Civiltà occidentale

Aperto da doxa, 17 Ottobre 2019, 15:39:54 PM

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green demetr

Citazione di: InVerno il 19 Ottobre 2019, 11:31:21 AM
Citazione di: altamarea il 18 Ottobre 2019, 22:01:05 PM
In chiusura del mio precedente post ho scritto se c'è un collegamento tra globalizzazione e declino di una civiltà  e se la crisi è quantificabile o  misurabile.
Lo stesso che c'è tra la povertà e la bassa scolarizzazione, la crimininalità, la fertilità fuori controllo etc (che pur non sono in grave aumento). La globalizzazione ha impoverito i poveri e arricchito i ricchi, in parte per la presenza di un attore orientale nel teatrino, in parte perchè ha permesso al capitale di muoversi molto più velocemente delle persone e degli stati, rendendo impraticabile il modello di wellfare e trasformato un capitalismo temperato in un capitalismo a briglia sciolta. Il che ha portato l'Europa, pericolosamente sulle orme americane. Ma è una questione economica, non valoriale\culturale. L'occidentale medio ha una conoscenza mediocre del resto del mondo, e se lo conosce lo guarda con disgusto dalla sua torre "eurocentrica". Al di là delle solite sicumere dei profeti di sventura reazionari, nessun occidentale si è dato come per magia all'islam, o si è messo ad adorare divinità congolesi, o ha abbracciato il sistema delle caste indiane. Il contatto con il resto del mondo è una curiosità "orientalistica", un cimelio esotico di cui bullarsi in qualche discussione su un forum. L'unico attore degno di nota ad aver penetrato le barriere culturali occidentali è il buddismo, perchè l'immanente funziona alla grande in occidente dopo la grande delusione cristiana..

in primis è una questione economica, ma come ogni questione essa si ritrova in una politica dei valori.

certo in occidente mentiamo a noi stessi, ma almeno abbiamo la libertà di farlo (puntulamente usato contro di noi, va bene, ma questo è colpa dei singoli, che non pensano).

se una operazione economica non và, lo diciamo, magari la si fa comunque, ma la si fa tramite uso di retoriche, che sono ancora parte dell'umano.

Se un giorno, ossia ieri, facciamo trattati con un attore che dice si fa e devi solo stare zitto....una nuovoa auschwitz è dietro le porte..
Stai all'erta inverno!  ;)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Sariputra

Non penso che si possa ormai più parlare di cultura e civiltà occidentale. Quello che domina è il nichilismo.
Con "nichilismo" intendo non solo un'impostazione filosofica, ma soprattutto una sorta di sintomo diffuso che attraversa tutto l'Occidente, in forma diretta o più spesso mascherata. È la netta sensazione dello svuotamento di tutti i fondamenti, siano essi divini o materiali, umani o sociali; ci hanno insegnato che non vi è nulla di certo, che ogni possibile principio o valore può rivelarsi erroneo o inconsistente, che dobbiamo orientarci e compiere scelte in base solamente a riferimenti di natura momentanea e relativi ad una particolare situazione. Questa relativizzazione e pluralità dei valori introduce nella cultura occidentale elementi di tolleranza e rispetto per la diversità, e questo è sicuramente positivo per il vivere sociale; ma se ognuno può avere la sua verità, "verità" non significa più nulla, e questo porta alla svalutazione dei valori stessi, compreso, paradossalmente, anche il valore stesso della tolleranza.
Questo 'svuotamento' non ha più l'effetto di generare ribellione semplicemente perché mancano posiizioni forti da contestare (a cosa ti ribelli?..); assume piuttosto la forma di ansia, di noia o di una generica e generalizzata "indifferenza" verso tutto. Abbagliati dalla miriade di possibilità e "verità" che , ogni giorno, troviamo dinanzi a noi, finiamo per dedicare il nostro tempo al provvisorio, senza riconoscere dei limiti di principio, se non appunto in forma generica e facilmente "aggirabile". Cominciamo cioè a fare nostra l'idea che non ci sia alcun significato nel nostro vivere e nella vita stessa. E questo è nichilismo...

