Disgregazione dell'occidente?

Aperto da Eretiko, 02 Febbraio 2017, 16:53:39 PM

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Eretiko

Paul11,
non credo di avere pre-giudizi, e quello che io ho detto non è in funzione di una insensata battaglia scienza/fede ma semplicemente nel riconoscere limiti ed ambiti di entrambe, almeno in linea di principio. Io continuo a sostenere che la fede è un fatto privato, e anche dove ha funzionato come elemento culturale identificativo della comunità (una volta istituzionalizzato in religione), non necessariamente promuove la fede stessa a concetto universale.
Credo che anche tu sarai d'accordo sul fatto che a vedere la scienza come un nemico sia stato soprattutto, in occidente, il cattolicesimo ed in misura molto minore il protestantesimo (e sarebbe interessante analizzare i motivi), e credo che anche tu sarai d'accordo nel constatare che non c'è stato conflitto tra scienza e religioni orientali (per quel che io conosco).
Riconoscendo ambiti e scopi diversi a scienza e fede, io non vedo alcuna contrapposizione, ma solo scelte individuali. Ovviamente trovo assurdo ed erroneo che la scienza si occupi di questione di fede, così come trovo assurdo ed erroneo che la fede si possa occupare di questioni di scienza, se non altro perché la prima si occupa di ciò che è osservabile e sperimentabile da tutti, mentre la seconda si occupa di ciò che è sperimentabile solo a livello individuale.
Il passaggio travagliato dell'occidente è quindi quello di passare da una fede istituzionalizzata ad una più individualista, passaggio molto più difficile e traumatico nei paesi cattolici che non nei paesi a maggioranza protestante.
Se poi spostiamo i riflettori sulle problematiche relative al capitalismo, al lavoro, alla sempre crescente importanza della finanza, alle problematiche legate alla tecnologia che va a doppia velocità, al problema dell'alienazione dell'individuo, allo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, alla natura e al suo rispetto, ai conflitti, allo sfruttamento delle risorse del pianeta, al consumismo, allora il problema non è più solo occidentale e non possiamo limitarci a una riflessione che riguarda esclusivamente il pensiero occidentale.
       
   

cvc

Citazione di: acquario69 il 14 Febbraio 2017, 11:53:48 AM
Citazione di: cvc il 14 Febbraio 2017, 11:11:24 AM
Credo che in questa discussione possa trovare spazio una riflessione sul "Tramonto dell'occidente" di Oswald Spengler su cui avevo – senza successo – aperto il topic "dalla retorica al giornalismo".
Cito wikipedia « Nell'antichità si aveva la retorica, nell'Occidentesi ha il giornalismoe, invero, al servigio di quella cosa astratta che rappresenta la potenza della civilizzazione, il danaro. »
Spengler fa un'analisi sociologica, in particolare della cività antica e di quella occidentale contemporanea, dove definisce la prima apollinea e concentrata sul hic et nunc, e l'altra dionisiaca sempre tesa al futuro. Questa tensione al futuro è qualcosa che caratterizza fortemente il mondo attuale sclerotizzato, dominato dalla finanza – che è una proiezione futura del presente – e dalla tecnologia – che vede il presente come un'attualizzazione dell'innovazione progressiva .
Qui c'è poi a mio avviso un grosso equivoco che deriva da un'errata interpretazione del carpe diem, che originariamente non significa affatto il "cogli l'attimo fuggente" cui spesso si allude, bensì – come suggeriscono Orazio e Lorenzo de' Medici – che bisogna concentrarsi sul presente perchè è l'unica cosa che è in nostro possesso. Tempo fa lessi un libro di un economista che aveva programmato tutta la sua vita per vivere senza lavorare, e poi, quando ci è riuscito, gli è occorso un brutto male che l'ha tolto anzitempo della vita.
Dunque, questa nostra concentrazione tesa al futuro sfuggente potrebbe essere la nostra vera maledizione, dove le stime future sul pil e quelle dei rating, basate sul futuro incerto, si riflettono in catastrofi certe nel presente. Così quando il futuro incerto partorisce disgrazie inattese (vedi terremoti e slavine) non abbiamo i mezzi per fronteggiarle. Perchè questa morboso e paranoica tensione al futuro si riflette sul presente in tagli delle risorse che impediscono di far fronte alle catastrofi imminenti,.

Occorre recuperare il senso del presente, anche per essere più preveggenti.


E' la concezione (erronea) del tempo lineare che si proietta come una freccia dal passato al futuro, ma in Natura le cose non stanno affatto cosi e questo significa un vero e proprio sfasamento o vera e propria separazione dalla Realtà con tutte le conseguenze che hai descritto tu.

Sul carpe diem io penso che riguarderebbe anche qualcos'altro di più profondo....ossia il presente che non fa riferimento solo al tempo stesso ma a quell' "istante" che non si situa nel tempo e che e'  "eternamente presente"


Citazione
Tempo fa lessi un libro di un economista che aveva programmato tutta la sua vita per vivere senza lavorare, e poi, quando ci è riuscito, gli è occorso un brutto male che l'ha tolto anzitempo della vita.


