscenza di quelle caratteristiche che possono essere di una qualche utilità o pericolosità per l'uomo), ritiene che il mondo e l'universo si siano formati per "caso" per cui tocca a lui, all'uomo, mettere "ordine" in questo caos incomprensibile. Per questa ragione tutta la sua conoscenza è indirizzata non a comprendere il mondo così com'è per adeguarvisi, ma a porlo sotto il proprio controllo, sotto il proprio "ordine", intervenendo con la tecnica e la tecnologia ove possibile e cercando di prevederne ogni comportamento ove l'intervento umano non è ancora possibile. Se la deduzione della cultura tradizionale parte da un punto centrale dell'universo e si irradia attraverso il movimento ordinato dei pianeti fino alla crescita del filo d'erba, e riconduce ad esso ogni conoscenza sensoriale e induttiva, quella della cultura moderna pone al centro l'uomo, e riconduce ad esso e alle sue esigenze ogni successiva induzione.
Il "progresso" della modernità non si è sviluppato solo nell'ambito della conoscenza del comportamento degli enti e della relazione fra loro, ma è parallelamente proseguito anche in termini "filosofici" prima affermando che alcuni "settori" della specie umana che a volte vengono chiamate "razze" e altre volte "etnie" erano superiori ad altri (per cui le loro esigenze potevano essere perseguite a discapito di quelle delle "razze" inferiori) e poi arrivando all'oggi in cui si afferma che ogni singolo uomo ha il diritto di "sfruttare" l'universo per soddisfare le sue proprie esigenze, i suoi propri desideri, i suoi propri capricci, per cui la conoscenza scientifica e funzionale dovrà essere progressivamente disponibile sotto forma di tecnica e tecnologia per qualunque uomo sulla faccia della terra ne faccia richiesta, poiché questo è considerato un suo "diritto" sacrosanto, e il progresso della "civiltà" consiste essenzialmente in questo. Mi pare quindi che questo quadro sintetizzi i quattro tratti caratteristici essenziali che ho elencato nel primo messaggio e che differenziano la cultura "deduttiva" o tradizionale da quella "induttiva" o moderna che può essere anche definita "funzionale" ad un relativo, l'uomo, che è stato arbitrariamente posto come assoluto, ed oltre a determinare l'atomizzazione culturale dei vari individui che vedranno l'universo intero ruotare intorno al proprio ombelico ha creato le condizioni di un conflitto permanente fra la specie umana e le dinamiche naturali.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

donquixote

Citazione di: InVerno il 20 Febbraio 2017, 18:50:01 PMIo sono d'accordo in via generale con il sentimento delle vostre opinioni (non riguardo all'urbanizzazione dei contadini, avvenuta molto prima della globalizzazione). 

Forse ti è sfuggito il fatto che per urbanizzazione dei contadini si intende, come ho scritto nel mio messaggio, quelli dei paesi "in via di sviluppo" che è avvenuta in massa proprio a seguito della globalizzazione (basta guardare Cina e India). Per il resto, a parte la grave contraddizione quando affermi:

Citazione di: InVerno il 20 Febbraio 2017, 18:50:01 PMsenza la globalizzazione quelle poche realtà agricole sarebbero morte in una maniera ancora più rapida a seguito dell'industrializzazione

poichè l'industrializzazione (stiamo sempre parlando dei paesi "in via di sviluppo") è avvenuta proprio a seguito della globalizzazione e quindi senza di questa l'industrializzazione non sarebbe esplosa, non è questione di esaltazione della purezza, non c'è niente di assolutamente puro nel mondo del divenire, ma è una questione di dinamiche e di equilibri. L'obiettivo di una cultura sensata dovrebbe tendere all'adeguamento alle dinamiche naturali e trovare (e mantenere) un proprio equilibrio interno, e una cultura basata sullo sfruttamento indiscriminato di risorse non rinnovabili nei medesimi tempi che si impiega a consumarle, sulla crescita economica progressiva e sulla competizione permanente sia una cultura totalmente squilibrata in cui prevalgono dinamiche distruttive.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

