Chiusura festiva dei centri commerciali

Aperto da Sariputra, 10 Settembre 2018, 10:08:55 AM

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paul11

Il problema fra lo stato etico, che vine spacciato per dittatura da l pensiero liberale che si piega al liberismo economico,
pone il paradosso di cosa sia la libertà personale.

Se pensiamo che ognuno è libero anche di farsi plagiare, perchè le patologie dello shopping o di chi entra in sala giochi e non sa ...fermarsi senza andare in malora, o dell'ipocrisia del vendere sigarette con scritto "guarda che muori..." questa traborda il concetto di libertà, va oltre i l"buon senso" comune.

Il problema dei lavoratori è la ricaduta di riflesso ad una precisa volontà del "mercato" e applicazione degli studi psicologici sulle compulsioni agli acquisti, di veicolare gli istinti  più cretini  e relativi comportamenti .
Non c'è solo la droga fisica, c'è la predisposizione psicologica e mentale al plagio.
Non mi stupirei come ormai non mi  ha stupito vedere aperto un supermercato la mattina del Natale,  odi organizzare il capodanno con menù degli alimentari venduti in quel supermercato...a buon prezzo.

Non so dove sia il confine fra cretinismo e patologia riconosciuta dalla medicina, l'importante è acquistare e fare fatturati, spendere soldi per essere plagiati e poi rispenderli per poter guarire dai fantasmi compulsivi.

Questa società è malata e quest'uomo è plagiato. Lo Stato deve vedere come spettatore, essendo espressione del sociale, e assecondare il cretinismo, divenendo lui stesso plagiatore e "markettaro" del voto,salvo poi dire come opinione pubblica che questo è "populismo", o porre un limite?
Non so se avete mai studiato gli stili di vita sociologici che sono fra i fondamentali del marketing, quelli sanno meglio dei cretini il comportamento di questi ultimi. 
Un tempo c'era il pudore, oggi siamo più liberi ed emancipati.
C'è da ridefinire termini e significati....................

Socrate78

#16
@Sgiombo: A me sembra però che tu ragioni sempre in base ad uno schematismo in cui i padroni sono sempre sfruttatori e dalla parte del "male", mentre il lavoratore è sempre sfruttato e subisce. E' il pregiudizio marxista basato sulla lotta di classe, secondo cui l'imprenditore, il datore di lavoro è per forza uno sfruttatore cattivo mentre il proletariato è una vittima a prescindere. Non ti sembra che il comunismo nelle sue varie forme sia un'ideologia bocciata dalla storia perché ha prodotto risultati pessimi ed è stato di fatto un'oppressione dello Stato che ha stabilito ciò che era giusto e sbagliato per tutti, pretendendo di prevaricare quindi l'individuo? Alla fine anche il modo in cui ti poni bollando come "balle" le mie considerazioni rivela questo, infatti il marxista tipo si è sempre sentito portatore di una verità assoluta riguardo alla gestione della società e chiunque osasse contestare era visto dalla parte dell'errore o addirittura dell'ingiustizia e del male.

InVerno

#17
Citazione di: sgiombo il 11 Settembre 2018, 07:50:35 AMNon cé condizione peggiore di quella dello schiavo contento di esserlo perché il padrone gli ha raccontato che é libero e benestante e lui ci crede!

N.B.: del "credere di essere libero e benestante" da parte dello schiavo che presta fede alla balle del padrone fa parte il ritenere "produttivi" manager, imprenditori, banchieri, economisti, pubblicitari, ecc.
Sappiamo bene di essere su posizioni differenti al punto che non penso tu sia interessato a dialogare con me, in ogni caso sono (onestamente) curioso di sapere come definisci "schiavo" da un punto di vista veteromarxista (vetero nel senso positivo, di saggezza accumulata tramite l'osservazione dei fatti). Evitando propaggini sociologiche ma proprio contestualmente all'economia, cosa differenzia lo schiavo dal lavoratore dipendente. Sappiamo entrambi che Marx fu profondamente ispirato dalla guerra di secessione americana che almeno sul piano teorico venne combattutta sul tema dello schiavismo, compresa l'identificazione di questo status, ispirazione che terminò nella figura simbolica di Spartaco. Una certa parte del liberismo anglossasone poi continuerà fino alla prima parte del novecento a negare una reale differenziazione tra lavoro dipendente e schiavismo (proseguendo il detto di Lincoln che definiva il lavoro dipendente come : "schiavismo mobile") e terminerà nel populismo nordamericano su base sindacalista. In Eurasia questo tema sarà considerato fondamentalmente anarcoide, e la classe del lavoratore dipendente verrà legittimata attraverso la promessa di un "paradiso del lavoratore" che mai arrivò. Che cosa invece identifica lo schiavo moderno, e quale è il punto pivotale intorno al quale le due figure si differenziano secondo te?
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