Ce' una storiella molto significativa...a me la raccontarono quando ero molto giovane e non credo sia stato per caso visto che facevo un lavoro che non mi lasciava mai tempo!...

sul molo di un piccolo villaggio,un turista si ferma e si avvicina ad una piccola imbarcazione di un pescatore del posto. Si complimenta con il pescatore per la qualità del pesce e gli chiede quanto tempo avesse impiegato per pescarlo.
Pescatore: 'Non ho impiegato molto tempo'
Turista: 'Ma allora, perché non è stato di più, per pescare di più?'
Il Pescatore gli spiega che quella esigua quantità era esattamente ciò di cui aveva bisogno per soddisfare le esigenze della sua famiglia.
Turista: 'Ma come impiega il resto del suo tempo?'
Pescatore: 'Dormo fino a tardi, pesco un po, gioco con i miei bimbi e faccio la siesta con mia moglie. La sera vado al villaggio, ritrovo gli amici, beviamo insieme qualcosa, suono la chitarra, canto qualche canzone, e via così, trascorro appieno la vita.'
Turista: 'La interrompo subito, sa sono laureato ad Harvard, e posso darle utili suggerimenti su come migliorare. Prima di tutto lei dovrebbe pescare più a lungo, ogni giorno di più. Così logicamente pescherebbe di più. Il pesce in più lo potrebbe vendere e comprarsi una barca più grossa. Barca più grossa significa più pesce, più pesce significa più soldi, più soldi più barche! Potrà permettersi un'intera flotta!!
Quindi invece di vendere il pesce all'uomo medio, potrà negoziare direttamente con le industrie della lavorazione del pesce, potrà a suo tempo aprirsene una sua. In seguito potrà lasciare il villaggio e trasferirsi a Mexico City o a Los Angeles o magari addirittura a New York!! Da lì potrà dirigere un'enorme impresa!...
Pescatore: 'ma per raggiungere questi obiettivi quanto tempo mi ci vorrebbe?'
Turista: '25 anni forse' Pescatore: '....e dopo?' Turista: 'Ah dopo, e qui viene il bello, quando i suoi affari avranno raggiunto volumi grandiosi, potrà vendere le azioni e guadagnare miliardi!!!!!!!
Pescatore:'...miliardi?.......e poi?'

Turista: 'Eppoi finalmente potrà ritirarsi dagli affari, e concedersi di vivere gli ultimi 5/10 anni in un piccolo villaggio vicino alla costa, dormire fino a tardi, giocare con i suoi bimbi, pescare un po' di pesce, fare la siesta, passare le serate con gli amici bevendo e giocando in allegria!'
Si potrebbe sintetizzare dicendo che a chi non basta il poco non basta nulla. Cito Seneca
CitazioneTienti stretta ogni ora, dipenderai meno dal domani se ti impadronirai dell'oggi
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Eretiko

CVC,
non saprei cosa dire riguardo alle tue osservazioni. Nel caso specifico italiano in qualche modo paghiamo anche il fatto che nel passato abbiamo vissuto, appunto, serenamente il presente (di allora). E' un discorso un po' circolare in cui la mancanza di equilibrio nel presente  può causare situazioni tragiche nel futuro. In fondo negli anni '80 abbiamo creato le premesse per il tempo attuale, con scarsa lungimiranza, e ci ritroviamo con scarsi strumenti di manovra attuali, con il pericolo di una spirale pericolosa.

Duc in altum!

**  scritto da Eretiko:
CitazioneGiusto, il "perché delle cose" esula dal dominio di indagine della scienza, ma il non conoscere il "perché" non tarla la scienza in sé stessa ma l'animo individuale dell'uomo, e visto che da millenni cerchiamo i "perché" senza trovarli forse dovremmo arrivare alla conclusione che essi non esistono, e che forse continuare a chiedersi "perché" come fanno i bambini è privo di senso.
Come non tarla la scienza, basta osservare come la bio-etica credente in altro che Dio, impone le proprie convinzioni senza conoscere il perché; impazzendo, giacché per sfortuna o grazie a Dio non può che fallire (per adesso), nel ricercare risposte plausibili senza dover ricorrere alla fede che davvero sia così.
E questo non comporta la disgregazione solo dell'Occidente, ma lo smarrimento sempre più accentuato in ogni essere umano (ecco perché non condivido il pensiero che sia solo l'Occidente a sgretolarsi, ma il pianeta intero) di coordinate salde nella condivisione del Tutto, giacché confuso dalla religione del relativismo, dall'ideologia dell'autodeterminazione, e dal conformarsi con i personaggi líder fallaci, facendo divenire, per le generazioni presenti e future, l'ipocrisia e l'opportunismo virtù da applaudire.

CitazioneFermo restando che ognuno, individualmente, può continuare a farsi quella domanda, e può trovare la risposta che più lo soddisfa, sia anche in roveti ardenti o voci interne, ma con la consapevolezza che non possono essere risposte universali proprio perché individuali e non riproducibili da chiunque e in ogni luogo.
E' inevitabile non farsi quella domanda, poiché dalla risposta ognuno sceglie e decide, e mai il contrario; anche essendo consapevoli che la certezza assoluta si conoscerà solo post-mortem, ma nel frattempo sopravviviamo pensando che sia universalmente vera, altrimenti non attueremmo in conseguenza a essa (alla risposta che abbiamo preferito).

CitazioneE aggiungo che la pretesa di estendere universalmente tali risposte individuali, se pur in un primo momento ha agito da collante e da elemento identitario, alla lunga ha mostrato il suo limite intrinseco, ed ecco perché quello che a ad alcuni oggi appare come una "disgregazione" a me sembra una "decostruzione" in una società che sta appunto cercando di trovare nuovi punti fermi, uno dei quali potrebbe appunto essere la "cultura scientifica" in quanto, almeno quella, può chiamarsi "cattolica".
Ma non c'è bisogno di estenderle universalmente, è la propria coscienza che ci convince o ci persuade che sia così. E qui si stoppa la scienza, che può portare cultura, ma non pace e allegria costanti; per conseguire queste oggettive ricchezze esistenziali (per adesso) i punti fermi, nuovi o antichi, sono solo la speranza e la fiducia nella metafisica, nel trascendente, nella spiritualità.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Duc in altum!

