Civiltà occidentale

Aperto da doxa, 17 Ottobre 2019, 15:39:54 PM

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Ipazia

La contraddizione metafisica insolubile del nichilismo forte, dell'angoscia esistenziale nichilistica radicale (Kierkegaard) é, come già evidenziato da Phil, che essa deve reggersi su qualcosa che nulla non é: il pensiero del nichilista. L'idea del nulla può soltanto fingersi nulla, perdendo così l'agognato appuntamento con la verità, che nemmeno un Dio tappabuchi può surrogare.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Citazione di: donquixote il 01 Novembre 2019, 21:09:34 PM
Vista da una sufficiente distanza intellettuale questa "civiltà" appare come una confusione inestricabile di atomi impazziti che cozzano costantemente uno contro l'altro, un caos meramente distruttivo animato dal logos nichilista, che può essere prodromico ad una fragorosa esplosione oppure ad una estinzione per esaurimento dell'energia che la trasformerà in un silenziosa e desolata landa dell'entropia. Parafrasando Tacito, desertum fecerunt, Occidentem appellaverunt.

Vista da una sufficiente distanza intellettuale "la" civiltà occidentale non esiste. E chi si ostina a parlarne vede solo schegge impazzite. Se la madre Europa é abbastanza certa, i padri sono innumerevoli: egizi, mesopotamici, greci, latini, ebrei, celti, germani, vichinghi, mongoli, arabi, .... E pure i figli sono innumerevoli: idealisti e materialisti ellenici, sincretisti cristiani spezzettati in numerose sette, atei, agnostici, cultori di religioni importate, comunisti, liberisti e cani sciolti.

Ridurre tutto ciò alla fenomenologia dominante capitalistica che della presunta civiltà occidentale non sa che farsene avendo allargato l'orizzonte, materialmente e ideologicamente, all'intero pianeta, é un bias poco esplicativo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Sariputra

#107
Ho parlato della crisi, o di quello che a me appare come una crisi, dell'Occidente contemporaneo e , all'interno di questa, si situano e trovano spazio quei movimenti che vengono generalmente definiti come "neospiritualisti". Sembrerebbe contraddittorio in termini affiancare il nichilismo pratico con nuove forme di credenza e con nuovi culti. Ma , a mio parere, non lo è.
Molti di questi movimenti neospiritualisti sorgono e si affermano in Occidente verso la fine dell'ottocento, nel pieno della crisi del positivismo filosofico, che ormai stava esaurendo la sua fase, come punta estrema dello scientismo materialista. Iniziano in questo periodo ad affermarsi le filosofie irrazionaliste (Nietzsche, Heidegger, Spengler,ecc.). Queste filosofie irrazionaliste coincidono con l'affermarsi di questi nuovi movimenti neo-spiritualisti e con nuove mutazioni sociali che porteranno ai grandi conflitti del novecento.
E' un'epoca che Guènon ha contraddistinto come l'azione di due forze apparentemente contrarie: da un lato la tendenza verso quella che potrebbe chiamarsi come la "solidificazione" del mondo, dall'altro lato quella della "dissoluzione"...
Ora si può osservare che la seconda sta diventando predominante in quanto il materialismo vero e proprio, "duro e puro", sta perdendo terreno come forza di "solidificazione". Infatti si arriva ad un punto in cui la riduzione graduale di ogni cosa alla quantità non tende più alla solidificazione.
Il materialismo ha preparato il terreno adatto all'opera di "dissoluzione" vera e propria: scacciata e derisa ogni forma di spiritualità "tradizionale", dimenticate le fondamente stesse di quella spiritualità, l'Occidente era pronto ad accogliere ogni sua caricatura e ogni forma di secolarizzazione della stessa. Ecco allora affiorare , o riaffiorare in molti casi, forme esotiche di spiritualità, condite di occultismo, psichismo, spiritismo, religione 'ufologica', astrologia, ecc. Si aprono nuovi templi agli antichi déi  (l' Asatru che si sta diffondendo nel Nord Europa partendo dall'Islanda...).
Il risultato più evidente di questa fase è la sostituzione, nella mentalità comune occidentale, dello "spirituale" con lo "psichico", dell'universale (afflato universalistico delle religio tradizionali...) con l'individuale.
Molti occidentali, per esempio, credono ingenuamente che l'orientalismo sbarcato in Occidente corrisponda alla spiritualità orientale, non rendendosi conto che, quel che giunge sino a noi, è fondamentalmente una contraffazione,  una spiritualità "taroccata". Lo spirito "new age" consiste in una sorta di "fai da te" dello spirito che prende gli aspetti più gradevoli delle diverse tradizioni religiose e naturalmente tralascia quelli più 'scomodi'.
Lo yoga, per esempio, praticato in Occidente da milioni di persone, ha come fondamento  e inizio  Yama e Niyama, precetti e regole che sono la base morale indispensabile e imprescindibile per iniziare il cammino.
Ovviamente quasi nessuno in Occidente segue i "cinque no e cinque sì" (astensioni  e osservanze). In Occidente lo Yoga è conosciuto dalla grande maggioranza delle persone semplicemente come una disciplina prevalentemente fisica, nella quale si eseguono delle posizioni atte a sciogliere le articolazioni e ad allungare i muscoli, e dei rilassamenti che producono un notevole benessere fisico. Ma sono in pochi a sapere che questo è solo un aspetto dello Yoga e che esso è definito "Yoga inferiore". Da diversi anni se ne parla diffusamente, lo si consiglia tra amiche e colleghe d'ufficio, ma sono sempre troppo pochi quelli che sanno di cosa stanno parlando. Purtroppo è frequente incontrare persone che, dopo solo due o tre anni di "pratica" (che si riducono poi a due ore alla settimana e magari con insegnanti neanche qualificati...), si mettono ad insegnare Yoga, gratificando così il loro ego  e il loro portafogli, e prendendo in giro le persone...
Siamo in una società dove tutto vacilla, dal materialismo alla spiritualità. La rilevanza eccessiva data all'individualismo lo porta a considerare la spiritualità semplicemente come un "fai da te" in cui, tolta ogni esigenza di formazione etica, si cerca unicamente una 'soddisfazione' psichica fugace e transitoria. Come siamo abituati al consumo compulsivo del prendere e mettere nel carrello, allo stesso identico modo utilizziamo , passando tra gli "scaffali" della spiritualità tradizionale, ciò che ci serve per questa soddisfazione. Siamo in quello che Krishnamurti definiva come "materialismo spirituale"  ...
L'uomo moderno pensa che si possano ottenere risultati evitando il più possibile di pagarne il prezzo ( prezzo ovviamente come trasformazione interiore, perché il prezzo economico lo si paga eccome!..). In poche parole si vuol "cambiare senza cambiare". L'illusorietà della spiritualità 'fai da te' si evidenzia nel consumo continuo di "esperienze". L'uomo occidentale passa continuamente da un'esperienza 'spirituale' all'altra, quasi sempre senza approfondirne realmente nessuna. E' solo un'altra cosa da provare, un'altra emozione che, presto o tardi, stanca...
In questo la spiritualità 'fai da te' non è dissimile dalla "cultura della droga" che investe l'Occidente...



