Disgregazione dell'occidente?

Aperto da Eretiko, 02 Febbraio 2017, 16:53:39 PM

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paul11

#60
Non si vuol capire che senza punti di riferimento è impossibile confrontarsi, accettare o contestare che sono alla base del crescere.
L'assiomatizzazione delle scienze non ha comportato maggior libertà, ma proliferazione di opinioni.
La società induttiva non ha basi paradigmatiche di confronto, si pensa di esseri liberi,,,,,per non cambiare nulla.
Il bambino ha  bisogno di figure come i genitori per crescere affettivamente e concettualmente.Ha bisogno di un'autorità e autorevolezza da imitare prima, da confrontarsi dopo e infine  anche da contestare per crescere, ma
comunque necessità di punti di riferimento.
L'assiomatizzazione delle scienze naturali fisiche ha traslato i suoi metodi nelle scienze umane,
La filosofia non ha compito, finisce il suo mandato umano, se non ripensa alla radice il sistema culturale dandone un ordine, perchè la disgregazione è figlia del disordine.

Un tempo il popolo credeva che sull'Olimpo vivessero gli dei e dava oblazioni e faceva sacrifici per averne benevolenza .
Oggi si pagano  le tasse ad un ente che non è più credibile come lo Stato che vive di autorità perchè ha il monopolio della violenza e impone ingiunge al popolo obblighi.
Se non si capisce, o almeno intuisce che ciò che sovraintende al sistema organizzato umano sono ENTI , vale a dire ISTITUTI   ormai retorici, che hanno autorità , ma non autorevolezza perchè hanno perso rappresentatività e credibilità in quanto contraddittori sia per le basi culturali delle scienze contemporanee, sia perchè ormai vestigia di un passato culturale non solo dimenticato, ma "ucciso" ,il risultato è il totale disorientamento per mancanza di punti fermi con cui accettare, confrontare, contestare, per crescere. la libertà è un vuoto non senso se non posso cambiare, perchè c'è mancanza di un confronto su cui misurarsi:manca il paradigma e si discutono di effeti su effetti senza mai giungere alla base culturale che mantiene l'attuale cultura contemporanea.

Non si tratta di tornare al passato o arrivare al concetto di democrazia o dittatura, hanno poco senso perchè derivano dal vuoto culturale, sono ancora effetti di una cultura  e  si agisce senza il raccordo di un orizzonte progettuale che leghi passato presente  futuro,Mai come in questa epoca c'è una proliferazione di immagini, di scritture e di parole..... per non cambiare nulla
Oggi ogni disciplina teorica  e sorattutto le pragmatiche dell'economia e della politica sono autoreferenziali come si sistemi logici. I valori morali ed etici essendo relativizzati divenute opinioni su concetti utilitaristici e funzionali sono strumenti di chi ha il potere che esercita con la forza e l'inganno. Non siamo mai stati cosi individualistici come morale del fardasè, pensiero del fardasè, pensando che questa sia libertà. E' impossibile avere identità culturali se quella identità non è un paradigma culturale condiviso.Siamo quindi ai paradossi sociali, mai stati così liberi e nello stesso tempo condizionati e e poco utili  da non riuscire negli istituti democratici e sociali controllarli, parteciparvi, mutarli, quando la pratica è ormai imposizione dall'alto do organismi non trasparenti che si muovono dietro il palcoscenico del potere .
A tutti, al popolo è abbastanza chiaro il problema sociale eppure nessuno è in grado di mutarlo.
Forse prima bisogna riflettere bene alla radice ,l cause culturali, vale a dire su cosa si regge la cultura del nostro tempo, perchè vedo che o non si vuol capire o non si è grado di capire la differenza fra la comunità deduttiva e la società induttiva che metaforicamente potrei dire la società dei padri, la prima da accettare e contestare; la società senza padri, chi accettiamo o contestiamo per andare e dove e come facciamo  a capire se stiamo regredendo o evolvendo?

Eretiko

Lancio una provocazione: non e' che quella che molti chiamano "disgregazione" sia in realta' la reazione ad un processo di decostruzione che tenta di liberarci da tutte quelle sovrastrutture che per secoli il pensiero occidentale ha costruito?
Ad esempio il libero arbitrio, messo in crisi da una parte dal meccaniscismo deterministico, a dall'altra dalle "sensate esperienze" che hanno dimostrato che il 90% delle nostre azioni e' inconscio.
Oppure la convinzione cartesiana che solo l'animale puo' essere simulato da una macchina, mentre e' accaduto il contrario: la razionalita' puo' essere simulata (e riprodotta) da una macchina, mentre l'animale no.
L'elenco potrebbe essere lungo.
Nessuno nega che questa decostruzione sia dolorosa, ma forse dobbiamo iniziare a pensare seriamente che essa e' necessaria.

donquixote

#62
Citazione di: Phil il 12 Febbraio 2017, 00:26:20 AMSe "il pensiero deve pensare la verità" (cit.) allora è un pensiero privo di ricerca, consolatorio, solido, autoritario, ma povero di domande e di autentico lavorio mentale; è un pensiero dogmatico, legittimo e certamente appetibile (che propone la verità, non la trova...), Ma credo possa esserci anche (e al suo fianco, se siamo pluralisti) un pensiero indagatore, che prima di "guidare l'azione" (cit.) si interroga con onestà intellettuale ed umiltà, senza fare appello a ricette già scritte per preparare una verità storicamente affermata. Se il pensiero rifiuta a priori "ipotesi potenzialmente false" (cit.), se ha paura di sbagliare o di esitare, allora, secondo me, non è pensiero filosofante, ma citazione o adesione dogmatica (che resta una prospettiva percorribile e non esecrabile). Inoltre non scommetterei sul fatto che un pensiero operoso, indagante e fallibile, con paradigmi aperti ed in fieri finisca con il "perdere qualsiasi utilità e anche significato"(cit.), sarebbe come dire che avere una matita ed una gomma è inutile perché bisogna usare solo penna indelebile (è un questione di metodo e di gusti, no? ;) ).


