Disgregazione dell'occidente?

Aperto da Eretiko, 02 Febbraio 2017, 16:53:39 PM

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donquixote

Citazione di: InVerno il 13 Febbraio 2017, 09:38:38 AMNo nessuna sagacia, penso che qualsiasi partecipante \ lettore della discussione l'avesse compreso, ma vedi bene che bastava metterlo per scritto per arrivare al punto. Faccio notare che forse è la prima volta che viene nomitato, si è preferito usare "le culture primitive" o discussioni riguardo la "forma mentis" come improbabili fantocci di rappresentanza piuttosto che scrivere Cristianesimo. A onor del vero inizialmente l'ho persino apprezzato, almeno si è evitato che il topic deragliasse nel "solito scontro", ma a questo punto mi pare che si sia ottenuto il risultato opposto, dove appunto eventi sociali vengono citati a sproposito solo per mettere altro peso sulla bilancia della propria sete di vendetta verso una sconfitta storica, che non ha nulla a che fare con un analisi serena e oggettiva del "declino dell'occidente", di cui non si ci è posti ancora il dubbio se si tratti di declino o meno, perchè questione di secondo piano rispetto alle proprie mire e alla propria voglia di vedere il declino per corrispondere i propri personali bisogni e desideri. P.s. La cultura scientifica ci ha dato un infinità di entità che ci potrebbero re-ligare, il fatto che non lo accettiamo o non ci "sottomettiamo ad esse" solamente perchè non praticano miracoli di interesse personale, o non hanno proprietà magiche, o non parlano attraverso crisi epilettiche, insomma non sono delle versioni potenziate di noi stessi, non fa altro che confermare la nostra natura scimmiesca.

Hai clamorosamente mancato il bersaglio, caro il mio uomo. Prima di tutto perchè per quanto concerne il sottoscritto non sono mai stato cristiano (forse lo sarei potuto essere mille anni fa, ma non certo ora), e condivido molte delle critiche al Cristianesimo attuale che sono state mosse da Nietzsche nei suoi scritti (ma non certo quelle di Hitchens, Dawkins, Odifreddi, Mancuso, Kung e altri insipienti del genere) e fosse per me lo abolirei domani a cominciare da questo Pontefice indegno di occupare il posto che occupa, e poi perchè il fatto che il Cristianesimo sia stato senza alcun dubbio un elemento culturale unificante dell'occidente, anzi l'unico, è un fatto di cui, in una discussione sulla sua disgregazione, non si può non tenere conto. E parlare di revanscismo nei confronti di una sconfitta avvenuta ormai sei/sette secoli orsono è quantomeno ridicolo. Se si utilizzano altri concetti e se dunque si fa riferimento agli elementi che unificano le altre culture è solo perchè si parla in generale e si utilizzano concetti più generici, non certo per vergogna di usare il termine "religione" che è comunque quello più adatto. Mostrami cosa non c'è di sereno e di distaccato nelle analisi che ho tentato di fare e vedrò di correggere il tiro, ma siccome al contrario di tanti altri (te compreso, a quanto pare, visto il livore che mostri) non ho pregiudizi (né quello religioso e nemmeno quello scientifico) e nemmeno "personali bisogni e desideri" da soddisfare (e anche fosse non verrei certo a soddisfarli qui sopra) cerco solo esprimere la realtà che vedo, e non quella che voglio vedere.

P.S. Il tuo post scriptum è estremamente significativo e connotante, poichè sulla falsariga di quello che scriverebbero i tifosi di un partito che ha perso le elezioni e accusa gli elettori che hanno votato i loro avversari di essere idioti o corrotti, perchè se fossero stati onesti e intelligenti avrebbero votato tutti dalla loro parte. Tu dici che la cultura scientifica ci ha dato un'infinità di entità che ci potrebbero re-ligare. Bene. E allora perchè non l'hanno fatto? Perchè (tranne me e quelli che la pensano come me) siamo ancora scimmie, è la tua risposta. Appunto.  In un altro messaggio parlavo del senso di realtà: la tua affermazione dimostra che questo modo di ragionare ne prescinde completamente. Se noi siamo ancora scimmie bisogna trovare un modo per re-ligare le scimmie, e non per re-ligare un essere ideale che è solo nella mente, nelle speranze e nelle aspirazioni di qualcuno e che probabilmente non apparirà mai all'onor del mondo. Anche Kant, come dicevo nell'altro messaggio, aveva probabilmente un uomo ideale a cui gridare "sapere aude!", ma se questo non esiste anche il suo grido non ha alcun senso. Tutta la modernità è impregnata di questa idealizzazione, di questa aspirazione alla costruzione di un uomo-macchina identico a qualsiasi altro, prevedibile, controllabile e manipolabile, e tutta l'azione è indirizzata in questo senso. E prescinde dall'uomo che invece esiste, che vive qui e ora, e scimmia o meno è quello con cui bisogna fare i conti. E questa è un'altra dimostrazione di quanto questa cultura moderna sia, fra le altre cose, anche profondamente disumana.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