A proposito di volatizzare e fissare. Trovata per caso...

Volatilizzare il fisso e fissare il volatile era l'imperativo alchemico dei bei tempi in cui non c'era bisogno di dirsi materialisti, perché la materia era materiale, carnosa e, a morderla, sprizzava succulenze di femmina e di peccato integrale, d'anima e di corpo.
Questa nostra età dell'oro, invece, si considera materialista come il santo si crede peccatore. Ci stiamo rarefacendo, smaterializzando in una nebulosa di ipotesi, astrattezze, chimere, sogni ad occhi aperti e veglie ad occhi chiusi.
Quando era il sole a girare e la terra, immobile, immutabile, si limitava ad alternare i quattro tailleur del suo ristretto guardaroba, ristretti, certo, eravamo anche noi.
Da quando è la terra, invece, a girare, ci siamo allargati, forse allungati, comunque diluiti.
Più siamo, meno siamo.
Eccoci qua, labili, inconsistenti, inaffidabili, evasivi, sfuggenti, bugiardi (non per calcolo, ma per pura e semplice irresponsabilità), smemorati, distratti, cangianti come i vestiti di plastica del nostro guardaroba.
(Asno 2008)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

bobmax

Citazione di: Ipazia il 01 Novembre 2019, 21:21:30 PM
La contraddizione metafisica insolubile del nichilismo forte, dell'angoscia esistenziale nichilistica radicale (Kierkegaard) é, come già evidenziato da Phil, che essa deve reggersi su qualcosa che nulla non é: il pensiero del nichilista. L'idea del nulla può soltanto fingersi nulla, perdendo così l'agognato appuntamento con la verità, che nemmeno un Dio tappabuchi può surrogare.

Nichilismo non è l'idea del nulla, ma la constatazione che nulla ha valore.

Nichilismo perciò è negazione dell'Etica. Considerata vano orpello, alla luce del pensiero razionale che scruta lucidamente il mondo senza volersi in alcun modo ingannare.

Il giochino del pensiero nichilista che non è nulla, deriva dal non aver minimamente compreso cosa sia il nichilismo.

Semmai, il Nulla è il punto di arrivo a cui giunge chi vuol combattere il nichilismo.

Ma ci arrivi quando ti prende la Compassione.
Per tutto il male del mondo, di cui sei responsabile.

Perché tu e Dio siete Uno!
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Phil

Per comprendere un fenomeno, un'epoca, una prospettiva, dobbiamo secondo me prima interrogarci su quale paradigma usare: uno estraneo al fenomeno (la nostra precomprensione), quello interno al fenomeno (quindi tautologico) o uno che cerchi di essere dinamico nel passare dal primo (inevitabile) al secondo (non sempre totalmente comprensibile). Uso come esempio le considerazioni di Sariputra sullo yoga: se valutiamo la generale ricezione attuale dello yoga dal punto di vista della sua "ortodossia" originaria, dobbiamo concludere che quello di oggi praticamente non è yoga; se valutiamo il fenomeno attuale dal suo interno, dalle scuole di yoga d'oggi, i nuovi maestri metropolitani, etc. allora quello è yoga "rivisitato", "attualizzato" (e altri termini tipici della fruizione odierna di elementi del passato); se guardiamo al fenomeno come passaggio dallo yoga "ortodosso" ad uno "yoga contemporaneo", potremo rintracciare ciò che lo accomuna al passato (la fisicità, alcuni esercizi, la respirazione, etc.), ciò che lo rende sensato nel presente e futuribile (benefici mentali e fisici, etc.) e ciò che è stato perso (l'aspetto "spirituale", yama e niyama, etc.). 
Nessuna delle tre prospettive mi pare più "giusta" delle altre; la comprensione del fenomeno "yoga" dipenderà dunque da quale paradigma sceglieremo e a tale comprensione sarà connesso il giudizio che ne daremo: svaluteremo i nuovi praticanti come scimmiottatori dello yoga autentico, li apprezzeremo come smaliziati fruitori dei suoi benefici reali o li comprenderemo come posteri di una tradizione millenaria inevitabilmente mut(u)ata in un'epoca differente?

