Civiltà occidentale

Aperto da doxa, 17 Ottobre 2019, 15:39:54 PM

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paul11

#30
Premessa:
F. Nietzsche, Su verità e menzogna in senso extramorale.

Questo che segue è l'incipit iniziale.

In un qualche angolo remoto dell'universo che fiammeggia e si estende in infiniti sistemi solari, c'era una volta un corpo celeste sul quale alcuni animali intelligenti scoprirono la conoscenza. Fu il minuto più tracotante e menzognero della «storia universale»: e tuttavia non si trattò che di un minuto. Dopo pochi sussulti della natura, quel corpo celeste si irrigidì, e gli animali intelligenti dovettero morire. - Ecco una favola che qualcuno potrebbe inventare, senza aver però ancora illustrato adeguatamente in che modo penoso, umbratile, fugace, in che modo insensato e arbitrario si sia atteggiato l'intelletto umano nella natura: ci sono state delle eternità, in cui esso non era; e quando nuovamente non sarà più, non sarà successo niente. Per quell'intelletto, infatti, non esiste nessuna missione ulteriore, che conduca al di là della vita dell'uomo. Esso è umano, e soltanto il suo possessore e produttore può considerarlo con tanto pàthos, come se in lui girassero i cardini del mondo. ............

La posizione di Nietzsche qui rappresentata è la premessa e chiave di lettura dei suoi scritti migliori, perché ha anche vagheggiato, vaneggiato, contraddicendosi con altri scritti.

L' Uomo bisogna prenderlo per quello che è : natura. Porsi altri problemi mentali , vaneggiare che ne so di metafisica ,di filosofia diventa la presopopea umana, un darsi troppa importanza e crearsi falsi problemi....che diventano cultura e in quanto tale condizionano la vita stessa dell' Uomo.

La domanda è: è davvero così come pensa Nietzsche?

I post di Sariputra e Phil implicitamente pongono nelle loro argomentazioni la vera problematica che non è storia è la reale e vera condizione umana da sempre: il senso di precarietà.
Due sono gli estremi: o si vince costruendo una sicurezza, una consolazione , o si accetta la precarietà naturale.

La civiltà , la cultura attuale ha scelto la strada dell'uomo-natura con i concetti a corollario(evoluzione darwinista, utilità, opportunità, funzionalismo, il capo branco, ecc).
Qualunque forma di potere si autoconsacra nella natura in questa cultura, perché, e Nietzsche è estremamente coerente nel ragionamento logico ,data la premessa), perché non c'è morale, ma regola naturale del più forte per cui è la volontà sola e le condizioni ambientali-naturali (che poi sono anche organizzazione sociale umana come metafora naturale nelle piramidi sociali).
Qualunque tipo di sovvertimento sociale è giustificabile da questa cultura, qualunque atto di forza.
Non è disumanizzazione, rimangono i sentimenti, la giocosità, la gioia, ecc, ma sono relazionati alle regole della natura. Il più forte decide della sorte del più debole. Nietzsche, a mio parere, ha fiducia nella natura umana mentre non ne ha per qualunque tipo di cultura in quanto veicolo di condizione, di costrizione, degli istinti umani. Il merito , la forza, la volontà fanno da discrimine sui valori .

Questa società attuale è più nietzschena che cristiana. Solo che la cultura dominante moderna è a metà strada, ed ecco il vero problema mistificatorio.
La mimesi dei dispositivi culturali agisce svuotando i concetti e contenuti antichi, ma mantenendo la parola ,il termine. La retorica e la prosopopea agisce per tenere unite le comunità, ma la prassi agisce come regola spietata di natura.
Si ha la necessità dei grandi paroloni, come evocazioni, perché lo stato di natura non riuscirebbe mai a tenere l'ognuno per sé e tutti contro tutti. Non è questione di tattiche o strategie di potere, il livello è più alto, è di cultura ,di identità di popoli, di singole persone naviganti per il mondo.

Ma la domanda culturale, essendo l'uomo cultura, nonostante Nietzsche si contraddica(essendo uomo di cultura anche se ama la natura come culla umana) , è:
l'uomo può dimenticare le domande fondamentali sul proprio senso esistenziale, vedendo esso stesso nascere e morire in continuazione, secondo la regola naturale? Può accettare la precarietà come condizione di senso della propria vita?

Oggi siamo a metà del guado, una crisi culturale per certi versi anche interessante, per chi cerca di capire. Nella cultura non esistono vuoti, chi si sottrae immediatamente il suo spazio/tempo viene preso da qualcosa d'altro. La filosfia si sottrae ? La scienza moderna diventa divinatoria, come segno di speranza .Ma sono proprio gli archetipi umani ,più ancora degli archè meta-fisici, a dichiarare che l'uomo non può fingere di sottrarsi alle domande fondamentali creando un luna park globale per stordire la propria coscienza.

green demetr

Naturalmente rispondo anche a Phil tramite Paul, non è che l'archè sia di sola competenza metafisica. (ci ho visto una velata critica a noi due, forse però non era rivolta a noi due).
Esso deve fare i conti con chi lo produce. Su questo siamo d'accordo tutti e 3.

Solito difesa del filosofo Nietzche:
Nietzche non si contraddice affatto, infatti la questione del naturale se leggi bene, è solo una favola, che conta esattamente come se fosse un niente.

L'unica cosa che conta per Nietzche è il confronto umano. che poi si invera nel suo autosuperamento, cosa che forse non era ancora presente in questo lavoro che è del 73, mentre umano troppo umano è del 78.
Ma il limite umano era sempre ben presente in lui, cosa che cari Phil e Paul sicuramente ci unisce ben più delle differenze che ci allontanano, almeno rispetto a cosa sta diventando la civiltà occidentale.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

bobmax

@Paul11

Questa di Nietzsche non è che una premessa necessaria per l'unica autentica metafisica.

Non è forse, nella sostanza, la medesima strada percorsa dalla mistica?

Basta infatti tenere fermo il nostro pensiero razionale per giungere inevitabilmente all'horror vacui.

Ma è proprio nel Nulla in cui occorre aver fede!
La metafisica è fede nel Nulla. Tutto il resto è superstizione.

Nietzsche oscilla tra la volontà di potenza e il suo annichilimento.
Ciò avviene a causa della sua onestà intellettuale: può la volontà annullare se stessa?