InVerno

#91
In tutta onestà io ho parlato di argomento celato ma non volevo sottindere malizia nell'atto in se, ho infatti detto che inizialmente l'ho inteso come un sincero tentativo di elevare la discussione al di la delle solite discussioni di brigata. Ne sono tuttavia rimasto deluso dai risultati. La tua posizione personale è legittima, ma i pregiudizi son di tutti, e il "livore che mostro" è generalizzato a qualsiasi doppia morale e politica dei due forni, è solo "un caso" (dovuto alla residenza geografica degli iscritti e ai loro interessi) che si vada sempre a picchiare sul cristianesimo, ma non ho i poster dei "nuovi atei" in camera e onestamente nemmeno li sopporto tanto (come vedi i pregiudizi son di tutti).
Kant diceva "la scienza è la conoscenza organizzata, la sapienza è la vita organizzata" , non c'è nulla che renda la religione più facilmente assimilabile al nostro "scimmiesco" rispetto alla scienza, se non come essa è organizzata. Non vorrei essere costretto a usare questa prospettiva dell' "efficienza" ma visto che insisti ...Solo recentemente (paragonato alla religione, una frazione millesimale) la cultura scientifica ha abbandonato i comparti stagni di inizio novecento e ha cominciato a mostrare l'uomo in tutta la sua interdipendenza, tanto che sono ancora viventi almeno due generazioni che vedono alla scienza come all'evidenza del filo d'erba "e stop". E solo lo sviluppo di questa visione complessiva ha cominciato a solleticare i bassi istinti umani (tra i quali anche la semplice sopravvivenza) dove prima invece sembrava puro diletto accademico. Solo recentemente abbiamo avuto "divulgatori scientifici" che colmassero il gap culturale e rendessero fruibile la conoscenza, e mai abbiamo avuto evidenze che quel "diletto accademico" avesse a che fare con noi, e che sostituissero i miracoli nell'avvicinarci a quelle realtà immense.. Stiamo paragonando una cultura in fascie con una cultura a tre gambe e talare da almeno 6 millenni.. Quale sorpresa? Credere a qualsiasi costo, qualsiasi sia l'oggetto, pur di domare i nostri istinti, non è il mio motto "realistico". E voglio credere che non sia il motto dei miei compagni di viaggio, voglio vederli più romantici di cosi, disposti anche all'atto estremo della morte pur di rispettare il proprio intelletto. Altrimenti che senso avrebbe avuto vivere tutto questo? Se bisogna morire da scimmie, tanto vale che l'uomo non sia mai esistito.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

donquixote

Se noi siamo ancora scimmie allora è semplicemente un fatto che l'uomo non è mai esistito, se non nella mente di qualche scimmia, così come nella mente degli autori di fantascienza e di fumetti esistono ogni sorta di alieni o di uomini con poteri straordinari come Superman o l'Uomo Ragno. Comunque quello che posso arguire da quel che scrivi è che a parte la citazione di Kant che condivido solo parzialmente o che comunque andrebbe meglio precisata e discussa è che la scienza sta compiendo dei passi verso l' "unificazione" della conoscenza riconoscendo l'interdipendenza degli enti (che paradigmaticamente ha affermato con la famosa storiella del battito d'ali della farfalla in Amazzonia). Ma queste sono cose che una qualsiasi persona che si guardi attorno senza pregiudizi può vedere, e millenni orsono le persone lo sapevano vedere perfettamente. Quindi abbiamo perso secoli (e altri a quanto pare ne perderemo) per arrivare ad avere una scienza che al termine del proprio viaggio non potrà fare altro che confermare (solo con un altro linguaggio) quel che gli uomini sapevano già migliaia di anni fa. Forse però non riuscirà a compiere il "salto ontologico" che le permetterà di giustificare il divenire connettendolo con l'essere (poichè questo non è sottoponibile a sperimentazione) e si fermerà magari ad Eraclito. Nel frattempo le "piccole verità" scientifiche consentiranno all'uomo, attraverso la tecnica, di distruggere quello che rimane da distruggere (comunità comprese) e se questo è il prezzo da pagare per arrivare ad una conoscenza che già abbiamo mi sembra un tantino eccessivo. Senza contare che, come accade già oggi, il 99% degli uomini, da brave "scimmie", crede (e crederà) in quel che raccontano gli scienziati così come un tempo "credeva" in quel che gli raccontavano i religiosi. Quanti sono quelli che veramente "sanno" e non hanno alcun bisogno di credere? In ogni caso e per tornare all'argomento in discussione non posso che sottolineare che il tuo messaggio conferma una volta di più che siamo ancora nella fase "destruens" della "nuova conoscenza", e dunque in ossequio al significato questo fatto non può che provocare disgregazione.
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Phil

Siamo in una tappa rapida, ripida, ruvida e radicale di un cambiamento perenne che in fondo non s'è mai arrestato (chiamato "storia umana"); ma se la "distruzione" fosse invece strutturazione (del "nuovo") e la "disgregazione" risultasse integrazione (di ciò che prima era estraneo)?

