Come mai il sapere e l'istruzione sono valori così poco apprezzati?

Aperto da Socrate78, 13 Maggio 2018, 20:26:17 PM

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Socrate78

A me sembra che, nonostante alcune iniziative pur lodevoli, normalmente nella civiltà attuale è molto scemato il valore che la maggior parte delle persone dà al sapere e alla conoscenza. E' molto difficile trovare qualcuno che, nella sua scala di valori, metta la conoscenza, la ricerca del sapere ai primi posti: anzi, il sapere è spesso subordinato all'utilità del guadagno, per cui sono disprezzati i percorsi di studio che non danno un lavoro immediato con guadagno assicurato. La conoscenza fine a se stessa è considerata un inutile fardello, e soprattutto la conoscenza filosofica è disprezzata, vista come un esercizio noioso e inutile.
Le statistiche dicono che vi è un calo vertiginoso di lettori, molti non leggono più e i programmi in televisione legati alla cultura hanno ascolti sempre più bassi, tanto che spesso sono costretti a chiudere del tutto. Sembra quindi che la massa, stavolta per scelta, voglia restare ignorante, giusto?

Jacopus

E' una domanda che mi sono fatto spesso anch'io. Una risposta che mi è sempre piaciuta è storica. Il sapere e l'istruzione sono stati un potente grimaldello usato dalla borghesia per rovesciare il potere aristocratico fondato sulla tradizione. E' stato un processo lungo, poichè l'aristocrazia non ha mollato la presa dopo la presa della Bastiglia, come una certa iconografia lascia intendere. Inoltre una volta assunto il potere, anche attraverso il "culto del sapere", è ovvio che la stessa aspirazione sia stata trasmessa all'intera società. Si trattava di un valore fondante di una certa epoca e pertanto veniva rispettato anche da coloro che non appartenevano a quella classe.
Ad un certo punto questo meccanismo di "aspirazione al sapere" si è rotto. E' subentrato un nuovo tipo di "modello" vincente, che non pone più la cultura e il sapere come valori. E' ben visibile la decadenza del ruolo dell'insegnante, da ambito ruolo della media borghesia a lavoro a cui destinare fasce di sottoproletariato pagato in modo discontinuo e precario e cui ci si può opporre anche con la violenza.
E' possibile che in parte questo processo sia stato manovrato dall'alto, poichè incrementare il livello di conoscenza universalisticamente può comportare un disequilibrio dei rapporti di forza economica e politica, come ha dimostrato il marxismo. Ma parallelamente e in modo molto più potente, secondo me, opera un congegno diverso, ovvero "la democratizzazione come livellamento verso il basso".
Leggere un libro, studiare, applicarsi è faticoso (vi ricordate Alfieri che si faceva legare sulla sedia?). Per affrontare seriamente un argomento bisogna sviscerarlo, approfondirlo, passare mesi sopra i libri (o i documentari). Tutto questo nella nostra epoca veloce non va più bene. Sembra quasi un'offesa non poter mettere sullo stesso piano vaccinisti ed antivaccinisti, creazionisti e darwinisti, adepti di sette sataniche e studiosi di teologia.
Tutti "democraticamente" hanno diritto ad esprimere la loro opinione anche se si tratta di una boiata e ciò svilisce il lavoro oscuro di chi studia seriamente una materia. Inoltre va considerato il condizionamento dei mass-media, per i quali ogni conflitto, diatriba, confronto è fonte di reddito. Accettare in modo subalterno ciò che dicono dei noiosi luminari non rende "click" e non fa vendere copie.
La "cultura dello spettacolo" e la "democratizzazione come livellamento verso il basso" sono due possibili killers dell'ormai trascorso "culto per il sapere".
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Angelo Cannata

Sono perfettamente d'accordo con ciò che avete scritto entrambi, credo che sia il caso di tentare di andare oltre nella discussione.

Si potrebbe osservare che ciò che è mancato nelle epoche di amore per il sapere è stato lo sforzo di divulgazione. In queste epoche anche l'ignorante si interessava di filosofia, ma i filosofi di professione non hanno fatto nessuno sforzo per incoraggiarlo, al contrario, ne hanno approfittato per umiliarlo, fargli vedere che egli era ignorante. Insomma, è mancata la divulgazione, lo sforzo di divulgazione, il mestiere di Piero Angela.

In questo senso si potrebbe dire che gli uomini di cultura hanno una colpa: loro l'hanno gustata, ma non hanno fatto nessuno sforzo per renderla appetibile, cosicché chi si arma di buona volontà viene a trovarsi presto e facilmente scoraggiato dalle difficoltà.

È vero che divulgazione viene a significare in gran parte impoverimento, banalizzazione, tradimento, ma in realtà risponde, credo, ad un meraviglioso pregio e limite della nostra mente: proprio la limitatezza delle nostre menti ha portato l'uomo ad escogitare da sempre metodi per padroneggiare le complessità adattandole a schemi semplificati.

Dunque, forse, ben venga quest'abbassamento di interesse per la cultura, perché è una critica radicale contro una cultura che si crede ricca, complessa e profonda, ma in realtà è solo fumo nella misura in cui non sa interessarsi di semplificazioni, traduzioni in linguaggi di appetibilità, interesse per ogni essere umano.

viator

Salve. Sapere ed istruzione in sé - per quanto riguarda l'ottica e le aspirazioni delle masse - non valgono molto poiché intrinsecamente sterili al fine dell'ottenimento di grandi benefici.
Importante è il loro utilizzo come strumento opportunistico che permetta di affrontare al meglio gli aspetti più prosaici della realtà. In breve, cultura e titoli devono poter produrre denaro e potere, altrimenti la loro acquisizione sarà risultata una incomprensibile perdita di tempo.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

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