Civiltà occidentale

Aperto da doxa, 17 Ottobre 2019, 15:39:54 PM

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Ipazia

Citazione di: Phil il 22 Ottobre 2019, 22:48:27 PM
Certo, il nichilismo non fa promesse allettanti, non rincuora, è come l'arte povera; proprio dall'estetica, soprattutto quella orientale, ci possono venire spunti per trovare la bellezza e il valore del "piccolo e debole", del decaduto, del consumato, del quasi vuoto, etc. e se facciamo fatica o "vediamo nero" è anche perché il nostro palato occidentale è più avvezzo alla maestosità degli archi di trionfo, dei templi e dell'oro, che altrove veniva usato, con sensibilità che oggi definiremmo forse nichilistica (svalutante, quasi sacrilega), per "mettere assieme i cocci" (kintsugi).

Ma anche l'opposto del nichilismo (yin-yang ?) nel recupero di ciò che il nichilismo consumistico destina alla morte. Recupero impreziosito ed evidenziato in una risanata e rinnovata (rivalutante e consacrante) esperienza di vita. Quasi un anelito realizzato di immortalità suggellato in oro.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Sariputra

L'Occidente nichilista attuale ha, a mio parere, come substrato ideologico un contenuto tecnologico ed economico che si "dà per se stesso". O meglio...che "pretende" di darsi per se stesso. Nessuna posizione culturale, etica o religiosa riesce a reggere di fronte a questo sviluppo che si dà le proprie regole da solo. Abbiamo un'ultima crisi che convenzionalmente viene fatta partire dal 2008, ma che giudizio le diamo? Qualunque giudizio in termini solo morali  ("sono stati disonesti"..) è chiaramente insufficiente. Ma anche gli economisti stessi , al di là di una non meglio precisata " mano invisibile del mercato", non riescono ad andare. Questa "volontà di potenza" del tecnonichilismo capitalista è difficile da negare. Ovviamente che l'uomo sia "una macchina desiderante" non l'ha inventato il mercato. Il capitalismo l'ha semplicemente reso oggettivo.
Però bisogna capire dove tutto questo diventa, come è il caso della nostra civiltà occidentale, ma globale in definitiva per imposizione culturale, un circolo vizioso. Il tecnocapitalismo nichilista si basa, secondo me, su una sorta di paradigma "neo-evoluzionista". L'idea è: l'ordine della realtà, che pure si osserva , non è l'espressione di qualche 'disegno' centralizzato, ma è l'esito casuale di equilibri provvisori e precari che si succedono senza alcuna direzione, semplicemente sulla base di dinamiche guidate da criteri di adattamento e selezione. L'ordine è solo un mero effetto emergente dallo stesso affermarsi.
Semplificando è il quadro relativista, atomizzato, individualistico in cui tutti noi ci muoviamo e costruiamo i "feticci" della nostra illusoria percezione di libertà. Prendiamo in rassegna i canoni occidentali di questa 'libertà': la "liquidità" sociale, l'etica della mobilità, applicata indifferentemente ai beni materiali e agli individui stessi, una autentica "economia affettiva". Si arriva a quel "desiderare oltre ogni limite" ( ponenedo sempre nuovi limiti da scavalcare nel desiderare..) che segna e determina la psicologia e i comportamenti consumistici dell'uomo contemporaneo. L'uomo, che "crede" di essere libero, "vede" nuove immagini di libertà...e a quelle si sottomette!
Tutto questo è ovviamente, e con tutta evidenza, pefettamente funzionale (lo scambio è continuo e incessante..) al sistema tecnico che organizza tutto ciò. Il rischio vero, a questo punto dello sviluppo del nichilismo tecnocapitalistico, è che, schiacciati come siamo in una prospettiva esistenziale di sola "immediatezza" ( i desideri e la loro soddisfazione devono essere immediati, il consumo deve essere immediato perché sottostà a quel desiderio e così poter alimentare una nuova produzione ,o cercare illusorio desiderio di "libertà" nell'uso di un'altra persona...), è quello di perdere veramente la libertà. Arrivando al paradosso che ci costruiamo feticci di libertà per renderci meno liberi...
Praticamente il nostro sistema culturale e d economico ha prodotto una sorta di "dittatura del desiderio", si potrebbe dire: "economia libidica del plusgodere"...
E l'uomo ridotto a "macchina desiderante" non ci ha messo poi molto a creare, negli ultimi tempi, un nuovo tipo di economia: quella applicata direttamente al corpo, alla vita.
Nicolas Rose, sociologo, la descrive così:
 "Come esseri umani ci percepiamo in modo nuovo come creature biologiche, come sé biologici, tanto che la nostra esistenza vitale diventa un nuovo oggetto di governo, l'oggetto di nuove forme di autorità e di professionalità, un campo particolarmente interessante di conoscenza, un territorio in espansione per lo sfruttamento bioeconomico... A una velocità impressionante, questo paradigma scientifico fa nascere nuovi settori economici, inimmaginabili solo fino a qualche anno fa".
 