sgiombo

Citazione di: Socrate78 il 11 Settembre 2018, 12:52:11 PM
@Sgiombo: A me sembra però che tu ragioni sempre in base ad uno schematismo in cui i padroni sono sempre sfruttatori e dalla parte del "male", mentre il lavoratore è sempre sfruttato e subisce. E' il pregiudizio marxista basato sulla lotta di classe, secondo cui l'imprenditore, il datore di lavoro è per forza uno sfruttatore cattivo mentre il proletariato è una vittima a prescindere. Non ti sembra che il comunismo nelle sue varie forme sia un'ideologia bocciata dalla storia perché ha prodotto risultati pessimi ed è stato di fatto un'oppressione dello Stato che ha stabilito ciò che era giusto e sbagliato per tutti, pretendendo di prevaricare quindi l'individuo? Alla fine anche il modo in cui ti poni bollando come "balle" le mie considerazioni rivela questo, infatti il marxista tipo si è sempre sentito portatore di una verità assoluta riguardo alla gestione della società e chiunque osasse contestare era visto dalla parte dell'errore o addirittura dell'ingiustizia e del male.


Sono giudizi (a mio parere fondatissimi) e non pregiudizi.
Quello di "sfruttamento" é un concetto "tecnico" e non "etico" e men che meno moralistico: si intende per esso il rapporto fra imprenditore capitalista e proletario che gli vende la propria forza lavoro (dall' uso della quale il primo ottiene lavoro e pluslavoro).
I padroni son quasi sempre di fatto biechi, gretti, meschini (esempio: il fu Marchionne), ma anche quasi sempre poco intelligenti e poco capaci, per lo meno nella fase reazionaria e decadente del capitalismo; ma quest é un altro discorso.

Mi sembra proprio che il "comunismo" (o meglio il socialismo reale), senza essere ovviamente un "paradiso terrestre" e pur fra limiti ed errori anche gravi, peraltro in gran parte da addebitarsi alla forsennata ostilità senza esclusione di colpi, senza scrupolo alcuno, da parte del coesistente e potentissimo mondo capitalistico, abbia prodotto risultati OTTIMI (fra questi -ma non sono i maggiori- il diritto qui da noi ai riposi festivi, alle ferie pagate, alla sanità, all' istruzione e alla pensione; che infatti il capitalismo reale da quando non é più dal s.r. arginato e condizionato si sta riprendendo integralmente).

Le tue ultme parole sono un classico esempio di pregiudizio reazionario sul "marxista tipo" (peraltro uno pseudoconcetto autocontraddittorio).

sgiombo

Citazione di: InVerno il 11 Settembre 2018, 12:58:25 PM
Citazione di: sgiombo il 11 Settembre 2018, 07:50:35 AMNon cé condizione peggiore di quella dello schiavo contento di esserlo perché il padrone gli ha raccontato che é libero e benestante e lui ci crede!

N.B.: del "credere di essere libero e benestante" da parte dello schiavo che presta fede alla balle del padrone fa parte il ritenere "produttivi" manager, imprenditori, banchieri, economisti, pubblicitari, ecc.
Sappiamo bene di essere su posizioni differenti al punto che non penso tu sia interessato a dialogare con me, in ogni caso sono (onestamente) curioso di sapere come definisci "schiavo" da un punto di vista veteromarxista (vetero nel senso positivo, di saggezza accumulata tramite l'osservazione dei fatti). Evitando propaggini sociologiche ma proprio contestualmente all'economia, cosa differenzia lo schiavo dal lavoratore dipendente.

CitazionePer esempio il fatto che il primo non ha diritto a riposi festivi...