#109
**  scritto da CVC:
CitazioneNon so da quali premesse giungi a questa conclusione, ma il senso del presente cui alludo è quello di vivere serenamente il tempo che ci è dato liberi dalle preoccupazioni angoscianti del futuro o perlomeno, se non si possono evitare tutte, congedandoci almeno da quelle non strettamente necessarie e - se e quando possibile - nella misura in cui  non siano eccessivamente invasive sull'oggi.
Qui ci sarebbe il tema della precarietà dell'esistenza che è, a mio avviso, una sorta di equilibrio. Nel senso che se si avverte troppa precarietà si vive nell'ansia, ma se si pretende di annullarla completamente ci si allontana dalla realtà che ha sempre un qualche grado di incertezza. Questione di equilibrio che, in un'ottica sbilanciata sul futuro, manca perchè manca la cura spirituale, perchè se usciamo dal presente usciamo dalla spiritualità che esiste in funzione del presente.
Ti ringrazio perché hai risposto da solo alla domanda che mi hai posto: perchè manca la cura spirituale.

Senza la cura spirituale (meditazione seria, sincera introspezione, preghiera profonda, autentica auto-valutazione del nostro comportamento sociale e individuale) il mors tua vita mea non solo esiste nel male che si vede quotidianamente, ma si sta propagando, in maniera irreversibile, secondo me, soprattutto per il bene che non facciamo.

Senza dimenticare che saranno sempre di più le persone povere, affamate (di tutto) ed emarginate, quindi che sapranno sempre meno cosa significa trascorrere del tempo spensieratamente o serenamente.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

acquario69

CitazioneFermo restando che ognuno, individualmente, può continuare a farsi quella domanda, e può trovare la risposta che più lo soddisfa, sia anche in roveti ardenti o voci interne, ma con la consapevolezza che non possono essere risposte universali proprio perché individuali e non riproducibili da chiunque e in ogni luogo.


E' inevitabile non farsi quella domanda, poiché dalla risposta ognuno sceglie e decide, e mai il contrario; anche essendo consapevoli che la certezza assoluta si conoscerà solo post-mortem, ma nel frattempo sopravviviamo pensando che sia universalmente vera, altrimenti non attueremmo in conseguenza a essa (alla risposta che abbiamo preferito).



La certezza "E" (esiste) non e' individuale ma universale e lo testimoniano la concomitanza di tutte le Tradizioni nonostante lontane tra di loro nei tempi e nei luoghi .. e per conoscerla non bisogna aspettare il post mortem, come se questa fosse solo una scommessa.

acquario69

Citazione di: cvc il 14 Febbraio 2017, 12:02:58 PM
Si potrebbe sintetizzare dicendo che a chi non basta il poco non basta nulla. Cito Seneca
CitazioneTienti stretta ogni ora, dipenderai meno dal domani se ti impadronirai dell'oggi

Si avverte in giro, sotto le rutilanti bellurie che ogni giorno ci vengono ammannite per placare la nostra ansia, un desolante 'sensus finis'. Non parlo qui dell'Italia che un tempo, molti secoli fa, fu un luogo importante e oggi è ridotta a uno sputo nell'universo mondo. Parlo dell'Occidente inteso non però in senso tecnico (del resto che cosa sia realmente l'Occidente, termine inquietantemente orwelliano, nessuno è mai stato in grado di precisarlo) ma come modello di sviluppo economico e sociale che ormai coinvolge il mondo intero, da New York agli Urali alla muraglia cinese al Gange. La grande Rivoluzione che ha cambiato la storia del mondo ha preso le mosse circa otto secoli fa proprio dall'Italia quando si afferma per la prima volta come forte classe sociale la figura del mercante (oggi detto imprenditore) fino ad allora collocata, in tutte le culture d'oriente e di occidente, all'ultimo gradino della gerarchia umana, inferiore, perlomeno eticamente, persino allo schiavo. È la rivoluzione della percezione del tempo. Si passa dal quieto e statico presente al dinamico e allettante futuro. Lo storico Piero Camporesi esprime così, nel dualismo contadino/mercante, povero/ricco, questo diverso atteggiamento esistenziale: "L'affannoso tempo storico e lineare del mercante misurato sui ritmi della partita doppia, dei tassi di interesse e dell'investimento produttivo, non era il tempo dei contadini, serpentino, ciclico, ritmato dalle stagioni, dai soli e dalle lune... Il povero coniuga i verbi al presente, non conosce le lusinghe ingannevoli del futuro, contrariamente al ricco che costruisce strategie nel tempo tracciando precari piani e ipotetiche prospettive ('Cultura popolare e cultura d'elite fra Medioevo ed età moderna'). 
Per otto secoli abbiamo inseguito questo futuro orgiastico con accelerazioni sempre più parossistiche che passano per la Rivoluzione industriale e l'odierna globalizzazione che ha coinvolto, per amore o per forza, anche culture che non ne volevano sapere. Ed ora questo futuro è finalmente arrivato. È qui. E si presenta sotto forme spaventose. Un modello che ha puntato tutto sull'economico, rendendo marginali tutte le altre e complesse componenti dell'essere umano, provocando stress, angoscia, nevrosi, depressione, anomia, dipendenza da ogni sorta di droga per avere la forza di tirare avanti, fallisce anche, e proprio, sull'economico. Le crisi si succedono alle crisi. E, invece di rifletterci su, vengono tamponate al solito modo: immettendo nel sistema denaro inesistente, cioè un'ipoteca su un ulteriore futuro tanto sideralmente lontano da essere solo una Fata Morgana. Ma un giorno, vicino, questo trucchetto da magliari non reggerà più. La gente, sia pur confusamente, lo avverte. Un modello basato sulle crescite infinite, che esistono solo in matematica, cioè nell'astrazione, quando non potrà più espandersi imploderà su se stesso provocando una catastrofe planetaria. 
(Massimo Fini)

Duc in altum!