InVerno

#155
Citazione di: donquixote il 20 Febbraio 2017, 22:09:16 PM
Citazione di: InVerno il 20 Febbraio 2017, 18:50:01 PMsenza la globalizzazione quelle poche realtà agricole sarebbero morte in una maniera ancora più rapida a seguito dell'industrializzazione

poichè l'industrializzazione (stiamo sempre parlando dei paesi "in via di sviluppo") è avvenuta proprio a seguito della globalizzazione e quindi senza di questa l'industrializzazione non sarebbe esplosa, non è questione di esaltazione della purezza, non c'è niente di assolutamente puro nel mondo del divenire, ma è una questione di dinamiche e di equilibri. L'obiettivo di una cultura sensata dovrebbe tendere all'adeguamento alle dinamiche naturali e trovare (e mantenere) un proprio equilibrio interno, e una cultura basata sullo sfruttamento indiscriminato di risorse non rinnovabili nei medesimi tempi che si impiega a consumarle, sulla crescita economica progressiva e sulla competizione permanente sia una cultura totalmente squilibrata in cui prevalgono dinamiche distruttive.
Certo che non avevo inteso i paesi in via di sviluppo, questo è supposto essere un topic sull'occidente. Tutto sta sul cosa intendi per "interno", perchè nel momento in cui per "interno" intendi "nazionale" intendi un entità originata da istanze storico-culturali che non hanno nulla a che fare con un ipotetico equilibrio interno di risorse (e anche se fosse, la natura mutevole della necessità di risorse renderebbe la validità di queste divisioni estemporanea) e da qui il fallimento sistematico di qualsiasi autarchia. Oggi abbiamo a che fare con squilibri di ordine globale, chiunque si chiuda nel proprio recinto a pensare i fatti propri dovrebbe essere additato come parassita, perchè nella pratica le conseguenze delle sue azioni sono globali, ma nella teoria si interessa solamente del suo giardino (Vedi Cina). Sono proprio questi sovranismi i maggiori devastatori di qualsiasi equilibrio. Poi del furto della parola globalizzazione ho già parlato e non mi voglio ripetere, sta di fatto che non vedo molte soluzioni, prima ragionamo a livello planetario meglio è per tutti, i curatori di giardini nazionali (li elenco?) sono nei fatti una disgrazia a cielo aperto, oppure si indichi un modello virtuoso tra essi.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

paul11

#156
Porrei un elemento ulteriore di riflessione, rispondendo almeno in parte indirettamente a Jacopus.

Dalla tradizione biblica ci arriva la disobbedienza di Adamo; dalla tradizione greca i miti di Prometeo e del Vaso di Pandora.
In tutte e tre vi è una disobbedienza ad un dio e ancora in tutte, si originano mortalità, malattia, vecchiaia.
Altro fattore comune la curiosità e la conoscenza.
Il mito greco viene da molto più lontano ,la madre di Prometeo è Asia.

Le tradizioni ci raccontano di un tempo in cui dei e umani convivevano, ma gli umani o semi dei o nel mito greco la lotta fra titani e dei , il padre di Zeus è il titano Cronos che si combattono, o vengono eruditi dagli dei o carpiscono loro l conoscenza.
Quell'albero della conoscenza in Adamo, in cui la tentazione, la curiosità è più forte del timore divino.
Ma la conoscenza porta con sè la storia umana che si separa dagli dei con tutte le avversioni a cui tutti e tre i personaggi vengono intimati dagli dei stessi.

Ci sono due interpretazioni di massima: la prima è che l'uomo sceglie una strada decadente colma di contraddizioni, perchè la conoscenza è lotta per il potere è lotta contro la natura che porta il destino della morte; la seconda è che sia un atto di libertà,
di liberazione dagli dei.  la prima è un'interpretazione antichissima, anzi non è nemmeno una interpretazione è un vero e proprio ammonimento , nel Libro Segreto di Enoch è altrettanto chiaro che il capo degli dei non vuole che gli Angeli (che disobbediranno e quindi saranno "Caduti"i insegnino agli umani conoscenze.
C'è quindi un antichissimo monito prima ancora della nascente filosofia greca, che quando sorge è già nel tempo della decadenza secondo quel monito profetico

