Contro la libertà d'informazione

Aperto da donquixote, 14 Aprile 2016, 21:15:11 PM

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donquixote

Da qualche tempo il presidente turco Erdogan ha ingaggiato una battaglia contro la "libera informazione", facendo chiudere giornali e arrestare giornalisti che ha paragonato ai terroristi dicendo che non serve una bomba per essere un terrorista ma basta una penna.
Per quanto, per altri versi, questo personaggio e la sua politica possano essere alquanto criticabili, nel caso di specie ha perfettamente ragione.
Il giornalismo e la libertà di informazione in generale è una delle armi più micidiali di distruzione culturale, poiché mina le culture al loro interno frammentandole fino a polverizzarle; e quanto più un giornalista fa bene il suo mestiere, ovvero è (per quanto possibile, quindi quasi mai ) imparziale e credibile, tanto più i suoi effetti distruttivi sulla cultura saranno efficaci.
Una cultura che si possa definire tale si basa su equilibri delicati, vive di una "normalità" che è recepita e vissuta da tutti i suoi componenti e difesa dalle istituzioni, che si occupano di fornire un quadro di senso e di sicurezza alla popolazione e devono inoltre gestire in modo sensato le inevitabili eccezioni a questa normalità in modo tale da non creare scompensi.
Il giornalismo e il mondo dell'informazione negano per principio istituzionale la normalità perché questa, come si sa, non fa notizia, e quindi si occupano esclusivamente delle eccezioni; inoltre, con l'aumento esponenziale dei mezzi di informazione, per acquisire visibilità e "vendere" il proprio prodotto informativo si è costretti a veicolare una quantità sempre maggiore di tali eccezioni e ad enfatizzarle in modo abnorme rendendole molto più cogenti di quello che effettivamente sono o potrebbero essere se trattate come tali: basta pensare a certi casi di cronaca nera che vengono talmente analizzati, paragonati, sezionati e reiterati con ogni mezzo e per lungo tempo tanto da creare l'impressione che il delitto commesso non sia stato solo uno ma centinaia.
Gli utenti dell'informazione vengono quindi a poco a poco convinti che nella propria comunità non esista più una normalità ma solo una serie di eccezioni, e questo fatto crea instabilità, squilibrio, insicurezza e spaesamento fino a distruggere una comunità in cui si sarà indotti a sospettare del proprio vicino di casa perché da qualche parte un delinquente (che, come capita quasi sempre, non aveva mai dato precedenti segnali di squilibrio) ha ucciso in maniera orribile il proprio vicino. Paradigmatico è ad esempio il caso dei pedofili: da quando nel mondo dell'informazione andava di moda questo reato e se ne parlava quasi quotidianamente è cresciuta esponenzialmente la cultura del sospetto: è sufficiente che un adulto sconosciuto si avvicini ad un bambino per fargli un complimento perché la madre diventi subito nervosa, iperprotettiva e lo sottragga alle "grinfie" del potenziale "orco": cosa mai vista nei decenni passati e attualmente inaudita nel mondo "non occidentale", ove le madri sono fiere ed orgogliose del fatto che dei perfetti sconosciuti si fermino ad ammirare il loro bimbo.
Vi è poi l'altra faccia della medaglia: se l'informazione veicola solo notizie di ruberie, ladrocini, megatruffe e delinquenze varie si sarà facilmente indotti a pensare che "così fan tutti", e chi avrà meno scrupoli andrà facilmente ad aumentare le fila di questi "diversamente onesti".
Per non parlare poi, cosa ancor più distruttiva e deleteria nell'ottica di una corretta informazione, delle notizie che vengono da paesi e da culture "altre", che oltre ad essere anch'esse delle "eccezioni" non sono mai correttamente contestualizzate e inquadrate nel loro tipo di "normalità", conducendo chi ne fruisce ad esprimere giudizi sommari e quasi sempre sbagliati nei confronti di culture differenti dalla nostra, aumentando così il sentimento di rifiuto dell'altro da noi.
Non credo che il presidente turco facesse leva su questioni di questo genere quando ha sollecitato gli interventi nei confronti della "libera stampa", e sicuramente i metodi utilizzati sono quelli più indicati per ottenere il risultato opposto, ma comunque il paragone dei giornalisti con i terroristi è tutt'altro che campato in aria perché l'effetto, tutto sommato, è proprio il medesimo. D'altronde anche qui da noi, un tempo, tutti condividevano il saggio proverbio che recita "Ne uccide più la lingua che la spada", che attualizzato potrebbe diventare: fa più danni una penna (o una trasmissione TV) che una bomba.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

InVerno

Stai camminando su un filo sottilissimo, anche se lo escludi esplicitamente nell'epilogo, lo spirito del discorso sembra giustificazionista. Non corcordo altresi su diversi altri punti, sopratutto riguardanti le conseguenze dell'informazione.. ma invece di soffermarmi su di essi ti propongo una visione radicalmente opposta. E se invece di mettere paletti al giornalismo, insegnassimo ai bambini a ricevere le informazioni?
La madre terrorizzata del complimento al figlio, non è un problema dell'informazione, è un problema della sua incapacità di applicare le informazioni ricevute alla realtà. Forse qualcuno avrebbe dovuto spiegargli che non è cosi che funzionano le cose, anche solo per un mero fattore statistico.. anche ponendo esista un giusto modo per farlo (e non lo vedo) applicare paletti all'informazione è un percorso pericolossissimo e a cui si deve già mettere in conto la strumentalizzazione. Ma in un certo senso il giornalismo è come la politica, è un riflesso della società, non si può lamentare della politica senza prima prendere a schiaffi la società, e lo stesso vale per il giornalismo. Persone istruite non faranno vendere copie a giornalismo di bassa lega, è molto semplice.