**  scritto da acquario69:
CitazioneLa certezza "E" (esiste) non e' individuale ma universale e lo testimoniano la concomitanza di tutte le Tradizioni nonostante lontane tra di loro nei tempi e nei luoghi .. e per conoscerla non bisogna aspettare il post mortem, come se questa fosse solo una scommessa.
Anche per me "E" speranza certa adesso, solo che non tutti giungiamo a essa, e non tutti vi giungiamo allo stesso tempo, l'esperienza è personalissima, quindi il post-mortem e la scommessa sono i mezzi per farmi comprendere da chi non ha la mia stessa fede cattolica.

Pace & Bene
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

cvc

Citazione di: Eretiko il 14 Febbraio 2017, 12:11:01 PM
CVC,
non saprei cosa dire riguardo alle tue osservazioni. Nel caso specifico italiano in qualche modo paghiamo anche il fatto che nel passato abbiamo vissuto, appunto, serenamente il presente (di allora). E' un discorso un po' circolare in cui la mancanza di equilibrio nel presente  può causare situazioni tragiche nel futuro. In fondo negli anni '80 abbiamo creato le premesse per il tempo attuale, con scarsa lungimiranza, e ci ritroviamo con scarsi strumenti di manovra attuali, con il pericolo di una spirale pericolosa.
Infatti io non dico che non bisogna essere lungimiranti,non voglio passare da un estremo all'altro. Ma se è vero come mi pare sia vero che la finanza s'è mangiata l'economia, ebbene questa è la differenza fra economia e finanza: la prima è tesa al migliore impiego delle risorse (scarse), la seconda è rivolta a far si che un euro domani valga più di un euro oggi. In ciò dovrebbe essere implicito cosa intendo per morbosa tensione al futuro
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

cvc

Citazione di: acquario69 il 14 Febbraio 2017, 12:40:15 PM
Citazione di: cvc il 14 Febbraio 2017, 12:02:58 PM
Si potrebbe sintetizzare dicendo che a chi non basta il poco non basta nulla. Cito Seneca
CitazioneTienti stretta ogni ora, dipenderai meno dal domani se ti impadronirai dell'oggi

Si avverte in giro, sotto le rutilanti bellurie che ogni giorno ci vengono ammannite per placare la nostra ansia, un desolante 'sensus finis'. Non parlo qui dell'Italia che un tempo, molti secoli fa, fu un luogo importante e oggi è ridotta a uno sputo nell'universo mondo. Parlo dell'Occidente inteso non però in senso tecnico (del resto che cosa sia realmente l'Occidente, termine inquietantemente orwelliano, nessuno è mai stato in grado di precisarlo) ma come modello di sviluppo economico e sociale che ormai coinvolge il mondo intero, da New York agli Urali alla muraglia cinese al Gange. La grande Rivoluzione che ha cambiato la storia del mondo ha preso le mosse circa otto secoli fa proprio dall'Italia quando si afferma per la prima volta come forte classe sociale la figura del mercante (oggi detto imprenditore) fino ad allora collocata, in tutte le culture d'oriente e di occidente, all'ultimo gradino della gerarchia umana, inferiore, perlomeno eticamente, persino allo schiavo. È la rivoluzione della percezione del tempo. Si passa dal quieto e statico presente al dinamico e allettante futuro. Lo storico Piero Camporesi esprime così, nel dualismo contadino/mercante, povero/ricco, questo diverso atteggiamento esistenziale: "L'affannoso tempo storico e lineare del mercante misurato sui ritmi della partita doppia, dei tassi di interesse e dell'investimento produttivo, non era il tempo dei contadini, serpentino, ciclico, ritmato dalle stagioni, dai soli e dalle lune... Il povero coniuga i verbi al presente, non conosce le lusinghe ingannevoli del futuro, contrariamente al ricco che costruisce strategie nel tempo tracciando precari piani e ipotetiche prospettive ('Cultura popolare e cultura d'elite fra Medioevo ed età moderna').
Per otto secoli abbiamo inseguito questo futuro orgiastico con accelerazioni sempre più parossistiche che passano per la Rivoluzione industriale e l'odierna globalizzazione che ha coinvolto, per amore o per forza, anche culture che non ne volevano sapere. Ed ora questo futuro è finalmente arrivato. È qui. E si presenta sotto forme spaventose. Un modello che ha puntato tutto sull'economico, rendendo marginali tutte le altre e complesse componenti dell'essere umano, provocando stress, angoscia, nevrosi, depressione, anomia, dipendenza da ogni sorta di droga per avere la forza di tirare avanti, fallisce anche, e proprio, sull'economico. Le crisi si succedono alle crisi. E, invece di rifletterci su, vengono tamponate al solito modo: immettendo nel sistema denaro inesistente, cioè un'ipoteca su un ulteriore futuro tanto sideralmente lontano da essere solo una Fata Morgana. Ma un giorno, vicino, questo trucchetto da magliari non reggerà più. La gente, sia pur confusamente, lo avverte. Un modello basato sulle crescite infinite, che esistono solo in matematica, cioè nell'astrazione, quando non potrà più espandersi imploderà su se stesso provocando una catastrofe planetaria.
(Massimo Fini)
Infatti paradossalmente il povero si gusta più serenamente la sua zuppa, perchè sa che è ciò che gli basta, piuttosto che l'agiato che si gusta il filetto nel timore di non poter mangiare ancora meglio un domani
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