Cosa resta allora se non vi sono più i significati  'tradizionali'che prima definivano il nostro "orizzonte di senso"? Restano solo le informazioni e le sensazioni, un oceano di informazioni e sensazioni, vere o più spesso false,che vengono messe in commercio, consumate e costantemente rinnovate a ritmi tecnologici,in maniera necessariamente sempre più rapida, o portate all'estremo della trasgressione. Anche se spesso sono completamente slegate e disorganiche, queste nuove sensazioni hanno l'importantissimo compito di aiutarci a coprire quella netta sensazione di 'svuotamento' che tutto pervade. Abbiamo bisogno, come una sorta di dipendenza da droghe, di queste 'illusioni' che riempiono il vuoto...
Ovviamente si potrebbe ribattere che non tutti siamo edonisti trasgressivi o consumisti annoiati dalla vita. Non siamo tutti degli ansiosi individualisti. Ci sono molte persone che s'impegnano nel coltivare qualche principio politico, morale, religioso o scientifico. C'è ancora chi continua ad immaginare di lottare per un futuro migliore in base a qualche vetusta ideologia o a qualche principio sociale. E ci sono pure i fondamentalisti religiosi...
Ma , nonostante questo, a mio aprere , nessuno può negare di essere un nichilista.Perché?
Perché il nichilismo non è solo un sintomo, la sensazione di 'svuotamento',ma anche la chiara visione delle sue conseguenze, per le quali nessun "investimento di senso" è dotato di un punto di partenza universale: spirito, ragione, storia, amore, solidarietà, famiglia, non possono più aspirare ad essere delle verità stabili e fondanti perché per esserlo dovrebbero essere principio della propria esistenza, dovrebbero bastarsi e autogiustificarsi; invece non abbiamo risposta per le domande: perché esistono? Perché ci generano e ci determinano? Perché sono valori?
Pertanto si potrebbe dire che ciò che ci rende tutti nichilisti non è una dimenticanza della natura armoniosa e unitaria del mondo cui dovremmo tornare, e nemmeno la perdita della complessa trama delle relazioni di cui dovremmo tenere maggior conto. Non è neppure l'errore della Modernità, da cui ravvedersi. E' il passaggio dalla caduta storica di certi specifici riferimenti, da certe tradizioni, alla infondatezza di ogni possibile riferimento.
Possiamo ancora collocarci in Dio, per chi ha fede,o nella ragione, nell'amore, ma solo in quanto orientamenti utili e pratici, come la salute, il lavoro o l'amicizia; sono parti di una complessa rete di significati, condivisi ma virtuali; possono svuotarsi in ogni momento, e se anche durassero una vita basta applicarvi un poco di ragione per concludere che nessuna credenza è più sensata di un'altra.
A questo punto piuttosto che ritrovarsi in una condizione di "piattezza assoluta" in cui nessuna azione sarebbe da preferire a un'altra, è meglio non pensarci, perché facendosi tante domande del tipo "perché vivere?" non si può che accellerare questo processo di dissoluzione. Quindi l'occidentale finisce per  impegnarsi costantemente in attività, senza posa e assai frenetiche, al fine di mantenere a distanza questa pungente sensazione di mancanza di senso, per sopportare quel precipitare infinito e senza fondo, e che viene percepito inconsciamente, interiormente  come male,come il caos.
Così lo descrive, questo nichilismo, Fernando Pessoa: 
«La vita è vuota, l'anima è vuota. Il mondo è vuoto. Tutti gli Dei muoiono di una morte più grande della morte. Tutto è più vuoto del vuoto. Tutto è un caos di nessuna cosa... Nulla mi dice nulla, il mondo si è perduto. E in fondo alla mia anima (unica realtà in questo momento) c'è una pena intensa e invisibile, simile al rumore di qualcuno che piange nel buio di una stanza».
In realtà questa condizione è poco percepita dalla maggioranza degli occidentali perché difficile da sopportare, e anche per un preciso orientamento culturale: si tende sempre più a ridurre l' "anima vuota e in pena" che per Pessoa è l' "unica realtà" ( la nostra coscienza ) a un oggetto biologico, e quindi a ridurre anche il significato della nostra esperienza cosciente a meccanismi nervosi. Si arriva così a 'svuotare' di senso anche l'esperienza stessa dello 'svuotamento esistenziale' Oggi la netta sensazione di svuotamento non è considerata come il riflesso della percezione del caos e della domanda sul senso della vita, ma solo una delle tante psicopatologie da curare con qualche farmaco o con la psicoterapia; e il fatto che riguardi "me stesso" è considerata solo una illusione cognitiva.
Questo è , secondo me,  un passaggio decisivo, perché con esso il nichilismo riesce a occultarsi allo sguardo più profondo: il significato svuotante non diviene più la acuta e coraggiosa critica contro tutti i sistemi di pensiero , ma è un pensiero che cancella anche se stesso. Il cerchio si chiude e resta solo un 'post-nichilismo' fatto di formule anestetiche e contraddittorie come: "ogni significato è relativo, anche quello che sto esprimendo ora non significa niente". La fine del nichilismo possiamo chiamarla "nientismo".
A questo punto però , quel che resta dell'"animo" comincia  a sentire che qualcosa non torna...Ed è proprio così! Qualcosa non torna proprio. Perché questa forma di "assolutismo nichilista" è viziata da una circolarità intrinseca, che porta a contraddizioni: da un lato il relativismo e il nichilismo svuotano tutto ma dall'altro il nichilista continua ad affermare per lo meno la propria posizione come assolutamente vera. Nonostante questo sia un argomento razionale da opporre  e, a mio parere, piuttosto evidente, e sostenuto anche da autorevoli filosofi come Thomas Nagel, sorprendentemente sembra non riuscire a cambiare nessuno. Per una critica efficace occorre ritornare al sintomo di cui facciamo esperienza, a quella netta e precisa sensazione di 'svuotamento' che riguarda proprio NOI... e che non si può auto-cancellare. Anche se non so più cosa sia la prima persona, ossia  'me stesso', purtuttavia LA SENTO. Se IO si svuota, IO SENTO vuoto.
Possiamo cercare in profondità la causa della sensazione di svuotamento. Il nichilismo è infatti l'esito di un lungo processo di maturazione al termine del quale in Occidente ha prevalso su tutto il NULLA. Termine cruciale: cosa s'intende, a questo punto, con 'nulla'?
La risposta della gente comune è diretta, legata al sintomo che percepisce: Il nulla è la mancanza, la perdita di ciò che avevamo, la dissoluzione delle tradizioni del passato ma anche dei progetti per il futuro, alfine l'irrilevanza di tutto. Questo è "il nulla-mancanza" proprio del nichilismo, ormai pienamente maturo e latente in ognuno di noi. Anche in chi crede illusoriamente il contrario...
 La nostra mente di  occidentali è abituata da oltre duemila anni a fissare un'idea stabile di tutto, "entificare" per così dire tutto, e quando percepiamo 'nulla' e vogliamo indicarlo, lo immaginiamo come un nulla-qualcosa, una tangibile mancanza rispetto a qualcosa che eravamo convinti ci fosse o ci dovesse essere: un riferimento, un valore, o un mondo stabile e dotato di significato. È come cercare di immaginare un buco: sempre ci rappresentiamo i contorni (il nulla di questo e di quello), ma non il buco...
Un grande filosofo giapponese del '900, Nishitani Keiji, ha evidenziato come in Occidente Nietzsche fu il primo che trasformò  il nulla in "un qualcosa". Descrivendo la sua netta sensazione di svuotamento, egli rappresentò nulla come una sostanza, un principio abissale che dissolve ogni altro principio, sia esso umano o divino. 
Lo stesso fraintendimento di Nietzsche sul nulla come "qualcosa" è giunto fino al sociologo francese Jean Baudrillard, quando sostiene che la vera domanda fondamentale è: "Perché c'è il nulla piuttosto che qualcosa?"
Come se il nulla potesse realmente essere 'qualcosa'...
Così lo svuotamento di ogni principio è infine elevato a principio, e in questa rappresentazione siamo rimasti tutti imprigionati. L'occidentale è incapace di pensare senza oggettivare, esattamente così come non riesce a pensare l'Io cosciente senza rappresentarlo in modelli neurali. Non solo intende nulla-non c'è come il qualcosa che dissolve e minaccia, ma talvolta anche come qualcosa di desiderabile.
C'è una barzelletta ebrea che Francisco Varela usava per illustrare la nostra abitudine di occidentali a rappresentare, in cui due uomini molto poveri si incontrano, e il primo dice: «Le cose vanno sempre peggio; sarebbe stato meglio non essere nati». Il secondo replica: «Come è vero! Ma a chi toccherebbe questa fortuna? A uno su diecimila!». Il non esserci, l'assenza, diventa paradossalmente qualcosa che qualcuno "può avere".
Quindi anche il nichilismo,definito anche come la fine di tutte le metafisiche, è una metafisica, un "fondamentalismo dell'infondatezza", in cui l'infondatezza 'entificata' diventa fondamento per la pena, o la noia, del vivere. Una mancanza da 'riempire'...
A questo punto sono importanti due passi da compiere:
1) riconoscere e accogliere senza 'coprirla' quella netta sensazione di svuotamento (chi non la sente potrà semplicemente dimenticare tutto ciò, restando però un nichilista in potenza); per esaminare il sintomo nella sua fenomenologia però occorre mettere in dubbio la cultura scientista che sterilizza ogni sensazione e pensiero, e dar valore alla propria domanda di senso in prima persona, non importa quanto appaia insensata (anche se mi ripeto "la domanda non ha senso...", appunto! Io sento nonsenso).
2) Applicare intelligenza sulla questione, cercando la causa profonda dello svuotamento, che nasce dal rappresentare nulla come la mancanza di qualcosa e dal nostro collocarci in questa mancanza, mentre invece si tratta di un significato irrappresentabile benchè reale.
La descrizione dei sintomi e l'analisi delle cause sono indispensabili, ma distinguere veramente i due nulla, che possiamo chiamare "vuoto esistenziale" nichilista, e "Shunyata", vacuità buddhista, è un'esperienza di trasformazione. Che deve avvenire in un luogo preciso: quel "me stesso" che Pessoa descriveva come "unica realtà in questo momento".
Questo spiega in parte l'affascinante viaggio che il Buddhismo intraprende in un Occidente nichilista e in cui quindi le ragioni profonde di questa esperienza di 'trasformazione' del nichilismo sono più urgenti... :)
saluti
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

bobmax

Ciao Sariputra
 
Concordo con la tua analisi, che ho letto più volte perché profonda e chiarificatrice. Perciò un buon punto di partenza per iniziare a ruotare il timone della nostra nave.
 