Peraltro un consiglio, non da me, da una saggia donna che stavo intervistando a Calcata recentemente, un borgo medievale nel Lazio completamente isolato dal mondo. "Io non accendo la televisione (e il telefono non è diverso nota mia), le notizie importanti arrivano lo stesso". Paradossalmente stavo propro li, senza mezzi tecnologici di alcun tipo o connessione con il mondo, e la notizia degli attentati di Bruxelles mi è arrivata tramite passaparola con un ritardo di circa mezz'ora. Spesso ci facciamo bombardare di idiozie con la scusa che "dobbiamo tenerci informati".. e la madre pedofilofobica mi sembra proprio il tipo di persona che si bombarda di notizie, magari sulla timeline di facebook. Non ce nè bisogno, relax.

donquixote

Citazione di: InVerno il 15 Aprile 2016, 20:43:44 PM
Stai camminando su un filo sottilissimo, anche se lo escludi esplicitamente nell'epilogo, lo spirito del discorso sembra giustificazionista. Non corcordo altresi su diversi altri punti, sopratutto riguardanti le conseguenze dell'informazione.. ma invece di soffermarmi su di essi ti propongo una visione radicalmente opposta. E se invece di mettere paletti al giornalismo, insegnassimo ai bambini a ricevere le informazioni?
La madre terrorizzata del complimento al figlio, non è un problema dell'informazione, è un problema della sua incapacità di applicare le informazioni ricevute alla realtà. Forse qualcuno avrebbe dovuto spiegargli che non è cosi che funzionano le cose, anche solo per un mero fattore statistico.. anche ponendo esista un giusto modo per farlo (e non lo vedo) applicare paletti all'informazione è un percorso pericolossissimo e a cui si deve già mettere in conto la strumentalizzazione. Ma in un certo senso il giornalismo è come la politica, è un riflesso della società, non si può lamentare della politica senza prima prendere a schiaffi la società, e lo stesso vale per il giornalismo. Persone istruite non faranno vendere copie a giornalismo di bassa lega, è molto semplice.

Peraltro un consiglio, non da me, da una saggia donna che stavo intervistando a Calcata recentemente, un borgo medievale nel Lazio completamente isolato dal mondo. "Io non accendo la televisione (e il telefono non è diverso nota mia), le notizie importanti arrivano lo stesso". Paradossalmente stavo propro li, senza mezzi tecnologici di alcun tipo o connessione con il mondo, e la notizia degli attentati di Bruxelles mi è arrivata tramite passaparola con un ritardo di circa mezz'ora. Spesso ci facciamo bombardare di idiozie con la scusa che "dobbiamo tenerci informati".. e la madre pedofilofobica mi sembra proprio il tipo di persona che si bombarda di notizie, magari sulla timeline di facebook. Non ce nè bisogno, relax.
La tua proposta, apparentemente sensata e comunque molto, "moderna", ha il medesimo difetto di tutte le proposte di questo genere, ovvero apparentemente sensate e moderne: si scontra con il più banale ma anche il più incrollabile dei muri: la realtà. Come si fa ad insegnare alle persone a ricevere le informazioni? ogni informazione è filtrata innanzitutto dalla capacità di ognuno di interpretare il mondo, poi dalla cultura che ha ricevuto e si è costruito, dalle esperienze che ha fatto, dalle reazioni di coloro che gli stanno intorno, dalla propria sensibilità e dalla propria emotività (diverse per ognuno), e ognuno non potrà che reagire in modo diverso alle medesime informazioni. Uno dei più gravi ed esiziali errori della modernità sta, a mio avviso, nel ritenere nei fatti (pur senza affermarlo esplicitamente perchè sarebbe quantomeno inquietante) che gli uomini siano degli involucri simili al case di un computer con un disco rigido vuoto e un microprocessore uguale per tutti: basta inserire a tutti il medesimo software di base (ovvero in questo caso l'insegnamento) che poi tutti i dati che verranno inseriti successivamente saranno elaborati da tutti nel medesimo modo. Non ci vuole molto davvero per capire che non è così, anche se il mondo attuale fa di tutto per farcelo credere, ad esempio proponendo ad un individuo che ha fatto per decine di anni il medesimo mestiere per il quale magari era anche portato, un "adeguamento" al mercato del lavoro attraverso un breve "corso di formazione" che dovrebbe permettergli di fare tutt'altro con i medesimi risultati: una specie di formattazione del disco rigido come si fa appunto con i computer. Senza considerare il fatto, in ossequio al già citato principio di realtà, che le persone sono già troppo impegnate a "vivere" con tutto ciò che questo verbo comporta nell'era moderna e tutte le complicazioni che si porta dietro per avere tempo e voglia di costruirsi una serie di schemi corretti in cui inserire i milioni di informazioni con cui si viene bombardati quotidianamente. Oltretutto questo nostro mondo attuale insegna fondamentalmente a sviluppare il proprio ego, come dichiarato anche dalla nostra costituzione, e quindi non esistendo più valori condivisi superiori alla propria individualità sarà ancora più difficile convincere le persone a giudicare nel medesimo modo gli "input" ricevuti.
Questa proposta, sensata e moderna, fa sicuramente il paio con quella, altrettanto sensata e moderna, che fece Kant quando diceva "sapere aude!", credendo evidentemente che tutti gli uomini provenissero da una catena di montaggio per prodotti meccanici in serie con le medesime caratteristiche e le medesime qualità (o difetti). Anche a lui mancava evidentemente il senso della realtà, e gli sarebbe bastato guardare fuori dalla finestra di casa sua per rendersene conto. Se gli uomini fossero davvero come sembrava pensarne Kant non servirebbero istituzioni, governi, magistrature, forze dell'ordine e così via perchè ognuno saprebbe perfettamente come pensare e cosa fare; ma questa è solo, evidentemente, l'ennesima utopia non dichiarata, peggiore di quelle esplicite perchè appunto subdola e illusiva di una realtà possibile che però si scontra inevitabilmente con quella vera.
Noto però che nell'ultimo paragrafo vieni in qualche modo a "Canossa" invitando ad evitare deliberatamente i mezzi d'informazione per privilegiare il vecchio e saggio metodo del passaparola. Non posso che essere d'accordo, ma per fare questo occorre comunque, data la situazione attuale, uno sforzo di volontà almeno pari a quello che facevano coloro che qualche secolo fa lasciavano il proprio villaggio per ritirarsi sui monti in eremitaggio.
In ogni caso vorrei precisare che nei miei messaggi non vi è mai una consequenzialità "pratica" diretta, ovvero se io affermo che la libertà d'informazione è una idea sbagliata questo significa solo quello che ho detto, e non che "bisogna chiudere domani i giornali e le TV". Appunto in conformità al già citato principio di realtà  mi rendo perfettamente conto che non si può fare, quindi il mio discorso tende a mantenersi sempre a livello intellettuale.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Jacopus