Sappiamo entrambi che Marx fu profondamente ispirato dalla guerra di secessione americana che almeno sul piano teorico venne combattutta sul tema dello schiavismo, compresa l'identificazione di questo status, ispirazione che terminò nella figura simbolica di Spartaco. Una certa parte del liberismo anglossasone poi continuerà fino alla prima parte del novecento a negare una reale differenziazione tra lavoro dipendente e schiavismo (proseguendo il detto di Lincoln che definiva il lavoro dipendente come : "schiavismo mobile") e terminerà nel populismo nordamericano su base sindacalista. In Eurasia questo tema sarà considerato fondamentalmente anarcoide, e la classe del lavoratore dipendente verrà legittimata attraverso la promessa di un "paradiso del lavoratore" che mai arrivò. Che cosa invece identifica lo schiavo moderno, e quale è il punto pivotale intorno al quale le due figure si differenziano secondo te?

Ma chi mai avrebbe promesso ai lavori dipendenti alcun "paradiso in terra"  ? ! ? ! ? !
Marx ed Engels hanno durissimamente polemizzato col socialismo utopistico (pur riconoscendone dialetticamente i meriti passati)!

Sarebbe lunghissimo delineare le differenze fra schiavo "classico" e proletario odierno.
Un elemento di identità é la mancanza del diritto al riposo festivo (cosa ben diversa dal' eventuale riposo festivo di fatto goduto a discrezione del padrone).

InVerno

Citazione di: sgiombo il 11 Settembre 2018, 13:41:57 PM
Citazione di: InVerno il 11 Settembre 2018, 12:58:25 PM
Citazione di: sgiombo il 11 Settembre 2018, 07:50:35 AMNon cé condizione peggiore di quella dello schiavo contento di esserlo perché il padrone gli ha raccontato che é libero e benestante e lui ci crede!

N.B.: del "credere di essere libero e benestante" da parte dello schiavo che presta fede alla balle del padrone fa parte il ritenere "produttivi" manager, imprenditori, banchieri, economisti, pubblicitari, ecc.
Sappiamo bene di essere su posizioni differenti al punto che non penso tu sia interessato a dialogare con me, in ogni caso sono (onestamente) curioso di sapere come definisci "schiavo" da un punto di vista veteromarxista (vetero nel senso positivo, di saggezza accumulata tramite l'osservazione dei fatti). Evitando propaggini sociologiche ma proprio contestualmente all'economia, cosa differenzia lo schiavo dal lavoratore dipendente.

CitazionePer esempio il fatto che il primo non ha diritto a riposi festivi...


Sappiamo entrambi che Marx fu profondamente ispirato dalla guerra di secessione americana che almeno sul piano teorico venne combattutta sul tema dello schiavismo, compresa l'identificazione di questo status, ispirazione che terminò nella figura simbolica di Spartaco. Una certa parte del liberismo anglossasone poi continuerà fino alla prima parte del novecento a negare una reale differenziazione tra lavoro dipendente e schiavismo (proseguendo il detto di Lincoln che definiva il lavoro dipendente come : "schiavismo mobile") e terminerà nel populismo nordamericano su base sindacalista. In Eurasia questo tema sarà considerato fondamentalmente anarcoide, e la classe del lavoratore dipendente verrà legittimata attraverso la promessa di un "paradiso del lavoratore" che mai arrivò. Che cosa invece identifica lo schiavo moderno, e quale è il punto pivotale intorno al quale le due figure si differenziano secondo te?

Ma chi mai avrebbe promesso ai lavori dipendenti alcun "paradiso in terra"  ? ! ? ! ? !
Marx ed Engels hanno durissimamente polemizzato col socialismo utopistico (pur riconoscendone dialetticamente i meriti passati)!