Finito il tempo dei miti, finito il tempo degli dei i filosofi indagano dalla natura, non potendo più avere conoscenze dagli dei 

Coì' il viatico della storia ,della conoscenza perde da una parte la possiibliità di essere dentro quell'antico sacro divino e sceglie la conoscenza del manifesto, delle apparenze, dei fenomeni ed eventi.
Rompe il tabù, il fuoco prometeico, il frutto adamitico, il vaso di Pandora, spezza il totem , ma la  coscienza che sapeva relazionare seppur priva di conoscenza dei particolari, in cui ogni cosa era significazione e rimando a qualcos'altro( ed è questo il dedurre, il movimento della conoscenza dal tutto al particolare che dà senso e signifcazioni a tutti  i particolari senza bisogno di indagare gli stessi particolari) , ora si ferma alla prima sintesi dei particolari, le leggi che spiegano il fenomenico che non dà più senso alla significazione umana dell'essere e dell'esistenza, essendosi spezzata anch'essa. la deduzione della nostra cultura non arriva  alla coscienza la conoscenza non è più in grado di evolvere la coscienza, spiega solo la sintesi dell'evento, del fenomeno ,così come quell'Adamo carpì il frutto dall'albero della conoscenza, ma non della vita.

Ora se le religioni e i miti fossero bugie, menzogne, bisognerebbe capire quale umano abbia avuto una simile capacità di lettura del genere umano da predirne storia e avversità.

donquixote

Paul
per essere più precisi bisogna considerare che l'episodio del peccato originale evidenzia la proibizione della conoscenza "del bene e del male", ovvero la conoscenza divisiva, frammentaria, manichea; la conoscenza della materia, che essendo indefinitamente divisibile verrà (come del resto è stato fatto) polverizzata, atomizzata, e la sua conoscenza trasformata in fenomenologia, perdendo quindi di vista la connessione di ogni ente e di ogni fenomeno con ciò che  permette a tutti gli enti e i fenomeni di sussistere e di essere ciò che sono, e perdendo altresì di vista il loro posto nel disegno complessivo del "Sommo Geometra".
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

paul11

Citazione di: donquixote il 21 Febbraio 2017, 17:40:13 PMPaul per essere più precisi bisogna considerare che l'episodio del peccato originale evidenzia la proibizione della conoscenza "del bene e del male", ovvero la conoscenza divisiva, frammentaria, manichea; la conoscenza della materia, che essendo indefinitamente divisibile verrà (come del resto è stato fatto) polverizzata, atomizzata, e la sua conoscenza trasformata in fenomenologia, perdendo quindi di vista la connessione di ogni ente e di ogni fenomeno con ciò che permette a tutti gli enti e i fenomeni di sussistere e di essere ciò che sono, e perdendo altresì di vista il loro posto nel disegno complessivo del "Sommo Geometra".

Sono d'accordo, la tua specificazione è pertinente e va verso una giusta profondità.

Fharenight

Citazione di: paul11 il 21 Febbraio 2017, 18:33:15 PM
Citazione di: donquixote il 21 Febbraio 2017, 17:40:13 PMPaul per essere più precisi bisogna considerare che l'episodio del peccato originale evidenzia la proibizione della conoscenza "del bene e del male", ovvero la conoscenza divisiva, frammentaria, manichea; la conoscenza della materia, che essendo indefinitamente divisibile verrà (come del resto è stato fatto) polverizzata, atomizzata, e la sua conoscenza trasformata in fenomenologia, perdendo quindi di vista la connessione di ogni ente e di ogni fenomeno con ciò che permette a tutti gli enti e i fenomeni di sussistere e di essere ciò che sono, e perdendo altresì di vista il loro posto nel disegno complessivo del "Sommo Geometra".

Sono d'accordo, la tua specificazione è pertinente e va verso una giusta profondità.


Sono d'accordo anch'io con entrambi. Bravo Paul e bravo Donquixote!