Buona sera Don Quixote. Tocchi dei problemi veri ma il rischio è di "buttare via il bambino insieme all'acqua sporca": Non credo che a Erdogan voglia imbavagliare la cronaca nera, anzi esaltarla può avere effetti benefici per il suo regime, perché fa invocare più sicurezza. Inoltre oggi, con i social network, ed in primis Facebook, più che la morte attraverso l'informazione si trasmette l'ebetismo, che è una forma di morte un pò diversa.
La possibile soluzione di Inverno mi trova d'accordo. E' un problema educativo e di cultura. Bisogna saper maneggiare le notizie e saper distinguere, distinguere ciò che può essere verificato e ciò che è un semplice proclama.
Ad un certo punto dici 
"Una cultura che si possa definire tale si basa su equilibri delicati, vive di una "normalità" che è recepita e vissuta da tutti i suoi componenti e difesa dalle istituzioni, che si occupano di fornire un quadro di senso e di sicurezza alla popolazione e devono inoltre gestire in modo sensato le inevitabili eccezioni a questa normalità in modo tale da non creare scompensi."

La cultura che proponi è una cultura omogenea, che fa parte però del nostro passato, quando gli italiani stavano in Italia, i tedeschi in Germania, i libici in Libia (e neanche tanto, ma possiamo parlare di "inevitabili eccezioni"). Ora la cultura al singolare diventa già una impresa ardua.  La migliore gestione di questo multiculturalismo è la promozione di tutto ciò che passa attraverso il rispetto dell'altro e delle sue peculiarità attraverso un processo che non sia di integrazione, né di vita a scompartimenti stagni (modello francese o modello inglese), ma di "ibridazione". Noi occidentali dobbiamo saper apprendere dagli altri come gli altri possono apprendere da noi. Ma senza questa umiltà non ci sarà mai una società normale.
D'altronde, che fare? Quali sono le soluzioni possibili. Quella di Erdogan mi sembra piuttosto simile a quella di un fascistello in salsa islamica. Non resta che educare i nostri figli a sviluppare le capacità per vivere in questo mondo, differente da quello dove le informazioni erano scritte solo per le élite, e vigeva una presunta normalità.
Ti propongo un altro esempio. In gioventù ho frequentato una università tedesca, a Francoforte. Notai subito con sorpresa, fra le altre cose, che il rapporto con i professori non era di sudditanza. Gli studenti non facevano solo la domandina servile per approfondire il tema, ma contestavano il professore e argomentavano contro di lui in modo fondato su testi conosciuti o su metodi riconosciuti dalla comunità degli studiosi di riferimento. Sviluppare un sistema didattico del genere crea una classe futura "critica" che non fonda il suo giudizio sui "pregiudizi", e non abbocca facilmente alle sirene dell'informazione becera che ci circonda, ma che è curiosa ed indaga la realtà con gli strumenti della sua epoca, concependo anche quegli stessi strumenti in modo critico. Un modo di osservare il mondo in modo critico a sua volta libera la prospettiva e permette di "aprire davvero gli occhi", senza più considerare la cosiddetta verità, scritta una volta per tutte (eh, si, sono un relativista).
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

InVerno

#4
Citazione di: donquixote il 15 Aprile 2016, 22:45:59 PM
Citazione di: InVerno il 15 Aprile 2016, 20:43:44 PM
Stai camminando su un filo sottilissimo, anche se lo escludi esplicitamente nell'epilogo, lo spirito del discorso sembra giustificazionista. Non corcordo altresi su diversi altri punti, sopratutto riguardanti le conseguenze dell'informazione.. ma invece di soffermarmi su di essi ti propongo una visione radicalmente opposta. E se invece di mettere paletti al giornalismo, insegnassimo ai bambini a ricevere le informazioni?
La madre terrorizzata del complimento al figlio, non è un problema dell'informazione, è un problema della sua incapacità di applicare le informazioni ricevute alla realtà. Forse qualcuno avrebbe dovuto spiegargli che non è cosi che funzionano le cose, anche solo per un mero fattore statistico.. anche ponendo esista un giusto modo per farlo (e non lo vedo) applicare paletti all'informazione è un percorso pericolossissimo e a cui si deve già mettere in conto la strumentalizzazione. Ma in un certo senso il giornalismo è come la politica, è un riflesso della società, non si può lamentare della politica senza prima prendere a schiaffi la società, e lo stesso vale per il giornalismo. Persone istruite non faranno vendere copie a giornalismo di bassa lega, è molto semplice.