Eretiko

Citazione di: donquixote il 13 Febbraio 2017, 17:24:51 PM
[...] la scienza sta compiendo dei passi verso l' "unificazione" della conoscenza riconoscendo l'interdipendenza degli enti (che paradigmaticamente ha affermato con la famosa storiella del battito d'ali della farfalla in Amazzonia). Ma queste sono cose che una qualsiasi persona che si guardi attorno senza pregiudizi può vedere, e millenni orsono le persone lo sapevano vedere perfettamente.

Vero, infatti la scienza moderna si basa su semplici e intuitivi concetti che i presocratici avevano individuato: mondo composto da enti reali, separati nello spazio e nel tempo, e che interagiscono tra loro quando sono sufficientemente vicini (ma la storiella della farfalla è relativa ad un'altra questione sulla qual è inutile soffermarsi qui). Nessuno nega che già in quell'epoca esistesse la scienza, così come credo che tu non puoi negare che nel frattempo la conoscenza è progredita notevolmente. O ritieni che dai tempi dei paradossi di Zenone la scienza ha solo perso tempo e in fondo è da millenni che noi abbiamo le stesse conoscenze che abbiamo oggi?
Tu dici che la tecnica sta distruggendo la società, ma io sinceramente non capisco da dove deriva questa tua certezza (in relazione alla tecnica e quindi indirettamente alla scienza), a parte il fatto che la disprezzi.
Poi io farei attenzione all'uso della parola "credere": la scienza non è un atto di fede, le sue piccole verità possono essere verificate da chiunque abbia gli strumenti per poterlo fare, e se permetti è ben diverso dal "credere" ai roveti che parlano alle persone.   

InVerno

#95
Citazione di: donquixote il 13 Febbraio 2017, 17:24:51 PMMa queste sono cose che una qualsiasi persona che si guardi attorno senza pregiudizi può vedere, e millenni orsono le persone lo sapevano vedere perfettamente.
Perfettamente? A me pareva di aver già smentito questa "perfezione" quando citasti il mito di Caino e Abele e l'evidente castroneria insita nel mito stesso, potrei anche citare un bel po di culture che avendo preferito lo smodato consumo di carne all'agricoltura (attraverso altri miti certamente) hanno cagionato la loro stessa fine, e potremmo anche parlare di decine di altri miti contenti castronerie anche più grandi (tra le tante, tutti i miti che vedono alla nalità come un fattore positivo assoluto). Questa "perfezione" è più mitologica dei miti stessi che la giustificano, e se è vero come è vero che alcuni problemi sono emergenziali e correlati allo sviluppo della tecnica, è anche vero che alcuni sarebbero completamente insolvibili senza di essa, ed è anche vero che siamo sopravvissuti agli errori del passato solo perchè la scala su cui potevano essere effettuati era minuta rispetto ad oggi.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Duc in altum!

**  scritto da Eretiko:
CitazionePoi io farei attenzione all'uso della parola "credere": la scienza non è un atto di fede, le sue piccole verità possono essere verificate da chiunque abbia gli strumenti per poterlo fare, e se permetti è ben diverso dal "credere" ai roveti che parlano alle persone.
Infatti, la scienza non crea la verità ma la scopre; pertanto, prima di essere scoperta, essa esiste in sé (cit. Agostino d'Ippona), dunque la scienza può solo dirci il come, ma, per adesso, mai il perché delle cose, quindi è più che logico che non può sostituire, per adesso, il roveto ardente individuale che ognuno s'inventa, inevitabilmente, per colmare quel perché che quotidianamente tarla la scienza umana.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

donquixote

Citazione di: InVerno il 13 Febbraio 2017, 20:31:44 PMPerfettamente? A me pareva di aver già smentito questa "perfezione" quando citasti il mito di Caino e Abele e l'evidente castroneria insita nel mito stesso, potrei anche citare un bel po di culture che avendo preferito lo smodato consumo di carne all'agricoltura (attraverso altri miti certamente) hanno cagionato la loro stessa fine, e potremmo anche parlare di decine di altri miti contenti castronerie anche più grandi (tra le tante, tutti i miti che vedono alla nalità come un fattore positivo assoluto). Questa "perfezione" è più mitologica dei miti stessi che la giustificano, e se è vero come è vero che alcuni problemi sono emergenziali e correlati allo sviluppo della tecnica, è anche vero che alcuni sarebbero completamente insolvibili senza di essa, ed è anche vero che siamo sopravvissuti agli errori del passato solo perchè la scala su cui potevano essere effettuati era minuta rispetto ad oggi.