Il pensiero che pensa la verità è privo di ricerca? Ma da dove viene sta sciocchezza? I filosofi presocratici che ricercavano l'arché, il principio primo da cui tutto deriva, non stavano forse pensando la verità (al di là dei risultati ottenuti)? E cosa c'era di dogmatico nel loro pensiero? E gli scienziati moderni che vanno ricercando la "particella di Dio" non hanno forse lo stesso obiettivo? Ognuno può pensare la verità, ed effettuare in tal senso la sua ricerca, e in questo non vi è niente di dogmatico. Tu quando pensi lo fai forse per cercare una menzogna, una falsità o cosa? Certo la verità è stata annunciata da uomini di tutti i tempi, ma questo non impedisce a nessuno di pensarla. La si può accettare a priori (credendo, non pensando, che sia la verità) oppure la si può rifiutare a priori (credendo, non pensando, che non sia la verità); poi chi è in grado di farlo la può pensare daccapo, partendo dal semplice concetto di verità come fondamento, come arché, perchè fondare la propria vita su di una menzogna (comunque la si chiami) non è esattamente l'obiettivo dell'uomo (o perlomeno non è mai stato esplicitamente dichiarato). Diceva Gandhi: "prima credevo che Dio fosse la verità, ora so che la verità è Dio": in mezzo a queste due affermazioni si trova tutto il lavoro del pensiero, che potrà portare qualcuno a conclusioni diverse da quelle di Gandhi (come quando a scuola ti danno il medesimo problema o la medesima equazione da risolvere ma i risultati sono diversi) ma in tutto questo lavoro non c'è niente di dogmatico, di consolatorio e meno che mai di autoritario. C'è invece il talento e la capacità di pensare l'universale anzichè limitarsi ad osservare il proprio ombelico e far orbitare il resto intorno ad esso.


Citazione di: Phil il 12 Febbraio 2017, 00:26:20 AMProbabilmente non mi sono espresso chiaramente: gli aggiornamenti di cui parlo sono proprio volti ad essere sincronizzati con la realtà attuale per poter operare al suo interno, contestualizzando le scelte e le "letture" di ciò che accade... sono aggiornamenti (faticosi, difficili e fallibili) che evitano proprio la chiusura in una dotta speculazione che non guarda all'accadere, al mondo che la circonda, a ciò che intendo con "attualità". Non sono aggiornamenti di nozionismo, ma aggiornamenti del proprio paradigma prima interpretativo poi operativo (e non certo per cultura personale!).

Se la "realtà attuale" è costantemente mutevole (e il mutamento è tanto più veloce quanto più si riduce il punto di osservazione) quanto deve essere "grande" il contesto per poterlo considerare sensato ed inserirvi gli "aggiornamenti"? Qual è il paradigma da considerare come fondamento (a quanto pare anch'esso potenzialmente mutevole) per leggere e pensare il mondo e fornire senso alla vita di un uomo? Le ideologie (l'umanismo, il marxismo, il razionalismo e l'empirismo, il meccanicismo, il nazionalismo, il liberalismo, l'utilitarismo eccetera) sono dei paradigmi in cui inserire la lettura dei fenomeni: ma quanto sono durate? quale senso hanno dato alla vita dell'uomo? quanto hanno contribuito al suo equilibrio, alla sua serenità, alla sua eudaimonia? e soprattutto quanto sono state in grado di pensare il mondo nel suo complesso? Eppure questi "contesti" sono abbastanza ampi; ma essendo sempre relativi non potranno costituire alcun fondamento su cui edificare un sapere duraturo e significativo, e soprattutto un sapere "vero" dato che, come diceva anche Hegel, "il vero è l'intero".

Citazione di: Phil il 12 Febbraio 2017, 00:26:20 AMPensare significa, secondo me, "leggere" e interpretare ciò che ci circonda (quindi direi che c'è sempre molto, anzi, troppo, da leggere) e se si trova scoraggiante il provare a "leggere" una realtà dinamica, mutevole e complessa, allora ci sono risposte e paradigmi preconfezionati che hanno una loro utilità, sostituendosi alla "lettura individuale" come delle "istruzioni per l'uso" che forniscono risposte, non domande (e usare tali istruzioni, fidarsi di loro, è una scelta rispettabilissima, una scorciatoia semplificata più che legittima, ma che non trovo attraente).