Peraltro un consiglio, non da me, da una saggia donna che stavo intervistando a Calcata recentemente, un borgo medievale nel Lazio completamente isolato dal mondo. "Io non accendo la televisione (e il telefono non è diverso nota mia), le notizie importanti arrivano lo stesso". Paradossalmente stavo propro li, senza mezzi tecnologici di alcun tipo o connessione con il mondo, e la notizia degli attentati di Bruxelles mi è arrivata tramite passaparola con un ritardo di circa mezz'ora. Spesso ci facciamo bombardare di idiozie con la scusa che "dobbiamo tenerci informati".. e la madre pedofilofobica mi sembra proprio il tipo di persona che si bombarda di notizie, magari sulla timeline di facebook. Non ce nè bisogno, relax.
La tua proposta, apparentemente sensata e comunque molto, "moderna", ha il medesimo difetto di tutte le proposte di questo genere, ovvero apparentemente sensate e moderne: si scontra con il più banale ma anche il più incrollabile dei muri: la realtà. Come si fa ad insegnare alle persone a ricevere le informazioni? ogni informazione è filtrata innanzitutto dalla capacità di ognuno di interpretare il mondo, poi dalla cultura che ha ricevuto e si è costruito, dalle esperienze che ha fatto, dalle reazioni di coloro che gli stanno intorno, dalla propria sensibilità e dalla propria emotività (diverse per ognuno), e ognuno non potrà che reagire in modo diverso alle medesime informazioni. Uno dei più gravi ed esiziali errori della modernità sta, a mio avviso, nel ritenere nei fatti (pur senza affermarlo esplicitamente perchè sarebbe quantomeno inquietante) che gli uomini siano degli involucri simili al case di un computer con un disco rigido vuoto e un microprocessore uguale per tutti: basta inserire a tutti il medesimo software di base (ovvero in questo caso l'insegnamento) che poi tutti i dati che verranno inseriti successivamente saranno elaborati da tutti nel medesimo modo. Non ci vuole molto davvero per capire che non è così, anche se il mondo attuale fa di tutto per farcelo credere, ad esempio proponendo ad un individuo che ha fatto per decine di anni il medesimo mestiere per il quale magari era anche portato, un "adeguamento" al mercato del lavoro attraverso un breve "corso di formazione" che dovrebbe permettergli di fare tutt'altro con i medesimi risultati: una specie di formattazione del disco rigido come si fa appunto con i computer. Senza considerare il fatto, in ossequio al già citato principio di realtà, che le persone sono già troppo impegnate a "vivere" con tutto ciò che questo verbo comporta nell'era moderna e tutte le complicazioni che si porta dietro per avere tempo e voglia di costruirsi una serie di schemi corretti in cui inserire i milioni di informazioni con cui si viene bombardati quotidianamente. Oltretutto questo nostro mondo attuale insegna fondamentalmente a sviluppare il proprio ego, come dichiarato anche dalla nostra costituzione, e quindi non esistendo più valori condivisi superiori alla propria individualità sarà ancora più difficile convincere le persone a giudicare nel medesimo modo gli "input" ricevuti.
Questa proposta, sensata e moderna, fa sicuramente il paio con quella, altrettanto sensata e moderna, che fece Kant quando diceva "sapere aude!", credendo evidentemente che tutti gli uomini provenissero da una catena di montaggio per prodotti meccanici in serie con le medesime caratteristiche e le medesime qualità (o difetti). Anche a lui mancava evidentemente il senso della realtà, e gli sarebbe bastato guardare fuori dalla finestra di casa sua per rendersene conto. Se gli uomini fossero davvero come sembrava pensarne Kant non servirebbero istituzioni, governi, magistrature, forze dell'ordine e così via perchè ognuno saprebbe perfettamente come pensare e cosa fare; ma questa è solo, evidentemente, l'ennesima utopia non dichiarata, peggiore di quelle esplicite perchè appunto subdola e illusiva di una realtà possibile che però si scontra inevitabilmente con quella vera.
Noto però che nell'ultimo paragrafo vieni in qualche modo a "Canossa" invitando ad evitare deliberatamente i mezzi d'informazione per privilegiare il vecchio e saggio metodo del passaparola. Non posso che essere d'accordo, ma per fare questo occorre comunque, data la situazione attuale, uno sforzo di volontà almeno pari a quello che facevano coloro che qualche secolo fa lasciavano il proprio villaggio per ritirarsi sui monti in eremitaggio.
In ogni caso vorrei precisare che nei miei messaggi non vi è mai una consequenzialità "pratica" diretta, ovvero se io affermo che la libertà d'informazione è una idea sbagliata questo significa solo quello che ho detto, e non che "bisogna chiudere domani i giornali e le TV". Appunto in conformità al già citato principio di realtà  mi rendo perfettamente conto che non si può fare, quindi il mio discorso tende a mantenersi sempre a livello intellettuale.