Vorrei solo aggiungere queste osservazioni:
 
* Il nichilismo non è una peculiarità occidentale, perché è insito nello stesso pensiero razionale.
Il nichilismo nasce con la razionalità, ne è l'altra faccia della medaglia.
Laddove il mondo appare corrispondente in toto al modello razionale, là vi è pure il nichilismo.
Quindi i primi nichilisti, nel mito, sono proprio Adamo e Eva. I primi infatti a ritrovarsi fuori del paradiso terrestre a causa dell'avvento della razionalità.
L'occidente è stato più rapido ad affrancarsi da "credenze" irrazionali per occultavano la "verità" razionale.
E la "verità" razionale è il nichilismo.
L'oriente non può perciò che seguire la stessa strada occidentale.
 
* Il nichilismo è una sfida. Una sfida che a lungo abbiamo cercato di evitare, ma ormai non può più essere ancora ignorata.
Il nichilismo deve essere attraversato.
Ritengo che tutte le religioni abbiano nella loro essenza un germe che possa aiutare.
Quindi pure il cristianesimo, in particolare con la sua mistica.
E certamente la filosofia, l'autentica filosofia, che seppur in forme diverse sempre si trova ad affrontare il cuore della questione esistenziale: il nichilismo.
 
* E' importante considerare che nonostante l'orrore, il nichilismo ha i piedi di argilla.
Sta infatti in piedi su di una latente contraddizione, la medesima contraddizione che ci fa ritenere che la razionalità sia fonte di Verità.
Ma per mettere in luce questa contraddizione, e svelarne il bluff, occorre mettere in discussione i capisaldi dati per "certi" di cui si è appropriato il pensiero razionale.
Occorre cioè tornare al "sapere di non sapere", per davvero però!
E chiederci, con tutta la nostra possibile fede nella Verità: "Chi sono io?"
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Elia

#18
Non so come fate ad odiare il  cristianesimo, eppure siete tutti suoi figli, in tutti noi c'è cristianesimo anche se siamo atei.  Io non riesco ad odiarlo solo perché ci fu l'inquisizione e il patriarcato dominante sessuofobico ha imposto regole spiacevoli quando non dannose.  Possibile che non siate capaci di vedere i contributi e gli effetti positivi del cristianesimo? Se studiamo la storia del cristianesimo, sappiamo che le prime comunità cristiane formatesi nell'Impero Romano si distinguevano in maniera sorprendente proprio perché vivevano in comunione, mettevano tutto in comune, cioè a disposizione anche degli altri. Inoltre non seguivano l'usanza dell'epoca di "esporre i bambini", non ripudiavano i loro bambini, ma il minore, l'infante, inizia ad acquisire un propio valore e una propria dignità. Al di là poi di credere, avere fede o meno, il cristianesimo è stato promotore, incentivatore morale, dal basso, di ciò che oggi chiamiamo civiltà occidentale, con tutti i suoi diritti umani riconosciuti ovunque. E scusate se è poco. Percò credo siano sensate le parole di Thomas Eliot: «Se il cristianesimo se ne va, se ne va tutta la nostra cultura; e allora si dovranno attraversare molti secoli di barbarie», a maggior ragione perché, al contempo, abbiamo spalancato le porte alla globalizzazione, mettendoci in balìa di altre forze.

Quale altra religione ha offerto contributi di così alto valore etico, morale e civile? La peculiarità del cristianesimo consiste nel fatto che ha saputo concepire e concretizzare un modello di vita sociale basato non più, come era sempre stato fino ad allora, sull'egoismo, ma sull'amore per l'altro, per il prossimo, sul condividere ciò che si possiede e sul rispetto reciproco, sulla considerazione dell'altro, anche del più debole.  Non erano menti elette, come quelle dei grandi filosofi greci, purtuttavia il cristianesimo fu qualcosa di dirompente proprio perché nacque dal basso, dalle persone umili. Un po' come al giorno d'oggi cercava di fare il movimento 5stelle (anche se è quasi fallito). E  l'"ama il tuo prossimo come te stesso" ha radici lontane, proveniva da una corrente della tradizione ebraica, in pratica appartiene alla tradizione kabbalistica.
Credo fortemente che la crisi dell'Occidente sia dovuta innanzitutto ad un sentimento di autolesionismo molto diffuso, che aleggia evidente anche in tutti i post e commenti del forum. Non so ben definirne le cause, forse alcune ideologie ci hanno inculcato forti e assurdi sensi di colpa o di ribellione o di annientamento, di vuoto (come evidenzia Sariputra nell'ultimo suo commento), non so. Sembra come se, arrivati al massimo sviluppo intellettuale, etico, scientifico e tecnologico, volessimo ancora di più, un di più che nemmeno sappiamo in cosa consiste, come quei figli di famiglie ricche che presi dalla noia passano le loro serate tra alcol e cocaina. Purtuttavia non capisco l'autolesionismo. E' comprensibile l'essere insoddisfatti, ma ritorcersi contro la propria cultura e, ancor peggio, svalutarla in confronto alle altre, mi sebra un sintomo grave in quanto pazzesco.  Che la nostra civiltà non sia perfetta è assodato, ma invece di pensare a migliorarla, pensiamo a distruggerla, a denigrarla.  E' un odio e un disprezzo che si palesa in varie sfumature, dal rifiuto in toto all'odio verso un solo aspetto, in questo caso la religione. Lo stesso rifiuto del cristianesimo e i suoi simboli, non è ateismo, ma vero e proprio odio, odio verso sé stessi, le proprie radici. E lo spiega bene Vittorio Sgarbi quando affrota questi temi; vi ricordo che Sgarbi è ateo, ma per sua fortuna è un critico d'arte e di cultura ne capisce molto più della massa.

Certamente c'è un collegamento anche con la globalizzazione perché è stato come togliere gli anticopri ad un organismo sano e forte (l'Occidente) illudendosi che rimanesse integro o che si rafforzasse di più, ma col sisitema immunitario ridotto al minimo, prima o poi ci si ammala; le cause le ha ben elencate Inverno nella prima parte del suo intervento, poi ha proseguito smarrendosi anch'egli nella selva oscura dell'autolesionismo.
Sariputra, certamente quel senso di vuoto ha bisogno di essere riempito e il buddismo ci riesce in parte, come in parte ci riescono altre religioni o filosofie orientali, ma al di là dell'affascinante novità che possiamo trovare in esse, sono limitate in quanto non si  sviluppano. Credo invece che la singolarità della cultura occidentale sia quella di possedere la capacità di saper valutare e scegliere, di andare oltre, di crescere, svilupparsi, caratteristica che le altre culture non hanno, o l'hanno in misura minore.

Come scrive Bobmax, occorre cioè tornare al "sapere di non sapere"e chiederci, con tutta la nostra possibile fede nella Verità: "Chi sono io?" e magari scopriamo, come Freud scoprì i processi dell'inconscio, che Dio è dentro di noi, è parte del nostro io superiore, al di là o al di sopra del cosciente e dell'incoscio, una parte del nostro io non ancora esplorato, molto più vasto di quanto immaginiamo, magari in connessione con altri io e con l'universo.

Dunque non distruggiamo, conserviamo in buona salute la nostra cultura, e riprendiamo il cammino.
"L'egemonia di sinistra ha creato un deserto e l'ha chiamato cultura".
(M.V.)