paul11

#115
Citazione di: Eretiko il 14 Febbraio 2017, 11:55:02 AM
Paul11,
non credo di avere pre-giudizi, e quello che io ho detto non è in funzione di una insensata battaglia scienza/fede ma semplicemente nel riconoscere limiti ed ambiti di entrambe, almeno in linea di principio. Io continuo a sostenere che la fede è un fatto privato, e anche dove ha funzionato come elemento culturale identificativo della comunità (una volta istituzionalizzato in religione), non necessariamente promuove la fede stessa a concetto universale.
Credo che anche tu sarai d'accordo sul fatto che a vedere la scienza come un nemico sia stato soprattutto, in occidente, il cattolicesimo ed in misura molto minore il protestantesimo (e sarebbe interessante analizzare i motivi), e credo che anche tu sarai d'accordo nel constatare che non c'è stato conflitto tra scienza e religioni orientali (per quel che io conosco).
Riconoscendo ambiti e scopi diversi a scienza e fede, io non vedo alcuna contrapposizione, ma solo scelte individuali. Ovviamente trovo assurdo ed erroneo che la scienza si occupi di questione di fede, così come trovo assurdo ed erroneo che la fede si possa occupare di questioni di scienza, se non altro perché la prima si occupa di ciò che è osservabile e sperimentabile da tutti, mentre la seconda si occupa di ciò che è sperimentabile solo a livello individuale.
Il passaggio travagliato dell'occidente è quindi quello di passare da una fede istituzionalizzata ad una più individualista, passaggio molto più difficile e traumatico nei paesi cattolici che non nei paesi a maggioranza protestante.
Se poi spostiamo i riflettori sulle problematiche relative al capitalismo, al lavoro, alla sempre crescente importanza della finanza, alle problematiche legate alla tecnologia che va a doppia velocità, al problema dell'alienazione dell'individuo, allo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, alla natura e al suo rispetto, ai conflitti, allo sfruttamento delle risorse del pianeta, al consumismo, allora il problema non è più solo occidentale e non possiamo limitarci a una riflessione che riguarda esclusivamente il pensiero occidentale.
       


Eretiko,
sono d'accordo che entrambe abbiano dei limiti, lo avevo specificato in post precedenti che  se siamo usciti dalla comunità deduttiva per approdare alla società induttiva è perchè comunque  non era bastevole , ma sopratutto la coscienza aveva necessità di altra conoscenza.. Ma quella deduttiva ha una caratteristica che è un punto di forza ,che  la vita umana ha un senso, perchè il particolare è implicito dentro il "tutto", quella induttiva invece nega il Tutto.

Il cristianesimo è dentro l'Occidente, non è possible estraniarlo nel bene o nel male ,giusto  o sbagliato.
Qualunque cultura deduttiva crea problemi individuali di disagio nel momento in cui viene in contatto con quella induttiva, lo estania.
che sia induismo, panteismo  , animismo, Si crea uno strano sincretismo, direi endemismi sociali l'incontro fra cultura occidentale che è soprattutto prassi con il mondo indiano, cinese.

Saremo fra non molto otto miliardi di individui, Eretiko, è impensabile anche per l'esponenzialità temporale di compatibilità culturali l'integrazione in così breve tempo Ci vorrebbero generazioni, si è visto in Italia con l'urbanizzazione dal contado all'industria, dal Sud al Nord e che siamo tutti italiani. La velocità del mutamento non è sincronizzata alla strutture socio-culturali , guarda la politica che non sta dietro all'economia, i problemi sono strutturali e infrastrutturali.
La scienza non si occupa di problemi di fede, perchè  non è nella sua implicita forma conoscitiva. la coscienza i sentimenti sono fuori dal suo ambito, non può riconoscere ciò che non può dimostrare. Ma questo riduce il concetto di senso della vita nell'uomo, vale  a dire  che la scienza si sottrae dalla forma deduttiva e adatto che si è sottratta anche la filosofia, personalmente non dò colpa alla scienza che si è trovata il compito salvifico, perchè l'uomo si affida alla scienza. E' altrettanto ovvio che non essendoci un cemento culturale ognuno segue il fardasè spirituale, entra nel supermercato della  spiritualità e consuma

Tu hai molta speranza negli individui, riponi davvero così tanta fiducia?
Se togli la legalità ad una società vedresti che ci ammazzeremmo un'ora dopo.Bada bene che anch'io ci credo, ma oggi non è assolutamente attuabile, addirittura vedo derive di comportamenti umani. Come ci siamo già detti i nalcune discussioni sulla libertà questa presuppone il senso di responsabilità. ma attenzione, se la morale è relativizzata, quale istituto ha il poter edi autorevolezza?
Nessuno, ci vuole un'autorità armata che costruisce la legalità affinchè una società sussista (l'invenzione delloStato)

Io mi illusi decenni fa che la scolarizzazione , maggiore conoscenza  delle nuove generazioni avrebbe potuto conseguentemente portare ad una maturità della coscienza: individuale e pure  sociale  tutt'altro ha aumentato l'ego a dismisura.ma non dò colpa ai giovani, dovrebbe far riflettere  il contesto famigliare, sociale, culturale: la disgregazione.

Credimi, mi auguro di cuore che sia decostruzione, ma daccapo io non vedo le premesse nemmeno ai livelli culturali più alti .


Le società che ho chiamate deduttive, dal lungo elenco che hai posto di problematiche, hanno un piccolo, ma importante contenuto: ognuno sa quale è la posizione dentro la comunità  Perchè il rampantismo, la mobilità sociale ,basata sull'invidia e avidità è caratteristica della nostra umanità occidentale.