Libertà è anche saper decidere di non-fare qualcosa che, potenzialmente, la società che ci sta attorno ci consiglia di fare per non sentirci "mancanti di qualcosa" o "non abbastanza" per la società. Vale per il lavoro, per le relazioni sociali e familiari, per la soddisfazione del desiderio insaziabile. Penso che la forza di un pensiero "differente", libero, vada misurata anche su questa prospettiva... (che non significa necessariamente diventare dei buddhisti, se è questo che pensate intenda... :) ).

"Vivete in modo tale che nulla più vi appartiene. Eppure questo padrone ha solo due occhi, due mani, un corpo, niente di più di quanto abbia l'ultimo abitante dell'infinito numero delle nostre città. Ciò che egli ha in più sono i mezzi per distruggervi che voi stessi gli fornite. "
(Étienne de La Boétie, Discorso sulla servitù volontaria)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

inquieto68

Citazione di: altamarea il 17 Ottobre 2019, 15:39:54 PMNel tempo c'è l'evoluzione e la ridefinizione dell'identità di una civiltà, perciò io non riesco a percepirla questa decadenza dell'Occidente rispetto al passato. E voi ?
Al netto delle nostalgie, delle attribuzioni di colpe o responsabilità, degli auspici o degli allarmismi, trovo che il declino della cosiddetta civiltà occidentale sia evidente. Uso il termine "declino" non come giudizio di valore (punizione, nemesi, sventura), ma come giudizio di realtà (lo spegnimento, la terminalità). 
La nostra civiltà, la nostra cultura, è finita. Non è più in grado di generare valori e senso.  
La cultura è quel senno collettivo che supera le individualità, e che si costruisce  attraverso le generazioni, in un lento processo storico fatto certamente di "riforme e controriforme",  che vede momenti di effervescenza collettiva e di innovazione, come momenti di conservazione e dogmatismo, ma comunque sempre in grado di rinnovarsi.  Questo processo, nel nostro mondo occidentale, credo proprio che si sia spento.
Da qui in poi qualsiasi evoluzione, qualsiasi costruzione collettiva di significato, potrà provenire unicamente dall'esterno, da altre civiltà, da culture altre.
La nostra storia è finita. La nostra civiltà è finita. E' finita per decadenza dei costumi. E' finita per dissoluzione di valori collettivi, siano essi principi etici (la libertà, l'uguaglianza, la giustizia), comportamenti istituzionalizzati (la coppia monogamica, la formazione dei giovani adulti) o semplici simboli (il significato simbolico del corpo, della sessualità, della convivialità, i riti di passaggio, ecc..).
Qualsiasi germe di possibile rinnovamento si è spento. Non è più possibile una rivoluzione perchè non esiste più un sistema di valori minimamente condiviso nei confronti del quale ribellarsi. Non è più possibile una trasgressione perchè non esistono più regole morali, dunque qualsiasi comportamento diviene banale e conformista. Non è più possibile alcuna dissacrazione dal momento che non vi è più nulla di sacro.
Diversamente dal cardinale Sarah non vedo la necessità di alcun monito, non vedo alcuna possibilità di evitare questo "declino", perchè il processo è inesorabile e irreversibile. 
In ogni caso, poi, le prediche sono assolutamente improduttive laddove non richieste e le offerte di "salvezza" sono inutili laddove non vi è alcun desiderio di  essere salvati.

green demetr

Citazione di: inquieto68 date=1571956396 l
size=2]In ogni caso, poi, le prediche sono assolutamente improduttive laddove non richieste e le offerte di "salvezza" sono inutili laddove non vi è alcun desiderio di  essere salvati.[/size]

Ciao inquieto68 benvenuto nel forum  :)

Quello che dici naturalmente è vero.