Ipazia

Ipazia non è figlia del cristianesimo. Ed ha buoni motivi per odiarlo. Gli uncini la croce li ha messi molto presto. E li ha tenuti affilati per troppi secoli per ritenerli casuali.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

InVerno

#20
Il recente exploit della ragazzina con le trecce dovrebbe dare un indicazione di quanto le persone sono affamate di ideologie, persino di un escatologia (!), che fornisca un capitale trascendente il capitale materiale. Se fossero tutti nichilisti nessuno sarebbe salito su quel treno, ne su altri su cui correntemente la gente sale, vari "ismi" di ogni risma e fatta di cui le persone vanno matte, ne fanno collezioni come fossero farfalle, se proprio non trovano niente si danno al terrapiattismo o alle credulonerie più becere, ma credere in niente? Sari non prendertela a male, hai fatto un bellissimo intervento, scherzo, ma io quando sento parlare di nichilisti penso sempre a loro https://www.youtube.com/watch?v=rAP2U61U6Do

C'è una forte domanda, che non trova un offerta unica. E' un pò come se un affamato si presentasse ad un pranzo, e gli offrissero fango, colonne di marmo, e vecchie armature di bronzo.. facile sarebbe dire "probabilmente non ha appetito e gusti, a me le armature di bronzo piacciono tantissimo".  Nel frattempo le fedi tradizionali lucidano continuamente le loro armature di bronzo "vedi quanta è bella? non la vuoi mangiare?" mai a nessuno (o a pochi) viene l'idea di presentare qualcosa di edibile per palati nuovi, giusto per vedere se l'invitato è davvero inappetente, o è solo a dieta per colpa della tavola così mal imbandita. Per ora si va avanti a dieta variegata, onnivora, frugale, frazionata..perlomeno siamo salvi dall'assolutismo, dall'idea che si può vivere mangiando solo una torta che copre tutto il mondo..quelle del passato sono tutte scadute, vittime dei loro anacronismi, regionalismi, degli uomini che le hanno portate avanti.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Apeiron

#21
Citazione di: Sariputra il 20 Ottobre 2019, 10:53:25 AM
Non penso che si possa ormai più parlare di cultura e civiltà occidentale. Quello che domina è il nichilismo.
Con "nichilismo" intendo non solo un'impostazione filosofica, ma soprattutto una sorta di sintomo diffuso che attraversa tutto l'Occidente, in forma diretta o più spesso mascherata. È la netta sensazione dello svuotamento di tutti i fondamenti, siano essi divini o materiali, umani o sociali; ci hanno insegnato che non vi è nulla di certo, che ogni possibile principio o valore può rivelarsi erroneo o inconsistente, che dobbiamo orientarci e compiere scelte in base solamente a riferimenti di natura momentanea e relativi ad una particolare situazione. Questa relativizzazione e pluralità dei valori introduce nella cultura occidentale elementi di tolleranza e rispetto per la diversità, e questo è sicuramente positivo per il vivere sociale; ma se ognuno può avere la sua verità, "verità" non significa più nulla, e questo porta alla svalutazione dei valori stessi, compreso, paradossalmente, anche il valore stesso della tolleranza.
Questo 'svuotamento' non ha più l'effetto di generare ribellione semplicemente perché mancano posiizioni forti da contestare (a cosa ti ribelli?..); assume piuttosto la forma di ansia, di noia o di una generica e generalizzata "indifferenza" verso tutto. Abbagliati dalla miriade di possibilità e "verità" che , ogni giorno, troviamo dinanzi a noi, finiamo per dedicare il nostro tempo al provvisorio, senza riconoscere dei limiti di principio, se non appunto in forma generica e facilmente "aggirabile". Cominciamo cioè a fare nostra l'idea che non ci sia alcun significato nel nostro vivere e nella vita stessa. E questo è nichilismo...

Ciao @Sari,

ottimo intervento  ;)  Lascio alcuni commenti su due parti del post (la prima parte è quella citata sopra)...

Curiosamente, Nietzsche ha previsto la 'figura umana' che descrivi in questa prima parte. In 'Così parlò Zarathustra' è la figura dell''ultimo uomo', ovvero l'uomo che, crollati tutti i valori cerca esclusivamente la comodità, il benessere, aborre il rischio, evita di sforzarsi troppo per raggiungere obbiettivi 'alti' (visto che, in fin dei conti, 'alto' e 'basso' sono diventati arbitrari...). Zarathustra (e quindi Nietzsche), però, non era molto 'entusiasta' di questa figura. Preferiva l'altra conseguenza del 'nichilismo', ovvero l'oltre-uomo. L''oltre-uomo' è colui che afferma l'unica 'realtà' che Nietzsche conosceva, per così dire, la volontà. Così, per Nietzsche, l'oltre-uomo è colui che afferma la volontà, ormai libera da qualsivoglia giogo etico. Nel 'disegno' di Nietzsche questo era un ritorno all'innocenza del bambino (Nietzsche attraverso il suo Zarathustra paragona l'oltre-uomo ad un bambino, in fin dei conti...)...Ma la 'volontà' può assumere varie forme, tra cui forme violente. Ciononostante - e qui sta l'assurdità a mio giudizio, lo scandalo della sua filosofia - visto che  ogni forma di normatività della volontà è stata scartata come illusione, ogni forma di espressione della volontà 'va bene'. Ribaltando completamente il discorso filosofico, 'nichilista' per Nietzsche era proprio colui che costruiva un 'mondo dietro il mondo', ovvero colui che 'vincolava' la volontà in vari modi (En passant, nella sua glorificazione anche del conflitto, il maestro di Nietzsche è Eraclito, secondo cui 'il conflitto è padre e re di tutte le cose...', 'il conflitto è universale, la contesa è giustizia' ecc). Nietzsche, in realtà, si rese conto dello scandalo della sua stessa filosofia e parlava della pericolosità della sua filosofia. Purtroppo, molti 'fan' del filosofo di Roecken sembrano non 'afferrare' la 'radicalità' del concetto di oltre-uomo. Molti sembrano volersi limitare a vedere solo una delle possibili espressioni della 'volontà': quella del 'genio artistico'. Interpretazione della figura dell'oltre-uomo a mio giudizio (purtroppo) limitata.

Però... anche Nietzsche si è sbagliato, non è vero? Come? Nel senso che l''ultimo uomo' è, in realtà, più coerente dell''oltre-uomo'. La caduta dei valori ci fa giungere al nichilismo (vero), ovvero 'nulla davvero importa' (nemmeno che 'nulla davvero importa'!). Ma se 'nulla davvero importa', perché mai dovrei dare così tanta importanza alla (mia) volontà? Mi sembra più coerente, in questo caso, lo stile di vita scelto dall'ultimo-uomo (anche se, riconosco, che l'oltre-uomo trova giustificazione della sua scelta di vita nel nichilismo).

Citazione di: Sari
Un grande filosofo giapponese del '900, Nishitani Keiji, ha evidenziato come in Occidente Nietzsche fu il primo che trasformò  il nulla in "un qualcosa". Descrivendo la sua netta sensazione di svuotamento, egli rappresentò nulla come una sostanza, un principio abissale che dissolve ogni altro principio, sia esso umano o divino.
Lo stesso fraintendimento di Nietzsche sul nulla come "qualcosa" è giunto fino al sociologo francese Jean Baudrillard, quando sostiene che la vera domanda fondamentale è: "Perché c'è il nulla piuttosto che qualcosa?"

Interpretazione interessante di Nietzsche, ma credo di non poter essere d'accordo. Più che 'reificare' il nulla, Nietzsche sembra (voler) riconoscere come unica verità/realtà la volontà stessa. La domanda di Baudrillard sembra, invece, proprio esprimere nel modo più chiaro la reificazione del nulla (così come molto 'pessimismo nichilista', 'assurdismo' ecc ecc). Nietzsche, in realtà, voleva 'superare' questo cercando di affermare la volontà (con tutta il pericolo che ne segue). Nietzsche vedeva il nichilismo come 'liberante' perché la distruzione di ogni valore che poteva ostacolare l'affermazione della volontà viene rimosso.

