Capitalismo

Aperto da Jacopus, 26 Novembre 2017, 15:12:29 PM

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viator

Salve. Quale sia il senso dell'esistenza del capitalismo a me sembra sia stato dimostrato dalla parabola del socialismo reale.
Mentre il primo consiste nel semplice svolgersi dei meccanismi naturali evoluzionistici (adattamento del mondo produttivo, cambiamento continuo non importa in quale direzione, affermazione del più forte etc.) le vicende della dottrina utopistica di Marx e compagni e la storia concreta del socialismo reale in URSS hanno rappresentato l'utopia (rapidamente pervertitasi) della costruzione di un mondo umano che "correggesse" brutalmente i meccanismi naturali per piegarli ad una visione TROPPO umana (e, ripeto, troppo rapidamente pervertitasi) del futuro del mondo.

Sapete qual è allora la forza del capitalismo ? Il non essere una ideologia ma solo una prassi straordinariamente flessibile che non deve rispettare nessun suo profeta o fondatore, nessun dogma, persino nessuno scopo o previsione.
Esso è basato sul libero svolgersi dei meccanismi naturali (non solo economici) i quali sono sacrosanti ed utilissimi per chi riesce ad avvantaggiarsene, iniqui ed incomprensibili per chi ne è penalizzato. MA COMUNQUE RESTANO I PIU' EFFICIENTI.

Il motto "a ciascuno secondo i propri bisogni, da ciascuno secondo le proprie capacità" (meravigliosamente suggestivo, altamente moralistico, commoventemente ingenuo) si può dire sia stato la rovina dell'ideologia marxista e più in generale degli svariati egualitarismi che hanno popolato e in ormai trascurabile misura ancora popolano il pianeta.
Gli egualitarismi si ostinano a voler opporre la propria visione che si basa sulla volontà di riformare la società umana (l'HOMO SOCIALIS) facendo finta di ignorare che qualsiasi comunità è basata sull' HOMO NATURALIS il quale è prontissimo a profittare dei vantaggi sociali a patto di non dover sacrificare nessuno dei propri vantaggi individuali.

Il ragionamento individuale terra-terra, al livello più basso, cioè di massa, è semplicissimo : se la società mi fornisce automaticamente tutto il minimo necessario, perché mai dovrei sforzarmi di dare più del minimo obbligatorio ??
L'egualitarismo deprime inesorabilmente lo spirito d'iniziativa individuale, l'ambizione, la propensione al rischio produttivo, la creatività, producendo prima o poi inesorabilmente il crollo dei sistemi che vorrebbero realizzarlo.
La natura è contraria all'egualitarismo, che rappresenta unicamente un'utopia umana.

Per le stesse ragioni, vi siete mai chiesti perché il capitalismo e l'innovazione (cioè la cosiddetta civiltà moderna) si sono sviluppati in regioni del mondo a clima fresco-temperato e non in regioni più calde e più ricche di risorse naturali come sono in genere quelle tropicali ed equatoriali ?
Potrei parlare, ma non ne tempo e voglia, di una teoria climatologica dello sviluppo delle civiltà.

Sapete perché invenzioni, scoperte, progresso non si sono generati in qualche paradisiaca isola dei Mari del Sud ? In quei luoghi non ci sono grandi pericoli naturali (si, vabbè, gli uragani.......ma per quelli basta costruire capanne di palme che in una giornata si possono ricostruire), la natura fornisce spontaneamente di che vivere, il clima è delizioso.....poi proprio per queste ragioni si può anche disporre di un certo tempo libero che dovrebbe incentivare miglioramenti ed invenzioni.......

Invece, proprio perché il vivere in condizioni di natura è per tutti agevole......nessuno si sogna di migliorare ciò che è di per sé sufficiente.


Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

anthonyi

Citazione di: paul11 il 28 Novembre 2017, 13:17:31 PM
.il problema è squisitamente politico, perchè le teorie capitalistiche del libero scambio non è vero che ala fine siano in equilibrio, perchè la concentrazione dei capitali porta a cartelli oligopolistici o monopolistici.
.