Ma in un certo senso ha ragione altamarea.

nell'anno mille si pensava il mondo finisse.

nell'epoca di gesù si pensava che il mondo stesse per finire a breve.

Eppure il mondo c'è sempre!

Non so se conosci Fusaro che ci assilla col fatto che è proprio il pensiero unico a volere che non pensassimo più.

Insomma non è proprio il caso di buttarsi giù, e invece si tratta sempre di rimandare al pensiero. (foss'ancora a farlo il cardinale x e y)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Sariputra

Basta ritrovarsi in una grande città occidentale, che so...Milano, per scorgere gli indirizzi sociali prossimi che, nelle periferie del nichilismo, non sono ancora del tutto osservabili. Questo permette di cogliere delle "linee di sviluppo" E qual'è la linea dis viluppo che l'Occidente si è scelto? E' la " nuova trimurti": Soldi, Lavoro, Scienza. Soldi come scopo della vita, Lavoro come metodo per procurarseli e Scienza come nuova fede.
Inseguire i soldi ci rende molto competitivi, egoisti, invidiosi e malevoli e, se non ci si riesce del tutto, perlomeno ci consente di coltivare questi sentimenti e comportamenti. Ovviamente l'inseguimento ci rende necessariamente dipendenti dal lavoro. L'equazione "base" dell'occidentale medio è molto semplice, dopo tutto: "si fa quello che occorre per lavorare" che è equivalente a "si fa quello che occorre per i soldi".
Non esiste ideale, ma semplice adattamento: quanti sono felici di fare ciò che fanno? Se non servisse per far soldi , continuerebbero a farlo?
Siamo vittime di una specie di "sindrome di Stoccolma" tanto che promuoviamo, inneggiamo, votiamo e supportiamo quegli stessi industriali, politici o "leaders" di spicco che ci usano come cose, come strumenti per i loro fini. Siamo al paradosso di una società  che si persuade facilmente che i suoi nemici siano amici...
Il nostro mondo occidentale vede sorgere dispute pro o contro un marchio, un modello di smartphone o un brand, questo o quello..senza rendersi conto che sono proprio i produttori che depauperano il mondo, quelli che ci rendono ogni giorno più poveri, più dipendenti e più "svuotati di senso"...
Più passeggiamo nei luoghi comuni della società occidentale, i luoghi della nostra quotidianità, più assistiamo ad una serie impressionanti di 'rituali' che steriliscono i rapporti umani, svuotandoli e istituzionalizzandoli. Chi è che ama? Chi fa il regalo più costoso. Chi è importante? Chi ha l'auto più grande. Chi è famoso? Chi va in televisione o fa l'influencer sul tubo. E chi è famoso merita ovviamente maggior considerazione...
Siamo inventori di una serie infinita di 'cerimonie', di cui non sappiamo più nemmeno che senso abbiano...
I principali profitti oggigiorno provengono dall'industria dell'intrattenimento e del superfluo: investiamo la maggior parte delle nostre risorse di denaro, e del tempo che ci è costato guadagnarlo, in oggetti che solo vent'anni fa non esistevano nemmeno. Siamo sempre più dipendenti, quindi sempre più fragili. E manipolabili...
Senza pc, telefonino, internet, automobile, elettricità  siamo perduti...Sentiamo come vacillare il nostro mondo e venir meno le nostre fragili certezze. Allora sperimentiamo abbandono, smarrimento e, soprattutto, ansia...una terribile ansia.
Eppure ne vogliamo sempre di più. E così "lassù" qualcuno molto benevolo, un autentico benefattore, ci ascolta attentamente: eserciti di produttori e commercianti non aspettano altro che un nostro cenno per offrirsi a lenire il nostro senso di vuoto, riempiendolo con altro inutile...
Stiamo sempre a lamentarci di qualcosa. Tutte cose che provochiamo noi. Ci lamentiamo dei politici disonesti, che però eleggiamo; dei prezzi della case, che però compriamo; della mancanza di valori, che affligge anche noi; della superficialità dei rapporti, nel mentre ci isoliamo nei nostri smartphone; della situazione dell'ambiente mentre ci fumiamo una sigaretta dopo il caffè, dopo il dolce, dopo la bistecca, dopo il primo, dopo il secondo, dopo l'antipasto e mentre facciamo manovra con il nostro SUV per andare a comperare decine di regali per Natale e decine di fogli di carta colorata per ricoprirli...
Ci lamentiamo moltissimo, ma allorquando qualcuno mostra i mali della società, cioè i nostri mali, "cambiamo canale", perché è triste vedere macellare un maiale che si dissangua a testa in giù, o una vacca che urla mentre le portano via il vitellino appena nato. Così guardiamo la partita sull'altro canale o l'intelligente gioco a premi di chi indovina l'età di una settantenne rifatta...mangiandoci un bel panino al salame ...
Viviamo nella paura: delle malattie, di essere feriti, di essere offesi, di non essere "abbastanza", di non arrivare a fine mese, di doverci privare di qualche oggetto o di Soldi. Qualsiasi paura è lecita...l'importante è che ci permetta di spostare fuori di noi il problema, così da non obbligarci a "guardare dentro", a vedere il vuoto...
E poi ci sono i film catastrofici. Mai visto una serie simile di film catastrofici...Nei film catastrofici di vent'anni fa saltava magari per aria un palazzo o uno stadio...adesso sprofondano interi continenti!
Che aria pesante tira..."da Occidente".