Il famigerato nichilismo, in veste di "negazione determinata" (direbbe Hegel), è una fase storica che innesca un cambiamento di cultura: un po' per esorcizzarne la novità, un po' per inerziale attaccamento "materno" ai fondamenti abituali, un po' per la radicalità del contrasto all'epoca precedente, si parlerà subito di "svuotamento dei valori", di "crisi del pensiero", di "degenerazione verso il caos", etc.: ne avranno parlato già gli antichi romani di fronte all'avvento della repubblica, i teologi di fronte alle teorie degli illuministi, i latifondisti di fronte all'abolizione della schiavitù, i nonni di fronte ai nipotini "zombieficati" dagli smartphone, etc. Nel secolo scorso (o poco prima) è stato coniato questo nome, «nichilismo», ma non credo siamo di fronte a un fenomeno effettivamente nuovo (lo sarebbe forse se il nihil fosse davvero tale); come presa di coscienza delle dinamiche umane e come autocomprensione dell'uomo nel cosmo, è solo un'altra tappa storica (non particolarmente rivoluzionaria e per altro già in rapido tramonto) e sta a noi scegliere come interpretarla: ci basiamo sul passato, sul presente o sulla genealogia fra i due (con le sue forze distruttive, oltre che rimodulative, i suoi traumi, etc.)?

Certo, la "storia dei nichilismi" non indica una direzione casuale: generalizzando, siamo passati dall'astrologia all'astronomia (annichilendo l'orizzonte di senso poetante degli astri); dallo sciamanesimo alla medicina (annichilendo la mistica taumaturgica); dalla metafisica dei pensieri forti alle ermeneutiche dei significati dialoganti (annichilendo le velleità monistiche ed univeritative di alcune prospettive); dallo spiritualismo al neuro-psicologismo (annichilendo il trascendente in favore di epistemologie immanenti); dalle guerre fra stati confinanti alle diplomazie "economicistiche" (annichilendo le politiche imperialiste ed espansionistiche), etc. questa direzione di annichilimenti di un certo "vecchio" in favore di un certo "nuovo", possiamo giudicarlo come un declino verso l'estinzione della razza umana, come un ritorno più "competente" a quella materialità da cui sono partite le culture millenni fa, come un progresso che ci avvicina gradualmente a conoscenze sempre più certe che rendono la socialità umana quasi una contingenza etologica, come un cammino verso l'emigrazione in un altro pianeta, etc. siamo sempre e comunque sul filo di quell'equilibrio (un po' circense per me, sebbene ci prendiamo sempre sul serio) fra constatazione ed interpretazione.


P.s.
Se un marziano leggesse i nostri discorsi, forse non capirebbe al volo la coerenza fra la lamentela verso un'individualismo alienante, quella verso l'omologazione spersonalizzante, quella verso il nichilismo atarassico, quella verso la permanenza di ingerenze religiose, quella verso la lamentela sulle lamentele, etc.; individualisti eticamente e omologati socialmente? Solipsisti massificati? Nichilisti transculturali? Nostalgici tecnofili?
Tuttavia, anche a lui si porrebbe probabilmente la (meta)questione preliminare: da quale paradigma giudicherebbe la nostra incoerenza (prima di lamentarsene a sua volta)?

Ipazia

Ridimensionato il nichilismo, con la consueta eleganza, da Phil, cosa resta dalla cosiddetta "Civiltà Occidentale" ?
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

In effetti, la principale pericolosità del nichilismo, è dovuta al suo stare nascosto, pressoché invisibile ad un pensiero che non avverte i propri stessi limiti.

Un nichilismo debole, incapace di affrontare le contraddizioni che la vita gli sbatte in faccia.
Che non vuol guardare e si soddisfa di vuote parole.

Una fuga che non porta da nessuna parte, se non ritardare l'inevitabile.

E intanto, il sonno della ragione genera mostri.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Sariputra