Per "carità di patria" non avevo replicato alla questione di Caino e Abele e dei sacrifici, e dato che tu affermasti

Citazione di: InVerno
Riguardo all'agricoltura, in realtà il mito genesiaco ha poco senso(una cantonata deduttiva), l'allevamento è una forma ancora più intensiva di agricoltura dove le proteine fanno il "giro lungo" per arrivare "raffinate" sotto forma di carne. Ad oggi infatti il problema ecologico principale legato allo sfruttamento del suolo, è l'allevamento. Anche supponendo che la demografia non costringa all'allevamento intensivo, avere dei pascoli significa deforestazione massiva ed eradicazione della fauna concorrente\predatrice per estensioni anche dieci volte superiori (l'anatolia e la siria, ma anche la sardegna, non erano semidesertiche una volta). Ma suppongo il mito abbia più a che fare con l'archetipo del sacrificio animale che con l'ecologismo.

mi sembrava offensivo per l'intelligenza dei lettori puntualizzare l'ovvio, che consiste nel comprendere che quando fu redatta la Bibbia (o comunque tramandati oralmente i racconti che la compongono) l'agricoltura non era utilizzata per produrre mangime per animali, quindi gli animali da allevamento (e in quei luoghi principalmente e quasi esclusivamente le pecore) si cibavano dell'erba spontanea che cresceva nei campi, che fra l'altro erano molto più numerosi e rigogliosi rispetto ad oggi (non per niente quei luoghi erano noti come "mezzaluna fertile"). Quindi il mito (e il rifiuto delle offerte di Caino) stigmatizza la modifica dello stato della terra forzandone la naturale spontaneità nel produrre i propri frutti per piegarla a fini esclusivamente umani, mentre al contempo permette l'allevamento che non incide per nulla su tale spontaneità (e tra le altre cose anche gli indiani d'America non praticavano l'agricoltura ma certamente una forma ridotta di allevamento di pecore e capre). Non vedo quindi alcuna cantonata o castroneria, mentre sono sicuramente castronerie i paragoni fra l'allevamento di migliaia di anni fa e quello di oggi, anche perchè ai tempi la dieta umana era estremamente più varia di quella di oggi e fra l'altro la caccia, la pesca e la raccolta di frutti o vegetali selvatici erano comunque sempre praticate e non era affatto necessario avere migliaia di capi di bestiame dato che degli animali si utilizzava tutto e non, come oggi, solo la "fettina" mentre il resto viene eliminato.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

paul11

#98
Citazione di: Eretiko il 13 Febbraio 2017, 00:44:04 AM
Citazione di: paul11 il 12 Febbraio 2017, 16:01:17 PM
Accetto la provocazione Eretiko e anche  di Phil.

Ma daccapo, cosa dovrebbe spingere l'uomo a credere in se stesso se questa cultura gli ha detto che è limitato e un derivato evolutivo di n'animale, Dove costruire la propria fiducia?