Ashis Nandy, lo studioso indiano esperto di decolonizzazione, ha provocatoriamente detto di recente in un'intervista: "L'Occidente non è il centro di nulla".. Io, invece, caricando la dose direi: "L'Occidente è il centro del nulla"...

E dunque la prima cosa che le chiedo è: se la mente indiana è da decolonizzare che cosa si ha da fare con la mente europea?
"Sono d'accordo con la formula che piace a Taylor e Chakrabarty: smetterla di immaginarsi come il centro. Ma aggiungo che il "West", Europa e Nord America, in virtù dell'esperienza coloniale con il "Rest ", sono portatori di un trionfalismo e della visione del proprio stile di vita come superiore a quello di altre parti del mondo. E banalmente osservo che il mondo non ha il genere di risorse che serve per produrre una mezza dozzina di Stati Uniti d'America...

"...Quello che è vero per l'Europa  è vero per l'India e per tutti: una certa apertura ad altri stili di vita e di pensiero è necessaria ed implica che, in alcuni casi, i livelli dei consumi debbano abbassarsi, invece di salire. C'è qualcosa di sbagliato nella difficoltà europea e americana di affrontare questa possibilità. La nostra idea di progresso è viziata dal dogma della crescita perpetua. Nel 1972 il Club di Roma ha prodotto un manifesto intitolato ai "limiti dello sviluppo". E ora? Non riusciremo a rendere popolare la "crescita zero", ma almeno prepariamo la gente a uno stato di cose in cui si dica: "Va bene, è abbastanza, non vogliamo crescere di più"".
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Jacopus

Per sariputra. L'occidente é molte cose che hai detto, che riconosco facilmente, ma non é centro. O meglio ha un rapporto dialettico e tormentato con il centro. Proverò a tornare sul concetto stasera. Laaciatemi un po' di spazio digitale e ne leggerete delle belle.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

InVerno

#51
Dubito fortemente che gli indiani si "decolonizzeranno", sopratutto dopo aver messo a progetto 20 centrali nucleari al torio, che non li mette per niente sulla strada degli stati uniti, al contrario li mette su una strada di progresso energeticamente sostenibile. Ma non è che quello che avevano combitano prima di essere colonizzati fosse esattamente una meraviglia di relazione con l'ambiente..
I BRICS hanno avuto la possibilità di imparare dagli errori del "primo mondo", che essendo partito per primo è inciampato per primo, e ha dato la possibilità ai suddetti paesi di interpretare i problemi alla luce delle conseguenze. Alcuni ne hanno fatto tesoro, altri invece no.  Il caso del Bhutan mi sembra molto più significativo in termini di paradigma, anche se ovviamente è facile giocare con quei numeri.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Jacopus