Una delle caratteristiche principali del nostro tempo è l'eccesso di velocità. Il giorno di Ognissanti ho incontrato in cimitero un vecchio parente, molto anziano, e, alla mia domanda di rito sul come stava, mi ha risposto:"Non starei neanche male, se non dovessi sempre fare cose nuove...sempre nuovi adempimenti, sempre nuove regole a cui bisogna adattarsi in fretta. E' veramente pesante, per me... E' veramente  necessario cambiare continuamente? Anche le cose che vanno bene?.."
Il cambiamento spesso spaventa e ancora più spesso si è costretti dagli altri ad accettarlo. Da qui a sposarlo pienamente però ce ne passa...Proprio per il fatto che , quasi sempre, non è scelto ma imposto...
Così non ho saputo rispondergli altro che : "La fregatura Bepi di solito però non è che le cose cambiano...ma che cambiano sempre come vogliono gli altri!".
"Xe vero!.." è stato il suo laconico commento finale...
Sarebbe però fin troppo facile oggi dire di rallentare, di calmarsi, di tirare un attimo il fiato. Ma è possibile farlo? E' facile farlo? A sentir la gente non è più possibile. La macchina è lanciata e la sua velocità aumenta costantemente. "Son sempre di corsa" mi ha detto l'elettricista "e alla sera son così stanco che non ho voglia neanche di pensare". 
La prima idea che mi viene in mente, pensando alla velocità e alla fretta, è che sia quasi un sinonimo di "modernità". Ma cosè il moderno? Non è semplicemente il tempo presente? Il tempo che rispecchia i gusti presenti, quasi messi in contrapposizione a quelli passati? Se ne deduce che la modernizzazione è il modernizzare, ossia il rendere più moderno, al passo con i tempi.
Ora però mi chiedo... perché la velocità si rapporta a modernità ? Il moderno ha a che fare con il tempo presente, con la sua dimensione attuale. Il tempo presente però è anche il tempo meno storico. Se il passato è la storia eil futuro nient'altro che prospettive e ipotesi, il presente con il suo divenire (anicca) è in continuo movimento, diversamente dal tempo passato che è riflessione e interpretazione e dal tempo futuro che si basa sulla proiezione e anche sul progettare. Quindi potremmo dire che il passato e il futuro sono 'statici' mentre il momento presente è dinamico e quindi può avere come sua caratteristica sia la lentezza che la velocità. Però il modello scelto è quello della sempre maggiore velocità.
Una costante ricerca del moderno, tipica della società occidentale e suoi affini (praticamente il mondo con eccezione del blocco islamico e di gran parte dell'Africa..) impone quindi una velocità di realizzazione e di appropriazione di nuovi modelli e consuetudini che vengono inscenate dalla modernizzazione e dai contenuti della stessa. "Essere al passo con i tempi", l'essere moderni ha finito così di essere un semplice modo di vivere o di pensare, ma è divenuto un "valore" in sé.
Niente di male se non che questo ha assunto la caratteristica di un valore ideologico assoluto. Assoluto in quanto politicamente e socialmente trasversale. Qualcosa che prescinde dagli stessi orientamenti filosofico/politici..
Nella nostra società occidentale ciò che non è moderno, quello che non è "progresso" viene visto e considerato immediatamente come l'opposto, cioè come antico, ma in senso spregiativo di "vecchio", regresso, involuto...
Il 'progresso', la progressione sempre più veloce, è quindi l'anima della modernità che porta con sè l'idea di sviluppo. Il progresso è il "valore" della modernità e quindi, si può quasi dire, sia esso stesso sentito come un valore. E' talmente un valore che il dichiarare , da parte di qualche povero cristo, di "non essere" moderno, costituisce, ormai da un bel pò di tempo, motivo di critica, se non di stigmatizzazione... ovviamento al livello principalmente delle elites dominanti, ma diffusissimo anche come critica comune (quanto vengo preso in giro da amici e parenti, o lo sguardo stupito dell'impiegato bancario di turno, perché non uso uno smartphone, ma bensì un vecchio Nokia a tastoni... :) ).
Progresso e modernità quindi come "valori assoluti", secondo questa interpretazione dei modelli occidentali o pseudo-occidentali. Non ammettono di essere messi in discussione e diventano perciò fondamentali in ogni campo: scientifico o tecnico, nell'industria o nella moda; quindi finendo anche per condizionare il modo di vivere e la sfera del privato. In quest'ottica occidentale progresso significa sempre miglioramento, un divenire "migliori".
Questo dover essere al passo con i tempi è ovviamente la base di ogni processo di emulazione e poi di omologazione. E' quello che si potrebbe definire come "valore identificativo" di una civiltà. Se non fosse vicino ad un termine religioso, si potrebbe dire un valore "fondamentalista".
Su questa idea di modernizzazione come "valore" si sono prontamente innestate tutte quelle tendenze  atte a fornire un modello consumistico di omologazione sociale,il tutto attraverso uno spregiudicato uso di strumenti persuasivi (in primis la televisione) di massa che però, con la crisi del 2008 in poi, e quindi con la conseguente crisi dei consumi, viene a sua volta messo in crisi. Masse sempre più enormi di popolazione stentano a trovare i mezzi finanziari per "consumare" ed essere 'moderni'...mezzi fagocitati e sempre più in meno a nicchie autoreferenziali di cittadini, meno numerose ma dominanti i processi di accumulazione finanziaria.
La svalutazione di ogni altro "valore" ,che non sia quindi quello dell'esser moderni, ha portato nella mentalità comune l'idea che tutto quello che non è vietato dalla legge è permesso. Come se legge e morale dovessero sempre e comunque coincidere. Una cosa che anche uno studente al primo anno di giurisprudenza sa che non è così. Naturalmente quelli che, nel mondo occidentale, hanno imposto queste 'dottrine' l'hanno fatto spessissimo al di là delle leggi stesse, come la storia, anche recente, insegna...
Sulla strada del bosco
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InVerno

#113
Nel papiro di Ipuwer (ca. 2000 ac) uno scriba Egizio si lamenta che il mondo si è capovolto, una donna che prima si specchiava nell'acqua ora lo fa in uno specchio, la donna che non aveva una scatola ora ha un armadio, e il nobile è ora in mutande. La legge non è più rispettata o creduta, dice Ipuwer, indicando i profanatori di tombe, e chiede esplicitamente che il Dio-sole intervenga e distrugga questo mondo immorale, e che vengano restaurati i vecchi tempi, dove tutto era verde. Il papiro si interrompe, ma esistono intere biblioteche di cosidetti "lamenti" (alcuni sumeri anche del 4.000ac) che puntano il dito verso la corruzione della materia (specchi\armadi etc), la svalutazione dei forti  (in mutande) e la perdita dell'etica, invocando la fine del mondo. Addirittura in questo, essendo che i soggetti negativi sono femminili, si intravede una critica alla "femminizzazione della società" che è un altro cavallo di battaglia. Addirittura nella prima letteratura russa (scritta su cortecce di albero) si trovano le stesse invocazioni e lamenti, evidentemente pur avendo mezzi modesti, non trovavano di meglio da scrivere se non lanciare anatemi verso il nichilismo. Questo non vuol dire che lamentarsi oggi non ha senso, ce l'ha eccome, ma anche che facendolo in una certa maniera ci si inserisce in un intero genere letterario "umano troppo umano" e vecchio tanto quanto la scrittura..il rischio è quello del famoso "al lupo! al lupo!". Il nichilismo difficilmente è qualcosa di nuovo..