Leggere e interpretare lo si fa alla luce di uno schema di pensiero in cui sono inseriti (e giudicati) i fenomeni che accadono. Ma questo schema di pensiero deve necessariamente essere "creduto" vero e porsi come assoluto, perchè se non lo fosse ogni "lettura" o interpretazione" perderebbe di significato. Qualcuno ritiene sbagliato lo stupro dei bambini perchè il suo paradigma lo porta a leggere questo fenomeno come "male". Sei disposto ad accettare e a conferire pari dignità intellettuale ad un paradigma che afferma invece al proprio interno che lo stupro dei bambini è "bene"? Quindi a non condannare qualcuno che lo fa dato che lui crede di fare il bene? Se arriviamo al punto che ognuno può costruire da sé il proprio paradigma ed adeguare a quello la propria vita e il proprio agire allora si arriverà naturalmente al punto ove "tutto è permesso" perchè  ogni azione potrà essere giustificata: e se ogni azione diventa lecita che senso ha giustificarla con un pensiero? Se il mio "pensare" mi porta ad elaborare un paradigma che mi impone di perseguire i miei desideri, la mia soddisfazione, la mia "felicità" al di sopra di tutto il resto, e se la mia "verità" consiste in questo, ogni pensiero e ogni azione successiva sarà solo funzionale all'adeguamento a questa "verità", che confliggerà con tutte le altre "verità" di questo tipo determinando la situazione che abbiamo sotto gli occhi. E ogni regola, ogni norma, ogni legge che verrà emanata sarà un ostacolo alla "verità" in quanto impedimento al suo perseguimento. Io credo che il paradosso più evidente della modernità sia proprio quello di rovesciare completamente il senso delle cose, e una palese evidenza di questo rovesciamento sta nel fatto che i metafisici sono accusati di compiere "voli pindarici" verso l'infinito e lo spirito, di pensare l'inutile o l'inesistente, mentre hanno un senso della realtà molto più sviluppato di coloro che invece hanno sempre gli occhi e la mente attaccata al terreno. Tutti i paradigmi della modernità vanno contro la realtà, la negano, la stuprano, la rifiutano, la vogliono modificare e adeguare a sé e alla loro visione. La metafisica invece guarda la realtà così com'è adeguandosi ad essa e senza alcuna pretesa di cambiarla prer renderla simile al paradigma che si è "pensato". Uno dei paradigmi attuali afferma che "tutti gli uomini sono uguali" Ma dove? Ma quando mai? La metafisica invece vede che tutti gli uomini sono diversi (ti sfido a trovare un uomo, solo uno, uguale, cioè identico, ad un altro. Nemmeno i gemelli monozigoti lo sono. Ma se anche per un impossibile miracolo dovesse accadere questo dimostrerebbe forse che "tutti" sono uguali?). L'illuminismo afferma con Kant "sapere aude" credendo che tutti gli uomini, se lasciati liberi di pensare, si sarebbero emancipati. E poi vediamo che il mondo non ha mai visto tanti servi quanto quello odierno, mentre la metafisica vede che alcuni uomini sono più adatti a comandare e altri ad obbedire, perchè quella è la loro natura. Un paradigma moderno afferma il principio secondo il quale tutti sono adatti a fare tutto (è sufficiente la cosiddetta "istruzione") e la "mobilità sociale" è un must della modernità. La metafisica invece vede che alcuni sono più adatti a fare gli avvocati e altri i contadini, alcuni  gli intellettuali e i filosofi mentre altri gli artigiani; il paradigma secondo cui l'ultimo dei miserabili potrà essere eletto presidente degli Stati Uniti poichè per diventarlo non è richiesta alcuna qualità particolare ma solo l'elezione popolare è l'opposto di cià che afferma la metafisica, che invece vede che alcuni sono più adatti di altri a governare uno stato poichè avranno le qualità di sapienza, di equilibrio, di temperanza e di intelligenza per farlo, mentre altri sono completamente inadatti e potranno combinare solo guai. Un paradigma moderno afferma che se entrano in Italia un milione di stranieri e a questi si fornisce una casa e un lavoro l'integrazione è compiuta. La metafisica invece vede che un uomo non è una macchina, non è solo casa e lavoro, ma è anche e soprattutto cultura e quindi più le culture che si incontrano saranno disomogenee e meno sarà possibile l'integrazione. E potrei andare avanti per ore con questi esempi. Chi ha dunque più senso della realtà?
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Phil

@Eretiko
Non so se sia necessaria (è un giudizio impegnativo, seppur condivisibile), ma quantomeno in atto: i "maestri del sospetto" (Nietzsche, Marx, Freud), le tre "umiliazioni narcisistiche" (eliocentrismo, evoluzionismo, teoria dell'inconscio), etc. ci indicano chiaramente che bisogna iniziare a fare i conti con istanze di cambiamento, forse traumatiche, ma quantomeno rilevanti...


Per chiarire a cosa alludo con "aggiornare il paradigma", propongo (da "Il postmoderno" di G. Chiaruzzi) uno schema di Hassan (mi scuso se non l'ho trovato in italiano e premetto che non rappresenta il mio paradigma, nè tantomeno è il paradigma da prendere a modello ideale, è solo un esempio di "aggiornamento"):


(ecco il link: https://thegreatwildherring.files.wordpress.com/2013/12/hassan-list.png)

La colonna di sinistra presenta alcune delle categorie tipiche della modernità, quella di destra, alcune tipiche della postmodernità. Se "leggiamo" l'attualità con le categorie di sinistra, essa ci risulta inevitabilmente corrotta, iniqua e deteriorata (ed ecco comparire il disappunto e la nostalgia "dei bei vecchi tempi in cui c'erano valori sani, o almeno si sapeva con chiarezza quali erano!"); se invece leggiamo il presente con quelle di destra, ci risulta probabilmente più comprensibile (ed il relativismo, la tecnologia, l'individualismo non sono più demoniache trombe dell'apocalisse), e solo nel momento in cui l'abbiamo adeguatamente compresa, secondo me, possiamo valutarla con pertinenza.
Come sottolineato più volte, non intendo screditare chi fa ricorso alla colonna di sinistra, e quando definisco quel paradigma  "vecchio" non voglio essere offensivo, ma solo denotativo: di fatto, ce n'è anche uno più recente, più "nuovo" (quindi privo del consolidato fascino del radicamento storico), se questo sia meglio o peggio, ognuno lo valuta in base alla sua prospettiva; l'interessante credo sia prendere atto che c'è la possibilità di leggere l'attualità anche con un ulteriore paradigma, che tenta di metterne a fuoco le peculiarità prima di passare al giudizio. 

P.s.
Inevitabilmente, secondo me, una realtà impermanente richiede paradigmi impermanenti, quindi "dinamici" (senza assiomi troppo rigidi, come in metafisica), quindi "aperti" (qualcuno direbbe "deboli"), quindi plurali (ovvero relativi, ma senza ricadere nella caricatura fumettistica del relativista assoluto che muore di fame in gelateria perché "tutto è relativo!" e non riesce ad ordinare nulla... i relativisti reali non sono annichiliti, non muoiono di inedia, piuttosto si muovono circospetti sul sentiero della ricerca, sapendo che ogni passo non è mai l'ultimo, non è perfetto, e, in fondo, poteva essere fatto diversamente poiché alcuni passeggiatori già ne fanno di diversi, ma non per questo egli smette di farne altri...).