Sì, ma soltanto perché libera non è mai stata.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

Citazione di: Phil il 21 Ottobre 2019, 21:56:18 PM
Ecco allora alcune conseguenze; la prima è una sovversione (perversione, direbbe qualcuno) storica: il «banalmente» dell'epoca metafisica ha fondato via negationis e motivato la metafisica; svegli vs dormienti, episteme vs doxa, etc. mentre il «banalmente» attuale post-metafisico è lo sfondamento della metafisica e ribalta, "trasvalutandoli", i ruoli delle dicotomie di cui sopra (ora, per il senso comune ma non solo, gli svegli sono i non-metafisici, l'episteme non è quella della metafisica degli archè ma quella della scienza e delle sue leggi, etc.).

Trasvalutazione alla Tomasi di Lampedusa mettendo Bilderberg al posto del Concistoro, con la sua episteme che sorveglia come l'occhio di Sauron la doxa dei social e la dirige verso le praterie della metafisica Economics.

CitazioneLa seconda conseguenza è che le filosofie un tempo reiette (quella popolare "da strada", quella immanente-orientale, quella dissacrante-decostruzionista, etc.) acquisiscono pian piano sempre maggior "dignità", non solo fra il popolo, ma anche agli occhi dei professionisti che, volenti o nolenti, vengono chiamati a prendere atto delle nuove dinamiche umane e sociali.

Direi che la dicotomia è sempre stata tenuta in gran conto dai bocconiani dell'epoca: panem et circenses. Ma anche: bastone e carota. Cooptando sagacemente il Masaniello di turno da dare in pasto al popolo inferocito al momento giusto ad imperitura riconferma del ruolo di Cesare e dei suoi  "competenti".

Citazione
La terza conseguenza è che per fronteggiare il «banalmente» contemporaneo, si può tutt'ora fare appello alla metafisica (banalizzando il «banalmente» alla luce di una trascendenza forte), oppure banalizzare il «banalmente» installandosi nella sua banalità, nel radicamento allo "spirito della contemporaneità", potendo riflettere criticamente dal suo interno senza andare oltre (meta) la contingenza e l'immanenza della banalità dell'esistenza e dell'accadere (ovvero indirizzandosi verso una filosofia tutta terrena, fra aspirazioni pur sempre umane e modelli di spiegazione sempre più ramificati).

Platone, Aristotele, Epicuro, Diogene cinico. C'è molta varietà anche nel pensiero classico. Zuckerberg e i bidelberghini possono ancora andare a scuola da Ignazio di Loyola. Incanalare le pulsioni e governarle politicamente non l'ha certo scoperto Sigmund Freud. L'unica novità è la tecnica-tecnica. La materia del feticcio. Con al vertice la materia monetaria, esotericamente smaterializzata. Ma le tecniche psicosociologiche di manipolazione sociale sono antiche come la religione. Che ne fu la somma archè. Ancora arzilla più che mai.

P.S. Notevole la critica del Nulla. Chapeau.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Sariputra

L'onnipresente, pervasiva mercificazione di tutte le cose rappresenta il destino ultimo dell'Occidente nichilista. L'uomo stesso si "cosalizza", diviene cosa, un ente mercificato. Nella sua oggettivazione più immediata, questo si materializza in beni che possono esser scambiati. Merci il cui possesso dovrebbe rassicurare l'animo "svuotato" (a condizione di guadagnarselo...non è per tutti, non è gratis ...come non lo era in passato la salvezza dell'anima per il credente). La suprema aspirazione dell'Occidente pare, alfine, prender corpo: "l'essere si può avere!".  In questa formula si manifesta, in essenza, l'istinto predatorio del cacciatore umano (abbrancando la preda, la immobilizzo, la faccio mia). E' la sintesi finale dell'istinto occidentale che desidera che ogni cosa sia "mia" (una linea che va dalla mia tribù, alla mia terra, al mio Dio, al mio corpo,e finalmente al mio nulla...).
La riduzione dell'essere ad ente, infatti, ha dato luogo ad un sistema ad alto impatto entropico, poiché gli enti, in quanto cose determinate, si deteriorano continuamente volgendosi in ni-enti (ossia nella negazione assoluta della loro qualità di cose determinate). In ciò consiste, a mio parere, il nocciolo profondo del nichilismo. Aumentando la rapidità della transazione di cosa con cosa, con  la onnipresente mercificazione, s'ottiene un effetto ottico illusorio di permanenza indeterminata. L'annientamento e lo 'svuotamento' di senso sembrano così non poter trovare spazio per manifestarsi tra gli interstizi del forsennato passaggio di ente in ente, di cosa in cosa, di persona in persona. Presi e lasciati in maniera sempre più frenetica. Non c'è più spazio per percepire il vuoto di senso.Così, con l'illusione che il processo di 'nientificazione' a cui il nichilismo approda possa esser congelato, sospeso indefinitamente, si prova vanamente a far terra bruciata intorno al terrore originario di perdersi, di non-esser-più. Senza speranza però, perché se è vero, usando una metafora, che agitando con rapidità e destrezza una torcia nell'oscurità lo spettatore ha l'impressione di trovarsi dinanzi ad uno stabile continuum di fiamma, ad una parabola ininterrotta di fuoco (ossia il parossistico, frenetico trascorrere delle merci, ora sul sempre più veloce web..), in realtà, all'aumento di velocità nel maneggiare la torcia corrisponde, proporzionalmente, una più veloce dissipazione della stessa fiamma. Vale a dire: tanto più velocemente produco e consumo enti-merci, o uso persone-cose, tanto più celermente li annichilisco. Il nichilismo è sabbia mobile: quanto più mi agito per evitare di affondare, tanto più affondo. Disperandomi.
E' questione di tempo, anche il nostro attuale progetto, convinzione, o riferimento si dissolverà sotto i colpi di "nulla -che- non c'è", che lo rivelerà gratuito e infondato . Anche se un riferimento fosse eterno, questo non gli fornirebbe un senso, mancando di giustificazione. Pertanto una semplice ricetta fatta di piccoli 'sensi quotidiani', rivela la sua inconsistenza, la sua profonda ipocrisia, il suo "non voler vedere"...
Perché il nichilismo non è più che un'altra casa in cui la mente umana vuol dimorare.  il nichilismo, distruttore di tutti i fondamenti e i valori, è solo un'altra casa in cui ci installiamo, e da cui giudichiamo che "nulla vale". 
Questo giudizio di nullità genera scoramento, rabbia, scetticismo o viceversa indifferenza, ricerca di svago, assurdità. Ma se fin d'ora iniziamo a mantenere una vigilanza critica nei confronti di tutte le determinazioni positive e rappresentazioni di 'nulla', e se la accompagnamo alla risolutezza di chi non sopporta più le invenzioni della propria o altrui mente, possiamo cercare l'esperienza che fa cessare il dolore del nichilismo. Portata alle sue estreme conseguenze, questa esperienza svuota ogni giudizio: né assoluti né relativi, né felicità né disperazione, né così né in altro modo. Resta in chiara evidenza il prodigio dell'esserci di ogni istante del nostro esistere.
Se mancasse questa possibilità, saremmo condannati a credere per sempre alle rappresentazioni della nostra mente (come l'eterno, il nulla, l'infondatezza assoluta, la volontà, ecc.) e alla nostra immancabile collocazione in esse; il nostro identificarci con esse. Non ci sarebbe la possibilità di cogliere tutto ciò che 'non-è -nulla' in un lampo...quello che definisco come " il lampo di passaggio" del sottile confine tra nichilismo e Buddhismo (il Buddhismo conosce meglio di ogni altra forma di pensiero il nichilismo, contro il fascino del quale ha dovuto difendersi sin dall'inizio della propria storia e a cui spesso è stato erroneamente accostato...). Con questo non voglio augurare al Buddhsimo di diventare una sorta di medicina per il nichilismo dell'Occidente, in quanto sistema di pensiero con ben altre radici dalla nostra cultura. La risposta allo 'svuotamento' , per essere realmente efficace, deve maturare nel corpo malato. La domanda allora è: questo corpo occidentale, ormai 'mondiale', ha ancora degli 'anticorpi' sufficienti?..
Naturalmente, come ho scritto sopra, si può 'mascherare' il proprio nichilismo..." l'occidentale finisce per  impegnarsi costantemente in attività, senza posa e assai frenetiche, al fine di mantenere a distanza questa pungente sensazione di mancanza di senso"...impegnarsi in tante attività per mascherare e non percepire lo svuotamento di senso in cui è stato educato e in cui si trova a vivere come "cosa tra le cose"...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