Per Sariputra. Lo storico Toynbee sottolineò che l'Occidente è un processo che ha trasformato il binomio World and the West in West and the Rest. In questa direzione si intende il processo di centralizzazione dell'Occidente, che è diventata una ideologia di classe, o meglio, di una superclasse globale che la può mettere in atto, formata da circa un miliardo di persone, opposta al resto della popolazione, che pur non potendola "agire", perchè troppo povera, la desidera come modello di vita.
Questo è il lato più visibile ed efferato dell'Occidente, ma non dobbiamo dimenticare che oltre quel nichilismo spesso qui menzionato, il mondo occidentale, fra le grandi civiltà è stato il solo a prendere deliberatamente una direzione, che ha spezzato "l'ordine naturale delle cose". Nel cuore dell'occidente non ci sono le stagioni, le ricorrenze cicliche dell'astrologia, i corsi e ricorsi della storia, il mistero religioso che confina e delimita, ma c'è Edipo che vuole conoscere, anche se sa che ciò è la sua rovina, c'è Prometeo che sfida gli dei e ne subisce l'ira dopo aver loro rubato la tecnica. C'è il pensiero che non si fa ingabbiare nella danza sufi e che scardina il pensiero paranoico del potere rendendoci tutti più liberi. Il fatto di essere qui, in un forum di filosofia e poter parlare liberamente di ciò che ci piace, è una raffinatissima conquista dell'Occidente, che ci deve far sentire debitori ad una serie secolare di benefattori, da Ulisse in poi.
Per questo motivo non sono favorevole a chi dipinge l'Occidente come il male, rovesciando maldestramente famosi slogan come "impero del male". L'Occidente è in questo senso il mare, la scoperta, il protendersi verso l'ignoto anche a costo della vita. Il famoso motto della lega anseatica, "navigare necesse est, vivere non necesse", è l'epigramma definitivo dell'Occidente.
Ma l'Occidente è anche un luogo della mente, che non può essere al centro, poichè vive anche della sua relazione con l'Oriente, con il Nord e con il Sud. Se il viaggio e il mare sono il suo mondo, ad esso è contrapposto la fissità e il deserto dell'Oriente, con tutta la ricchezza della fissità e del deserto.
L'Occidente è in fondo una partita doppia, dove si tende a mantenere sempre vivo il significato degli opposti, senza volerli annullare, come invece accade nelle liturgie assolute orientali. E non è un caso che i tre monoteismi siano nati in terra asiatica, e orientale, e neppure un caso che i tre più famosi dittatori del XX secolo, tutti e tre, provenissero dalla cultura monoteistica cattolica, un austriaco, un italiano e un georgiano. Il XX secolo è stato, da questo punto di vista il secolo meno occidentale degli ultimi quattro e dove si è rischiata la fine del viaggio di Ulisse.
Ora il destino è di nuovo nelle mani dell'Occidente. Potrà adagiarsi e fingere di non vedere il suo crollo finale oppure rimboccarsi le mani, prendere in mano il timone e raddrizzare la rotta. Ci si potrebbe richiamare alla famosa distinzione della tradizione politico-filosofica tedesca tra ottocento e novecento, che distingueva fra Zivilitation, ovvero lo sviluppo economico senza limite e abbruttente, e Kultur, intesa come insieme delle conquiste del pensiero europeo, alla base del processo emancipatorio dell'Occidente e del suo sguardo sul mondo.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

Sarà la mia deformazione mentale marxista, ma mi convince poco un'analisi della specificità occidentale, o meglio europea, in chiave totalmente idealistica, come evoluzione storica di una forma peculiare di pensiero. Trovo risposta più soddisfacente in un libro come "Armi, acciaio e malattie" di Jared Diamond in cui si risale fino alla rivoluzione agricola neolitica individuando alcuni indicatori che hanno permesso al Mediterraneo di svilupparsi molto più velocemente di altre parti del mondo innescando quel trend che  porterà alla supremazia planetaria europea. In soldoni, perchè di questo si tratta, una collocazione geografica e climatica favorevoli con accesso a materie prime e ricchezza di fonti alimentari e mezzi di trasporto animali variegate hanno permesso il crearsi di grandi comunità che hanno espresso elite intellettuali che hanno fatto il loro lavoro. Pulito e sporco, ma comunque egemonizzante.

Ma se tutto ciò valeva finchè si viaggiava a dorso di animale, a remi e a vela, non vale più in un presente totalmente interallacciato su scala planetaria, con un unico sistema economico interconnesso praticamente in tempo reale. Oggi direi "Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto, chi ha dato, ha dato, ha dato, scurdámmoce 'o ppassato, simmo 'e Munno paisá!". Un mondo con le divisioni sociali che attraversano trasversalmente i continenti e le elite, in cui l'ethos vincente non lo determinano i quarti di nobiltà del passato, ma gli indici della borsa. La quale decide il tempo reale. E pure il suo spirito. Tempo qualche decennio e saremo noi a migrare in Africa (in Asia ci stiamo già andando). Già le ex colonie portoghesi, messe non male pare, importano più lavoratori dall'ex padrone coloniale e dall'Europa di quanti ne emigrino. Bella o brutta che sia, andiamo verso una Civiltà globale e non saranno gli avanzi di medioevo a fermarla. Con una struttura federale in cui le comunità locali si difendono. Ma in cui le regole economiche e politiche sostanzialmente si uniformano. E con loro anche il mitico mondo delle Idee.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