Sarebbe lunghissimo delineare le differenze fra schiavo "classico" e proletario odierno.
Un elemento di identità é la mancanza del diritto al riposo festivo (cosa ben diversa dal' eventuale riposo festivo di fatto goduto a discrezione del padrone).
Il rispetto del riposo festivo è il rispetto verso una ritualità, è il rispetto verso la cultura del lavoratore, ma da un punto di vista economico il 25 dicembre vale quanto il 15 di aprile, la domenica quanto il lunedi. Ma se la festività è persa nel tessuto sociale, che cosa si difende quando si difende la festività? Diciamoci la verità, "non tutti" sentono il bisogno di andare a messa la domenica, quello che si difende è una "festività marxista" a cui i liberisti giustamente non sentono alcun obbligo di aderire, tu pensi per ignoranza o per qualsiasi altro motivo, ma parecchie persone si sentono completamente a loro agio a lavorare alla domenica, a lavorare e qualsiasi ora, pur di lavorare.  Ma perchè queste persone cedono a questo ricatto "pur di lavorare", perchè esse cedono un valore metafisico (la festività) in cambio di un valore materiale (la paga) ? Se non per la mentalità materialista? Non ci sarà statà nessuna "volontà utopica" in Marx, ma la pervicacia con cui il marxismo ha sostituito le feste religiose con feste marxiste (in primis il 1 maggio, poi la domenica e altro) è parecchio interessante.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

baylham

Citazione di: InVerno il 11 Settembre 2018, 14:08:58 PM
Diciamoci la verità, "non tutti" sentono il bisogno di andare a messa la domenica, quello che si difende è una "festività marxista" a cui i liberisti giustamente non sentono alcun obbligo di aderire, tu pensi per ignoranza o per qualsiasi altro motivo, ma parecchie persone si sentono completamente a loro agio a lavorare alla domenica, a lavorare e qualsiasi ora, pur di lavorare.  Ma perchè queste persone cedono a questo ricatto "pur di lavorare", perchè esse cedono un valore metafisico (la festività) in cambio di un valore materiale (la paga) ? Se non per la mentalità materialista? Non ci sarà statà nessuna "volontà utopica" in Marx, ma la pervicacia con cui il marxismo ha sostituito le feste religiose con feste marxiste (in primis il 1 maggio, poi la domenica e altro) è parecchio interessante.

Forse il riposo settimanale è venuto prima dei motivi religiosi che lo giustificano.

Gli stacanovisti sono socialmente nocivi, stupidi. Per impedirgli di nuocere in una economia di mercato vanno posti dei limiti, delle restrizioni, degli ostacoli.

L'alienazione coinvolge in forme diverse i membri di entrambe le classi, il proletario come il capitalista; anche quest'ultimo è un servo del sistema capitalistico secondo Marx e Weber.
 

Sariputra

Sono in accordo con molte cose che son state scritte..e in disaccordo con molte altre.
Credo non sia determinante il giorno (la domenica piuttosto che il sabato o il venerdì...), anche se questo punto può rivestire notevole importanza per la persona religiosa che si viene a trovare privata del suo diritto a santificare la festività secondo i precetti del suo credo, ma imprtante è la possibilità che , persone che condividono la propria vita, o i propri interessi e passioni, abbiano un giorno di libertà dal lavoro che coincida . Se il papà è libero il lunedì mattina, la mamma il martedì, la figlia maggiore che lavora solo il mercoledì, ecc. come è possibile vivere la propria dimensione umana e famigliare? Non è un grande peggioramento proprio della qualità del vivere insieme? Non si tratta di disumanizzare, alla lunga, con questo sistema, i rapporti sociali più fondamentali, che richiedono il tempo da dedicare allo stare assieme? Al single che vive nelle metropoli occidentali, con il televisore da 55 pollici appeso alla parete e 36 abbonamenti alle paytv, è chiaro che non interesserà poi molto lavorare la domenica e starsene sul divano al martedì...ma la questione è: non vi sembra un processo che va verso la disumanizzazione e la frammentazione dell'esistenza dei nuclei sociali? O siamo ormai così profondamente coinvolti, pure noi, da questo processo da non solo non avvedercene più, ma financo da considerarlo "normale", se non addirittura preferibile?... :(
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Phil