Ti assicuro che la "provocazione" era volta semplicemente a discutere su una possibile inversione della chiave di lettura, anche se implicitamente io ho gia' dato la mia risposta.
Non e' corretto dire che "questa cultura gli ha detto (all'uomo, nota mia) che e' limitato": in qualche modo lo avevano gia' detto i greci antichi, lo ha dimostrato Kant riguardo al pensiero (in modo farraginoso, sicuramente, ma lo ha dimostrato), lo ha dimostrato Goedel (matematicamente) riguardo a un qualsiasi sistema formale (come la matematica, o il linguaggio). E il limite, attenzione, riguarda il fatto che il pensiero diventa inconsistente quando parla di concetti al limite (come quelli trascendenti). Ma tu non devi prendere per buone le mie parole:  e' sufficiente leggere "critica della ragion pura" (Kant) o le dimostrazioni di Goedel (nominato, chissa' perche', "uomo del secolo"). Poi se queste dimostrazioni non ti convincono, o non ti piacciono, o pensi che non e' cosi' perche' vuoi avere altri punti fermi, allora il problema diventa tuo e non della cultura che ha prodotto questi risultati.
L'occidente per almeno 1.000 anni ha oltrepassato questo limite spesso e volentieri, speculando su questioni trascendentali talvolta interessanti talvolta semplicemente ridicole e prive di buon senso, con il risultato di mettere al centro di tutto solo e soltanto la religione e giustificando e spiegando tutto sempre e soltanto alla luce delle scritture e della letteratura patristica. Quando si e' iniziato a "scoprire qualche piccolo lembo del grande velo" (come diceva Einstein) sono iniziati i problemi, per un motivo semplicissimo: un conto parlare di questioni trascendentali, un conto parlare di leggi di natura, e lo scontro ragione/fede e' stato inevitabile, raggiungendo il suo apice, come era lecito attendersi, sull'evoluzione.
Quale problema ci pone il fatto che noi siamo parte della natura? Mi sembra un concetto meraviglioso. E ancor di piu' sembra meraviglioso sapere che nell'universo esiste una razionalita', un "logos", e che questo logos si sia realmente incarnato nell'uomo.
Ecco perche' io dico che e' necessario decostruire, togliere le (inutili e dannose) incrostazioni prodotte in 10 secoli, iniziare a comprendere la cultura scientifica (che non e' il diavolo), evitare di fare insensati discorsi sull' "Essere" (dato che qualcuno ha dimostrato che e' insensato parlare di cio'), accettare che i principi e i valori stanno proprio in noi stessi, e non ci provengono da qualche entita' trascendente (e questo non e' individualismo).
Eretiko,
grazie della risposta e scusa se non ti rispondo punto per punto.
La discussione si è arenata sui pregiudizi.
A me interessava arrivare alla coscienza dopo aver argomentato sulle forme conoscitive deduttive e induttive,in simbiosi con le forme sociali,
La coscienza prima di essere laica o religiosa è umana.
Mii interessava arrivare a  come la coscienza umana attraverso le forme conoscitive può evolvere o involvere, come le forme linguistiche,esplicazioni delle forme conoscitive riformulano la coscienza individuale-sociale- culturale.
L'ambiente, vale a dire una tribù sociale o il globalismo, per estremizzare il concetto non doveva essere il rapporto fra anti-religione o anti scienza: una contrapposizione.Questi sono sue domini che appartengono alla coscienza come luogo dell'esperienza conoscitiva. La vita, l'esistenza trova segni linguistici e significazioni che o rinchiudono in sè la coscienza individuale o la aprono alla comunità sociale,proprio come forme conoscitive di esperienze.
Diversamente perchè si immolarono per le lotte d'indipendenza risorgimentali, perchè i partigani nella Resistenza, perchè nelle lotte dei diritti sociali? Allora la religione diventa religiosità, fino all'ideale, al concetto che può anche essere laicissimo in cui la libertà .la dignità è così sentita nella coscienza da immolare il proprio corpo fisico ,materia,e il proprio istinto di sopravvivenza.
Quindi era anche capire se ritenessimo questa fase storica disgregante , la cultura si contraddice nel sociale e l'uomo si chiude nell'individualismo, oppure aggregante, l'individuo percepisce elementi comuni sociali che trascendono l'individuo, la parte trova senso dentro la comunità poichè la cultura proietta un concetto fortemente identitario.
Permettimi solo una ennesima puntualizzazione sul termine trascendere.
Quando si utilizza un simbolo, ad esempio nella logica booleana, ma direi anche nella semplice parola che esprime unita ad altre sintatticamente e semanticamente un concetto, trascende il dominio naturale poichè lo trasporta dal dominio naturale a quello mentale/coscienza, per descrivere a sua volta o lo stesso dominio naturale o un'altro dominio.

InVerno

Citazione di: donquixote il 13 Febbraio 2017, 21:23:48 PM
Citazione di: InVerno il 13 Febbraio 2017, 20:31:44 PMPerfettamente? A me pareva di aver già smentito questa "perfezione" quando citasti il mito di Caino e Abele e l'evidente castroneria insita nel mito stesso, potrei anche citare un bel po di culture che avendo preferito lo smodato consumo di carne all'agricoltura (attraverso altri miti certamente) hanno cagionato la loro stessa fine, e potremmo anche parlare di decine di altri miti contenti castronerie anche più grandi (tra le tante, tutti i miti che vedono alla nalità come un fattore positivo assoluto). Questa "perfezione" è più mitologica dei miti stessi che la giustificano, e se è vero come è vero che alcuni problemi sono emergenziali e correlati allo sviluppo della tecnica, è anche vero che alcuni sarebbero completamente insolvibili senza di essa, ed è anche vero che siamo sopravvissuti agli errori del passato solo perchè la scala su cui potevano essere effettuati era minuta rispetto ad oggi.

Per "carità di patria" non avevo replicato alla questione di Caino e Abele e dei sacrifici, e dato che tu affermasti

Citazione di: InVerno
Riguardo all'agricoltura, in realtà il mito genesiaco ha poco senso(una cantonata deduttiva), l'allevamento è una forma ancora più intensiva di agricoltura dove le proteine fanno il "giro lungo" per arrivare "raffinate" sotto forma di carne. Ad oggi infatti il problema ecologico principale legato allo sfruttamento del suolo, è l'allevamento. Anche supponendo che la demografia non costringa all'allevamento intensivo, avere dei pascoli significa deforestazione massiva ed eradicazione della fauna concorrente\predatrice per estensioni anche dieci volte superiori (l'anatolia e la siria, ma anche la sardegna, non erano semidesertiche una volta). Ma suppongo il mito abbia più a che fare con l'archetipo del sacrificio animale che con l'ecologismo.