InVerno

A parte il fatto che io penso che la condanna della donna Eva\Pandora sia solo un elaborazione successiva di un filone mitologico nato in società matrilineari e matriarcali, dove la donna aveva il potere di fare questa decisione (a differenza dell'uomo, che successivamente non si è dato pace). La mitologia in se è abbastanza chiara, Eva coglie il frutto prima che il peccato originale la contamini, Pandora è curiosa ben prima che il vaso si apra. L'uomo era già "macchiato" prima di macchiarsi, altrimenti non avrebbe avuto alcun motivo per commettere il gesto in se. Poco soddisfacente pensare che "solo la donna" fosse impura, il femminino non è alienabile a piacimento, e che la curiosità sia femmina è una questione ridicola. Se poi andiamo a cercare la più plausibile spiegazione storica del mito Adamitico, un tempio a una quindicina di chilometri dalla supposta casa di Abramo, scopriamo infatti che la costruzione del tempio stesso costrinse i cacciatori\raccoglitori a fermarsi in loco per quasi cinque secoli e a "piegare la natura" per sopravvivere sedentariamente. E' nata prima la necessità del tempio nel cuore dell'uomo, o il peccato agricolo che poi verrà maledetto seppellendo il tempio stesso per vergogna? Questo non mi sembra un dilemma alla uovo\gallina, mi sembra chiaro in entrambi i casi. Queste mitologie vengono citate sempre ad evidenziare che "poteva andare diversamente". Ma poteva?
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

donquixote

Citazione di: InVerno il 21 Febbraio 2017, 20:35:19 PMA parte il fatto che io penso che la condanna della donna Eva\Pandora sia solo un elaborazione successiva di un filone mitologico nato in società matrilineari e matriarcali, dove la donna aveva il potere di fare questa decisione (a differenza dell'uomo, che successivamente non si è dato pace). La mitologia in se è abbastanza chiara, Eva coglie il frutto prima che il peccato originale la contamini, Pandora è curiosa ben prima che il vaso si apra. L'uomo era già "macchiato" prima di macchiarsi, altrimenti non avrebbe avuto alcun motivo per commettere il gesto in se. Poco soddisfacente pensare che "solo la donna" fosse impura, il femminino non è alienabile a piacimento, e che la curiosità sia femmina è una questione ridicola. Se poi andiamo a cercare la più plausibile spiegazione storica del mito Adamitico, un tempio a una quindicina di chilometri dalla supposta casa di Abramo, scopriamo infatti che la costruzione del tempio stesso costrinse i cacciatori\raccoglitori a fermarsi in loco per quasi cinque secoli e a "piegare la natura" per sopravvivere sedentariamente. E' nata prima la necessità del tempio nel cuore dell'uomo, o il peccato agricolo che poi verrà maledetto seppellendo il tempio stesso per vergogna? Questo non mi sembra un dilemma alla uovo\gallina, mi sembra chiaro in entrambi i casi. Queste mitologie vengono citate sempre ad evidenziare che "poteva andare diversamente". Ma poteva?

I miti sono stati inventati per spiegare, ovviamente, cose già accadute, e come le metafore non vanno forzati oltre il loro significato intrinseco ed essenziale analizzando ogni singolo vocabolo utilizzato nel racconto, altrimenti perdono qualsiasi significato (come non bisogna necessariamente trovare riferimenti storici precisi perchè se la storia racconta ciò che è accaduto una volta il mito racconta ciò che accade ogni giorno). Solo nella modernità si può supporre che le cose, nel mito, sarebbero potute andare diversamente, mentre al tempo in cui i miti erano di moda si sapeva bene che se le cose sono andate così è perchè "dovevano" andare così, e il mito è una semplice "presa d'atto" di come sono andate le cose, una "giustificazione", per quanto allegorica, dell'esistente. Poi il comportamento di Eva (e quindi la critica al "femminino") non è determinato solo dalla curiosità ma anche dalla vanità, dalla superbia, dal facile cedimento alle promesse e alle lusinghe, considerando ovviamente il discorso del serpente. E Pandora è stata "fabbricata" apposta dagli dei così com'era: Pandora significa infatti "colei che ricevette doni da tutti gli Dei", ma anche "colei che fu dono (agli uomini) da parte di tutti gli Dei" e ricevette in particolare, da Ermes, «un'anima di cagna e indole ingannatrice» come racconta Esiodo.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