La questione dei centri commerciali domenicali è una coniugazione della situazione "liberale" dell'uomo occidentale contemporaneo: di fronte ad una possibilità (lo shopping domenicale), non c'è stata costrizione dall'alto, ma la massa si è orientata verso la sua piena accettazione... proprio come accade per altre "libertà": il fumare, il bere alcolici, le slot machine, l'uso della tecnologia, le "case chiuse" con bambole gonfiabili etc. certo, la macchina della persuasione sociale ci mette sempre lo zampino e molti vengono affabulati o persino fagocitati (v. dipendenze), ma in fondo il vecchio "fuma sigarette così sembri figo" ha lo stesso meccanismo base di "vai a messa così ti guadagni il paradiso" oppure "vota partito x così lavori meglio e combatti le ingiustizie", ovvero c'è sempre qualcuno che cerca di servirsi delle innate speranze e utopie della moltitudine per proprio tornaconto economico (questua, 8 o 5 o 2 x 1000, tasse statali, carriera politica, finanziamenti, o altro).
Rimproverare alla moltitudine di essere composta perlopiù da "schiavi", ingenui, polli da spennare, psicolabili, immorali, etc. forse significa dover riconsiderare cosa siano i fenomeni di massa, ma sin dalla notte dei tempi, senza voler crocifiggere manager ed economisti come se avessero appena portato sulla terra un male satanico senza precedenti. 
L'attualità dei fenomeni di massa forse impone anche una rilettura dell'imputazione di "epoca dell'individualismo" (tipica del "nostalgismo" da terza età) passando dalla categoria di "gruppo" a quella di "serie", per dirla con Sartre.

Ritornando al tema del topic, direi che in questo caso, almeno da quel che ho visto intorno a me, non c'è stata nemmeno una sfrontata campagna di marketing per invogliare la gente a fare shopping di domenica. Se la gente preferisce dunque passare la domenica in un centro commerciale, chiuderglielo per spingerla a fare altro (che la gente potrebbe già fare, ma forse non fa...) è un gesto di saggia premura paterna, oppure si fa lo sgambetto a chi è ben lieto di poter avere quella opportunità (e ne dovrebbe affrontare le ripercussioni)?
Forse c'è il rischio di dimenticare che chi lavora anche la domenica, magari lo preferisce all'esser disoccupato (vedi suddetta storia delle migliaia di posti a rischio), così come chi fa shopping la domenica non ha necessariamente nostalgia del poterlo fare solo durante i feriali, di corsa, dopo il lavoro, pur di avere la domenica libera per rinchiudersi in altri posti a spendere (cinema, bowling, etc.) o starsene a casa davanti a uno schermo a fare acquisti on line.


P.s.
Glisso (sarebbe un lungo e svogliato off topic) sulla necessità di una struttura gerarchica per far funzionare una società democratica e una qualunque economia (che non sia il baratto) e sulla necessità di rivisitare discorsi "scaduti" storicamente (non è una critica, ma una constatazione), aggiornandone in primis il linguaggio, così da renderli applicabili ai fenomeni della società attuale.

P.p.s.
@Sariputra
Se la figlia è in età lavorativa, non scommetterei che passerebbe il suo giorno libero con mamma e papà... ormai, se non sbaglio, la fantomatica "famiglia del Mulino Bianco" è stata soppiantata persino nell'omonima pubblicità; che non sia un caso?

Sariputra

@Phil
Magari la figlia ha voglia, un paio di volte all'anno, di farsi un giro con i genitori, che ne sai?...Phil, era solo per fare un esempio! E poi  parli che bisogna "liberarsi dai luoghi comuni"... ;D
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Catone

Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2018, 10:08:55 AM
Mi domando sempre, passando a volte davanti a questi centri, con i piazzali strabordanti d'auto parcheggiate, qual'è il senso , se non un evidente spirito masochista, di passare le domeniche, che per molti sono magari l'unico giorno di libertà dal lavoro, rinchiusi colà.
Perché quando in famiglia si lavora in due e si hanno dei figli, il weekend diventa la parte più faticosa della settimana. Poter fare la spesa la domenica in tranquillità dà la sensazione di poter diluire gli impegni.
In realtà è una trappola e ti rovini anche la domenica.
Favorevole alla chiusura.