mi sembrava offensivo per l'intelligenza dei lettori puntualizzare l'ovvio, che consiste nel comprendere che quando fu redatta la Bibbia (o comunque tramandati oralmente i racconti che la compongono) l'agricoltura non era utilizzata per produrre mangime per animali, quindi gli animali da allevamento (e in quei luoghi principalmente e quasi esclusivamente le pecore) si cibavano dell'erba spontanea che cresceva nei campi, che fra l'altro erano molto più numerosi e rigogliosi rispetto ad oggi (non per niente quei luoghi erano noti come "mezzaluna fertile"). Quindi il mito (e il rifiuto delle offerte di Caino) stigmatizza la modifica dello stato della terra forzandone la naturale spontaneità nel produrre i propri frutti per piegarla a fini esclusivamente umani, mentre al contempo permette l'allevamento che non incide per nulla su tale spontaneità (e tra le altre cose anche gli indiani d'America non praticavano l'agricoltura ma certamente una forma ridotta di allevamento di pecore e capre). Non vedo quindi alcuna cantonata o castroneria, mentre sono sicuramente castronerie i paragoni fra l'allevamento di migliaia di anni fa e quello di oggi, anche perchè ai tempi la dieta umana era estremamente più varia di quella di oggi e fra l'altro la caccia, la pesca e la raccolta di frutti o vegetali selvatici erano comunque sempre praticate e non era affatto necessario avere migliaia di capi di bestiame dato che degli animali si utilizzava tutto e non, come oggi, solo la "fettina" mentre il resto viene eliminato.
Hai citato ma non hai letto ciò che ho scritto, lo stato brado dell'allevamento allevia solamente parzialmente la questione (anzi, sotto certi punti di vista la peggiora) dell'antropomorfizzazione del territorio, che è comunque grandemente superiore rispetto all'agricoltura. Non mi dilungo a spiegarti il perchè offtopic, ma ti dico un altra cosa. Ho vissuto per un mese in tenda in Mongolia,una delle pochissime popolazioni al mondo che non ha mai vangato un solo centimetro di terra e ha sempre vissuto di pastorizia. Negli ultimi dieci anni sono "stati costretti" all'agricoltura e rappresentano uno dei pochissimi esempi presenti di questo tipo di conversione e di sussistenza di entrambi i sistemi contemporaneamente di cui uno in fase emergente. Sai chi ha scelto Dio? Il più ricco, di gran lunga. Che fosse il punto pivotale della scelta è interpretativo, come tutto il resto, ognuno ci vede ciò che gli pare, è questo il problema. E con questo concludo, aspettando che si torni (o si arrivi) a parlare di occidente nella sua interezza..
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Eretiko

Citazione di: Duc in altum! il 13 Febbraio 2017, 20:54:41 PM
Infatti, la scienza non crea la verità ma la scopre; pertanto, prima di essere scoperta, essa esiste in sé (cit. Agostino d'Ippona), dunque la scienza può solo dirci il come, ma, per adesso, mai il perché delle cose, quindi è più che logico che non può sostituire, per adesso, il roveto ardente individuale che ognuno s'inventa, inevitabilmente, per colmare quel perché che quotidianamente tarla la scienza umana.

Giusto, il "perché delle cose" esula dal dominio di indagine della scienza, ma il non conoscere il "perché" non tarla la scienza in sé stessa ma l'animo individuale dell'uomo, e visto che da millenni cerchiamo i "perché" senza trovarli forse dovremmo arrivare alla conclusione che essi non esistono, e che forse continuare a chiedersi "perché" come fanno i bambini è privo di senso.
Fermo restando che ognuno, individualmente, può continuare a farsi quella domanda, e può trovare la risposta che più lo soddisfa, sia anche in roveti ardenti o voci interne, ma con la consapevolezza che non possono essere risposte universali proprio perché individuali e non riproducibili da chiunque e in ogni luogo. E aggiungo che la pretesa di estendere universalmente tali risposte individuali, se pur in un primo momento ha agito da collante e da elemento identitario, alla lunga ha mostrato il suo limite intrinseco, ed ecco perché quello che a ad alcuni oggi appare come una "disgregazione" a me sembra una "decostruzione" in una società che sta appunto cercando di trovare nuovi punti fermi, uno dei quali potrebbe appunto essere la "cultura scientifica" in quanto, almeno quella, può chiamarsi "cattolica".
Ma a parte questa considerazione, del tutto personale, trovo assurdo addossare allo sviluppo del pensiero occidentale degli ultimi secoli (o non-pensiero, come qualcuno sembra suggerire) la responsabilità di questa presunta disgregazione, come se fosse possibile ingabbiare il pensiero in una stretta morsa solo perché "funziona" (o ha funzionato per un periodo), o solo perché risponde a visioni del mondo individuali che si ritiene di poter estendere a tutti gli individui.
     