InVerno

Se il mito è rappresentativo dell'umanità e per questo ha un qualche valore assoluto che senso ha limitarlo ad un tempo definito, non c'è motivo di credere che nella contemporaneità le cose possano o debbano andare diversamente, come non lo sono andate ai tempi. Se le Pandora di oggi si troveranno davanti ad un vaso, perchè dovrebbero non aprirlo quando è nella loro natura farlo, furono create per farlo? Esiodo che da buon elleno non si tirava indietro da responsabilizzare i propri dei, non lascia la colpa alla povera e sola Eva, ma tira in ballo come tu ben ricordi i doni di tutti gli dei e in special modo di Ermes, Pandora era destinata e destinati erano altrettanto tutti i suoi figli, non perchè il vaso era stato aperto (una questione teodicea) ma perchè cosi erano stati creati innanzitutto.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Duc in altum!

**  scritto da InVerno:
Citazionee sopratutto come diceva il poeta (Dylan ha sdoganato?) "Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori".
...e comunque non è vero che dai diamanti non nasce niente.
HO VISTO NASCERE AMORI CHE NESSUNO AVREBBE MAI IMMAGINATO, PER UN SOLITARIO DA UN CARATO ALMENO.  ;D  ;D  ;D
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

paul11

Citazione di: InVerno il 21 Febbraio 2017, 21:47:40 PMSe il mito è rappresentativo dell'umanità e per questo ha un qualche valore assoluto che senso ha limitarlo ad un tempo definito, non c'è motivo di credere che nella contemporaneità le cose possano o debbano andare diversamente, come non lo sono andate ai tempi. Se le Pandora di oggi si troveranno davanti ad un vaso, perchè dovrebbero non aprirlo quando è nella loro natura farlo, furono create per farlo? Esiodo che da buon elleno non si tirava indietro da responsabilizzare i propri dei, non lascia la colpa alla povera e sola Eva, ma tira in ballo come tu ben ricordi i doni di tutti gli dei e in special modo di Ermes, Pandora era destinata e destinati erano altrettanto tutti i suoi figli, non perchè il vaso era stato aperto (una questione teodicea) ma perchè cosi erano stati creati innanzitutto.

La tua è la tipica interpretazione della "liberazione".
Io so, ma molto modestamente , che ogni cosa in natura ha una posologia. Un veleno diventa medicina, un' erba diventa medicina se si passa oltre allora sono mortali, come d'altra parte i farmaci attuali di sintesi 
Allora la mia interpretazione è la seguente: sapevano che l'uomo è potente e poteva piegare a sè se stesso, vale i dire i suoi simili e la natura.  ma ogni valore deve avere un limite,così come mostra la natura.
Il delirio di onnipotenza umano, di sostituirsi ad un dio, di potere fare ciò che ritiene opportuno, è comunque sempre soggiacente alla natura.
L'uomo oggi ha sempre più opportunità di fare ciò che i suoi desideri gli indicano, può soddisfarli : andare a donne/uomini, drogarsi, alcolizzarsi,  e noi questo la spacciamo per libertà  ma la libertà come ogni valore è sempre temperato dai limiti ( per me la libertà ha il limite della responsabilità del proprio comportamento)che non sono solo fisici sono morali etici. Se questa attuale cultura che ha tolto etica e morale, spacciandola anch'essa per libertà, abbiamo un moltiplicatore di libertà (guarda i termini nella modernità, come liberismo e liberalismo cosa offrono) che ne l tempo dell'acciaio farà deragliare questa umanità incapace di stare nei binari che la stessa natura gli mostra continuamente. 

Allora dico semplicemente, loro sapevano nella remota antichità  ,ci hanno dato un monito, come il buon padre di famiglia lo dice al figlio/a  quando lo lascia uscire dalla porta di casa ,quando gli dona una libertà ma gli dichiara anche una responsabilità .