InVerno

#35
Citazione di: green demetr il 21 Ottobre 2019, 18:40:47 PMsolo per dire eh, la casa della cultura che è forse uno degli ultimi posti dove si sente ancora qualcosina di intelligente (molto poco, a parte quando è ospite l'immenso SINI ovvio) fraintende completamente questa ideologia e la fa sua!!!! e quest'anno si dedicherà ad essa!!!! non vedo l'ora di annotare l'intera forma sintomatica di questo idealismo, che ovviamente invece di sblocare l'area progressita a cui mi sento appartenere, diverrà il blocco maggiore! Che meraviglia l'ideologia!!!!  ::)
Solo alla fine dell'anno dunque capirò in cosa consiste questa nuova civiltà!!! (ennesima mimesi della gerarchia. a cui idealmente l'area progressista, giustamento socialista come ben dice Veca, almeno su quello cominciamo a fare un pò di chiarezza su ciò che per me era ovvio! non si può alias fare a meno della proprieta privata! a cui idealmente dicevo si oppone!!!!)
Ho detto "tra le altre", Polemos bussa alla porta in tante forme, anche i più tenaci non riescono ad escluderle tutte con la scusa dei complotti massonici.  A HongKong fino al mese scorso erano sdraiati sul divano a mandarsi foto dell'uccello, un giorno si sono svegliati nel bel mezzo della nuova guerra fredda e sono andati a farsi manganellare perchè...credono in niente. Avvisami comunque se si parlerà di abolizione della proprietà privata, sai che ho una rubrica sul grottesco!  ;D
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

green demetr

Citazione di: bobmax il 22 Ottobre 2019, 06:31:58 AM
@Paul11

Questa di Nietzsche non è che una premessa necessaria per l'unica autentica metafisica.

Non è forse, nella sostanza, la medesima strada percorsa dalla mistica?

Basta infatti tenere fermo il nostro pensiero razionale per giungere inevitabilmente all'horror vacui.

Ma è proprio nel Nulla in cui occorre aver fede!
La metafisica è fede nel Nulla. Tutto il resto è superstizione.

Nietzsche oscilla tra la volontà di potenza e il suo annichilimento.
Ciò avviene a causa della sua onestà intellettuale: può la volontà annullare se stessa?

Sì, ma soltanto perché libera non è mai stata.

Scusami Bob max ma devo difendere il mio maestro.

Nietzche non oscilla per nulla, certamente indica il nichilismo (che è l'assurda favola che il nulla esista) ma solo per superarlo. E lo fa già nei primi lavori quando parla di dionisiaco. Punto e a capo.
Non è minimamente un nichilista!
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Ipazia il 22 Ottobre 2019, 08:36:46 AM
Citazione di: Phil il 21 Ottobre 2019, 21:56:18 PM
Ecco allora alcune conseguenze; la prima è una sovversione (perversione, direbbe qualcuno) storica: il «banalmente» dell'epoca metafisica ha fondato via negationis e motivato la metafisica; svegli vs dormienti, episteme vs doxa, etc. mentre il «banalmente» attuale post-metafisico è lo sfondamento della metafisica e ribalta, "trasvalutandoli", i ruoli delle dicotomie di cui sopra (ora, per il senso comune ma non solo, gli svegli sono i non-metafisici, l'episteme non è quella della metafisica degli archè ma quella della scienza e delle sue leggi, etc.).

Trasvalutazione alla Tomasi di Lampedusa mettendo Bilderberg al posto del Concistoro, con la sua episteme che sorveglia come l'occhio di Sauron la doxa dei social e la dirige verso le praterie della metafisica Economics.