P.p.s.
@donquixote
Avevo inteso la tua frase "il pensiero deve pensare la verità"(cit.) come viziata dal presupposto che la verità sia una, perfetta, immutabile, etc. presupposto che ha portato ad una serie storicamente ricca di casi in cui tale verità, pur di essere trovata, veniva inserita arbitrariamente in un circolo vizioso dogmatico (in senso laico o meno). Oggi forse la "plausibilità" può essere un'alternativa lecita alla verità assoluta, sia nelle scienze che in altri campi, ma quest'ottica è incompatibile con un paradigma metafisico classico (vedi schema citato ad esempio sopra) per cui non è certo universalmente condivisibile.
Sulla verità fai-da-te come edonismo solipsista, vorrei ricordare che gli individui, a prescindere dal paradigma che usano, vivono solitamente in una società regolata da leggi coercitive (quindi "il tutto è permesso" è escluso a priori), per cui è sempre necessaria (o solo assennata) una mediazione fra l'individuo e il contesto sociale  ;)

Duc in altum!

**  scritto da Eretiko:
CitazioneAd esempio il libero arbitrio, messo in crisi da una parte dal meccaniscismo deterministico, a dall'altra dalle "sensate esperienze" che hanno dimostrato che il 90% delle nostre azioni e' inconscio.
Penso, secondo me, che sia meglio che si facciano esempi, per questa discussione, senza chiamare in causa la metafisica, giacché fin quando il determinismo e l'inconscio che dirige le nostre azioni saranno nient'altro che supposte ipotesi possibili, ma niente di sicuro, il libero, arbitrio, per accidente o per volere divino, sarà sempre ciò che determina chi siamo e chi desideriamo essere, ed eventualmente (in un discorso spirituale) l'unica nostra facoltà a dover essere giudicata.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

paul11

#65
Citazione di: Eretiko il 12 Febbraio 2017, 12:41:58 PMLancio una provocazione: non e' che quella che molti chiamano "disgregazione" sia in realta' la reazione ad un processo di decostruzione che tenta di liberarci da tutte quelle sovrastrutture che per secoli il pensiero occidentale ha costruito? Ad esempio il libero arbitrio, messo in crisi da una parte dal meccaniscismo deterministico, a dall'altra dalle "sensate esperienze" che hanno dimostrato che il 90% delle nostre azioni e' inconscio. Oppure la convinzione cartesiana che solo l'animale puo' essere simulato da una macchina, mentre e' accaduto il contrario: la razionalita' puo' essere simulata (e riprodotta) da una macchina, mentre l'animale no. L'elenco potrebbe essere lungo. Nessuno nega che questa decostruzione sia dolorosa, ma forse dobbiamo iniziare a pensare seriamente che essa e' necessaria.




Accetto la provocazione Eretiko e anche  di Phil.
Vi avviso che sono già culturalmente passato per le vostre tesi, le ho già pensate, masticate, elaborate e riflettute.
La mia tesi è che non siamo in grado di gestirlo questo passaggio culturale, perchè è proprio contraddittorio quello che descrive Phil. Se le tesi sono metatesi se il pensiero si riduce a meta pensiero in quanto incapace di dare verità, quale cultura gestisce l'attuale problematica in attesa che l'umanità dal decostruzionismo ponga un'idea costruttiva? Non c'è attualmente nessuna filosofia in grado nè di gestire il cambiamento nè di darci la rotta di un'approdo, ammesso che ci indichi anche verso dove andremmo. Perchè è tutto in divenire il contraddittorio, non c'è tempo di pensare, il pensiero ferma il tempo, l'autista che-non-c'è  della postmodernità dice che le nostre sono solo chiacchiere non avendo fondamenta veritative e quindi prosegue una rotta che non è nemmeno una rotta, è una meta-rotta. Non so se capite la metafora.E' impossibile dall'attuale cultura uscirne, questa è la VERA trappola,perchè ha smesso di pensare che vi sia una verità, Accetta la probabilità, l'incertezza come limite del non-limite del dominio in cui si muove e ogni movimento è coordinato o scoordinato solo dai punti di vista autoreferenti del sistema stesso. Oggi vincono i poteri traslati dalla natura alì'artifiicio organizzativo umano,
Vince l'autorità scientifica, l'autorità politica, fatta di mutanti e replicanti persone che si succedono via via senza lasciar traccia di sè, priva di una memoria, in quanto siamo già risucchiati nel domani che ha già macinato l'ieri.
E' la nostra cultura che soffre dell'epistemologia falsifcazionale di Popper o dell'autoreferenzialità di Godel, è incapace di porsi al di fuori del sistema stesso,Vivendo e pensando dal di dentro noi vediamo le contraddizioni esistenziali, ma non siamo in grado se la prospettiva è interna a uscirne. E' finito il tempo dell'universalità in questa cultura, che farà cadere ad una ad una tutte  le contraddizoni interne, gli ENTi gli ISTITUTI i VALORI, LE MORALI, ilDIRITTO stesso come derivato dalla filosofia morale  politica da quando sono divenute scienze.
Questo uomo vive fra le macerie di una entificazione come prodotto millenario che non sono più sorrette dal nostro NON-PARADIGMA contemporaneo.

Il mio modello anarchico sarebbe che l'uomo può vincere l'attuale sistema solo se introiettasse l'ordine dentro di sè e non un ordine fuori di sè che oggi è percepito come "peso condizionante". Perchè significherebbe che l'uomo sarebbe capace di sapere cos' è giustizia, libertà, uguaglianza, come limite interiore del rispetto, quella legge dentro di sè che permetterebbe che nessuna condizione fosse fuori di sè, esteriore a sè.
Ma l'uomo oggi è capace di maturare un tale ordine, di evolvere una propria responsabilità da capire i limiti dei domini fra sè i suoi simili, il suo prossimo , la natura, la cultura?
Chiama in gioco se l'uomo è una scimmia intelligente, ma sempre scimmia, e se la nostra vita il nostro concetto di esistenza ha un senso dentro un progetto condiviso. Perchè una tale maturità umana farebbe cessare le guerrra immediatamente, lo sfruttamento fra uomini e il rapporto innaturale con la natura.
Ma daccapo, cosa dovrebbe spingere l'uomo a credere in se stesso se questa cultura gli ha detto che è limitato e un derivato evolutivo di n'animale, Dove costruire la propria fiducia?