Siccome desisto dall'idea di rispondere a tutto ciò che Don ha scritto, richiederebbe venti pagine senza essere generici all'inverosimile, vorrei perlomeno rispondere a tre frasi sull'argomento Natura. Se poi si continua in monologhi mi stufo anche io.. ma oggi piove senza sosta  ::)

Si può notare invece che l'uomo si comporta esattamente all'opposto, e adotta nei confronti dell'ambiente un atteggiamento aggressivo,  che è il contrario di un atteggiamento adattativo.

Qui la generalizzazione chiave è "l'uomo". Ci sono gli uomini del mondo produttivo, che effettivamente rispondono a questa descrizione, e il restante 90% che consumano, e che non mi pare che rispondano a questa descrizione, anzi nella maggior parte dei casi hanno un idea di natura talmente naif da essere quasi patetica. Perlomeno quelli europei. Perchè esiste un nesso tra il benessere e quanto la natura sia percepita come importante, le nazioni in via di sviluppo generalmente tendono a fregarsene altamente, mentre è raggiunto un certo livello di benessere che le questioni ecologiche diventano un imperativo. Si può consultare in tal senso ad esempio le statistiche riguardo al riscaldamento globale, sono i cittadini delle nazioni più benestanti a considerarlo un problema, mentre le nazioni in via di sviluppo generalmente hanno una sensibilità nettamente inferiore fino a fregarsene altamente.
https://en.wikipedia.org/wiki/Climate_change_opinion_by_country
Che poi questa sensibilità viva una sorta di ipocrisia perenne, riassumibile in "si indigna, si impegna, e getta la spugna" è tutto un altro paio di maniche.

fino alla cosiddetta "rivoluzione neolitica"  non abbiamo praticamente notizie di cosa facessero gli uomini, ed è ragionevole pensare che se non le abbiamo  è perchè non hanno lasciato segni visibili nell'ambiente, dunque vivevano più in simbiosi con esso come del resto fanno le ultime sparute comunità che stanno  per essere definitivamente distrutte dal "benessere" della civilizzazione

Si ma anche loro ad un certo punto si sono trovati a dover piantare la zappa nel terreno. L'agricoltura è una fatica che si fa solamente se il nomadismo cessa di essere sufficiente, in africa subsahariana non hanno avuto bisogno della ruota fino al 1800, ma eventualmente abbassata la mortalità con le medicine e sviluppato un boom demografico sono usciti anche loro dal neolitico. In ogni non capisco di preciso quale sia il suggerimento, tornare ad essere un milione su tutto il globo e vagare nelle tende? Se i luddisti non sono riusciti a fermare neanche le macchine da tessere, questa è sicuramente una sfida degna di nota. Accettata la sedentarietà e l'agricoltura\industria bisogna convivere le problematiche connesse, che son sempre esistite, non si costruisce il Partenone o le Piramidi nel "rispetto della natura".

Solo nell'era moderna si è cominciato a considerare la natura come "matrigna"
Nel mondo antico sono onnipresenti miti della natura benevola perduta (quale l'Eden) ma eventualmente tutti sono stati cacciati dall'Eden e sono arrivati nella natura "attuale", che matrigna o meno, di sicuro non va presa sottogamba. I culti apocalittici della regione mesopotamica infatti (da cui il pensiero cristiano è evidentemente derivato) promettono la fuga da questa realtà, finta e malevola, per un ritorno alla natura benevola dell'eden o del paradiso. Il culto del giardino mesopotamico prevede una natura benevola perchè contenuta tra mura e organizzata antropicamente, non è la natura della savana. Gilgamesh intraprende un viaggio alla ricerca dell'immortalità, cioè la fuga dalla mortalità naturale, e gli esempi sarebbe centinaia di migliaia altri.

In ogni comunità umana di ogni luogo e tempo si trovano persone che ritengono l'uomo prevalente rispetto all'ambiente, o il proprio interesse più importante rispetto a quello di chiunque altro, o la ricchezza materiale più sensata rispetto a quella culturale o spirituale, ma se in tali comunità costoro erano deplorevoli e condannate  eccezioni nella società occidentale moderna sono la glorificata e invidiata regola.
Se si va in UK si chiede cosa è la "cruna dell'ago" buona parte risponderanno che è il nome di una porta di Gerusalemme attraverso la quale un cammello passa tranquillamente. Non è stato difficile piegare le scritture al punto da permettere ai ricchi di entrare in paradiso, c'è un intera branca di "prosperity gospel" che promettono ricchezza ai credenti di Gesù. Diversamente l'Australia è stata l'unico paese ad introdurre ed eliminare (dopo due anni) la carbon tax. Indovina chi sta chiedendo che venga reitrodotta? Gli ecologisti? No.. gli imprenditori! Gli stessi che non volevano fosse introdotta. Perchè si sono resi conto, dati alla mano, che era una tassa che li aveva costretti ad efficientarsi, e questo aveva migliorato i loro profitti (diminuinedo la co2 nel frattempo).

Se quello che ci interessa è provare a salvare la baracca, si deve lavorare bene e con strumenti efficienti nel cambiare la società, non c'è cruna dell'ago che sia sufficientemente stretta.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Apeiron

Volendo essere 'sintetici', uno dei problemi del 'non avere alcun riferimento fisso' e di 'sposare pienamente il divenire' è quello che si finisce, per così dire, alla deriva. Sbattuti qua e là dalle 'onde' divenire nelle sue varie forme  :-\


In pratica, si rischia di farsi controllare dal divenire stesso, se si decide di 'sposarlo pienamente'.