Così, nel mondo occidentale moderno c'è il nichilismo, che possiamo definire come la mancanza di certezze, di valori, o anche la mancanza di fiducia (di 'fede') nei valori ecc. Questa mancanza crea ansia, crea insicurezza e così via. A questa mancanza si può rispondere in vari modi. L'ultimo-uomo è una possibile risposta, l'oltre-uomo un'altra. Ma anche cercare i valori è un'altra, così come capire la causa della mancanza (non che le due cose necessariamente si oppongano)  ;)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

green demetr

Cari Sariputra e Apeiron,

Come va? eravamo rimasti alla suddivisione di due buddismi, il primo teologale, il secondo nichilista.

Come da manuale poi non sono mai riuscito a tornare sul buddismo.

La posizione morale tua Sariputra e quella un pò più liberale di Apeiron, non può non essere letta insieme al notevole pezzo di Sariputra.

Anzitutto vedo con piacere che il buon Nietzche ha ricevuto un apprezzamento (benchè visto come critica, agli occhi di un buddista). E' proprio così dal niente compare sempre qualcosa.
E quel qualcosa non è Dio, come vorrebbe il buddismo (in ultima analisi persino quelle nichilista), ma esattamente l'uomo.

Il nichilismo occidentale a mio parere non è un approdo, ma semplicemente una tendenza inalieanabile come dice ,benchè in maniera errata BobMax che lo attribuisce alla ragione, piuttosto che al logos del soggetto, quindi alla formalità delle scienze esatte, piuttosto che alla vita pratica degli umani.

D'altronde gli unici filosofi in grado di averlo capito sono Nietzche in maniera sintomatica e Heidegger in maniera sistematica. Ove io preferisco la via sintomatica, e anche qui Sariputra per qualche congiunzione astrale mi ha seguito-

Ma il finale è assai diverso, perchè Sariputra non vuole superare il nichilismo, ma lo vuole assumere come nom-significato che detto tra parentesi, perchè contraddice tutto quello che ha detto, che significhi.

Motivo per cui anche il buddismo in maniera evidente è una religione, e infatti sta prendendo piede in Europa. cosa che per loro non ha senso, e invece ovviamente ha senso, in quanto loro stessi non intendono la loro stessa pratica.
(Sempre nella società gerarchica stiamo in INDIA e se voglio fare un corso con i supposti, e autonominantesi maestri, pagare con vil denaro.

Ma come il nichilismo è solo quello? Fine polemica.

In cosa consiste la diversità? anzitutto nel non abbassare lo sguardo con il mostro nichilista, perchè laddove lo si faccia, non solo si finisce nell'anarchismo più immorale e delittuoso, ma anche nella solita forma mimetica, in cui ci si crede di essere nichilisti.
Nessuno può dirsi nichilista, perchè dicendolo si direbbe di qualcosa che invece è negato.

Il nichilismo non può (e invece lo è diventato, concordo con le analisi di Sariputra, ripulite della parte moraleggiante) diventare religione.

Ma è proprio quello che Nietzche andava profetizzando e di cui lui era non solo la chiave interpretativa, ma anche la soluzione rivoluzianaria.

In un solo passaggio il maestro Nietzche e il buddismo quasi si sfiorano e le auree per così dire sembrano dire la stessa cosa.
Che il nulla diventa la chiave per diventare qualcosa. Quello sì. Ma dobbiamo fare uno sforzo di ellissi che francamente non condivido. Di tutti quelli che vedono in Nietzche un mix fra Emerson e il Buddismo.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Apeiron il 20 Ottobre 2019, 22:07:30 PM
Citazione di: Sariputra il 20 Ottobre 2019, 10:53:25 AM
Non penso che si possa ormai più parlare di cultura e civiltà occidentale. Quello che domina è il nichilismo.
Con "nichilismo" intendo non solo un'impostazione filosofica, ma soprattutto una sorta di sintomo diffuso che attraversa tutto l'Occidente, in forma diretta o più spesso mascherata. È la netta sensazione dello svuotamento di tutti i fondamenti, siano essi divini o materiali, umani o sociali; ci hanno insegnato che non vi è nulla di certo, che ogni possibile principio o valore può rivelarsi erroneo o inconsistente, che dobbiamo orientarci e compiere scelte in base solamente a riferimenti di natura momentanea e relativi ad una particolare situazione. Questa relativizzazione e pluralità dei valori introduce nella cultura occidentale elementi di tolleranza e rispetto per la diversità, e questo è sicuramente positivo per il vivere sociale; ma se ognuno può avere la sua verità, "verità" non significa più nulla, e questo porta alla svalutazione dei valori stessi, compreso, paradossalmente, anche il valore stesso della tolleranza.
Questo 'svuotamento' non ha più l'effetto di generare ribellione semplicemente perché mancano posiizioni forti da contestare (a cosa ti ribelli?..); assume piuttosto la forma di ansia, di noia o di una generica e generalizzata "indifferenza" verso tutto. Abbagliati dalla miriade di possibilità e "verità" che , ogni giorno, troviamo dinanzi a noi, finiamo per dedicare il nostro tempo al provvisorio, senza riconoscere dei limiti di principio, se non appunto in forma generica e facilmente "aggirabile". Cominciamo cioè a fare nostra l'idea che non ci sia alcun significato nel nostro vivere e nella vita stessa. E questo è nichilismo...

Ciao @Sari,

ottimo intervento  ;)  Commento solo alcune parti...

Curiosamente, Nietzsche ha previsto la 'figura umana' che descrivi in questo secondo paragrafo. In 'Così parlò Zarathustra' è la figura dell''ultimo uomo', ovvero l'uomo che, crollati tutti i valori cerca esclusivamente la comodità, il benessere, aborre il rischio, evita di sforzarsi troppo per raggiungere obbiettivi 'alti' (visto che, in fin dei conti, 'alto' e 'basso' sono diventati arbitrari...). Zarathustra (e quindi Nietzsche), però, non era molto 'entusiasta' di questa figura. Preferiva l'altra conseguenza del 'nichilismo', ovvero l'oltre-uomo. L''oltre-uomo' è colui che afferma l'unica 'realtà' che Nietzsche conosceva, per così dire, la volontà. Così, per Nietzsche, l'oltre-uomo è colui che afferma la volontà, ormai libera da qualsivoglia giogo etico. Nel 'disegno' di Nietzsche questo era un ritorno all'innocenza del bambino (Nietzsche attraverso il suo Zarathustra paragona l'oltre-uomo ad un bambino, in fin dei conti...)...Ma la 'volontà' può assumere varie forme, tra cui forme violente. Ciononostante - e qui sta l'assurdità a mio giudizio, lo scandalo della sua filosofia - visto che  ogni forma di normatività della volontà è stata scartata come illusione, ogni forma di espressione della volontà 'va bene'. Ribaltando completamente il discorso filosofico, 'nichilista' per Nietzsche era proprio colui che costruiva un 'mondo dietro il mondo', ovvero colui che 'vincolava' la volontà in vari modi (En passant, nella sua glorificazione anche del conflitto, il maestro di Nietzsche è Eraclito, secondo cui 'il conflitto è padre e re di tutte le cose...', 'il conflitto è universale, la contesa è giustizia' ecc). Nietzsche, in realtà, si rese conto dello scandalo della sua stessa filosofia e parlava della pericolosità della sua filosofia. Purtroppo, molti 'fan' del filosofo di Roecken sembrano non 'afferrare' la 'radicalità' del concetto di oltre-uomo. Molti sembrano volersi limitare a vedere solo una delle possibili espressioni della 'volontà': quella del 'genio artistico'. Interpretazione della figura dell'oltre-uomo a mio giudizio (purtroppo) limitata.