 

cvc

Credo che in questa discussione possa trovare spazio una riflessione sul "Tramonto dell'occidente" di Oswald Spengler su cui avevo – senza successo – aperto il topic "dalla retorica al giornalismo".
Cito wikipedia « Nell'antichità si aveva la retorica, nell'Occidentesi ha il giornalismoe, invero, al servigio di quella cosa astratta che rappresenta la potenza della civilizzazione, il danaro. »
Spengler fa un'analisi sociologica, in particolare della cività antica e di quella occidentale contemporanea, dove definisce la prima apollinea e concentrata sul hic et nunc, e l'altra dionisiaca sempre tesa al futuro. Questa tensione al futuro è qualcosa che caratterizza fortemente il mondo attuale sclerotizzato, dominato dalla finanza – che è una proiezione futura del presente – e dalla tecnologia – che vede il presente come un'attualizzazione dell'innovazione progressiva .
Qui c'è poi a mio avviso un grosso equivoco che deriva da un'errata interpretazione del carpe diem, che originariamente non significa affatto il "cogli l'attimo fuggente" cui spesso si allude, bensì – come suggeriscono Orazio e Lorenzo de' Medici – che bisogna concentrarsi sul presente perchè è l'unica cosa che è in nostro possesso. Tempo fa lessi un libro di un economista che aveva programmato tutta la sua vita per vivere senza lavorare, e poi, quando ci è riuscito, gli è occorso un brutto male che l'ha tolto anzitempo della vita.
Dunque, questa nostra concentrazione tesa al futuro sfuggente potrebbe essere la nostra vera maledizione, dove le stime future sul pil e quelle dei rating, basate sul futuro incerto, si riflettono in catastrofi certe nel presente. Così quando il futuro incerto partorisce disgrazie inattese (vedi terremoti e slavine) non abbiamo i mezzi per fronteggiarle. Perchè questa morboso e paranoica tensione al futuro si riflette sul presente in tagli delle risorse che impediscono di far fronte alle catastrofi imminenti,.

Occorre recuperare il senso del presente, anche per essere più preveggenti.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Duc in altum!

**  scritto da CVC:
CitazioneDunque, questa nostra concentrazione tesa al futuro sfuggente potrebbe essere la nostra vera maledizione, dove le stime future sul pil e quelle dei rating, basate sul futuro incerto, si riflettono in catastrofi certe nel presente. Così quando il futuro incerto partorisce disgrazie inattese (vedi terremoti e slavine) non abbiamo i mezzi per fronteggiarle. Perchè questa morboso e paranoica tensione al futuro si riflette sul presente in tagli delle risorse che impediscono di far fronte alle catastrofi imminenti,.

Occorre recuperare il senso del presente, anche per essere più preveggenti.
Ma il senso del presente esiste: mors tua, vita mea ...o sarà che lo noto solo io?
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

cvc

Citazione di: Duc in altum! il 14 Febbraio 2017, 11:39:56 AM
**  scritto da CVC:
CitazioneDunque, questa nostra concentrazione tesa al futuro sfuggente potrebbe essere la nostra vera maledizione, dove le stime future sul pil e quelle dei rating, basate sul futuro incerto, si riflettono in catastrofi certe nel presente. Così quando il futuro incerto partorisce disgrazie inattese (vedi terremoti e slavine) non abbiamo i mezzi per fronteggiarle. Perchè questa morboso e paranoica tensione al futuro si riflette sul presente in tagli delle risorse che impediscono di far fronte alle catastrofi imminenti,.

Occorre recuperare il senso del presente, anche per essere più preveggenti.
Ma il senso del presente esiste: mors tua, vita mea ...o sarà che lo noto solo io?
Non so da quali premesse giungi a questa conclusione, ma il senso del presente cui alludo è quello di vivere serenamente il tempo che ci è dato liberi dalle preoccupazioni angoscianti del futuro o perlomeno, se non si possono evitare tutte, congedandoci almeno da quelle non strettamente necessarie e - se e quando possibile - nella misura in cui  non siano eccessivamente invasive sull'oggi.
Qui ci sarebbe il tema della precarietà dell'esistenza che è, a mio avviso, una sorta di equilibrio. Nel senso che se si avverte troppa precarietà si vive nell'ansia, ma se si pretende di annullarla completamente ci si allontana dalla realtà che ha sempre un qualche grado di incertezza. Questione di equilibrio che, in un'ottica sbilanciata sul futuro, manca perchè manca la cura spirituale, perchè se usciamo dal presente usciamo dalla spiritualità che esiste in funzione del presente.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