Eretiko, io temo che non ci sia più da inventarsi nulla, se non una maturità umana e quindi di coscienza.

donquixote

Citazione di: Eretiko il 14 Febbraio 2017, 11:05:57 AMGiusto, il "perché delle cose" esula dal dominio di indagine della scienza, ma il non conoscere il "perché" non tarla la scienza in sé stessa ma l'animo individuale dell'uomo, e visto che da millenni cerchiamo i "perché" senza trovarli forse dovremmo arrivare alla conclusione che essi non esistono, e che forse continuare a chiedersi "perché" come fanno i bambini è privo di senso. Fermo restando che ognuno, individualmente, può continuare a farsi quella domanda, e può trovare la risposta che più lo soddisfa, sia anche in roveti ardenti o voci interne, ma con la consapevolezza che non possono essere risposte universali proprio perché individuali e non riproducibili da chiunque e in ogni luogo. E aggiungo che la pretesa di estendere universalmente tali risposte individuali, se pur in un primo momento ha agito da collante e da elemento identitario, alla lunga ha mostrato il suo limite intrinseco, ed ecco perché quello che a ad alcuni oggi appare come una "disgregazione" a me sembra una "decostruzione" in una società che sta appunto cercando di trovare nuovi punti fermi, uno dei quali potrebbe appunto essere la "cultura scientifica" in quanto, almeno quella, può chiamarsi "cattolica". Ma a parte questa considerazione, del tutto personale, trovo assurdo addossare allo sviluppo del pensiero occidentale degli ultimi secoli (o non-pensiero, come qualcuno sembra suggerire) la responsabilità di questa presunta disgregazione, come se fosse possibile ingabbiare il pensiero in una stretta morsa solo perché "funziona" (o ha funzionato per un periodo), o solo perché risponde a visioni del mondo individuali che si ritiene di poter estendere a tutti gli individui.

Solo gli ignoranti e gli insipienti cercano il "perchè delle cose", e coloro che credono di averlo trovato di solito lo presuppongono ai propri fini. Si tratta invece di trovare il "perchè" di noi stessi, la ragione per la quale noi siamo in questo mondo e cosa ci stiamo a fare, perchè le montagne, i mari, le piante e gli animali lo sanno bene e non dobbiamo certo arrivare noi per insegnarglielo (forse il "perchè" degli elefanti è lavorare nei circhi? o il "perchè" dei cavalli è quello di fare le corse ad ostacoli? o il "perchè" delle rose è quello di essere regalate a San Valentino? O il "perchè" delle montagne è quello di far divertire scalatori e sciatori o fungere da trampolino per i parapendisti?). Le culture tradizionali non hanno mai cercato questi perchè, limitandosi a rispettare ogni cosa partendo dalla convinzione che se le "cose" esistono una ragione ci deve essere (anche se solo Dio può conoscerla), mentre è stata proprio la scienza moderna ad ipotizzarli e volerli conoscere (trasformando il  sacrosanto "principio di ragione" nel diabolico "principio di ragione sufficiente" ove la sufficienza o meno del "perchè" veniva valutata dall'uomo che decideva se vi fosse una ragione sufficiente perchè qualcosa esistesse, e se questa non veniva trovata lo si poteva eliminare) ma non riuscendovi o non essendo soddisfatta delle proprie risposte si è poi accontentata di scoprire il "come" in modo da intervenirvi con la tecnica per modificarlo e renderlo funzionale alle esigenze dell'uomo. È invece il "perchè" dell'uomo che è necessario trovare, ma non quello della "specie umana", bensì quello intrinseco ad ogni uomo, che deve cercare e trovare da sé ("conosci te stesso" - Oracolo di Delfi) per poi adeguarvisi ("diventa ciò che sei" - Pindaro). 
Se la "cultura scientifica" nei fatti non è altro che un modo di conoscere alcune cose per poterle modificare e assoggettare agli interessi, ai bisogni e ai desideri umani anche se fosse condivisa da tutto un popolo non potrebbe mai essere un principio unificatore, prima di tutto poichè la scienza è un metodo, non un principio o un valore, poi perchè questa conoscenza delle cose è estremamente frammentaria (la "scienza" si divide in innumerevoli discipline: qual è la gerarchia fra di esse?), quindi perchè ognuno privilegerebbe (a seconda dei propri bisogni ed interessi) la conoscenza di alcune cose rispetto ad altre individualizzandola, poi perchè essendo "esterna" rispetto all'oggetto conosciuto è sempre opinabile e ogni cosa non si potrà conoscere per intero come effettivamente è ma sempre e solo parzialmente, e infine perchè essendo per definizione "oggettiva" quindi neutra da essa non è possibile trarre una morale e quindi definire cosa sia bene o cosa sia male per un popolo o per tutta l'umanità. Ma anche ammesso e non concesso che ci fosse la maniera di risolvere questi problemi sarebbe comunque necessario che tutti riconoscessero la comunità scientifica come l'unica detentrice della conoscenza, e anche l'unica che avrebbe il diritto di modificarla e aggiornarla. La comunità scientifica diventerebbe quindi la nuova Chiesa con il diritto di censurare (come del resto fa già ora) chiunque esprima un pensiero non conforme. Cosa cambierebbe dunque rispetto alla Chiesa che abbiamo conosciuto fino a pochi secoli fa?
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Eretiko

Citazione di: donquixote il 14 Febbraio 2017, 16:46:18 PM
Si tratta invece di trovare il "perchè" di noi stessi, la ragione per la quale noi siamo in questo mondo e cosa ci stiamo a fare, perchè le montagne, i mari, le piante e gli animali lo sanno bene e non dobbiamo certo arrivare noi per insegnarglielo

Non mi riferivo solo alle "cose", ma anche agli esseri umani: forse chiedersi perché l'uomo esiste è una domanda che non ha risposta, e non è detto che sia una domanda sensata per il semplice motivo che noi possiamo farla.
Certo che gli animali lo sanno il motivo: riprodursi e sopravvivere, anche se non possono porsi la domanda di cui sopra.