CitazioneLa seconda conseguenza è che le filosofie un tempo reiette (quella popolare "da strada", quella immanente-orientale, quella dissacrante-decostruzionista, etc.) acquisiscono pian piano sempre maggior "dignità", non solo fra il popolo, ma anche agli occhi dei professionisti che, volenti o nolenti, vengono chiamati a prendere atto delle nuove dinamiche umane e sociali.

Direi che la dicotomia è sempre stata tenuta in gran conto dai bocconiani dell'epoca: panem et circenses. Ma anche: bastone e carota. Cooptando sagacemente il Masaniello di turno da dare in pasto al popolo inferocito al momento giusto ad imperitura riconferma del ruolo di Cesare e dei suoi  "competenti".

Citazione
La terza conseguenza è che per fronteggiare il «banalmente» contemporaneo, si può tutt'ora fare appello alla metafisica (banalizzando il «banalmente» alla luce di una trascendenza forte), oppure banalizzare il «banalmente» installandosi nella sua banalità, nel radicamento allo "spirito della contemporaneità", potendo riflettere criticamente dal suo interno senza andare oltre (meta) la contingenza e l'immanenza della banalità dell'esistenza e dell'accadere (ovvero indirizzandosi verso una filosofia tutta terrena, fra aspirazioni pur sempre umane e modelli di spiegazione sempre più ramificati).

Platone, Aristotele, Epicuro, Diogene cinico. C'è molta varietà anche nel pensiero classico. Zuckerberg e i bidelberghini possono ancora andare a scuola da Ignazio di Loyola. Incanalare le pulsioni e governarle politicamente non l'ha certo scoperto Sigmund Freud. L'unica novità è la tecnica-tecnica. La materia del feticcio. Con al vertice la materia monetaria, esotericamente smaterializzata. Ma le tecniche psicosociologiche di manipolazione sociale sono antiche come la religione. Che ne fu la somma archè. Ancora arzilla più che mai.

P.S. Notevole la critica del Nulla. Chapeau.

Credo che stavolta non ho nulla da dire su Phil, perchè suppongo che ignorata la questione politica, proponga comunque sia la cosa, un sano ritorno a fare i conti con noi stessi prima che con gli altri. O anche meglio di accettare la banalità materiale di essere dentro la politica  e mai fuori.
Solo così noi metafisici-politici e voi politici tout court, possiamo tornare finalmente alle gravi questioni poste dal dopo 78. Che appunto implodevano nell'individualismo montante dietro le ideologie pompose e menzognere.
In cosa consisteva quell'individualismo se non nel non prendere in considerazione il comunitarismo sul serio.
Magari ripartendo dai greci, e non sorvolandoli a volo d'uccello, sull'unica cosa positiva che avevano elaborato.
L'idea di città, come idea di comunità.
Magari ma solo allora che abbiamo capito cosa è comunità (non certo lotta di classe ovviamente, ma lotta di dialettiche, di discorsi, di ideologie appunto) aggiornando la questione morale.
L'ambientalismo deve essere solo un conseguenza al massimo, giammai ciò su cui far leva....e invece siamo di nuovo qui! sulle macerie del 78. Sulle macerie delle ideologie che hanno prodotto gente molto molto intelligente come Phil, ma totalmente de-politicizzata. Come se il scegliere di astenersi non fosse una politica.

Dietro quella banalità detta in fin dei conti bene, potrebbe celarsi insomma altro.
L'accettazione servile e anti-dialettica delle nuove schiavitù nell'epoca dei meme.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Sariputra il 22 Ottobre 2019, 09:10:28 AM
L'onnipresente, pervasiva mercificazione di tutte le cose rappresenta il destino ultimo dell'Occidente nichilista. L'uomo stesso si "cosalizza", diviene cosa, un ente mercificato. Nella sua oggettivazione più immediata, questo si materializza in beni che possono esser scambiati. Merci il cui possesso dovrebbe rassicurare l'animo "svuotato" (a condizione di guadagnarselo...non è per tutti, non è gratis ...come non lo era in passato la salvezza dell'anima per il credente). La suprema aspirazione dell'Occidente pare, alfine, prender corpo: "l'essere si può avere!".  In questa formula si manifesta, in essenza, l'istinto predatorio del cacciatore umano (abbrancando la preda, la immobilizzo, la faccio mia). E' la sintesi finale dell'istinto occidentale che desidera che ogni cosa sia "mia" (una linea che va dalla mia tribù, alla mia terra, al mio Dio, al mio corpo,e finalmente al mio nulla...).
La riduzione dell'essere ad ente, infatti, ha dato luogo ad un sistema ad alto impatto entropico, poiché gli enti, in quanto cose determinate, si deteriorano continuamente volgendosi in ni-enti (ossia nella negazione assoluta della loro qualità di cose determinate). In ciò consiste, a mio parere, il nocciolo profondo del nichilismo. Aumentando la rapidità della transazione di cosa con cosa, con  la onnipresente mercificazione, s'ottiene un effetto ottico illusorio di permanenza indeterminata. L'annientamento e lo 'svuotamento' di senso sembrano così non poter trovare spazio per manifestarsi tra gli interstizi del forsennato passaggio di ente in ente, di cosa in cosa, di persona in persona. Presi e lasciati in maniera sempre più frenetica. Non c'è più spazio per percepire il vuoto di senso.Così, con l'illusione che il processo di 'nientificazione' a cui il nichilismo approda possa esser congelato, sospeso indefinitamente, si prova vanamente a far terra bruciata intorno al terrore originario di perdersi, di non-esser-più. Senza speranza però, perché se è vero, usando una metafora, che agitando con rapidità e destrezza una torcia nell'oscurità lo spettatore ha l'impressione di trovarsi dinanzi ad uno stabile continuum di fiamma, ad una parabola ininterrotta di fuoco (ossia il parossistico, frenetico trascorrere delle merci, ora sul sempre più veloce web..), in realtà, all'aumento di velocità nel maneggiare la torcia corrisponde, proporzionalmente, una più veloce dissipazione della stessa fiamma. Vale a dire: tanto più velocemente produco e consumo enti-merci, o uso persone-cose, tanto più celermente li annichilisco. Il nichilismo è sabbia mobile: quanto più mi agito per evitare di affondare, tanto più affondo. Disperandomi.
E' questione di tempo, anche il nostro attuale progetto, convinzione, o riferimento si dissolverà sotto i colpi di "nulla -che- non c'è", che lo rivelerà gratuito e infondato . Anche se un riferimento fosse eterno, questo non gli fornirebbe un senso, mancando di giustificazione. Pertanto una semplice ricetta fatta di piccoli 'sensi quotidiani', rivela la sua inconsistenza, la sua profonda ipocrisia, il suo "non voler vedere"...
Perché il nichilismo non è più che un'altra casa in cui la mente umana vuol dimorare.  il nichilismo, distruttore di tutti i fondamenti e i valori, è solo un'altra casa in cui ci installiamo, e da cui giudichiamo che "nulla vale".
Questo giudizio di nullità genera scoramento, rabbia, scetticismo o viceversa indifferenza, ricerca di svago, assurdità. Ma se fin d'ora iniziamo a mantenere una vigilanza critica nei confronti di tutte le determinazioni positive e rappresentazioni di 'nulla', e se la accompagnamo alla risolutezza di chi non sopporta più le invenzioni della propria o altrui mente, possiamo cercare l'esperienza che fa cessare il dolore del nichilismo. Portata alle sue estreme conseguenze, questa esperienza svuota ogni giudizio: né assoluti né relativi, né felicità né disperazione, né così né in altro modo. Resta in chiara evidenza il prodigio dell'esserci di ogni istante del nostro esistere.
Se mancasse questa possibilità, saremmo condannati a credere per sempre alle rappresentazioni della nostra mente (come l'eterno, il nulla, l'infondatezza assoluta, la volontà, ecc.) e alla nostra immancabile collocazione in esse; il nostro identificarci con esse. Non ci sarebbe la possibilità di cogliere tutto ciò che 'non-è -nulla' in un lampo...quello che definisco come " il lampo di passaggio" del sottile confine tra nichilismo e Buddhismo (il Buddhismo conosce meglio di ogni altra forma di pensiero il nichilismo, contro il fascino del quale ha dovuto difendersi sin dall'inizio della propria storia e a cui spesso è stato erroneamente accostato...). Con questo non voglio augurare al Buddhsimo di diventare una sorta di medicina per il nichilismo dell'Occidente, in quanto sistema di pensiero con ben altre radici dalla nostra cultura. La risposta allo 'svuotamento' , per essere realmente efficace, deve maturare nel corpo malato. La domanda allora è: questo corpo occidentale, ormai 'mondiale', ha ancora degli 'anticorpi' sufficienti?..
Naturalmente, come ho scritto sopra, si può 'mascherare' il proprio nichilismo..." l'occidentale finisce per  impegnarsi costantemente in attività, senza posa e assai frenetiche, al fine di mantenere a distanza questa pungente sensazione di mancanza di senso"...impegnarsi in tante attività per mascherare e non percepire lo svuotamento di senso in cui è stato educato e in cui si trova a vivere come "cosa tra le cose"...