Però... anche Nietzsche si è sbagliato, non è vero? Come? Nel senso che l''ultimo uomo' è, in realtà, più coerente dell''oltre-uomo'. La caduta dei valori ci fa giungere al nichilismo (vero), ovvero 'nulla davvero importa' (nemmeno che 'nulla davvero importa'!). Ma se 'nulla davvero importa', perché mai dovrei dare così tanta importanza alla (mia) volontà? Mi sembra più coerente, in questo caso, lo stile di vita scelto dall'ultimo-uomo (anche se, riconosco, che l'oltre-uomo trova giustificazione della sua scelta di vita nel nichilismo).

Citazione di: Sari
Un grande filosofo giapponese del '900, Nishitani Keiji, ha evidenziato come in Occidente Nietzsche fu il primo che trasformò  il nulla in "un qualcosa". Descrivendo la sua netta sensazione di svuotamento, egli rappresentò nulla come una sostanza, un principio abissale che dissolve ogni altro principio, sia esso umano o divino.
Lo stesso fraintendimento di Nietzsche sul nulla come "qualcosa" è giunto fino al sociologo francese Jean Baudrillard, quando sostiene che la vera domanda fondamentale è: "Perché c'è il nulla piuttosto che qualcosa?"

Interpretazione interessante di Nietzsche, ma credo di non poter essere d'accordo. Più che 'reificare' il nulla, Nietzsche sembra (voler) riconoscere come unica verità/realtà la volontà stessa. La domanda di Baudrillard sembra, invece, proprio esprimere nel modo più chiaro la reificazione del nulla (così come molto 'pessimismo nichilista', 'assurdismo' ecc ecc). Nietzsche, in realtà, voleva 'superare' questo cercando di affermare la volontà (con tutta il pericolo che ne segue). Nietzsche vedeva il nichilismo come 'liberante' perché la distruzione di ogni valore che poteva ostacolare l'affermazione della volontà viene rimosso.

Così, nel mondo occidentale moderno c'è il nichilismo, che possiamo definire come la mancanza di certezze, di valori, o anche la mancanza di fiducia (di 'fede') nei valori ecc. Questa mancanza crea ansia, crea insicurezza e così via. A questa mancanza si può rispondere in vari modi. L'ultimo-uomo è una possibile risposta, l'oltre-uomo un'altra. Ma anche cercare i valori è un'altra, così come capire la causa della mancanza (non che le due cose necessariamente si oppongano)  ;)


Bravo Apeiron, sono contento di voi ragazzi, piano piano state capendo Nietzche,

C'è da fare però chiarezza su alcune cose.

La volontà di potenza, come ben dici, ha però due manifestazioni.

La prima è di ordine mimentico, ossia è quella che è vittima del nichilismo stesso, e consiste molto ma molto bene come dici tu, con la reificazione (impossibile ovviamente) del nichilismo stesso. Per cui al IO SONO DIO (io sono il tuo dio e tu mi devi obbedienza) al IO SONO IL NIENTE (io sono il niente e tu mi devi obbedienza).
Questa nientificazione è una forma ancora più grave come ben dice ELIA (benvenuto nel forum) di quella cristiana, perchè nel crisitianesimo, la morale, sebbene sessista e ingenua, è ancora una morale umana, che parla all'uomo.
La nientificazione (ossia la reificazione impossibile del nichilismo) invece elimina dal suo orizzonte l'uomo, e in questo senso il cristianesimo e in generale le religioni sono ancora alleate del pensiero umanista, ha ragione Elia a far notare queste cose. Ma io non ce l'ho con il crisitianesimo in assoluto, ma solo nelle sue forme gerarchiche terrene (che comunque sono frutto del suo mondo teologico, questo rimane un caveat molto serio a qualsiasi argomentazioni cristiana, che sicuramente farò, perchè come nel caso del buddismo sono fermo alle premesse.
D'altronde questo rimanere fermi caro Elia, che a te sembra una sorta di autolesionismo è invece proprio l'effetto di un intero modo di vedere il mondo, che ha ormai più a che vedere con il nichilismo che con il cristianesimo.
Colpisce in maniera rilevante anche chi tenta come me di resistere, e infatti sono vicino al capolinea, è una questione proprio fisica.
Mi spiace di dare questa impressione di intolleranza verso il cristianesimo, penso che come per Ipazia, mi ha graffiato l'anima in passato in maniera troppo pesante, ma in maniera matura non mi porrei mai in una posizione di non confronto.

Allora torno ad Apeiron.

La seconda forma è probabilmente quella che intendi tu, ossia la volontà di potenza assoluta, ossia quella che abita la volontà dell'uomo che vuole SEMPRE superare se stesso, la sua morale, le sue idee, la sua posizione nel mondo.

Per lui il nichilismo è sempre stato valido, in quanto è esattamente il viaggio dell'umano.
Il non senso, laddove l'uomo è un animale sensato, è proprio ciò che permette il superuomo, ossia l'uomo al pieno del suo essere se stesso.
Ossia di non essere MAI se stesso veramente, ma di essere un oltrepassamento.

Dunque noi siamo quella volontà. L'eterno ritorno tanto per tornare a vecchi dibattiti è invece il discorso della scimmia, che vede la volontà di oltrepassamento come impossibilità, è il discorso della scimmia, ossia l'impossibilità che Nietzche combatte.

E la nostra volontà è esattamente la testimonianza che il nichilismo non esiste in sè (nella sua forma reificata), ma solo come resto di quello che eravamo.

Ma noi non siamo mai noi. E' il ribaltamento stesso delle forme sistematiche del soggettivismo kantiano ed hegeliano (che però di fondo ragionavano nella stessa direzione, solo un pò meno illuminati).

Infine questo oltrepassamento ha a che fare con DIO....ma certo che sì! l'intera filsofia negativa (anche quella cristiana certo) è questo. Ma su questo ci sto lavorando sopra. Salve a tutti.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: InVerno il 20 Ottobre 2019, 19:39:24 PM
Il recente exploit della ragazzina con le trecce dovrebbe dare un indicazione di quanto le persone sono affamate di ideologie, persino di un escatologia (!), che fornisca un capitale trascendente il capitale materiale. Se fossero tutti nichilisti nessuno sarebbe salito su quel treno, ne su altri su cui correntemente la gente sale, vari "ismi" di ogni risma e fatta di cui le persone vanno matte, ne fanno collezioni come fossero farfalle, se proprio non trovano niente si danno al terrapiattismo o alle credulonerie più becere, ma credere in niente? Sari non prendertela a male, hai fatto un bellissimo intervento, scherzo, ma io quando sento parlare di nichilisti penso sempre a loro https://www.youtube.com/watch?v=rAP2U61U6Do

C'è una forte domanda, che non trova un offerta unica. E' un pò come se un affamato si presentasse ad un pranzo, e gli offrissero fango, colonne di marmo, e vecchie armature di bronzo.. facile sarebbe dire "probabilmente non ha appetito e gusti, a me le armature di bronzo piacciono tantissimo".  Nel frattempo le fedi tradizionali lucidano continuamente le loro armature di bronzo "vedi quanta è bella? non la vuoi mangiare?" mai a nessuno (o a pochi) viene l'idea di presentare qualcosa di edibile per palati nuovi, giusto per vedere se l'invitato è davvero inappetente, o è solo a dieta per colpa della tavola così mal imbandita. Per ora si va avanti a dieta variegata, onnivora, frugale, frazionata..perlomeno siamo salvi dall'assolutismo, dall'idea che si può vivere mangiando solo una torta che copre tutto il mondo..quelle del passato sono tutte scadute, vittime dei loro anacronismi, regionalismi, degli uomini che le hanno portate avanti.