O avete altri pensieri? Altri percorsi, progetti?

n.b. Phil togliti il preconcetto di nostalgici, la vita non si vive solo di ricordi e domattina devo andare di nuovo a lavorare per tirare avanti. I tuoi problemi sono i miei problemi, perchè condividiamo lo stesso spazio/tempo o partiamo da questo o tutto è contraddittoriamente incomunicabile nel tempo delle comunicazioni

donquixote

Citazione di: Phil il 12 Febbraio 2017, 13:29:40 PMPer chiarire a cosa alludo con "aggiornare il paradigma", propongo (da "Il postmoderno" di G. Chiaruzzi) uno schema di Hassan (mi scuso se non l'ho trovato in italiano e premetto che non rappresenta il mio paradigma, nè tantomeno è il paradigma da prendere a modello ideale, è solo un esempio di "aggiornamento"):


È interessante notare come nell'esempio di questo paradigma (che credo sia una schematizzazione sociologico/statistica e quindi non sia da condividere o meno, ma solo da prenderne atto in linea di tendenza) i "valori" che determinano il post-modernismo siano quasi tutti connotati negativamente. Quando non esiste un valore condiviso o una serie di valori che formano un "paradigma" che possa prevalere nella società allora ognuno se li elaborerà da sé costruendo ognuno il proprio paradigma, e questa estrema frammentazione impedisce una prevalenza di uno sull'altro costringendo gli "studiosi" a enunciare "valori negativi" come comuni alla società nel suo complesso. Dunque ciò non fa altro che confermare la disgregazione e il suicidio culturale, dato che la cultura nel senso in cui la si intende qui appartiene ad un popolo e non ad un individuo (o a un individuo solo in quanto appartenente ad un determinato popolo, ad una determinata "cultura"), per il quale si potrà parlare tutt'al più di erudizione.


Citazione di: Phil il 12 Febbraio 2017, 13:29:40 PMP.p.s. @donquixote Avevo inteso la tua frase "il pensiero deve pensare la verità"(cit.) come viziata dal presupposto che la verità sia una, perfetta, immutabile, etc. presupposto che ha portato ad una serie storicamente ricca di casi in cui tale verità, pur di essere trovata, veniva inserita arbitrariamente in un circolo vizioso dogmatico (in senso laico o meno). Oggi forse la "plausibilità" può essere un'alternativa lecita alla verità assoluta, sia nelle scienze che in altri campi, ma quest'ottica è incompatibile con un paradigma metafisico classico (vedi schema citato ad esempio sopra) per cui non è certo universalmente condivisibile. Sulla verità fai-da-te come edonismo solipsista, vorrei ricordare che gli individui, a prescindere dal paradigma che usano, vivono solitamente in una società regolata da leggi coercitive (quindi "il tutto è permesso" è escluso a priori), per cui è sempre necessaria (o solo assennata) una mediazione fra l'individuo e il contesto sociale ;)

La verità è certamente una, perfetta e immutabile, ma contavo sul tuo aiuto per evitare di precisare che nell'espressione e nella comunicazione di questa verità si riscontrano tutti i difetti del mediatore, che è l'uomo, per cui alcuni uomini l'avranno saputa esprimere meglio di altri, e alcuni uomini l'avranno capita meglio di altri, e viceversa. Altra cosa è poi l'applicazione in campo dottrinale e sociale in cui le variabili sono ancora maggiori. Quindi se uno è in grado di pensare la può pensare da sé e poi magari alla fine del percorso potrà giudicare da sé quali uomini siano stati in grado di esprimere tale verità in modo più corretto dato che, in sé, è inesprimibile (come del resto qualunque altra realtà che non sia inventata direttamente dall'uomo). Per quanto concerne la "plausibilità" ognuno può ritenere "plausibile" ciò che gli fa più comodo, dunque ritenere più plausibile il perseguimento di ogni e qualsiasi proprio desiderio e interesse rispetto alla plausibilità di qualunque altra considerazione (la Corte di Cassazione ha emanato poche settimane fa una sentenza in cui considera lecito, quindi decisamente plausibile, licenziare le persone per salvaguardare l'ammontare dei profitti aziendali.) e quindi non vedo alcuna differenza, nell'ambito dell'agire quotidiano delle persone, fra la plausibilità e la certezza e dato che non vi è modo di valutare percentualmente la plausibilità di una tesi rispetto ad un'altra ognuno si farà naturalmente guidare dalla propria convenienza, dal proprio paradigma.  Per quanto concerne invece la questione delle leggi se l'individuo adotta un paradigma in contrasto con le regole e le leggi appare ovvio che vedrà queste ultime come ostacoli alla sua espressione personale e alla realizzazione del suo paradigma (che considerà verità, sia pur "plausibile") e quindi sorgerà un conflitto con la società e le sue istituzioni per cui lo "stato" verrà considerato nemico e si tenterà di "fregarlo" in tutte le maniere (gli esempi abbondano) oltre  a provocare un aumento dei conflitti fra individui che saranno inoltre sempre più aspri,  e che le istituzioni non sono in grado di gestire e comporre. Le leggi dovrebbero gestire le eccezioni, e la "normalità", in una comunità degna di tal nome, dovrebbe essere garantita dalla cultura, dai principi e dai valori che si condividono e dai quali si deduce naturalmente e conformemente l'organizzazione sociale e il comportamento da adottare da parte dei cittadini, che si comportano in un certo modo perchè sono convinti che sia buono e giusto farlo (e per un sacco di altre buone ragioni)  e non per paura della guardia che viene a bussare. Quale serenità potrà mai avere una persona che deve difendersi quotidianamente da suoi concittadini che hanno una visione della vita diversa dalla sua (e il cui perseguimento lo porta magari a subire danni senza aver fatto niente di male) e dall'altro lato deve guardarsi da uno stato che aggiorna quotidianamente i propri paradigmi per cui non sai mai se quello che hai fatto fino a ieri è ancora legale oppure no (ho sentito oggi ad esempio che sono cambiate le regole sui seggiolini delle auto per i bambini: quelli vecchi saranno illegali)? E capita quindi che uno viva la propria vita tranquillamente e si ritrovi domani o ad essere o sul lastrico perchè la concorrenza (legale, sia ben chiaro) lo ha fatto fallire oppure un delinquente a sua insaputa. E costui cosa se ne fa di tutti i suoi paradigmi? Quindi il contrasto fra il "tutto è permesso" che l'ideologia moderna incoraggia e il "niente è permesso" che la legge impone creerà cortocircuiti tali da provocare tensioni sempre crescenti, fino alla completa disgregazione e polverizzazione delle cosiddette "società aperte" di popperiana definizione.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