Naturalmente il meditare è una soluzione al ricordare del nostro esserci, e alla sua relazione con il male (secondo il buddismo).

Ma non è un destino finale quello del nichilismo, è semplicemente una tappa derivante dai processi storici precedenti.

Dunque non è un destino tout court.
Oltre all'esserci, che nel buddismo occidentale che teme la morte, diventa un mero ritirarsi a guscio di tartaruga acuendo la paura generale. ( e comunque ho forti dubbi che loro non abbiamo paura, gli orientali dico).

Oltre all'esserci dobbiamo ricordare SEMPRE di tenere acceso il cervello, ossia di fare continua critica sia individuale che sociale. Solo così il pensiero può tentare di rimanere vivo, e magari tramandato da pochi alla gente futura.
Altrimenti verrà l'epoca autocratica del know how, e delle nuove schiavitù (persino virtuali).

nelle ultime conferenze era questo che Heidegger tentava di dire.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Ipazia

Nel veemente j'accuse di Sariputra ci sono molte cose condivisibili e viaggia parallelo al post di Paul11 e alla critica nicciana dell'ultimo uomo. Quello che mi convince meno, e che mi pare un diffuso errore di associazione - analogo a quello presente nei segni astrologici - è far coincidere la civiltà occidentale col capitalismo e la sua mercificante a(liena)zione. Se è pur vero che esso si è perfezionato nel cuore dell'occidente cristiano protestante è altrettanto vero che una volta esportato ha attecchito con estrema facilità anche nelle terre orientali che ormai lo stanno perfezionando più di noi, arrancanti, occidentali. Non è la civiltà occidentale ad aver conquistato il mondo, ma una sua parte "bassa" sul piano metafisico, ovvero l'accumulazione capitalistica. Lo stesso per la tecno-scienza, che è l'"apriti sesamo" dell'ambaradan.

La cosa che dovrebbe più preoccupare Sariputra è che questa contaminazione non ha risparmiato nemmeno le sorgenti del pensiero orientale, la cui resa è stata incondizionata, e che davvero, anche metafisicamente, ormai siamo tutti nella stessa barca. E lo siamo molto più che fisicamente, dove invece la "metafisica" di classe stratifica e diversifica gli umani senza distinzione di storia alcuna.

Insomma mi pare che la profezia nicciana dell'ultimo uomo (globalizzato) sia molto più azzeccata e che da lì si debba partire per disarticolare il motore nichilistico che trae dai magheggi accumulativi e concentrazionari del Capitale la sua linfa vitale ubiquitaria.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Apeiron

#40
Ciao @Green,

Ben ritrovato! Sto abbastanza bene, grazie. Tu, tutto bene?

Mi spiace ma probabilmente ti devo dire che dovrai inserirmi tra i 'moralisti'. In particolare, il mio intervento era mirato ad integrare quello del Sari - che ho trovato 'ottimo' - con alcuni commenti. Personalmente, trovo la soluzione 'Nietzscheiana' al nichilismo - perdona il tono - incoerente e pericolosa, in realtà.

Incoerente perché ritengo che in uno scenario dove non ci sono più valori, non è molto coerente 'selezionare' alcuni modi di affermazione della volontà e altri no. Mi spiego meglio... è vero che Nietzsche riteneva che i modi di affermare la volontà (di potenza) migliori erano quelli che affermavano la vita ma è anche vero che lui stesso ha 'preso a martellate' l'idea di porre dei vincoli alla volontà. Assolutizzare la volontà dell'uomo mi sembra qualcosa di estremamente pericoloso. Mi sorprende che, in generale, la filosofia di Nietzsche non venga criticata più spesso per questo motivo...