Citazione di: donquixote il 14 Febbraio 2017, 16:46:18 PM
Le culture tradizionali non hanno mai cercato questi perchè, limitandosi a rispettare ogni cosa partendo dalla convinzione che se le "cose" esistono una ragione ci deve essere (anche se solo Dio può conoscerla), mentre è stata proprio la scienza moderna ad ipotizzarli e volerli conoscere (trasformando il  sacrosanto "principio di ragione" nel diabolico "principio di ragione sufficiente" ove la sufficienza o meno del "perchè" veniva valutata dall'uomo che decideva se vi fosse una ragione sufficiente perchè qualcosa esistesse, e se questa non veniva trovata lo si poteva eliminare) ma non riuscendovi o non essendo soddisfatta delle proprie risposte si è poi accontentata di scoprire il "come" in modo da intervenirvi con la tecnica per modificarlo e renderlo funzionale alle esigenze dell'uomo.

Non so se l'uomo ha iniziato a chiedersi prima il "come" e poi il "perché" del funzionamento del mondo, ma sicuramente fin da tempi antichissimi ha imparato a "modificare" la natura, con le coltivazioni, con l'allevamento, con la selezione artificiale di vegetali ed animali.
E secondo me invece le culture tradizionali si sono interrogate molto sui "perché", altrimenti quale sarebbe il senso della nascita delle religioni che individuano appunto una risposta in un "Essere" più o meno trascendentale e più o meno antropomorfo? Ma lascio a te la riflessione su questo punto.
La scienza moderna indaga solo su "come va il mondo" (cioè sulle leggi di natura), e non ha mai avuto la pretesa di cercare risposte sui "perché", lasciando questo gravoso compito alla filosofia e alla fede. Ma se tu hai degli esempi in cui la scienza ha invaso un campo non suo ti prego di evidenziarli, non sono un fideista assoluto.
Ovviamente le teorie scientifiche pongono spunti di riflessione alla filosofia e alle religioni, perché qualche volta possono provocare la revisione di concetti che sembravano acquisiti, ma qui non si può certo imputare una responsabilità alla scienza stessa, o a un pensiero che avvia il suo suicidio
Se poi tu, riguardo ai "perché", ti riferisci a sconfinamenti fatti da singoli scienziati, soprattutto in base alla teoria dei quanti, allora concordo con te: indebita invasione di ambiti non pertinenti.

Citazione di: donquixote il 14 Febbraio 2017, 16:46:18 PM
È invece il "perchè" dell'uomo che è necessario trovare, ma non quello della "specie umana", bensì quello intrinseco ad ogni uomo, che deve cercare e trovare da sé ("conosci te stesso" - Oracolo di Delfi) per poi adeguarvisi ("diventa ciò che sei" - Pindaro).

Ormai sai come la penso, credo che non c'è alcun "perché" a livello di specie umana, se non quello che ci accomuna a tutte le altre specie. Ma condivido che deve esserci una ricerca individuale.

Citazione di: donquixote il 14 Febbraio 2017, 16:46:18 PM
Se la "cultura scientifica" nei fatti non è altro che un modo di conoscere alcune cose per poterle modificare e assoggettare agli interessi, ai bisogni e ai desideri umani anche se fosse condivisa da tutto un popolo non potrebbe mai essere un principio unificatore, prima di tutto poichè la scienza è un metodo, non un principio o un valore, poi perchè questa conoscenza delle cose è estremamente frammentaria (la "scienza" si divide in innumerevoli discipline: qual è la gerarchia fra di esse?), quindi perchè ognuno privilegerebbe (a seconda dei propri bisogni ed interessi) la conoscenza di alcune cose rispetto ad altre individualizzandola, poi perchè essendo "esterna" rispetto all'oggetto conosciuto è sempre opinabile e ogni cosa non si potrà conoscere per intero come effettivamente è ma sempre e solo parzialmente, e infine perchè essendo per definizione "oggettiva" quindi neutra da essa non è possibile trarre una morale e quindi definire cosa sia bene o cosa sia male per un popolo o per tutta l'umanità.

La conoscenza può anche essere fine a se stessa, rispondendo semplicemente alla curiosità umana, non è necessariamente qualcosa indirizzato al suo sfruttamento tecnologico.
Quale sfruttamento può avere la teoria della relatività? Forse nel futuro qualcuno potrà avere una qualche idea per sfruttarla per qualche nostra esigenza, ma al momento le uniche applicazioni pratiche sono: la sincronizzazione dei satelliti GPS, calcolare precisamente la precessione dell'orbita di Mercurio, alcune misure sulla struttura dell'universo. Non molto per una teoria che ha richiesto 10 anni di lavoro ed un secolo di osservazioni ed esperimenti.
Forse Maxwell quando teorizzò le onde elettromagnetiche pensava che un giorno si sarebbero sfruttare per le telecomunicazioni?
Come tu stesso hai sottolineato, la scienza nel suo complesso è un metodo, ma non ci sono gerarchie: il metodo è uno ed uno solo, ed è un processo che fornisce conoscenza. Poi ci sono le varie discipline, che utilizzano le conoscenze, ad esempio la Medicina e l'Ingegneria, per produrre beni (talvolta inutili) atti a soddisfare i nostri bisogni (talvolta superflui), ma sono processi distinti: da una parte un metodo che fornisce conoscenza, dall'altra l'eventuale sfruttamento pratico di tale conoscenza.
Riguardo al problema dell'etica io non ho risposte, ma è ovvio che comunque le scoperte scientifiche hanno indebolito i presupposti che, ad esempio nel cristianesimo, davano all'etica ragione di esistere.
Basta pensare al sistema copernicano, che rivoluzionava un sistema del mondo fatto proprio dal cristianesimo, o la teoria dell'evoluzione che ha ridotto la creazione biblica a un mito.
Credo che la vera crisi però si consumerà quando cadranno gli ultimi baluardi sui quali si fonda un'implicita distinzione tra l'uomo e il resto dell'universo. Le neuroscienze sono sul punto di svelare i meccanismi più profondi della vita, mostrando come questi non abbiano nulla di trascendentale e possano essere spiegati in base alle stesse leggi fisiche che regolano l'universo (comprese le cose inanimate).
Cosa accadrà quando la scienza dimostrerà che anche i processi cerebrali alla base delle facoltà intellettive, compresa la coscienza e il libero arbitrio, sono spiegabili con leggi fisiche?
Non lo dico perché sono contento che sia così, o perché faccio il tifoso, o per arroganza  ateista, ma stiamo scoprendo che questo è, e una riflessione sulle implicazioni etiche la dobbiamo fare, in modo costruttivo e senza demonizzazioni.