InVerno

#67
Quando si parla di occidente ci si dimentica sempre dell'elefante nella stanza, il sud-america, che tra alti e bassi sta vivendo nell'ultimo decennio un periodo di ascesa sotto tantissimi punti di vista, proporzionato a quanto si sia liberato dai lacci coloniali (Messico, Cile etc ancora sulle corde). Non mancano i drammi sociali ovviamente come è normale che sia (prima che qualcuno vi faccia riferimento) ma sta comunque ottenendo risultati su larga scala eccezionali, tra le quali l'indipendenza dopo 500 anni (non mi risulta una singola base americana in sud america) e si è trasformato velocemente in una fucina di nuovi paradigmi sociali. Farne l'elenco sarebbe estenuante, ma visto che si è parlato per tutto il topic di società primitive, per la prima volta nella storia esse in quasi tutti gli stati sud americani hanno ora una rappresentanza parlamentare a scongiurare auspicabilmente altri sfruttamenti\genocidi. E hanno ottenuto questo progresso e questa vitalità fertile di idee senza piegarsi troppo al feticcio dell'uomo forte, ma anzi puntando sul sociale.L'argomento può tranquillante terminare qui per alcuni, si tratta di paesi in via di sviluppo e che quindi hanno maggiore libertà d'azione dovuta all'atto stesso di svilupparsi. Comunque si tratta di paesi occidentali in ascesa, quindi la generalizzazione iniziale "occidente in disgregazione" è innanzitutto fallace perchè dimentica metà continente americano che si sta in realtà aggregando e consolidando. Ma finisce davvero qui? Perchè alcuni paradigmi Europei sono culturalmente inamovibili, perchè la difesa degli stessi è cosi strenua da rendere refrattario il vecchio continente allo sviluppo di nuovi cagionando la vitalità culturale del continente? Perchè non ci sentiamo più "in via di sviluppo?" Questo ha molto a che fare con le "Verità di riferimento" tanto care ad alcuni, ma il mio non vuole che essere uno spunto di riflessione.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Phil

Citazione di: paul11 il 12 Febbraio 2017, 16:01:17 PM
n.b. Phil togliti il preconcetto di nostalgici, la vita non si vive solo di ricordi e domattina devo andare di nuovo a lavorare per tirare avanti. I tuoi problemi sono i miei problemi, perchè condividiamo lo stesso spazio/tempo o partiamo da questo o tutto è contraddittoriamente incomunicabile nel tempo delle comunicazioni
I nostri problemi sono i medesimi? Se per problemi non alludi ai bisogni primari, non posso proprio sapere se siano gli stessi, ma nel tuo paradigma la risposta è già "si"... condividiamo lo stesso spazio/tempo? Certo, ma lo leggiamo (probabilmente) in modo differente, e non è affatto un dettaglio da poco... sulla nostalgia (forse parola ambigua), ne respiro un soffio quando leggo di una cultura che "ha smesso di pensare che vi sia una verità"(cit. corsivo mio) ed "è finito il tempo dell'universalità di questa cultura"(cit. corsivo mio) per cui "questo uomo vive fra le macerie"(cit. corsivo mio)... se non si è un po' nostalgici (e non è una malattia!) alcune critiche all'attualità perdono di senso (qui non mi riferisco più a te, dico in generale); se invece non si è nostalgici, l'aggiornamento di paradigma risulta più facile e il pessimismo cosmico per il futuro prossimo non ha ragion d'essere...


Citazione di: donquixote il 12 Febbraio 2017, 16:07:17 PM
È interessante notare come nell'esempio di questo paradigma [...] i "valori" che determinano il post-modernismo siano quasi tutti connotati negativamente.
La negazione (che non è la negatività  ;) ) che ricorre in alcune categorie dello schema ("quasi tutte" mi pare eccessivo) mi sembra perlopiù una questione linguistica che non va sovrainterpretata come un giudizio di valore o una connotazione: dire "anti-forma" o semplicemente "fluidità" (Bauman) è equivalente, anche se il primo termine ci suona più negazione rispetto al secondo, etc.
Quello che viene letto come "suicidio" dal "paradigma moderno", viene letto come "differenziazione" (o "contaminazione", o "disseminazione" o altro), dal paradigma postmoderno; resta sempre una questione di lettura paradigmatica; e in questo caso la negatività (supponendo che il suicidio sia gesto negativo) è dovuta all'inattualità del paradigma usato.

Citazione di: donquixote il 12 Febbraio 2017, 16:07:17 PMLa verità è certamente una, perfetta e immutabile
Certezza squisitamente moderna  ;D  

Citazione di: donquixote il 12 Febbraio 2017, 16:07:17 PMPer quanto concerne la "plausibilità" ognuno può ritenere "plausibile" ciò che gli fa più comodo, dunque ritenere più plausibile il perseguimento di ogni e qualsiasi proprio desiderio e interesse
Se si riflette seriamente (facciamo gli ottimisti, no?), il "plausibile" è un risultato, non un istinto o un capriccio, e in quanto risultato (seppur provvisorio) non si può scegliere a priori: non posso scegliere di ritenere plausibile che sul mio tetto ci siano parcheggiate le renne di babbo natale, o che andare in giro a derubare i passanti sia una buona idea (anche se potrebbe farmi comodo per autofinanziare la cena di San Valentino  ;D ), etc.