InVerno

Citazione di: Sariputra il 11 Settembre 2018, 15:19:39 PM
Sono in accordo con molte cose che son state scritte..e in disaccordo con molte altre.
Credo non sia determinante il giorno (la domenica piuttosto che il sabato o il venerdì...), anche se questo punto può rivestire notevole importanza per la persona religiosa che si viene a trovare privata del suo diritto a santificare la festività secondo i precetti del suo credo, ma imprtante è la possibilità che , persone che condividono la propria vita, o i propri interessi e passioni, abbiano un giorno di libertà dal lavoro che coincida
Il punto è che sono cosi tante le distrazioni possibili dalla tua nobile visione che l'idea di regolamentarle tutte è impraticabile in uno stato liberale. Per esempio io credo che una festività che si rispetti, nel 2018, debba coincidere con l'interruzione della rete internet per quel dato giorno. A che serve alle persone stare a casa dal centro commerciale se poi piantano la testa nel telefonino? anzi molto probabilmente accedono al centro commerciale dal telefonino senza nemmeno spostarsi da casa, che sia fisicamente aperto o meno. Provare a restringere tutte queste maglie per costringere la gente a guardarsi in faccia, è un operazione infinita e che secondo me ha basse possibilità di riuscita, i tabù devono nascere dal basso da una consapevolezza di fondo, non dallo stato che insegue e punisce i vizi dei propri cittadini.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Lou

#27
Ma chiudere gli stadi la domenica no? Pure lì c'è gente che lavora la domenica. E gente che lì trascorre il suo tempo libero.
Non capisco perchè, ovviamente è esemplificativo, la passione per il calcio è ok e la passione per il bighellonaggio tra vetrine no.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

davintro

io non vorrei apparire risentito e offensivo verso qualcuno, ma confesso che mi dispiace molto, leggendo la maggior parte dei commenti, avvertire come non sia adeguatamente sentito un valore che reputo di una dignità assoluta, quello della Libertà Individuale, che viene quasi relegato a un capriccio ideologico del liberalismo (liberalismo che, faccio notare, è quella cosa che consente a tutti noi di poter stare in questo forum a esprimere le nostre opinioni senza timore che qualche polizia statale ci legga e ci  possa incriminare e incarcerare perché dissentiamo dai governanti...), quando invece è un valore solidamente radicato in un dato reale, quello della singolarità e unicità di ciascuna personalità individuale: dalla diversità di ciascuna persona discende che il benessere di ciascuno non può mai coincidere con l'idea di benessere adeguata per tutti gli altri, quindi, nessuno ha il diritto di imporre il suo modello di giusto e di bello a tutti come fosse un valore necessariamente oggettivo e che tutti dovrebbero condividere. Ma chi siamo noi per giudicare male le persone a cui piace andare ai centri commerciali, anche di domenica (proprio perché, magari hanno meno tempo durante la settimana, lavorando), da dove nasce la pretesa di imporre a tutti gli altri i nostri gusti, il nostro modo di vivere, perché non deve esserci il rispetto delle diversità? Ovviamente ciò non vuol dire che io sia per un modello di società anarchica, caotica, senza regole. Ogni stato impone delle regole, ma (qui mi pare di rispondere soprattutto a Baylahm) ciò non vuol dire che si debba parlare di "stato etico": lo stato a mio avviso deve limitarsi a essere una funzione pratica, non un'autorità morale che impone a tutti un'ideale di giustizia omologante, le regole sono un male necessario, che serve a garantire in modo più efficace un bene maggiore, la tutela dei diritti fondamentali e naturali dei singoli: nel momento in cui la mia libertà danneggia i diritti e le libertà fondamentali di un altro, lo stato interviene per cercare di impedirlo, ma ciò non per un convincimento morale, ma per tutelare a livello collettivo più ampio l'idea stessa di libertà. L'intervento statale dovrebbe essere lecito solo nel caso in cui la libertà che limita è di misura inferiore a quella che verrebbe messa a repentaglio non intervenendo. Lo stato non dovrebbe punire il ladro o l'assassino perché "uccidere e rubare è immorale", o peggio ancora per vendetta, ma solo sulla base di un ragionamento pratico di massimizzazione di libertà e conseguentemente di benessere: la limitazione della libertà del ladro e dell'assassino è una limitazione della libertà inferiore a quella che i cittadini potrebbero subire nella gestione dei loro diritti di vita e proprietà, lasciando individui socialmente pericolosi continuare ad agire indisturbati. Tornando al caso della chiusura dei centri commerciali di domenica, la domanda che dovremmo chiederci è: la limitazione della libertà che tale intervento determina è giustificabile, in termini di massimizzazione, cioè di tutela di una libertà più ampia? A me pare che ciò non risulti, al contrario ci troviamo di fronte un ingiustificato arbitrio statale dettato da convincimenti demagogici e moralistici, come la sacralità religiosa della domenica, che in uno stato laico non dovrebbe in alcun modo essere una motivazione per limitare le scelte delle persone, oppure una retorica nostalgica, moralista e familista che non è affatto debba essere condivisa da tutti (personalmente, pur con tutti i suoi difetti mi ritengo fortunato a essere nato in quest'epoca, e il mio pensiero non mi rende moralmente inferiore a chi la pensa diversamente, o quantomeno non discriminabile sulla base di scelte politiche). La libertà di chi apprezza i centri commerciali e sceglie di andarci di domenica non limita la libertà di non andarci di chi non li apprezza, la scelta delle persone di lavorare di domenica non limita la libertà di chi preferirebbe passare questo giorno in altri modi, di scegliersi un lavoro in cui il riposo domenicale è previsto.