Citazione di: donquixote il 14 Febbraio 2017, 16:46:18 PM
Ma anche ammesso e non concesso che ci fosse la maniera di risolvere questi problemi sarebbe comunque necessario che tutti riconoscessero la comunità scientifica come l'unica detentrice della conoscenza, e anche l'unica che avrebbe il diritto di modificarla e aggiornarla. La comunità scientifica diventerebbe quindi la nuova Chiesa con il diritto di censurare (come del resto fa già ora) chiunque esprima un pensiero non conforme. Cosa cambierebbe dunque rispetto alla Chiesa che abbiamo conosciuto fino a pochi secoli fa?

Premesso che anche la comunità scientifica, composta di uomini, è soggetta a partenze per la tangente, ad atteggiamenti meschini, a truffe, a rivalità, al richiamo del portafogli e a sotterfugi, occorre distinguere quelle che sono semplici ipotesi (magari anche plausibili) da quelle che sono teorie verificate e verificabili.
In base al metodo l'unica conoscenza che raggiuge lo status di verità è quella nella quale una teoria è coerente e verificabile da ognuno, replicabile da chiunque in ogni luogo e in ogni tempo. Le ipotesi, per quanto plausibili, rimangono pur sempre delle ipotesi. A questo serve la comunità scientifica, anche se al suo interno vengono consumati misfatti: a produrre conoscenza (scientifica) certificata.
A me non sembra esattamente una "chiesa".
Poi, potresti farmi notare che la conoscenza scientifica non è "la conoscenza" (unica), ma solo una sua fetta. Ma qui ci vorrebbe una discussione a parte.

Freedom

Non amo il quotidiano La Repubblica e nemmeno Ezio Mauro mi pare questo grande Maìtre a penser.
Pur tuttavia questo Editoriale mi pare che possa aiutare la discussione. Quantomeno nel senso di riconoscere che la disgregazione dell'Occidente affermata dall'autore del thread è assolutamente reale, riconoscibile, condivisibile. http://www.repubblica.it/politica/2017/02/15/news/titolo_non_esportato_da_hermes_-_id_articolo_6041344-158332626/?ref=HREA-1

Quanto alle soluzioni l'editorialista pensa che una nuova sinistra possa essere d'aiuto. Ma questo, oltre che non necessariamente sottoscrivibile, non mi pare sia attinente al Topic.

Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

cvc

La politica propone idee per cambiare il mondo in meglio, il che presuppone che l'abbia prima capito. Ora – a questo mi pare alluda l'articolo – si pone il problema che la politica non riesce più a capire il mondo – o la parte di mondo – che dovrebbe rappresentare, quindi come si può migliorare qualcosa che non si comprende? Secondo la 'legge delle conseguenze non intenzionali' promossa da Adamo Smith, che pare anche difficilmente confutabile ancor più alla luce delle nuove applicazioni scientifiche statistico-probabilistiche, la notizia sarebbe che capire il mondo non è nemmeno necessario: è sufficiente che ognuno realizzi se stesso nel miglior modo possibile – seguendo quindi il proprio egoismo – perchè i miglioramenti del singolo si traducano in miglioramenti per la collettività. Questa è la giustificazione morale del capitalismo: accumulo ricchezza che oltre a far stare bene me si tradurrà (o si tradurrebbe) in più tasse pagate, più soldi immessi nell'economia, più posti di lavoro, ecc. Il problema ora è che questo meccanismo si è rotto, nel senso che l'accumulo di capitale si concentra sempre più in poche persone, ma queste montagne di capitale non agiscono più per migliorare l'economia reale. L'accumulo di capitale è diventato un meccanismo fine a se stesso, che non produce effetti positivi sull'economia reale. Non si tratta più di trovare il miglior modo possibile di impiegare il capitale, ma di garantire a chi lo possiede di assicurarlo dai rischi. Il capitalista o l'imprenditore che non si prende più rischi non produce più ricchezza, perchè l'attività economica reale non può prescindere dal rischio. Ma forse il problema è che l'attività economica è diventata troppo rischiosa perchè si sono rotti gli equilibri con la finanza, che ora guida il gioco.

Il sogno più o meno dissimulato è quello di ripetere il boom economico, ciò che ha fatto uscire dalla miseria e disperazione delle due grandi guerre e che ha riempito la gente di sogni. Purtroppo non ci sono più le condizioni, perchè l'economia per crescere ha bisogno di stablità (oltre di responsabilità dei paesi con più pil che investano per aiutare chi è più indietro, cosa che accadeva col piano Marshall e che non accade nell'UE). Allora la stabilità era data dalla stabilità monetaria assicurata dal sistema dei cambi fissi che ancorava le valute al dollaro ed il dollaro all'oro, e dalla distinzione del ruolo delle banche finanziarie e di investimento. Purtroppo la sindrome della guerra preventiva portò gli USA a dissanguarsi per l'inutile guerra del Vietnam, da cui di necessità l'addio all'ancoraggio del dollaro all'oro, al sistema dei cambi fissi, al vero ruolo delle banche. L'inizio della fine, la fine degli accordi di Bretton Woods, 1971, anno della mia nascita.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.