acquario69

Citazione di: cvc il 14 Febbraio 2017, 11:11:24 AM
Credo che in questa discussione possa trovare spazio una riflessione sul "Tramonto dell'occidente" di Oswald Spengler su cui avevo – senza successo – aperto il topic "dalla retorica al giornalismo".
Cito wikipedia « Nell'antichità si aveva la retorica, nell'Occidentesi ha il giornalismoe, invero, al servigio di quella cosa astratta che rappresenta la potenza della civilizzazione, il danaro. »
Spengler fa un'analisi sociologica, in particolare della cività antica e di quella occidentale contemporanea, dove definisce la prima apollinea e concentrata sul hic et nunc, e l'altra dionisiaca sempre tesa al futuro. Questa tensione al futuro è qualcosa che caratterizza fortemente il mondo attuale sclerotizzato, dominato dalla finanza – che è una proiezione futura del presente – e dalla tecnologia – che vede il presente come un'attualizzazione dell'innovazione progressiva .
Qui c'è poi a mio avviso un grosso equivoco che deriva da un'errata interpretazione del carpe diem, che originariamente non significa affatto il "cogli l'attimo fuggente" cui spesso si allude, bensì – come suggeriscono Orazio e Lorenzo de' Medici – che bisogna concentrarsi sul presente perchè è l'unica cosa che è in nostro possesso. Tempo fa lessi un libro di un economista che aveva programmato tutta la sua vita per vivere senza lavorare, e poi, quando ci è riuscito, gli è occorso un brutto male che l'ha tolto anzitempo della vita.
Dunque, questa nostra concentrazione tesa al futuro sfuggente potrebbe essere la nostra vera maledizione, dove le stime future sul pil e quelle dei rating, basate sul futuro incerto, si riflettono in catastrofi certe nel presente. Così quando il futuro incerto partorisce disgrazie inattese (vedi terremoti e slavine) non abbiamo i mezzi per fronteggiarle. Perchè questa morboso e paranoica tensione al futuro si riflette sul presente in tagli delle risorse che impediscono di far fronte alle catastrofi imminenti,.

Occorre recuperare il senso del presente, anche per essere più preveggenti.


E' la concezione (erronea) del tempo lineare che si proietta come una freccia dal passato al futuro, ma in Natura le cose non stanno affatto cosi e questo significa un vero e proprio sfasamento o vera e propria separazione dalla Realtà con tutte le conseguenze che hai descritto tu.

Sul carpe diem io penso che riguarderebbe anche qualcos'altro di più profondo....ossia il presente che non fa riferimento solo al tempo stesso ma a quell' "istante" che non si situa nel tempo e che e'  "eternamente presente"


Citazione
Tempo fa lessi un libro di un economista che aveva programmato tutta la sua vita per vivere senza lavorare, e poi, quando ci è riuscito, gli è occorso un brutto male che l'ha tolto anzitempo della vita.


Ce' una storiella molto significativa...a me la raccontarono quando ero molto giovane e non credo sia stato per caso visto che facevo un lavoro che non mi lasciava mai tempo!...

sul molo di un piccolo villaggio,un turista si ferma e si avvicina ad una piccola imbarcazione di un pescatore del posto. Si complimenta con il pescatore per la qualità del pesce e gli chiede quanto tempo avesse impiegato per pescarlo.
Pescatore: 'Non ho impiegato molto tempo'
Turista: 'Ma allora, perché non è stato di più, per pescare di più?'
Il Pescatore gli spiega che quella esigua quantità era esattamente ciò di cui aveva bisogno per soddisfare le esigenze della sua famiglia.
Turista: 'Ma come impiega il resto del suo tempo?'
Pescatore: 'Dormo fino a tardi, pesco un po, gioco con i miei bimbi e faccio la siesta con mia moglie. La sera vado al villaggio, ritrovo gli amici, beviamo insieme qualcosa, suono la chitarra, canto qualche canzone, e via così, trascorro appieno la vita.'
Turista: 'La interrompo subito, sa sono laureato ad Harvard, e posso darle utili suggerimenti su come migliorare. Prima di tutto lei dovrebbe pescare più a lungo, ogni giorno di più. Così logicamente pescherebbe di più. Il pesce in più lo potrebbe vendere e comprarsi una barca più grossa. Barca più grossa significa più pesce, più pesce significa più soldi, più soldi più barche! Potrà permettersi un'intera flotta!!
Quindi invece di vendere il pesce all'uomo medio, potrà negoziare direttamente con le industrie della lavorazione del pesce, potrà a suo tempo aprirsene una sua. In seguito potrà lasciare il villaggio e trasferirsi a Mexico City o a Los Angeles o magari addirittura a New York!! Da lì potrà dirigere un'enorme impresa!...
Pescatore: 'ma per raggiungere questi obiettivi quanto tempo mi ci vorrebbe?'
Turista: '25 anni forse' Pescatore: '....e dopo?' Turista: 'Ah dopo, e qui viene il bello, quando i suoi affari avranno raggiunto volumi grandiosi, potrà vendere le azioni e guadagnare miliardi!!!!!!!
Pescatore:'...miliardi?.......e poi?'

Turista: 'Eppoi finalmente potrà ritirarsi dagli affari, e concedersi di vivere gli ultimi 5/10 anni in un piccolo villaggio vicino alla costa, dormire fino a tardi, giocare con i suoi bimbi, pescare un po' di pesce, fare la siesta, passare le serate con gli amici bevendo e giocando in allegria!'