Pericolosa perché non mettere alcun 'giogo' alla volontà, è assai rischioso. Ritengo, in realtà, che Nietzsche se ne rese in parte contro e che non fosse così 'sicuro' che andasse bene. Il problema di non mettere alcun giogo, alcun vincolo alla volontà è che essa non è così 'pura', diciamo. Così, la filosofia Nietzscheiana non mi sembra giustificare alcuna limitazione alle manifestazioni peggiori della volontà, come le più violente e così via. Ho infelicemente utilizzato la parola 'scandalo' per descrivere la 'soluzione' di Nietzsche, termine che è usato con altro significato anche per descrivere il Cristianesimo. Ma mentre nel Cristianesimo è utilizzato per descrivere la sua paradossalità, qui intendevo dire che la soluzione Nietzschaiana è 'scandalosamente pericolosa, antietica' o comunque che può avere conseguenze 'scandalosamente antietiche' (personalmente, ritengo che Nietzsche stesso non fosse, in realtà, così 'contento' come sembra della sua filosofia. Leggo in molti passi delle sue opere una tensione che sembra suggerire proprio questo, in realtà.).

Ritengo, invece, che l'etica, la morale sia esattamente ciò che serve per 'purificare' la volontà e - 'paradossalmente' - che sia esattamente ciò che ci avvicina ad una 'buona innocenza'. Non tutta la moralità è 'bigottismo'. Personalmente, utilizzando la metafora della zattera buddhista o della scala di Wittgenstein, ritengo che la morale sia qualcosa che ci aiuta a 'purificare' la volontà. Anche l''obbedienza' non deve necessariamente essere vista come solo un'imposizione esterna tesa a limitarci. In realtà, si può anche obbedire per libera scelta e - anzi - forse l'obbedienza serve proprio a condurci verso una libertà più 'alta' (ho citato l'esempio della zattera buddhista, ma non credo che questo tipo di concezione di 'morale' e 'obbedienza' non sia davvero compatibile con altre tradizioni, altre etiche e così via...).

Quello che noto è che questo 'fatto' - ovvero che si possano intendere moralità ed obbedienza in modo diverso (comprese la moralità e obbedienza nel contesto del Cristianesimo), un modo molto più 'libero', sembra non riuscire a convincere molti. E visto che ci sono, non credo nemmeno che credere profondamente - essere convinti di qualcosa, ad esempio essere pienamente convinti che certe azioni siano giuste e altre ingiuste - conduca all'intolleranza. Credo semmai che da questo punto di vista sia importante considerare il modo in cui lo si fa, il modo in cui si agisce ecc. Ma anche questo non sembra convincere molti.

Spero di non essere letto in modo polemico, volevo solo precisare alcune cose.

P.S.

Approfondirei volentieri il motivo per cui trovo Nietzsche non così convinto dalla sua filosofia e l'idea dell'eterno ritorno (che secondo me, invece, è molto legata all'oltre-uomo... non a caso Nietzsche lo definiva il 'pensiero più abissale'), ma andrei off-topic.



Citazione di:  Sariputra
La riduzione dell'essere ad ente, infatti, ha dato luogo ad un sistema ad alto impatto entropico, poiché gli enti, in quanto cose determinate, si deteriorano continuamente volgendosi in ni-enti (ossia nella negazione assoluta della loro qualità di cose determinate). In ciò consiste, a mio parere, il nocciolo profondo del nichilismo. Aumentando la rapidità della transazione di cosa con cosa, con  la onnipresente mercificazione, s'ottiene un effetto ottico illusorio di permanenza indeterminata. L'annientamento e lo 'svuotamento' di senso sembrano così non poter trovare spazio per manifestarsi tra gli interstizi del forsennato passaggio di ente in ente, di cosa in cosa, di persona in persona. Presi e lasciati in maniera sempre più frenetica. Non c'è più spazio per percepire il vuoto di senso.Così, con l'illusione che il processo di 'nientificazione' a cui il nichilismo approda possa esser congelato, sospeso indefinitamente, si prova vanamente a far terra bruciata intorno al terrore originario di perdersi, di non-esser-più. Senza speranza però, perché se è vero, usando una metafora, che agitando con rapidità e destrezza una torcia nell'oscurità lo spettatore ha l'impressione di trovarsi dinanzi ad uno stabile continuum di fiamma, ad una parabola ininterrotta di fuoco (ossia il parossistico, frenetico trascorrere delle merci, ora sul sempre più veloce web..), in realtà, all'aumento di velocità nel maneggiare la torcia corrisponde, proporzionalmente, una più veloce dissipazione della stessa fiamma. Vale a dire: tanto più velocemente produco e consumo enti-merci, o uso persone-cose, tanto più celermente li annichilisco. Il nichilismo è sabbia mobile: quanto più mi agito per evitare di affondare, tanto più affondo. Disperandomi.
E' questione di tempo, anche il nostro attuale progetto, convinzione, o riferimento si dissolverà sotto i colpi di "nulla -che- non c'è", che lo rivelerà gratuito e infondato . Anche se un riferimento fosse eterno, questo non gli fornirebbe un senso, mancando di giustificazione. Pertanto una semplice ricetta fatta di piccoli 'sensi quotidiani', rivela la sua inconsistenza, la sua profonda ipocrisia, il suo "non voler vedere"...