Non sono un giornalista, non di professione, freelance ogni tanto, ma tanto mi basta per insistere sul concetto per esperienza. Non ho veramente proposto che si tornasse al passaparola, però ho condiviso da un certo punto di vista la tua preoccupazione riguardo alla libertà di giornalismo, soprattutto se relazionata ai mezzi moderni. La mia proposta di "educazione all'informazione" quindi in gran parte è motivata dal mutamento dei media da passivi ad interattivi, un cambiamento che secondo me necessiterebbe una maggiore attenzione in campo educativo. Non so in tutta onestà dirti se questo risolverebbe o mitigherebbe il problema da te citato, ma so che sarebbe necessario anche per altri motivi, il più basilare dei quali, il controllo delle fonti (le famose bufale che appestano internet) ma me ne vengono in mente altri e altri ancora. La notizia del pedofilo compariva anche sul giornale, ma come dici tu (cosa su cui non sono molto d'accordo ma ok) prima non esistevano madri pedofilofobiche. E io qui ravviso un problema nei mezzi che oggi sono molto più aderenti al tuo bisogno di realtà soggettiva che ad una divisione degli spazi autoritaria. In soldoni, se tu aderisci ad una pagina "morte ai pedofili" verrai tempestato giorno dopo giorno di notizie sui pedofili, e questo è solo un rudimentale esempio che sicuramente verrà perfezionato dalle tecniche miste di giornalismo e marketing, per bombardarti di quello che più vuoi essere bombardato tramite la creazione di echo-chambers. Le echo-chambers, o camere di risonanza, sono strumenti potentissimi che sicuramente verranno sfruttati sicuramente di più e in  maniera più subdola in futuro. E serve un filtro arbitrario e coscienzioso a ciò, altrimenti un giorno ti potresti trovare nella paradossale situazione di leggere il "giornale che pare a te", il che sicuramente aggraverebbe molto i problemi che esponi.

Ps. Non so se la mia soluzione sia realmente "moderna" .. Ma diciamo che è "organica", nel senso che è figlia di quella prospettiva che vede la società come un organo e il sistema ad esse collegato, diciamo quello circolatorio in questo caso. Mettere un laccio emostatico può essere un modo per fermare l'infezione di un arto (non credo nella realtà, ma supponiamo) e allo stesso tempo per farti andare in cancrena il braccio. Tendo a preferire le soluzioni che alterino l'equilibrio del sistema, non i blocchi in punti specifici.. penso che sia la differenza tra un palliativo ed una cura.

donquixote

Caro Jacopus

credo che l'ultimo capoverso del mio precedente messaggio (che forse ti è sfuggito perchè stavi scrivendo) risponda a buona parte delle tue eccezioni, per cui non sto a riprenderlo. Il mio discorso ha la "pretesa", magari per qualcuno presuntuosa, di far emergere ciò che è sensato e ciò che lo è meno o che non lo è affatto, senza mai discostarsi dalla realtà come chiunque guardi con occhi liberi da pregiudizi può verificare da solo. E la realtà (e anche la storia e l'antropologia) ci racconta che le culture sono paragonabili ad organismi che vivono di equilibri delicati ma indispensabili, e ogni componente di tali culture ritrova il proprio "senso" e il proprio ruolo all'interno di una visione complessiva e superiore al mero individuo. Le istituzioni, fra cui coloro che si occupano di veicolare le informazioni, devono innanzitutto salvaguardare il senso complessivo, pena lo sgretolamento e la trasformazione degli individui in schegge culturali impazzite che in poco tempo porteranno all'esplosione di quella cultura.
Ho affermato, mi sembra chiaramente, che non credo affatto che il comportamento del presidente turco sia dettato da ragioni culturali, ma questa occasione mi è servita da mero pretesto per fare un discorso ben diverso da quello che ragionevolmente penso sia il suo.
Quindi in definitiva non è questione di buttare il bambino con l'acqua sporca, non dico che bisogna (o meglio bisognerebbe) eliminare l'informazione, ma che sarebbe più giusto e sensato privilegiare l'informazione che rafforza la cultura invece di frammentarla e polverizzarla fino a distruggerla. L'esempio dell'università tedesca che hai fatto è a mio avviso il classico esempio di come  non ci si dovrebbe comportare per salvaguardare una cultura e una comunità, che vive anche e forse soprattutto di gerarchie. Certo anch'io sono relativista, ma di un relativismo culturale sul modello di Levi Strauss, che affermava che ogni cultura trova in sé le proprie giustificazioni e i propri equilibri e quindi non può essere giudicata "buona" o "cattiva" in senso assoluto, ma il relativismo individuale è ben altra cosa, perchè l'individuo può avere una cultura ma non può per definizione "essere" una cultura a sé stante, e quindi la comunità in cui vive, priva di senso condiviso e di valori superiori a quelli che ognuno riterrà di cucirsi addosso al proprio singolo ego non potrà che essere un inferno di senso per chiunque, che si troverà ad affrontare una serie di conflitti intellettuali, psicologici e sociali indefiniti e irrisolvibili, dato che la realtà ci dice che l'uomo è un animale sociale e ricava il proprio senso dal vivere in comunità.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Jacopus