Quindi, la 'libertà' che si crede di avere sposando il divenire potrebbe rivelarsi anch'essa illusoria ::)

P.S.
(scusate le varie modifiche...)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Ipazia

Citazione di: Sariputra il 03 Novembre 2019, 12:00:06 PM
Ora però mi chiedo... perché la velocità si rapporta a modernità ?

Esistenzialmente, perché la vita passa in fretta e la velocità riduce i tempi morti. Il tempo morto si prende la rivincita nell'ingorgo e nella burocrazia, ma i "signori" ne sono solitamente esentati.

Edonisticamente, perché la velocità produce adrenalina, finché non incontra la calma stanzialità di un albero che pone fine alla  corsa. Talvolta basta una sciarpa al vento, come quella che costò la vita ad Isadora Duncan.

Economicamente, perché il modello economico dominante della modernità ha tra i suoi must inderogabili la produttività, ovvero il prodotto nell'unità di tempo (Chaplin: "Tempi moderni")
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

donquixote

#116
Citazione di: Ipazia il 03 Novembre 2019, 14:06:18 PM
Citazione di: Sariputra il 03 Novembre 2019, 12:00:06 PMOra però mi chiedo... perché la velocità si rapporta a modernità ?
Esistenzialmente, perché la vita passa in fretta e la velocità riduce i tempi morti. Il tempo morto si prende la rivincita nell'ingorgo e nella burocrazia, ma i "signori" ne sono solitamente esentati. Edonisticamente, perché la velocità produce adrenalina, finché non incontra la calma stanzialità di un albero che pone fine alla corsa. Talvolta basta una sciarpa al vento, come quella che costò la vita ad Isadora Duncan. Economicamente, perché il modello economico dominante della modernità ha tra i suoi must inderogabili la produttività, ovvero il prodotto nell'unità di tempo (Chaplin: "Tempi moderni")



Filosoficamente il concetto di accelerazione, altro feticcio moderno fra i tanti, venne introdotto nella cultura occidentale con la diffusione delle ideologie materialiste, razionaliste e illuministe, ed è espresso paradigmaticamente dalla famosa frase di Voltaire «Riguadagniamo il tempo perduto», che proferì dopo un viaggio in Inghilterra durante il quale rimase affascinato dalle ricerche di Newton e pensò di applicare tale concetto anche al movimento della storia, per uscire il più in fretta possibile dagli ultimi retaggi dei "secoli bui".  Agli illuministi la lentezza del movimento del mondo, in contrasto con la velocità del pensiero e della ragione e la brevità della vita umana, appariva insopportabile, e pensarono quindi di applicare il moto della ragione al mondo introducendo cambiamenti che avrebbero potuto, in un lasso di tempo prevedibile, far evolvere le cose verso il meglio liberandosi quanto prima dalle zavorre del passato. Successivamente divennero di uso comune  metafore come "il treno della storia", che indicavano una possibile accelerazione del progresso umano verso l'utopia da sempre anelata, e non pochi affermavano che l'abbagliante luce del mondo perfetto si incominciava ad intravvedere in fondo al buio tunnel del medioevo.
Ma questa visione, che collocava il raggiungimento del "paradiso" non solo nel corso della vita terrena ma addirittura in un tempo sempre più prossimo, ha ottenuto l'unico tangibile risultato di aumentare l'infelicità umana alimentando false speranze e vane illusioni, rendendo gli uomini simili a moderni Tantalo che vedono tanto più allontanarsi il mondo migliore quanto più pare loro di averlo a portata di mano, come l'orizzonte si allontana dal viandante che cammina verso di esso tentando di raggiungerlo, e non sa che più velocemente egli camminerà tanto più rapidamente l'orizzonte si allontanerà da lui, causando nel suo animo un progressivo senso di frustrazione.

Il pericolo di questa esaltazione della velocità non è sfuggito a spiriti avveduti, e non a caso G. E. Lessing, in un frammento della sua versione del Faust, richiamò l'attenzione sul fatto che proprio gli spiriti infernali, caotici,  sono i maestri della velocità, e in questo senso anche Goethe parlò, con efficace crasi, di forze velociferine, sintesi diabolica di velocità e Lucifero.

Metafisicamente la velocità è conseguenza dell'accelerazione impressa all'uomo dalla metaforica caduta "dal cielo alla terra", ovvero dal passaggio dall'uomo spirituale antico a quello materiale attuale, all'uomo-macchina, che più si avvicina al punto d'impatto e più la velocità aumenta.

Pragmaticamente la velocità è ciò che consente all'uomo d'oggi di fuggire dalla vita, di "pensare ad altro" per non accorgersi che sta vivendo.
L'uomo d'oggi infatti, anziché vivere, continua a prepararsi a vivere ammucchiando ininterrottamente gli strumenti che dovrebbero consentirgli di farlo, salvo poi rendersi tragicamente conto, sul letto di morte, che l'unico strumento che veramente serve per vivere, il tempo, è andato esaurito.