Hai colto in pieno! ;) già, questo tentativo di risolvere il problema del 'vuoto di senso' in realtà finisce per peggiorare le cose...
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Jacopus

#41
Se permettete, dopo il dibattito su nichilismo ed Occidente, cambio prospettiva ed apro un nuovo ramo della discussione. Possiamo pensare l'Occidente come spazio e come tempo e ad anche come spazio-tempo. La cosa interessante è che l'Occidente si pone, a partire dal suo stesso nome, come una parte geografica. L'Occidente dovrà sempre confrontarsi con un Oriente, fin dal nome non ha alcuna ambizione totalizzante come invece accade alla Umma islamica, all'ecumenismo katholikos, o all'internazionale comunista. Ma l'Occidente è anche una fortunata costruzione storica con una sua realtà e una sua ideologia.
Il primo confine è quello fra Grecia e Persia. La Grecia piccola patria, dove vige la libertà di parola, la democrazia, il pensiero critico, contro la Persia del dispotismo, della servitù e dei monoteismi incombenti.
Ma specularmente la Grecia è il luogo dei conflitti, dei piccoli interessi di bottega, della incapacità di unirsi, della debolezza militare, della impossibilità di cooptare nuove forze, mentre la Persia è il luogo del potere vasto, imperiale, cosmopolita, universale, che permette la pace sub Cesare.
Lo stesso copione che si ripete nei secoli, Impero Romano d'Occidente e i suoi regni barbarici, impero romano d'oriente, ancora unito per mille anni. La Magna Europa della Nato, terra di democrazia e libertà e il Patto di Varsavia, dove vige la servitù e le satrapie di stato. Ma anche l'Occidente ha i suoi confini interni che definiscono chi è più occidentale fra gli occidentali. Era questo il senso degli Stati Uniti e delle loro dottrine, secondo le quali l'Europa era ormai il luogo dei governi autoritari e medievali a differenza della Land of hopes and dreams. Fu un aristocratico francese a stabilire questo confine interno, Alexis de Tocqueville.

Ad un certo punto però, accanto a questi confini più o meno geograficamente definiti, si è sovrapposto un Occidente frammentato e policentrico. La prima avvisaglia fu la conquista della terrasanta. In Oriente, un lembo di terra fu gestito per un paio di secoli come un primo esercizio coloniale. La madrepatria era lontana, era un'altra cosa. Gerusalemme manteneva un suo status e un suo richiamo, ma non poteva essere inglobata nell'Occidente.
Poi dal 500, l'Occidente forte delle sue cannoniere iniziò ad esportare i suoi valori e i suoi principi, tecnologici, religiosi, politici e l'Occidente, da luogo, divenne classe sociale. I valori occidentali sono diventati i valori ubiqui di una classe media o medio-alta che condivide valori e consumi, sia che si trovi in Indonesia o in Lituania.
Resta ovunque il principio dell'inclusione-esclusione: puoi diventare anche tu occidentale se sei sufficientemente abbiente e munito di alcune strutture di pensiero ricorrenti: libertà di opinione, di credo religioso, sessuale, di sfruttamento economico, riconoscimento della scienza, svalutazione delle Chiese, il denaro come metodo principe di ogni transazione, l'apparato burocratico per la trasmissione e la gestione del potere, la creazione di un immenso apparato per la trasmissione del consenso, il più omogeneo possibile. La labilità dei confini geografici e sociali è data da un termine ambiguo e centrale nel nostro discorso come America, con cui talvolta si intendono gli Stati Uniti,o gli americani che condividono i valori occidentali, oppure entrambe le cose.
L'Occidente ha finito per coincidere con la classe dirigente mondiale, che finora, nonostante qualche brutto scossone (socialismo reale, in primo luogo) è riuscito a governare il mondo e la Visione del mondo collettiva.
Da questa mia personalissima visione dell'occidente scaturisce un fatto curioso, come sia molteplice e ondivago il concetto stesso di Occidente. In molti lo identificano nella cristianità, primo fra tutti il papato, nella sua eterna lotta con l'Islam. Quello stesso Occidente si è identificato qualche secolo dopo, nel laicismo e perfino nell'ateismo, lasciando alle popolazioni inferiori le credenze religiose.
Per non parlare di come occidente e oriente si siano fuse e plasmate insieme per molte vie, la più celebre, proprio il cristianesimo, mistura potente di oriente ebraico ed asiatico ed ellenismo, nato proprio agli albori dell'impero romano, mistura, anch'essa potente, fra istituzioni greco-romane (senato, magistrature, elezioni) e istituzioni asiatiche (la divinizzazione dell'imperatore, il suo potere assoluto, già stigmatizzato da Seneca, solo qualche anno dopo la morte di Augusto).
E quindi? Qual'è il succo del discorso?
In realtà sto andando un pò a braccio, ma direi che una possibile morale che si può ricavare da quanto ho scritto è che non esiste un Occidente superiore ad un Oriente, che Occidente ed Oriente si sono sempre scambiati parti di DNA, e che comunque, nonostante ciò un certo Occidente e la sua ombra culturale hanno colonizzato il mondo, ideologicamente e materialmente per diversi secoli. E infine che, sotto sotto, nonostante  mi sforzi nel dire che non esiste alcuna superiorità dell'Occidente, una pulce, proprio vicino all'orecchio continua la sua cantilena, molto simile alla nona sinfonia di Beethoven.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

bobmax

Citazione di: green demetr il 22 Ottobre 2019, 18:29:26 PM
Citazione di: bobmax il 22 Ottobre 2019, 06:31:58 AM
@Paul11

Questa di Nietzsche non è che una premessa necessaria per l'unica autentica metafisica.

Non è forse, nella sostanza, la medesima strada percorsa dalla mistica?

Basta infatti tenere fermo il nostro pensiero razionale per giungere inevitabilmente all'horror vacui.

Ma è proprio nel Nulla in cui occorre aver fede!
La metafisica è fede nel Nulla. Tutto il resto è superstizione.

Nietzsche oscilla tra la volontà di potenza e il suo annichilimento.
Ciò avviene a causa della sua onestà intellettuale: può la volontà annullare se stessa?

Sì, ma soltanto perché libera non è mai stata.

Scusami Bob max ma devo difendere il mio maestro.

Nietzche non oscilla per nulla, certamente indica il nichilismo (che è l'assurda favola che il nulla esista) ma solo per superarlo. E lo fa già nei primi lavori quando parla di dionisiaco. Punto e a capo.
Non è minimamente un nichilista!

Ma certo che questa grande anima non era nichilista!
Denunciava il nichilismo. Cercava di combatterlo.

E in questo suo slancio etico, di chi non vuole assolutamente ingannarsi, perché onesto intellettualmente (fede nella Verità), non poteva che... oscillare.

Tra lo slancio verso il Bene e l'inevitabile naufragio.

Inevitabile perché solo tu, in perfetta solitudine puoi affermare che il Bene è: Dio ha bisogno di te.

Un compito immane, a cui segue la caduta.