InVerno

#54
Citazione di: Ipazia il 25 Ottobre 2019, 23:19:15 PM
Sarà la mia deformazione mentale marxista, ma mi convince poco un'analisi della specificità occidentale, o meglio europea, in chiave totalmente idealistica, come evoluzione storica di una forma peculiare di pensiero. Trovo risposta più soddisfacente in un libro come "Armi, acciaio e malattie" di Jared Diamond in cui si risale fino alla rivoluzione agricola neolitica individuando alcuni indicatori che hanno permesso al Mediterraneo di svilupparsi molto più velocemente di altre parti del mondo innescando quel trend che  porterà alla supremazia planetaria europea. In soldoni, perchè di questo si tratta, una collocazione geografica e climatica favorevoli con accesso a materie prime e ricchezza di fonti alimentari e mezzi di trasporto animali variegate hanno permesso il crearsi di grandi comunità che hanno espresso elite intellettuali che hanno fatto il loro lavoro. Pulito e sporco, ma comunque egemonizzante.
Diamond non sostiene questo, se leggi anche "Collasso", te ne rendi conto da sola ed è coerente con altri studi biogeografici.Al contrario, sostiene che l'Europa presentava un territorio di difficile sfruttamento per via dell'orografia, le zone umide\fredde, con alcune aree di impossibile sfruttamento  che fornivano da riserva di biodiversità. Siamo partiti tardi e per questo siamo esplosi tardi. Dove la natura resiste ed abbonda, non c'è nessuna ragione  per cominciare la civiltà. Chi ha avuto zone realmente di facile sfruttamento, le ha già prosciugate a tal punto e così presto che in alcuni casi non sappiamo nemmeno tradurre la loro lingua, per via di quanto prematuramente sono collassati, come la civiltà che abitava a MohenjoDaro, e che probabilmente ha fondato la cultura hindu. Si può anche fantasticare di un ipotetico ritorno a società agricole basate su saggezza popolare e leggende, senza però illudersi che in queste siano esenti da hybris. Una volta che si è sedentari, anche solo armati di asce e zappe, siamo un bubbone sulla crosta terrestre e dobbiamo gestire al meglio il nostro impatto. Farlo con miti e leggende? Con gli altri non ha funzionato. Il tentantivo di sanare la nostra presenza stanziale con il metodo scientifico è qualcosa di nuovo, magari falliremo, vorrà dire che ci metteremo in coda a tutte le civiltà del passato.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Freedom

La civiltà occidentale primeggia sul pianeta Terra. E' il centro del mondo e non il centro del nulla bensì il centro di una serie complessissima di interazioni economiche, politiche, sociali, culturali, etc.

Lo è diventata per ragioni che afferiscono alla supremazia militare. E' sempre il bastone la forza che consente di comandare e di evolvere. Ahimè sì di evolvere! Lo spiega bene la scena iniziale di 2001 Odissea nello spazio. Non vedere questa spiacevole e durissima realtà significa non comprendere la storia umana. Purtroppo non è riduttivo ma, al contrario, esaustivo, rilevare che Alessandro il Grande è diventato padrone assoluto del mondo grazie alla falange macedone. Ed i romani anch'essi grazie alle tecniche militari conquistarono la sovranità mondiale. E così via sino ad arrivare agli USA la cui supremazia è il semplice frutto della forza militare. Il dollaro ne è una delle tante espressione. Forse la principale ma nulla di più.

Purtroppo l'attuale civiltà occidentale (sulla cui scia economica e valoriale si sono messi tutti i Paesi del mondo) ha prodotto una degenerazione politica, culturale, sociale, scientifica! di difficile lettura. Di difficile lettura nel senso che non saprei assolutamente dire come andrà a finire. Non sono indovino e non vedo elementi certi che mi consentano di prendere una posizione.

Mi verrebbe di dare ragione a chi prevede una impossibile redenzione, intesa come impossibilità di produrre ulteriori passi in avanti nello sviluppo. Sviluppo a tutto tondo e non solo economico. Visto che l'economia, valore che ha sostituito qualsiasi religione, potrebbe ancora sorprenderci, sembra viceversa difficile che i valori comunemente intesi come positivi/benefici possano virare verso un incremento. Smarrito il senso di comunità non pare possibile riconquistarlo. E una civiltà atomizzata rischia la deflagrazione.