Citazione di: donquixote il 12 Febbraio 2017, 16:07:17 PMPer quanto concerne invece la questione delle leggi se l'individuo adotta un paradigma in contrasto con le regole e le leggi appare ovvio che vedrà queste ultime come ostacoli alla sua espressione personale e alla realizzazione del suo paradigma (che considerà verità, sia pur "plausibile") e quindi sorgerà un conflitto con la società e le sue istituzioni per cui lo "stato" verrà considerato nemico e si tenterà di "fregarlo" in tutte le maniere
Se lo stato, con le sue leggi, ha un'impostazione che non condivido, non per questo diventerò necessariamente un fuori-legge (che comunque, se non erro, ci sono sempre stati, non è una questione di paradigmi deboli o di individualismo postmoderno; salvo credere che in passato ci fossero comunità di virtuosi che quasi non avevano bisogno di leggi... come accennavo, le caricature da "argomento fantoccio", o "straw man", non giovano al discorso, per quanto simpatiche  :) ).

Citazione di: donquixote il 12 Febbraio 2017, 16:07:17 PMQuindi il contrasto fra il "tutto è permesso" che l'ideologia moderna incoraggia e il "niente è permesso" che la legge impone creerà cortocircuiti tali da provocare tensioni sempre crescenti, fino alla completa disgregazione e polverizzazione delle cosiddette "società aperte"
L'ideologia moderna (al singolare) credo non esista, ci sono piuttosto molteplici ideologie (e forse non è nemmeno il termine adatto, ma riutilizzo il tuo linguaggio) e la legge, almeno da quel che accade in europa e dintorni (ma direi anche più in là), non impone affatto "il niente è permesso"... che l'individuo debba poi adattarsi alla sua società, e che ciò comporti dissenso, disagi, illegalità e persino ribellioni, mi sembra una situazione vecchia almeno come la storia dell'uomo da quando è diventato stanziale (non è certo un'invenzione della postmodernità).

maral

#69
Citazione di: donquixote il 10 Febbraio 2017, 12:22:21 PM
Curioso che continui a raccontare (a modo tuo ovviamente), episodi di storia europea mentre io confrontavo i popoli europei (e in parte anche quelli mediorientali) con altre etnie che non hanno la stessa natura aggressiva. Gli europei si sono sempre combattuti fra loro anche quando la religione era la medesima (e la nascita del Cristianesimo riformato è stata una ulteriore scusa per combattersi ancora più ferocemente) e il fatto che in quei secoli in Europa si sia svolto uno scontro costante fra chi sosteneva la supremazia dell'imperatore e chi invece quella del papato significa che non si è mai compresa la corretta gerarchia dei poteri e delle autorità e quindi non si è mai raggiunta una vera stabilità. Ma se questi sono problemi peculiari dell'Europa e degli europei (che si sarebbero presi a mazzate qualunque fosse la cultura dominante) il modello culturale che l'Europa ha acquisito, sviluppato e poi consolidato dopo la fine dell'impero Romano e fino al cosiddetto "Rinascimento" era molto più aderente al concetto di cultura come modello di senso in cui riconoscersi e all'interno del quale poter rendere ragione dei fenomeni del mondo, della sofferenza umana, della vita e della morte.
Bè, la storia è sempre stata raccontata nel modo in cui ogni epoca l'ha interpretata (dacché la "storia ha avuto un senso, la qualcosa è piuttosto recente). In genere comunque si può osservare che ovunque (non certo solo in Europa) i popoli meno aggressivi o sono stati cancellati da quelli più aggressivi, oppure se la loro civiltà era più complessa e organizzata, è stata assimilata almeno per certi elementi per dar vita e vigore a una nuova forma di civiltà, spesso più aggressiva e organizzata. Oggi il problema è più complesso, perché essendosi ridotte le distanze, la cosa non coinvolge più solo realtà locali tra loro lontane, ma il mondo intero, un mondo in cui, che lo vogliamo o no, siamo già tutti vicini ed è proprio nella vicinanza, non nella lontananza, che l'aggressività si manifesta nei suoi modi più distruttivi.  

CitazioneL'accusa di mentire rivolta a coloro che proclamano l'assoluto fondamento è solitamente l'opinione di chi non riesce a comprenderlo, e anzichè ammettere il proprio limite lo vuole indebitamente estendere a chiunque,

L'accusa di mentire è da parte di chiunque vede solo il proprio fondamento assoluto e non riconosce quello altrui (giacché per tutti è sempre l'altro che mente, non io). La proclamazione dell'assoluto mete sempre proprio perché nessuno, proprio in quanto lo pretende assoluto, quindi per tutti, non intende assolutamente riconoscerne il limite che si manifesta nel momento stesso in cui in qualche modo lo si definisce con la volontà che valga per tutti.  
E' chiaro che nel momento in cui qualcosa appare come principio assoluto in quel qualcosa ci si crede e da quel qualcosa si può anche procedere per via deduttiva in merito alle conseguenze regolatrici dell'esistenza, ma è altrettanto vero che la via deduttiva non può avere di per sé alcuna validità quando quel principio a priori non si manifesta e, se non si manifesta, è del tutto inutile evocarne con grandi rimpianto i modi in cui si è manifestato in passato. Una volta che Dio è morto (per dirla alla Nietzsche), è morto, riproporlo per come era significa solo esporne il cadavere mummificato esigendo ubbidienza.
Ogni assoluto muore, ogni vessillo prima o poi diventa solo un pezzo di materia inerte più o meno colorata, non perché gli uomini sono stupidi o cattivi, ma semplicemente perché questo è il destino dell'assoluto, è sempre una parzialità in atto che si disgrega incontrando prima o poi la sua verità che c'è prima di ogni sua pretesa.
Il meccanismo induttivo non nasce in contrasto con quello deduttivo, ma per tentare di puntellare il principio da cui si procedeva per deduzione quando questo barcolla, ristabilire una corrispondenza, ma ovviamente non serve a nulla poiché la disgregazione comunque procede, proprio in virtù della verità che sta sotto di essa. Non c'è altro modo che seguire questa disgregazione fino in fondo, convivere con l'angoscia e il terrore che genera l'opacità fondamentale dell'esistenza, poiché dopotutto si è sempre in cammino e solo in questo essere in cammino è la verità che a volte inaspettatamente si manifesta per poi subito dileguarsi, lasciando tracce discontinue di un percorso che si è compiuto, ma che sempre, in qualche modo, continua a compiersi nelle nostre esistenze.