Dell'anarchismo violento e infame ho già detto.

hai ragione inverno nessuno è nichilista, ma ognuno è vittima del nichilismo.
Il nichilismo non è una religione, è una tendenza che crea religioni sempre più abiette e oscure. (il nazismo è solo una delle miriadi che si trovano in internet, che però si è inverata storicamente, il pericolo che una delle altre lo faccia ancora è talmente alto, che io tremo).
Il populismo ideologico, le ragazze con le treccine, siamo ancora nel pop! dell'orrore che già comincia ad affiorare e che investirà l'intero mondo occidentale io prego non vederlo MAI.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Phil

Citazione di: Sariputra il 20 Ottobre 2019, 10:53:25 AM
Il cerchio si chiude e resta solo un 'post-nichilismo' fatto di formule anestetiche e contraddittorie come: "ogni significato è relativo, anche quello che sto esprimendo ora non significa niente".
[...]
La nostra mente di  occidentali è abituata da oltre duemila anni a fissare un'idea stabile di tutto, "entificare" per così dire tutto, e quando percepiamo 'nulla' e vogliamo indicarlo, lo immaginiamo come un nulla-qualcosa, una tangibile mancanza rispetto a qualcosa che eravamo convinti ci fosse o ci dovesse essere: un riferimento, un valore, o un mondo stabile e dotato di significato. È come cercare di immaginare un buco: sempre ci rappresentiamo i contorni (il nulla di questo e di quello), ma non il buco...
Coniugando questi due passaggi otteniamo, secondo me, uno snodo portante in cui la speculazione teoretica è chiamata a fare i conti con la realtà, ma faccio prima un passo indietro per focalizzare un aspetto contestuale che credo sia rilevante: l'horror vacui occidentale dipinge il vuoto-nulla come abisso famelico, oblio senza ritorno, etc. mentre i taoisti avevano elogiato il vuoto per la fertilità del suo potenziale; in entrambe le prospettive, forse viene sottovalutato che il vuoto è sempre contenuto da altro (il vuoto dell'abisso nella terra, il vuoto nel vaso, i contorni del buco, etc.). Parimenti, al di là della reazione magari più disperata (e disparata) dell'occidentale di fronte al collasso delle sue torri di senso (più "celesti" di quelle orientali, quindi più devastanti nel rovinare a terra), il nichilismo è a suo modo contenuto nella necessità (onto)logica del suo "contenitore": chi afferma quella frase sul "non significare niente", non ha forse inevitabilmente una sua significante (e significativa per lui) visione del mondo? Anche il nichilista più incallito e radicale, non (inter)agisce, sceglie, discerne, etc. secondo valori e criteri non dovuti certo al famoso lancio della monetina? La pratica di pensiero nichilista a quale pratica esistenziale e sociale corrisponde? Direi ad una fatta di idee deboli, personali, provvisorie come ipotesi da testare sul campo, ma non proprio fondate sul nulla (che sarebbe paradossale; inoltre, l'esigenza pragmatica di una pratica organizzata, sia individuale che sociale, non so se possa "lasciare spazio al nulla", forse ad un certo tipo di vuoto, ma questa è un'altra storia...).

Mi sembra quindi ci sia una terza forma di nulla (tertium datur) oltre al «"vuoto esistenziale" nichilista» e al «Shunyata»: quella del "nulla apparente"; ovvero, c'è stato sicuramente indebolimento, ma non svuotamento radicale (con esito un "nulla dominante"). Anche quando si parla di nonsense (tema caro al postmoderno), in fondo (all'abisso) un senso sottile comunicato c'è sempre (come nei quadri astratti); anche quando si dice che tutti i valori non hanno un fondamento assoluto, poi, di fatto, si finisce con avere e usare valori fondati comunque su qualcosa (non sul nulla); e così via... si tratta dunque di non scambiare il poco e il debole con il nulla, di riconoscere la fruibilità (e la fruizione praticata) del sottile e del fragile, sebbene, per tradizione culturale (oltre che per istinto) l'uomo, occidentale e non solo, cerchi sempre di essere in un gruppo solido, di avere una comunità basata su un legame forte (che con la "voce del branco" gli suggerisca cosa pensare e cosa fare). Questo oggi inizia ad essere più difficile, e la spasmodica ricerca di comunità (virtuali o meno) o di identificarsi con gli "ismi" del momento (come giustamente osserva InVerno) è sintomo sia di tale difficoltà che di tale istinto. Si tratta nondimeno, secondo me, non di essere al cospetto del Nulla, che avrebbe un suo titanismo filosofico ancora squisitamente metafisico, ma piuttosto di trovarsi "banalmente" immersi nella caducità della contingenza («impermanenza», suggeriscono da est) che tuttavia, come direbbe qualcuno, «è sempre meglio di del niente».


P.s.
Con la crisi di credibilità delle tavole dei valori firmate dagli dei, più che di nichilismo come "vittoria del nulla", si tratta forse di pigrizia mentale (più che di noluntas) nel dover far fronte, senza autorevoli istruzioni per l'uso preconfezionate, ad una realtà sempre più complessa, mutevole, plurale e quindi polisemica. Forse è un po' come il monaco amanuense che di fronte a tastiera, pc e stampante, si strugge sconsolato e conclude «non c'è nulla con cui scrivere» solo perché non conosce e/o sa usare ciò che ha davanti... per quanto ci siano indubbiamente differenze notevoli fra la scrittura a cui egli è abituato e quella che può praticare adesso (non ai suoi tempi); e nondimeno è ancora possibile procurarsi gli strumenti a lui cari, proprio come è ancora possibile pensare in modo "forte", non nichilistico, etc.

InVerno

#26
Citazione di: green demetr il 20 Ottobre 2019, 23:02:29 PMDell'anarchismo violento e infame ho già detto.

hai ragione inverno nessuno è nichilista, ma ognuno è vittima del nichilismo.
Il nichilismo non è una religione, è una tendenza che crea religioni sempre più abiette e oscure. (il nazismo è solo una delle miriadi che si trovano in internet, che però si è inverata storicamente, il pericolo che una delle altre lo faccia ancora è talmente alto, che io tremo).
Il populismo ideologico, le ragazze con le treccine, siamo ancora nel pop! dell'orrore che già comincia ad affiorare e che investirà l'intero mondo occidentale io prego non vederlo MAI.
Si, ma io non le vedo, a meno tu che non mi stia indicando il "populismo" come una di queste, o la deformazione "nichilistica" dello yoga. Ovviamente è importante stare con le orecchie ben rizzate e tenersi all'erta. Certo che si tratta di fenomeni pop, ma che altro meglio dei fenomeni pop può misurare il pop stesso. Sono le pance piene a saltare pasto.. Ho paura anche io che a suon di fare dieta, diventi edibile anche la prima merda, è per questo che spero che vi sia presto un cambio di menù, con qualcosa di sostanziale, a patto che non prenda tutta la tavola (è qui la discriminante). L'eccessiva atomizzazione è fonte di confusione. Non ho passione per il postmodernismo, non crediamo più a niente, credi a me. Arzigogolate serietà accademiche, che fortunatamente non sono pop, il pop è rimasto per tale scopo ai cruciverba, divertissment di elitè annoiate di ruminare le stesse fibre. Se gli verrà fame, troveranno la narrativa che li porta al pasto.. L'escatologia ambientalista è una (tra le tante) buone motivazioni per svegliarsi da questo torpore da indigestione, stando attenti all'ecofascismo, ovviamente.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

green demetr

#27
Citazione di: InVerno il 21 Ottobre 2019, 15:19:11 PM
Citazione di: green demetr il 20 Ottobre 2019, 23:02:29 PMDell'anarchismo violento e infame ho già detto.