p.s. Indicativo e rilevante il fatto che qualcuno possa pensare che durante la vita vi siano "tempi morti". Che la vita sia solo ed esclusivamente un ininterrotto "fare" qualcosa, qualsiasi cosa, che abbia o meno senso o che sia giusta oppure sbagliata non importa, seguendo il keynesiano "scava la buca, riempi la buca" per raggiungere la "piena occupazione" è un'altra idea del tutto moderna, e mostra come sia difficile rendersi conto che il mondo attuale è ormai un immenso manicomio in cui i "sani" sono proprio quelli che verranno rinchiusi o come minimo emarginati. Qualche anno fa una università americana riunì un certo numero di persone, le mise in stanze vuote e insonorizzate e propose loro di trascorrere 15 (dicesi quindici) minuti in silenzio a riflettere. In alternativa avrebbero potuto infliggersi piccole e fastidiose scosse elettriche con un aggeggio messo a loro disposizione; il 70% preferì sopportare un fastidioso dolore, pur di "fare" qualcosa.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

viator

Salve Sari e salve Ipazia. Eh già! Come mai tutta questa frenesia velocistica che sembra abbia assalito l'manità ? Sembra innegabile che, con lo scorrere delle vicende umane, le stesse "quantità" di tempo vengano sempre più riempite da un crescente numero di eventi.
Cosa mai potrebbe generare un simile andamento ?.

Secondo me ci sono tre tipi di approccio che possono tendere a dare una risposta in merito.

Il primo tipo è di impronta giudizial-sintetica ed è quello usato da Ipazia.
Dal momento che il fenomeno riguarda soprattutto l'attualità (qualche decennio o qualche secolo) evidentemente il responsabile è vicino o addirittura tra di noi e sta pure continuando ad agire. Fatta una rapida indagine, Ipazia ha individuato la causa nei comportamenti di una certa classe sociale.......vi lascio indovinare quale.

Il secondo tipo di approccio, un pochetto più distaccato, è quello usato da Sariputra.
Egli ha dilatato i propri tempi di indagine sino ad includervi, almeno tendenzialmente, l'intera storia dei comportamenti umani. Purtroppo mi sembra che egli non abbia trovato un qualche argomento archetipico che dovrebbe giustificare quello che ai giorni nostri è diventato il motto "chi si ferma è perduto".

Il terzo tipo di approccio (ancor più distaccato al punto che qualcuno lo troverà – sbagliando – fuor della cosiddetta "Grazia di Dio") è quello usato da me all'interno di un mio recente intervento richiestomi da Hlodowig e che riguardava il senso dell'attuale (invece, secondo me, eterno) andamento della globalizzazione. Lo replico qui sotto :

""""""La globalizzazione è la semplice conseguenza di una tendenza naturale espressa dal mondo fisico (ben ben ben ben prima di quello umano!) già a livello elementare.

La tendenza - generata dalla direzione dell'entropia - a contrastare la diffusione troppo omogenea dell'energia con ciò che generi il suo opposto, cioè la concentrazione locale dell'energia stessa.

L'unica possibilità di impedire che l'energia, trasferendosi inesorabilmente da dove ve n'è di più verso dove ve n'è di meno, si "spalmi" ovunque in modo omogeneo facendo cessare gli scambi termici (tutte le forme di energia sono riconducibili e misurabili in calore), è fare in modo che il suo trasmettersi tra i componenti fisici dell'universo generi anche una loro incessante modificazione, trasformazione, complicazione, tale da costituire un fattore di rallentamento ed allontanamento del destino tendenziale finale costituito dalla "morte termica" di un universo il quale, una volta raggiunta la completa uniformità, non potrebbe che "cessare di vivere" poichè in esso sarebbero cessati gli scambi termico-energetici.

Ecco quindi che il senso di tutto quanto accade intorno e noi (ma anche in noi) non è altro che un incessante lavorio che deve produrre il cosiddetto "disordine" vitale che deve opporsi all'"ordine" mortale rappresentato da un eccesso di uniformità.

Quindi la globalizzazione, che prima della nostra comparsa è ciò che ha prodotto atomi, molecole, composti chimici, cellule, tessuti, organi ed organismi...............sta tuttora lavorando, ed ora semplicemente lo sta facendo in modi che, poichè ci convolgono in tempi sempre più stretti (scesi quindi alla scala umana e non più astronomica, geologica o genericamente evoluzionistica) sono diventati a noi stessi riconoscibili.

Il cosiddetto progresso umano infatti non è altro che la veste antropica del meccanismo entropico.

Forse che non siamo in grado di riconoscere, al suo interno, gli stessi fattori che hanno generato e fatto evolvere ciò che c'era e c'è fuori di noi ?

Aumento vertiginoso delle velocità di spostamento e di comunicazione, ridondanza di produzioni e di varietà, spreco di risorse (la natura - oltre alla diversificazione - ama e pratica la ridondanza - però sa anche riciclare !).........................

Si può anche essere contrari alla globalizzazione, ma in tal caso si combatterà la classica battaglia di retroguardia.

Una volta si sarebbe detto : "Dio lo vuole !"..........oggi potremmo solo dire : "l'Entropia lo richiede !" """"".

Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

La velocità, a partire dal concetto simmeliano di Nervenleben, pare più legata allo sviluppo della metropoli che a tradizioni peculiarmente occidentali. La metropoli è il luogo in cui con più evidenza si sviluppa quella forma antropologica di entropia (concetto caro a viator) che una volta sottratta alla fisica potremmo chiamare antropia, di cui M.Cacciari in questo scritto dà una succulenta rappresentazione. Da cui emerge pure l'ingovernabilità decisamente "a/e/ntropica" del processo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Sariputra

#119
Sulla frenesia moderna data da un tempo da "riempire" sempre e comunque, riporto dei piccoli pezzi tratti dal racconto/capolavoro distopico di Harlan Ellison "Pentiti Arlecchino disse l'uomo del Tic Tac", sperando non si avverino realmente nella futura inarrestabile "progressione":

"Quando l'Arlecchino apparve sul guscio ancora in costruzione del nuovo Centro Acquisti Efficienza, con il megafono accostato alle labbra ridenti da folletto, tutti lo indicarono e spalancarono gli occhi, e lui li rimproverò.— Perché vi lasciate dar ordini? Perché lasciate che vi dicano di affrettarvi e di correre come formiche o bruchi? Prendetevela con calma! Passeggiate un po'! Godetevi il sole, godetevi la brezza, lasciate che la vita vi trasporti secondo il vostro ritmo! Non siate schiavi del tempo, è un modo orribile di morire, lentamente, a poco a poco... abbasso l'Uomo del Tic-Tac!
Chi è quel pazzo? chiedevano quasi tutti. Chi è quel pazzo, oh, arriverò in ritardo debbo scappare..."
...
— Non fatevi più vedere fino a quando l'avrete preso! — disse l'Uomo del Tic-Tac, molto sommessamente, molto sinceramente, molto minacciosamente.
Usarono i cani. Usarono le sonde. Usarono i rilevatori delle cardiolastre. Usarono la corruzione. Usarono adesivi. Usarono l'intimidazione. Usarono il tormento. Usarono le torture. Usarono i confidenti. Usarono i poliziotti. Usarono mandati di perquisizione e di cattura. Usarono gli incentivi. Usarono le impronte digitali. Usarono il metodo Bertillon. Usarono l'astuzia. Usarono l'inganno. Usarono il tradimento. Usarono Raoul Mitgong, ma non servì a molto. Usarono la fisica applicata. Usarono le tecniche della criminologia.
E che diavolo: lo presero.
Dopotutto, il suo nome era Everett C. Marm, e non era niente di speciale, solo un uomo che non aveva il senso del tempo.
— Pentiti, Arlecchino! — disse l'Uomo del Tic-Tac.
— Vai all'inferno — rispose l'Arlecchino, con un sogghigno.
— Hai accumulato un ritardo di sessantatré anni, cinque mesi, tre settimane, due giorni, dodici ore, quarantun minuti, cinquantanove secondi, zero virgola tre sei uno uno uno microsecondi. Hai consumato tutto quello di cui potevi disporre, e anche più. Ti spegnerò.
— Vai a spaventare qualcun altro. Preferisco esser morto, piuttosto che vivere in un mondo stupido con un babau come te.
— È il mio lavoro.
— E te ne gonfi. Sei un tiranno. Non hai il diritto di ordinare alla gente di fare questo e quello e di ucciderla se arriva in ritardo.
— Tu non sai adattarti. Non sai integrarti.
— Slegami, e t'integrerò un pugno in bocca.
— Sei un non conformista.
— Non era un reato.
— Adesso lo è. Vivi nel mondo che ti circonda.
— Lo odio. È un mondo orribile.
— Non tutti la pensano così. Molti amano l'ordine.
— Io no, e gran parte della gente che conosco non l'ama.
— Questo non è vero. Come credi che ti abbiamo preso?
— Non m'interessa.
— Una ragazza graziosa chiamata Alice ci ha detto chi eri.
— È una menzogna.
— È vero. L'esasperavi. Lei vuole integrarsi, lei vuole conformarsi. Ti spegnerò.
— E allora sbrigati a farlo, e finiscila di discutere con me.
— Non ti spegnerò.
— Sei un idiota!
— Pentiti, Arlecchino! — disse l'Uomo del Tic-Tac.
— Vai al diavolo.
Perciò lo mandarono a Coventry. E a Coventry se lo lavorarono. Fu proprio come fecero a Winston Smith in 1984, che era un libro di cui nessuno di loro sapeva niente, ma le tecniche in verità sono molto antiche, e le usarono con Everett C. Marm, e così un giorno, molto tempo dopo, l'Arlecchino apparve sui teleschermi, con l'aria da folletto e le fossette e gli occhi luminosi, senza l'aspetto di chi ha subito il lavaggio del cervello, e disse che aveva sbagliato, che era una bella cosa, una cosa bellissima, essere integrati, ed essere puntuali, hip-ho, e via che andiamo, e tutti lo guardarono sugli schermi pubblici che coprivano un intero isolato della città, e si dissero, ecco, vedi, era proprio un pazzo, dopotutto, e se il Sistema va così, allora lasciamolo così, perché è inutile combattere con il consiglio comunale o, come in questo caso, con l'Uomo del Tic-Tac. E così Everett C. Marm venne annientato, e fu una grossa perdita, per via di quello che aveva detto un tempo Thoreau, ma non si può fare la frittata senza rompere le uova, e in tutte le rivoluzioni muoiono alcuni che non dovrebbero, ma è inevitabile, perché è così che vanno le cose, e se riuscite ad apportare anche un cambiamento piccolo piccolo, allora sembra che ne sia valsa la pena. O meglio, per illustrare più esattamente:
— Uh, mi scusi, signore, io, uh, non so come come uh, come uh, come dirglielo, ma è in ritardo di tre minuti. La tabella oraria è un po', uh, un po' sbilanciata.
E sogghignò timidamente.
— È ridicolo — mormorò l'Uomo del Tic-Tac dietro la maschera. — Controlli il suo orologio. — E poi entrò nel suo ufficio, facendo le fusa, le fusa, le fusa, le fusa."

La perdita di libertà imputabile a un elemento che schiavizza tutti: l'inesorabile trascorrere del tempo?  L'evolversi della civiltà e la sua sempre maggiore complessità necessitano di tempi sempre più certi, scanditi, inderogabili.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

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