RIspondo nuovamente a Don. In linea di massima sono d'accordo con quello che scrivi. Sono relativista ma credo nella necessità di una collettività unita. Il relativismo non è collegabile all'individualismo, tutt'altro. Il problema è come concepire una collettività unita di questi tempi.
A proposito della esperienza dell'università in Germania, ti assicuro che il rispetto delle gerarchie esiste molto più che da noi, perché molto più che da noi il professore universitario è li per merito e non per discendenza o clientelismo vario. Questo però non esclude il confronto, perchè l'opposizione nasce dalla capacità critica che viene sollecitata dagli stessi professori. Si tratta di costruire delle persone ripeto "critiche" e "creative" non dei ribelli incapaci di rispettare le gerarchie.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

paul11

Non esiste più una informazione pedagogica,Dobbiamo metterci il cuore in pace.Le persone o si svegliano da sole o non saranno sicuramente agenti sociali esterni a farlo . Bisogna avere personalità, conoscenza e correttezza per informare con onestà.
I giornali hanno imparato ad assecondare impulsi psicologici come nelle tecniche della pubblicità e del marketing.
Ho l'impressione che le persone stiano "morendo" di normalità vivendo il loro disagio ,ma non riescono a spiegarselo e trovare soluzioni coscienti, preferiscono stordire la loro coscienza e farsi assecondare. E' pericoloso cominciare a far ragionare le persone con informazioni serie e approfondite.,comincerebbero a girare alcuni meccanismi arrugginiti e magari a riflettere e porsi domande serie e quindi scomode, soprattutto di questi tempi.. Ci si nutre di scandalismo politico,economico, gossip, perchè si esce dalla propria normalità facendo i guardoni di altre vite.

donquixote

Citazione di: InVerno il 15 Aprile 2016, 23:44:44 PM
 E serve un filtro arbitrario e coscienzioso a ciò, altrimenti un giorno ti potresti trovare nella paradossale situazione di leggere il "giornale che pare a te", il che sicuramente aggraverebbe molto i problemi che esponi.

Purtroppo quella che tu temi e definisci "paradossale situazione" è già da tempo in atto: non so quali esperienze abbia tu, ma per quanto mi riguarda da quando ho l'età della ragione noto che la quasi totalità delle persone legge i giornali che dicono ciò che quella gente vuol sentirsi dire, e non si informa per imparare o per saperne di più ma quasi esclusivamente per alimentare e rafforzare gli schemi intellettuali, culturali e politici che si è formato e che condivide con il suo piccolo o grande gruppo. Internet e i social media altro non sono,in ultima analisi, che una propaggine tentacolare di una piovra che ormai avvolge completamente la nostra cultura; una piovra che si chiama ignoranza e che può essere alimentata sia dalla mancanza di informazione come dalla sua incontrollata e indefinita diffusione. Non avere notizia di qualcosa è essenzialmente lo stesso che averne troppe, confuse e contraddittorie. E il padre di questa piovra si chiama telegrafo, se vogliamo parlare solo di mezzi e trascurare l'ideologia disgregante che è sottesa al loro uso.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Freedom

Francamente, e non lo dico con intenti pacificatori, sono in accordo con tutto quanto ho letto.

Forse una sintesi conclusiva che mi soddisfa a tutto tondo può essere quella di paul11.

Se posso permettermi di aggiungere qualcosina io avverto che i tempi sono maturi per un impegno personale in prima linea. Non so cosa mi è scattato dentro ma ho veramente voglia di tornare ad impegnarmi in prima persona come facevo da ragazzo. Non possiamo più illuderci che altri faccia il lavoro per noi. E se aspettiamo ancora un po' andrà a finire che non ci saranno più spazi per davvero.

E quindi un bel calcio alla rassegnazione, alla demotivazione e via, AL LAVORO!

Come? Bè la battaglia vera, come noto e come giustamente osservato dai partecipanti al thread, si combatte sul terreno dell'informazione.

Ancora mi domandate come? 8)

Bè, non riesco ad immaginare qualcosa di più libero e fecondo di una radio. Almeno non di quelle completamente genuflesse al mercato. ;)
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

InVerno

Citazione di: donquixote il 16 Aprile 2016, 08:51:56 AM
Citazione di: InVerno il 15 Aprile 2016, 23:44:44 PM
E serve un filtro arbitrario e coscienzioso a ciò, altrimenti un giorno ti potresti trovare nella paradossale situazione di leggere il "giornale che pare a te", il che sicuramente aggraverebbe molto i problemi che esponi.

Purtroppo quella che tu temi e definisci "paradossale situazione" è già da tempo in atto: non so quali esperienze abbia tu, ma per quanto mi riguarda da quando ho l'età della ragione noto che la quasi totalità delle persone legge i giornali che dicono ciò che quella gente vuol sentirsi dire, e non si informa per imparare o per saperne di più ma quasi esclusivamente per alimentare e rafforzare gli schemi intellettuali, culturali e politici che si è formato e che condivide con il suo piccolo o grande gruppo. Internet e i social media altro non sono,in ultima analisi, che una propaggine tentacolare di una piovra che ormai avvolge completamente la nostra cultura; una piovra che si chiama ignoranza e che può essere alimentata sia dalla mancanza di informazione come dalla sua incontrollata e indefinita diffusione. Non avere notizia di qualcosa è essenzialmente lo stesso che averne troppe, confuse e contraddittorie. E il padre di questa piovra si chiama telegrafo, se vogliamo parlare solo di mezzi e trascurare l'ideologia disgregante che è sottesa al loro uso.
Attualmente il pluralismo è ancora accessibile, che poi la gente ne faccia scarso uso è una verità, ma quando io parlo di questa "paradossale situazione" parlo di una situazione dove il pluralismo non è più un opzione, semplicemente è stato totalmente soppiantato dal soggettivismo informativo e anche volendo usufruirne non ne avresti materialmente la possibilità, cosa che con tutto il pessimismo, non mi sembra aderente alla realtà odierna.  