Lo slancio è Beatitudine, la caduta è Ateismo mistico.
Che niente ha a che fare con il comune ateismo.

Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Phil

Citazione di: Sariputra il 22 Ottobre 2019, 09:10:28 AM
E' questione di tempo, anche il nostro attuale progetto, convinzione, o riferimento si dissolverà sotto i colpi di "nulla -che- non c'è", che lo rivelerà gratuito e infondato .
Eppure «gratuito e infondato» non equivale a «niente» (soprattutto se è tutto ciò su cui si può contare). Secondo me il nulla, in quanto tale, non colpisce; l'altro-da-me, invece, sì e colpendomi mi può far diventare altro-da-ciò-che-ero (ontologia del divenire?). Proprio come la freccia di Zenone non diventa nulla fra un istante e l'altro, così il mutamento (fisico, mentale, prospettico, valoriale, etc.) non viene scalzato dal nulla, ma da qualcosa di altro (o qualcosa dell'Altro, direbbe forse Levinas), che produce o coincide con il mutamento. A volte si rischia di chiamare «nulla» solo l'ignoto, qualcosa che "funziona" diversamente da ciò a cui eravamo abituati e che inizialmente ci sembra distruttivo (ma, a ben vedere, la distruzione stessa non è mai un nulla).

Citazione di: Sariputra il 22 Ottobre 2019, 09:10:28 AM
una semplice ricetta fatta di piccoli 'sensi quotidiani', rivela la sua inconsistenza, la sua profonda ipocrisia, il suo "non voler vedere"...
Ciò nonostante alcuni vivono di/in piccole narrazioni, di/in «piccoli sensi quotidiani»; si ingannano? C'è più inganno e/o più senso nelle grandi narrazioni culturali (per quanto siano prodotto inevitabile della vita sociale)?
E se il «non voler vedere» fosse invece un "vedere e tollerare", perché la loro prospettiva (etichettabile in differenti modi) glielo consente? Proprio come chi cammina su un ponte teso sopra un abisso (tanto per essere originali) e guarda davanti sia il vuoto che è di fronte a lui (non si vede ancora la fine del ponte), sia la sottile linea del camminamento instabile che gli consente, nonostante la vertigine dell'abisso, di procedere. Forse proprio l'esigenza di procedere rende ogni nichilismo superabile (e superato, v. postmoderno): a prescindere dal fondamento dei valori e dei sensi che si usano, risulta davvero impossibile difficile non averne nessuno ed essere mesti "portantini del nulla".

In che senso «la ricetta fatta di piccoli "sensi quotidiani"» ha una sua «profonda ipocrisia»?
Forse ipocrisia come ipo-crinein: distinzione sottostante, comprensione "bassa" (la "banalità" di cui parlavo). Ipocrisia alimentata dalla crisi delle grandi narrazioni e dei sistemoni metafisici, (ipo)crisi(a) che ricorda all'uomo, nell'"autolettura" della sua gettatezza caduca, la complessità delle dinamiche che lo circondano e, soprattutto la necessità di stare al "gioco della vita", da cui non può alienarsi nemmeno alienandosi dalla vita sociale contemporanea, radunandosi in piccole comunità di "ipocriti" con i loro piccoli sensi quotidiani e la loro presenza a se stessi nello spazzare le foglie della/dalla mente, manutentare la struttura abitativa, praticare la consapevolezza, studiare, questuare fra gli eruditi civilizzati, restando pronti a bruciare la statua di Budda per scaldarsi se è troppo freddo (citazione, non provocazione, e mia aspirazione che rimando per ulteriore vecchiaia, al netto della progettualità cangiante di questi tempi moderni...).

Citazione di: Sariputra il 22 Ottobre 2019, 09:10:28 AM
La risposta allo 'svuotamento' , per essere realmente efficace, deve maturare nel corpo malato. La domanda allora è: questo corpo occidentale, ormai 'mondiale', ha ancora degli 'anticorpi' sufficienti? [...] il nichilismo, distruttore di tutti i fondamenti e i valori, è solo un'altra casa in cui ci installiamo, e da cui giudichiamo che "nulla vale"
[...] cessare il dolore del nichilismo
Secondo me il nichilismo non è necessariamente una malattia da curare (dipende cosa si intende per salute, ovviamente), automatico sinonimo di dolore, anzi può essere affrontato (se lo si prende con filosofia) senza pessimismo cosmico esistenziale, ma come tappa "evolutiva" della storia occidentale o più semplicemente come disincanto della propria riflessione sulla realtà. Certo, il nichilismo non fa promesse allettanti, non rincuora, è come l'arte povera; proprio dall'estetica, soprattutto quella orientale, ci possono venire spunti per trovare la bellezza e il valore del "piccolo e debole", del decaduto, del consumato, del quasi vuoto, etc. e se facciamo fatica o "vediamo nero" è anche perché il nostro palato occidentale è più avvezzo alla maestosità degli archi di trionfo, dei templi e dell'oro, che altrove veniva usato, con sensibilità che oggi definiremmo forse nichilistica (svalutante, quasi sacrilega), per "mettere assieme i cocci" (kintsugi).

Ipazia

Citazione di: Jacopus il 22 Ottobre 2019, 21:45:48 PM... E infine che, sotto sotto, nonostante  mi sforzi nel dire che non esiste alcuna superiorità dell'Occidente, una pulce, proprio vicino all'orecchio continua la sua cantilena, molto simile alla nona sinfonia di Beethoven.

Una pulce ipocrita, che canta il contrario di ciò che ha sempre fatto. Una pulce più veritiera per quanto riguarda la diffusione della formazione sociale elaborata in casa, il capitalismo, con la sua razionalizzazione tecnoscientifica della produzione e l'esigenza di un libero mercato. Unica libertà a cui l'occidente borghese capitalistico tenesse, finchè il terzo mondo non è diventato un concorrente più bravo degli occidentali nello sfruttarne i vantaggi.

L'occidente è un trofeo di cervo appeso nel salotto buono della mitologia storica. Il futuro è globale e gli antenati non fanno la differenza quando giri la chiavetta di accensione dell'auto o accendi il cellulare. O quando si tratta di cantare Verdi e Puccini. Conta solo la voce, anche asiatica o africana, purchè di buona qualità.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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