Eretiko

Citazione di: Duc in altum! il 12 Febbraio 2017, 14:03:56 PMPenso, secondo me, che sia meglio che si facciano esempi, per questa discussione, senza chiamare in causa la metafisica, giacché fin quando il determinismo e l'inconscio che dirige le nostre azioni saranno nient'altro che supposte ipotesi possibili, ma niente di sicuro, il libero, arbitrio, per accidente o per volere divino, sarà sempre ciò che determina chi siamo e chi desideriamo essere, ed eventualmente (in un discorso spirituale) l'unica nostra facoltà a dover essere giudicata.

Nessuna metafisica: il determinismo e' legato alla causalita' delle leggi di natura, e noi siamo composti dagli stessi elementi che compongono l'universo (ma ovviamente nessuno e' cosi' ingenuo da pensare che le nostrte azioni sono semplicemente predeterminate), fatto che ha dato l'inizio alla discussione sul libero arbitrio (sia a livello filosofico che biologico).
Nelle neuroscienze mi riferivo in particolare ai numerosi esperimenti effettuati da Benjamin Libet, Daniel Wegner, Daniel Kahneman (per citare i piu' famosi), esperimenti noti e divulgati, e possiamo farci un'idea delle problematiche sollevate.


maral

In fondo da sempre l'umanità ha camminato tra macerie, resti di momenti di grazia. Il problema ora è che il cammino si è reso più veloce e le rovine paiono subito non lasciare tracce, questo ci fa pensare di procedere più liberi e spediti senza pagare tributi, ma nello stesso tempo ci fa sentire continuamente angosciati e dispersi, non c'è luce, non c'è dove andare e le nostre rovine restano mute nel loro così rapido sbriciolarsi.

Eretiko

Citazione di: donquixote il 12 Febbraio 2017, 16:07:17 PMLe leggi dovrebbero gestire le eccezioni, e la "normalità", in una comunità degna di tal nome, dovrebbe essere garantita dalla cultura, dai principi e dai valori che si condividono e dai quali si deduce naturalmente e conformemente l'organizzazione sociale e il comportamento da adottare da parte dei cittadini, che si comportano in un certo modo perchè sono convinti che sia buono e giusto farlo (e per un sacco di altre buone ragioni)  e non per paura della guardia che viene a bussare.

Certo, sarebbe bellissimo se potesse essere in questo modo, ma temo che non e' mai stato e mai sara'. In linea di massima posso anche condividere che per raggiungere uno scopo cosi' elevato si possano fondare principi e valori del tutto esterni a noi e addirittura esterni all'universo nel quale viviamo, ma alla fine pero' con quell'universo dobbiamo farci i conti, compresa la nostra umana costituzione forgiata da millenni di evoluzione. E anche in quelle culture che, ad esempio, avevano principi religiosi come collante comunitario, alla fine sempre in leggi (orali prima e scritte poi) codificavano il corretto funzionamento della comunita'. Ed esiste sempre il "rischio" che ci sia qualcuno, in questa comunita', che inizi a chiedersi se quei principi fondanti siano effettivamente tali ed universali, indipendentemente dal fatto che essi funzionano.

Duc in altum!

#73
**  scritto da Eretiko:
CitazioneNessuna metafisica: il determinismo e' legato alla causalita' delle leggi di natura, e noi siamo composti dagli stessi elementi che compongono l'universo (ma ovviamente nessuno e' cosi' ingenuo da pensare che le nostrte azioni sono semplicemente predeterminate), fatto che ha dato l'inizio alla discussione sul libero arbitrio (sia a livello filosofico che biologico).
E' proprio questo che cercavo di dire: non è scritto da nessuna parte che le leggi causali della natura siano casuali, forse, chissà. Quindi oggi, in terra, la legge non ammette ignoranza, e giudica il libero arbitrio, che determina ogni fenomeno umano, anche la disgregazione dell'occidente, come se l'oriente, il sud o il nord, poi, non si starebbero smantellando.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Duc in altum!

#74
**  scritto da donquixote:
CitazioneLe leggi dovrebbero gestire le eccezioni, e la "normalità", in una comunità degna di tal nome, dovrebbe essere garantita dalla cultura, dai principi e dai valori che si condividono e dai quali si deduce naturalmente e conformemente l'organizzazione sociale e il comportamento da adottare da parte dei cittadini, che si comportano in un certo modo perchè sono convinti che sia buono e giusto farlo (e per un sacco di altre buone ragioni)  e non per paura della guardia che viene a bussare.
Il problema è che quei valori e principi differenziano da l'organizzazione sociale e il comportamento adottato dai cittadini in conformità con la fede personale, ecco perché senza un valore e principio extraterrestre non ci omogeneizzeremo mai politicamente o eticamente. Le persone si lamentano di Trump o di Assad, ma perché è civile quello che sta accadendo politicamente, da 4 anni, nella pseudo-democrazia italiana? Eppure: ma che ce frega, ma che ce 'mporta...
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)