D'altro canto applichiamo realismo, sono davvero poche le persone che comprano libri contrari al proprio sentire, sia oggi che prima (per questo non appoggio forme di luddismo incentrate sui media). Anche la persona più aperta mentalmente, per semplice economia del tempo finito a disposizione nella propria vita, ha sempre scartato talune letture (ben prima del telegrafo) a priori. C'è un problema di tipo determinista, ovvero se l'individualismo fagocitante odierno, sia un variabile, oppure l'unica direzione possibile data la nostra forma mentis e l'ambiente che ci circonda. Non ho risposta e non vorrei arrogarmi la possibilità di averla. 

@Freedom.. La mia compagna ha partecipato alla creazione di emittente radio qualche anno fa, con stilemi che posso immaginare avresti potuto apprezzare. A Mosca, e lo specifico perchè chi conosce un po la cultura Russa, sa che la cultura russa è forse una delle meno propense a scartare idee solo perchè "datate" .. non sono tradizionalisti a oltranza, ma per come li conosco sono meno propensi a scartare idee solo perchè non sono presentate su un LCD. Non è andata bene, te lo sconsiglio, tanto più in Italia.

donquixote

Citazione di: InVerno il 16 Aprile 2016, 20:41:23 PM
Attualmente il pluralismo è ancora accessibile, che poi la gente ne faccia scarso uso è una verità, ma quando io parlo di questa "paradossale situazione" parlo di una situazione dove il pluralismo non è più un opzione, semplicemente è stato totalmente soppiantato dal soggettivismo informativo e anche volendo usufruirne non ne avresti materialmente la possibilità, cosa che con tutto il pessimismo, non mi sembra aderente alla realtà odierna.  

D'altro canto applichiamo realismo, sono davvero poche le persone che comprano libri contrari al proprio sentire, sia oggi che prima (per questo non appoggio forme di luddismo incentrate sui media). Anche la persona più aperta mentalmente, per semplice economia del tempo finito a disposizione nella propria vita, ha sempre scartato talune letture (ben prima del telegrafo) a priori. C'è un problema di tipo determinista, ovvero se l'individualismo fagocitante odierno, sia un variabile, oppure l'unica direzione possibile data la nostra forma mentis e l'ambiente che ci circonda. Non ho risposta e non vorrei arrogarmi la possibilità di averla.

Il pluralismo informativo non potrà mai venire meno, anzi si svilupperà sempre di più se si considera la sostanziale incontrollabilità dei nuovi "media" ma, ribadisco, questo anziché essere un aspetto positivo sarà un ulteriore e più grave danno alla cultura perché alimenterà la progressiva sparizione delle visioni condivise tendendo a sostituirle con  quelle frammentate fino a polverizzarle e renderle appunto "individuali" e confliggenti una con l'altra. Non sarà quindi necessario che qualcuno elimini d'imperio il pluralismo culturale, ma più semplicemente questo sarà espunto dalla vita delle comunità attraverso il "mercato", che proponendo un'offerta sempre più vasta farà pian piano calare la domanda fino ad annullarla, ed ognuno si aggrapperà sempre più al proprio ego (e alle sue sovrastrutture) che rimarrà l'unica ed esclusiva certezza a cui fare riferimento. Se il nichilismo è l'assenza di valori questo può essere alimentato anche da una inflazione degli stessi, che più aumenteranno e più perderanno valore.
Non so se le persone scartassero anche prima le letture che non si conformavano al proprio modo di vedere il mondo, ma per quanto mi riguarda questo è l'unico modo per mettere alla prova da un lato la correttezza di ciò che uno pensa, e dall'altro la capacità di difendere le proprie idee. Leggere solo ciò che già pensiamo a me sembra solo una dimostrazione di insicurezza e una inutile perdita di tempo.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

InVerno

#12
Forse ho spiegato male quello che intendevo, non sto dicendo che il pluralismo finirà, tutt'altro, ma che verrà magnificato a tal punto che le fonti di informazioni saranno semplicemente puntiformi . A quel punto non avrebbe più senso parlare di pluralismo, ma di effettiva pluralità, e di fronte a un panorama simile si può solo che parlare di soggettivismo. Altresi cerco di tenere conto di quelle che sono le strategie di marketing che stanno avendo più sviluppi e più seguito negli ultimi anni, tutte seguono uno schema abbastanza comune e semplice 1) Acquisizione delle informazioni personali (abitudini, gusti, interessi del target) 2) Relazione forzata del target con le informazioni che soddisfano i suoi parametri. Posto che il capitalismo, o comunque una forma di economia che leghi indossolubilmente marketing e informazione, sopravviva, le conseguenze mi sembrano queste : La tua identità verrà forzatamente collegata con fonti di informazione puntiforme che soddisfano i tuoi parametri rilevati nella collezione di dati (evito il possibile inglesismi). E' già vero che Google presenta dati soggettivi a chi fa ricerche, ma le intenzioni almeno dichiarate sono ovviamente quella di perfezionare il sistema a tal punto da non far nemmeno più apparire visibile il meccanismo di forzatura, il che avrebbe la magica conseguenza di trasformare la pubblicità in informazione. Questa mia ipotesi potrebbe arrestarsi bruscamente davanti ad un movimento politico che faccia suo cavallo di battaglia la protezione di dati personali, però ad oggi non lo vedo nemmeno all'orizzonte, se consideri quanta importanza viene data alla "condivisione" è ovvio che le persone abbiano completamente perso di vista il valore della privacy. Terremoti nei sistemi economici, dove le informazioni vengo slegate dall'aspetto monetario altresi potrebbero avero lo stesso effetto, ma onestamente queste due ipotesi mi sembrano più peregrine della mia, per quanto fantasiosa. Il discorso si ricollega al tuo iniziale in questo modo, per come l'avevo inteso io, tu criticavi la forsennata ricerca dello scoop (come interruzione della normalità) dicendo che questa modalità aveva già superato il confine tra pubblicità e notizia, e le debite conseguenze .