Con ciò non voglio affermare che il mercato del lavoro sia attualmente una condizione perfetta e paradisiaca, il migliore dei mondi possibili, e che non sia migliorabile e riformabile per andare meglio incontro alle esigenze dei lavoratori (nonché dei consumatori). Il tempo libero è un valore che mi sta molto a cuore, ma il suo valore sta proprio nel suo essere LIBERO, cioè tempo dedicato a fare ciò che ci piace e ci appaga interiormente: dal punto di vista di uno stakanovista che ama il suo lavoro, e non avrebbe alcun problema nel lavorare 24 h su 24 h, il "tempo libero" non sarebbe davvero tale, sarebbe un'imposizione esterna, che, fosse a lui a decidere liberamente, forse non avrebbe. Un tempo libero/imposto per legge è un ossimoro. Mi ritengo un grande sostenitore dell'Otium letterario, una condizione in cui le persone saranno liberate dallo stress della frenetica ricerca di prestazioni, per uno stile di vita basato sulla lentezza e sul godimento dei piaceri estetici e intellettuali, ma non vorrei  mai che tale condizione fosse imposta per legge, vorrei che fosse il risultato di una progressiva rivoluzione interiore che ciascuno di noi opera in se stesso in modo spontaneo, senza forzature imposte da chi, i governanti, non hanno alcun titolo per condannare il modo in cui desidero vivere, fintanto che non produce danno a nessuno. Anziché tramite arbitrarie e moralistiche imposizioni, riterrei opportuna una politica che intervenisse per migliorare la qualità del lavoro, rendendolo più possibile armonico con i tempi della vita e delle relazioni umane, tramite interventi indiretti, come possono essere incentivi fiscali (sgravi) per le aziende che investono particolarmente nel part time, nei contratti che prevedono un certo margine di autonomia del lavoratore nella gestione degli orari di lavoro, superando lo schema meccanicistico ottocentesco per cui la produttività viene fatta coincidere un orario di lavoro fisso e rigido, nel telelavoro che consente di poter lavorare da casa...

anthonyi

Citazione di: sgiombo il 11 Settembre 2018, 13:36:17 PM



Mi sembra proprio che il "comunismo" (o meglio il socialismo reale), senza essere ovviamente un "paradiso terrestre" e pur fra limiti ed errori anche gravi, peraltro in gran parte da addebitarsi alla forsennata ostilità senza esclusione di colpi, senza scrupolo alcuno, da parte del coesistente e potentissimo mondo capitalistico, abbia prodotto risultati OTTIMI (fra questi -ma non sono i maggiori- il diritto qui da noi ai riposi festivi, alle ferie pagate, alla sanità, all' istruzione e alla pensione; che infatti il capitalismo reale da quando non é più dal s.r. arginato e condizionato si sta riprendendo integralmente).



Ne sei proprio sicuro sgiombo? E io che ero convinto che tutte queste conquiste sociali siano state rese possibili dallo sviluppo economico che ha avuto l'Italia dal dopoguerra in poi! Possiamo discutere quanto vogliamo sulla dimensione relativa delle fette di torta, resta il fatto che senza torta non si può fare nessuna fetta e il capitalismo (Tu lo chiami così, io più semplicemente lo chiamo sistema di mercato) è l'unico che a tutt'oggi si è mostrato capace di fare torte belle grosse.
Un saluto.

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