Ma la civiltà occidentale (che, lo ribadisco, riassume oramai il mondo intero) ha dei capi, qualcuno lo chiama 1% ma io ritengo siano molto, molto meno, che in qualche modo, la manderà avanti. Forse completamente mutata, probabilmente in peggio, la vita e ahimè, la forza, vince sempre. 

Salvo catastrofi nucleari o naturali.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

anthonyi

Citazione di: Freedom il 27 Ottobre 2019, 22:43:03 PM
La civiltà occidentale primeggia sul pianeta Terra. E' il centro del mondo e non il centro del nulla bensì il centro di una serie complessissima di interazioni economiche, politiche, sociali, culturali, etc.

Lo è diventata per ragioni che afferiscono alla supremazia militare. E' sempre il bastone la forza che consente di comandare e di evolvere. Ahimè sì di evolvere! Lo spiega bene la scena iniziale di 2001 Odissea nello spazio. Non vedere questa spiacevole e durissima realtà significa non comprendere la storia umana. Purtroppo non è riduttivo ma, al contrario, esaustivo, rilevare che Alessandro il Grande è diventato padrone assoluto del mondo grazie alla falange macedone. Ed i romani anch'essi grazie alle tecniche militari conquistarono la sovranità mondiale. E così via sino ad arrivare agli USA la cui supremazia è il semplice frutto della forza militare. Il dollaro ne è una delle tante espressione. Forse la principale ma nulla di più.

Purtroppo l'attuale civiltà occidentale (sulla cui scia economica e valoriale si sono messi tutti i Paesi del mondo) ha prodotto una degenerazione politica, culturale, sociale, scientifica! di difficile lettura. Di difficile lettura nel senso che non saprei assolutamente dire come andrà a finire. Non sono indovino e non vedo elementi certi che mi consentano di prendere una posizione.

Mi verrebbe di dare ragione a chi prevede una impossibile redenzione, intesa come impossibilità di produrre ulteriori passi in avanti nello sviluppo. Sviluppo a tutto tondo e non solo economico. Visto che l'economia, valore che ha sostituito qualsiasi religione, potrebbe ancora sorprenderci, sembra viceversa difficile che i valori comunemente intesi come positivi/benefici possano virare verso un incremento. Smarrito il senso di comunità non pare possibile riconquistarlo. E una civiltà atomizzata rischia la deflagrazione.

Ma la civiltà occidentale (che, lo ribadisco, riassume oramai il mondo intero) ha dei capi, qualcuno lo chiama 1% ma io ritengo siano molto, molto meno, che in qualche modo, la manderà avanti. Forse completamente mutata, probabilmente in peggio, la vita e ahimè, la forza, vince sempre.

Salvo catastrofi nucleari o naturali.

Ciao Freedom, sintetizzare la superiorità Occidentale come superiorità militare mi pare riduttivo. E' interessante che nella lista delle civiltà belliche che fai non ci sono i Mongoli di Gengis-Khan, eppure il loro è stato l'impero territorialmente più grande della storia. Pur sconfiggendo militarmente la Cina i Mongoli, che non hanno cultura, vengono sconfitti dalla cultura e civiltà cinese che sopravvive alla loro dominazione e ancora oggi si ripropone come competitore anche della cultura occidentale.
Questo per dirti che la vittoria tra civiltà è soprattutto una vittoria culturale, dalla cultura deriva il coordinamento tra gli individui, la conoscenza, la tecnologia, l'economia, e anche la forza bellica, perché un esercito forte è un esercito organizzato da chi sa come organizzarlo: Israele ha, allo stesso tempo, la più alta proporzione di università rispetto alla popolazione del mondo e, allo stesso tempo, l'esercito proporzionalmente alla popolazione più forte del mondo.
Un saluto

Freedom

Si certo la cultura é importante e non si può escludere che, talvolta, possa sopravvivere sottotraccia e rispuntare fuori al momento opportuno. Beffando la civiltà che aveva distrutto la sua società di riferimento. Ma, in ultima analisi, anche la cultura così come la scienza sono espressioni della forza e, come detto, afferiscono alla capacità militare. Ancora oggi ammiriamo e usiamo! Opere architettoniche romane, il diritto romano, per non parlare della Grecia. Che ancora oggi studiamo a scuola. Eppure tutte le scoperte ed opere ingenieristiche furono stimolate e suscitate dai vari eserciti che hanno percorso la storia.