donquixote

Citazione di: InVerno il 18 Aprile 2016, 21:14:05 PM
Forse ho spiegato male quello che intendevo, non sto dicendo che il pluralismo finirà, tutt'altro, ma che verrà magnificato a tal punto che le fonti di informazioni saranno semplicemente puntiformi . A quel punto non avrebbe più senso parlare di pluralismo, ma di effettiva pluralità, e di fronte a un panorama simile si può solo che parlare di soggettivismo. Altresi cerco di tenere conto di quelle che sono le strategie di marketing che stanno avendo più sviluppi e più seguito negli ultimi anni, tutte seguono uno schema abbastanza comune e semplice 1) Acquisizione delle informazioni personali (abitudini, gusti, interessi del target) 2) Relazione forzata del target con le informazioni che soddisfano i suoi parametri. Posto che il capitalismo, o comunque una forma di economia che leghi indossolubilmente marketing e informazione, sopravviva, le conseguenze mi sembrano queste : La tua identità verrà forzatamente collegata con fonti di informazione puntiforme che soddisfano i tuoi parametri rilevati nella collezione di dati (evito il possibile inglesismi). E' già vero che Google presenta dati soggettivi a chi fa ricerche, ma le intenzioni almeno dichiarate sono ovviamente quella di perfezionare il sistema a tal punto da non far nemmeno più apparire visibile il meccanismo di forzatura, il che avrebbe la magica conseguenza di trasformare la pubblicità in informazione. Questa mia ipotesi potrebbe arrestarsi bruscamente davanti ad un movimento politico che faccia suo cavallo di battaglia la protezione di dati personali, però ad oggi non lo vedo nemmeno all'orizzonte, se consideri quanta importanza viene data alla "condivisione" è ovvio che le persone abbiano completamente perso di vista il valore della privacy. Terremoti nei sistemi economici, dove le informazioni vengo slegate dall'aspetto monetario altresi potrebbero avero lo stesso effetto, ma onestamente queste due ipotesi mi sembrano più peregrine della mia, per quanto fantasiosa. Il discorso si ricollega al tuo iniziale in questo modo, per come l'avevo inteso io, tu criticavi la forsennata ricerca dello scoop (come interruzione della normalità) dicendo che questa modalità aveva già superato il confine tra pubblicità e notizia, e le debite conseguenze .

Quella della pubblicità legata all'informazione è più conseguenza che causa, a mio modo di vedere, del soggettivismo informativo già dilagante, e non è altro che una ulteriore e più grave degenerazione del discorso che avevo iniziato. Il mio messaggio iniziale criticava l'enfasi e lo scoop come mezzi subdoli destinati alla vendita di informazione, mentre se consideriamo il passo successivo che è l'informazione come mezzo per vendere qualcosa d'altro allora credo che siamo già al di là di ogni possibile e immaginabile decadenza culturale. In questa situazione e in ossequio al già ampiamente citato principio di realtà qualcuno dovrebbe spiegare che senso possa ancora avere parlare di "libera informazione" e fare classifiche come quelle di "reporter sans frontieres" che esaltano proprio i paesi che più sono succubi di questa situazione tragica e paradossale.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

cvc

 
Credo che nella libera informazione ci sia un equivoco. La libertà da tutelare è quella del cittadino di essere informato, altra cosa è il presunto diritto di libertà di chi propaga le notizie di fare della demagogia e di tentare di dirigere l'opinione pubblica a proprio piacimento o comunque trarre un beneficio personale dal proprio ruolo. Alla base dell'odierna società c'è una forte componente di cinismo per cui l'essere al centro dell'attenzione diventa subito un'occasione da sfruttare per scopi politici, commerciali, di carriera, ecc.  Mi sono stupito nel vedere un Corrado Augias, che peraltro ho sempre ammirato, intervenire in un talk show nel giorno degli attentati di Bruxelles ed approfittarne per reclamizzare il suo ultimo libro. C'è una superficialità di fondo nel nostro essere in quest'epoca nei confronti della quale, ahimè, pare non siano immuni nemmeno gli uomini colti. Quindi anche quando si parla di grandi valori come la libertà, lo si fa sempre coi toni della leggerezza e dell'indifferenza. Anche perché oramai viene a scemare anche la spontaneità, quando un fotografo nello scattare una foto sa bene l'effetto che la sua foto può creare a seconda del modo in cui la scatta. Il problema è che se le notizie circolano liberamente, ma ci arrivano già interpretate...

Quando la libertà d'informazione manca, aumenta la satira, che è la valvola di sfogo della censura. Infatti oggi i satiri dilagano, tanto che si arriva persino alla censura della satira, che è una sconfitta per la libertà d'informazione. Certo che i satiri dovrebbero però essere disinteressati e non faziosi. Oramai tutto è strumentale, tanto le affermazioni quanto le critiche alle affermazioni. E i poveri filosofi, che cercano di ricostruire la verità, sono costretti ad un super lavoro.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

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