hai ragione inverno nessuno è nichilista, ma ognuno è vittima del nichilismo.
Il nichilismo non è una religione, è una tendenza che crea religioni sempre più abiette e oscure. (il nazismo è solo una delle miriadi che si trovano in internet, che però si è inverata storicamente, il pericolo che una delle altre lo faccia ancora è talmente alto, che io tremo).
Il populismo ideologico, le ragazze con le treccine, siamo ancora nel pop! dell'orrore che già comincia ad affiorare e che investirà l'intero mondo occidentale io prego non vederlo MAI.
Si, ma io non le vedo, a meno tu che non mi stia indicando il "populismo" come una di queste, o la deformazione "nichilistica" dello yoga. Ovviamente è importante stare con le orecchie ben rizzate e tenersi all'erta. Certo che si tratta di fenomeni pop, ma che altro meglio dei fenomeni pop può misurare il pop stesso. Sono le pance piene a saltare pasto.. Ho paura anche io che a suon di fare dieta, diventi edibile anche la prima merda, è per questo che spero che vi sia presto un cambio di menù, con qualcosa di sostanziale, a patto che non prenda tutta la tavola (è qui la discriminante). L'eccessiva atomizzazione è fonte di confusione. Non ho passione per il postmodernismo, non crediamo più a niente, credi a me. Arzigogolate serietà accademiche, che fortunatamente non sono pop, il pop è rimasto per tale scopo ai cruciverba, divertissment di elitè annoiate di ruminare le stesse fibre. Se gli verrà fame, troveranno la narrativa che li porta al pasto.. L'escatologia ambientalista è una (tra le tante) buone motivazioni per svegliarsi da questo torpore da indigestione, stando attenti all'ecofascismo, ovviamente.

Siamo in un forum pubblico caro Inverno. Non bisogna essere troppo ingenui.

Comunque no non sto parlando del populismo nè della new age dello yoga occidentale, o del buddismo occidentale. (che per me sono forme pop, mi spiace proprio contraddirti).
Sto parlando appunto di anarchie, di oligarchie etc.
E comunque sia, proprio no! l'ambientalismo è stato a tavolino prodotto dalle elite, scopro ora con orrore già dagli anni 70. E quindi come già immaginavo (non è possibile che siano delle treccine a sollevare l'indignazione, altro termini pop, a proposito) anche l'ambientalismo (insieme agli altri 3 aspetti, di cui sto leggendo molto velocemente in un libretto di un autore italiano che ha fatto la cronistoria delle istituzioni (ek già istituzioni, niente treccine!) che le rappresentano, ossia la nuova forma ideologica fatta a tavolino, ne sentite parlare anche da Veca in un recente video alla casa della cultura di milano.) anche l'ambientalismo dicevo è pop!!!!  ::)

Bè diciamocelo pure, io che ho vissuto la mia prima formazione negli anni 80, già sapevo delle energie alternative,

Ps

solo per dire eh, la casa della cultura che è forse uno degli ultimi posti dove si sente ancora qualcosina di intelligente (molto poco, a parte quando è ospite l'immenso SINI ovvio) fraintende completamente questa ideologia e la fa sua!!!! e quest'anno si dedicherà ad essa!!!! non vedo l'ora di annotare l'intera forma sintomatica di questo idealismo, che ovviamente invece di sblocare l'area progressita a cui mi sento appartenere, diverrà il blocco maggiore! Che meraviglia l'ideologia!!!!  ::)

Solo alla fine dell'anno dunque capirò in cosa consiste questa nuova civiltà!!! (ennesima mimesi della gerarchia. a cui idealmente l'area progressista, giustamento socialista come ben dice Veca, almeno su quello cominciamo a fare un pò di chiarezza su ciò che per me era ovvio! non si può alias fare a meno della proprieta privata! a cui idealmente dicevo si oppone!!!!)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

cit Phil



"Si tratta nondimeno, secondo me, non di essere al cospetto del Nulla, che avrebbe un suo titanismo filosofico ancora squisitamente metafisico, ma piuttosto di trovarsi "banalmente" immersi nella caducità della contingenza («impermanenza», suggeriscono da est) che tuttavia, come direbbe qualcuno, «è sempre meglio di del niente»."

Si ho capito, ma non è che questo banalmente non abbia conseguenze!  ah che pazienza!  ;)  (comunque concordo con quanto hai ben scritto!)
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Phil

Citazione di: green demetr il 21 Ottobre 2019, 18:45:01 PM
cit Phil

"Si tratta nondimeno, secondo me, non di essere al cospetto del Nulla, che avrebbe un suo titanismo filosofico ancora squisitamente metafisico, ma piuttosto di trovarsi "banalmente" immersi nella caducità della contingenza («impermanenza», suggeriscono da est) che tuttavia, come direbbe qualcuno, «è sempre meglio di del niente»."

Si ho capito, ma non è che questo banalmente non abbia conseguenze!  ah che pazienza!  ;)  (comunque concordo con quanto hai ben scritto!)
Ecco allora alcune conseguenze; la prima è una sovversione (perversione, direbbe qualcuno) storica: il «banalmente» dell'epoca metafisica ha fondato via negationis e motivato la metafisica; svegli vs dormienti, episteme vs doxa, etc. mentre il «banalmente» attuale post-metafisico è lo sfondamento della metafisica e ribalta, "trasvalutandoli", i ruoli delle dicotomie di cui sopra (ora, per il senso comune ma non solo, gli svegli sono i non-metafisici, l'episteme non è quella della metafisica degli archè ma quella della scienza e delle sue leggi, etc.).
La seconda conseguenza è che le filosofie un tempo reiette (quella popolare "da strada", quella immanente-orientale, quella dissacrante-decostruzionista, etc.) acquisiscono pian piano sempre maggior "dignità", non solo fra il popolo, ma anche agli occhi dei professionisti che, volenti o nolenti, vengono chiamati a prendere atto delle nuove dinamiche umane e sociali.
La terza conseguenza è che per fronteggiare il «banalmente» contemporaneo, si può tutt'ora fare appello alla metafisica (banalizzando il «banalmente» alla luce di una trascendenza forte), oppure banalizzare il «banalmente» installandosi nella sua banalità, nel radicamento allo "spirito della contemporaneità", potendo riflettere criticamente dal suo interno senza andare oltre (meta) la contingenza e l'immanenza della banalità dell'esistenza e dell'accadere (ovvero indirizzandosi verso una filosofia tutta terrena, fra aspirazioni pur sempre umane e modelli di spiegazione sempre più ramificati).

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