So che è amaro ma è la guerra il motore della storia. Uomini e culture e politiche e religioni illuminate hanno cercato di correggere con risultati insoddisfacenti le storture umane.

Infine basta guardare all'evoluzione della specie umana per rilevare che c'è  una selezione violenta e crudele di ogni esemplare.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

anthonyi

Se a te piace vederla così, Freedom. Ma osservando solo le espressioni di forza si vede solo l'elemento esteriore, i Romani, ad esempio, costruiscono il loro impero molto più con gli accordi e le strategie che con le guerre, sono bravi a gestire i vinti e a farli diventare loro alleati quando possibile, e la costruzione degli imperi coloniali si regge sulle profonde differenze culturali che permettono a poche migliaia di uomini acculturati di controllarne milioni non acculturati e valorizzare (Qualcuno dice sfruttare) le risorse che detengono e che da soli non avrebbero saputo valorizzare.

Ipazia

Citazione di: InVerno il 26 Ottobre 2019, 11:31:11 AM
Citazione di: Ipazia il 25 Ottobre 2019, 23:19:15 PM
Sarà la mia deformazione mentale marxista, ma mi convince poco un'analisi della specificità occidentale, o meglio europea, in chiave totalmente idealistica, come evoluzione storica di una forma peculiare di pensiero. Trovo risposta più soddisfacente in un libro come "Armi, acciaio e malattie" di Jared Diamond in cui si risale fino alla rivoluzione agricola neolitica individuando alcuni indicatori che hanno permesso al Mediterraneo di svilupparsi molto più velocemente di altre parti del mondo innescando quel trend che  porterà alla supremazia planetaria europea. In soldoni, perchè di questo si tratta, una collocazione geografica e climatica favorevoli con accesso a materie prime e ricchezza di fonti alimentari e mezzi di trasporto animali variegate hanno permesso il crearsi di grandi comunità che hanno espresso elite intellettuali che hanno fatto il loro lavoro. Pulito e sporco, ma comunque egemonizzante.
Diamond non sostiene questo, se leggi anche "Collasso", te ne rendi conto da sola ed è coerente con altri studi biogeografici.Al contrario, sostiene che l'Europa presentava un territorio di difficile sfruttamento per via dell'orografia, le zone umide\fredde, con alcune aree di impossibile sfruttamento  che fornivano da riserva di biodiversità. Siamo partiti tardi e per questo siamo esplosi tardi. Dove la natura resiste ed abbonda, non c'è nessuna ragione  per cominciare la civiltà. Chi ha avuto zone realmente di facile sfruttamento, le ha già prosciugate a tal punto e così presto che in alcuni casi non sappiamo nemmeno tradurre la loro lingua, per via di quanto prematuramente sono collassati, come la civiltà che abitava a MohenjoDaro, e che probabilmente ha fondato la cultura hindu. Si può anche fantasticare di un ipotetico ritorno a società agricole basate su saggezza popolare e leggende, senza però illudersi che in queste siano esenti da hybris. Una volta che si è sedentari, anche solo armati di asce e zappe, siamo un bubbone sulla crosta terrestre e dobbiamo gestire al meglio il nostro impatto. Farlo con miti e leggende? Con gli altri non ha funzionato. Il tentantivo di sanare la nostra presenza stanziale con il metodo scientifico è qualcosa di nuovo, magari falliremo, vorrà dire che ci metteremo in coda a tutte le civiltà del passato.

E' vero che l'Europa è partita tardi rispetto alla conca fertile mesopotamica e all'estremo oriente, ma i blocchi analizzati nel libro contrappongono Eurasia (incluso il Mediterraneo africano), Americhe, Oceania e Africa sub sahariana. Il blocco euroasiatico, con spostamento progressivo dell'asse di sviluppo da oriente a occidente ha surclassato gli altri blocchi per i fattori citati che sono di ordine geofisico più che culturale: continuità territoriale, vivace interscambio materiale e tecnoscientifico, abbondanza di varietà di animali e piante domesticati. L'isolamento degli altri blocchi, e la loro scarsa diversificazione nelle risorse per quanto abbondanti, ha determinato il loro collasso nell'impatto con l'Eurasia.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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