La formazione di oligopoli e monopoli non dipende dalla concentrazione dei capitali (Semmai è vero il contrario). Oligopoli e monopoli nascono per effetto di innovazione e sviluppo tecnologico, e, garantendo profitti positivi, sono i motori logici dello sviluppo economico.
Naturalmente è chiaro che i monopoli naturali e legali sono fuori da questo ragionamento.

paul11

#17
Citazione di: anthonyi il 04 Dicembre 2017, 11:51:43 AM
Citazione di: paul11 il 28 Novembre 2017, 13:17:31 PM
.il problema è squisitamente politico, perchè le teorie capitalistiche del libero scambio non è vero che ala fine siano in equilibrio, perchè la concentrazione dei capitali porta a cartelli oligopolistici o monopolistici.
.

La formazione di oligopoli e monopoli non dipende dalla concentrazione dei capitali (Semmai è vero il contrario). Oligopoli e monopoli nascono per effetto di innovazione e sviluppo tecnologico, e, garantendo profitti positivi, sono i motori logici dello sviluppo economico.
Naturalmente è chiaro che i monopoli naturali e legali sono fuori da questo ragionamento.
In una prima fase di mercato perfetto più competitori ,che sono l'offerta, si scontrano sul mercato della domanda.
A parità di innovazione e miglioramento tecnologico due sono i fattori competitivi: costo e fatturato.
Entrambi sono degli aggregati, per cui o chi abbassa i costi o chi riesce ad entrare meglio nella distribuzione con prezzi di vendita più bassi dei competitor, vince fette di mercato.
La seconda fase è la scelta imprenditoriale : può decidere di abbassare i prezzi mettendo fuori mercato i competitor che hanno costi così alti per cui i lprezzo non compensa un margine di profitto, ma va in deficit. Quind ialtra acquisizone di fette di mercato.
Il mercato si concentra  su un imprenditore e sempre meno competitori che riescono più o meno a stento a stare dentro   nella forbice fra prezzi(fatturato) e costi di esercizio.
Ricorderei che i margini di utile di bilancio, l'imprenditore può decidere quanto incamerare come utile azionistico(se è una spa) e quanto reinvestire in innovazione miglioramenti ,in ricerca e sviluppo.
La terza fase potrebbe essere improntata sulla politica di stabilizzazione del prezzo con uno o più concorrenti.
Il ragionamento è "perchè farci del male e ammazzarci con prezzi bassi che rischiano di non tradursi in utile di esercizio, ma semmai fare stragi di competitori?", "mettiamoci d'accordo,su   un prezzo finale, per cui allo stesso prezzo semmai guadagnerà di più chi abbassa i costi, sempre che le fette di mercato in questo esempio ipotetico rimangano costanti.


Insomma le dinamiche cicliche parlano chiaro: ci sono momenti in cui conviene ammazzare la concorrenza e altri in cui connviene mettersi d'accordo per straguadagnare. ma alla fine risulta che da un mercato iniziale perfetto ed in equilibrio nascano oligopoli e monopoli.
La "morale" è che sono le scelte soggettive imprenditoriali ,vale a dire le politiche a decidere come le teorie influisca no meno e non le teorie a decidere come funziona il mercato.
L'imprenditore può utilizzare nel suo "cruscotto" quali indicatori di bilancio utilizzare facendo benchmark.
Sono in gioco tali e tante dinamiche economiche , ma che portano sempre ad un mercato "perfetto" ad un regime monopolistico od oligopolistico, in cui pochi o solo qualcuno decidono come gestire anche i prezzi.

Nello specifico Antonyi. bisogna avere risorse economiche per investire in innovazione e miglioramento , e questo lo dà o l'autofinanziamento tramite  alto utile di esercizio (fatturato - costi) o prestiti bancari (aumentando  i costi finanziari).
Sono le strategie di investimento  o dismissione di asset che decidono se saranno vincenti o meno.
si può fare innovazione e miglioramenti di processo ,di sistemi, di logistica distributiva  accorciare le filiere fra il fornitore /cliente, ecc, tecniche di marketing.

Quindi se dalla prima fase del mercato perfetto a parità di condizioni economiche emerge come fattore competitivo la bravura di un imprenditore o di pochi, questi approfitteranno del aver rosicchiato mercato ai concorrenti e le maggiori risorse economiche e finanziarie li porranno come leader di mercato con sempre più risorse e quindi loro faranno innovazione , perchè quei competitori al limite della concorrenza, non avranno risorse sufficienti per poter investire: quindi il mercato si concentra in mani di pochi.

la matematica ci dice che: se cinque competitori hanno ognuno il 20% del mercato e dopo la prima fase uno ha conseguito il 30%, lui cresce e tutti gli altri ovviamente perdono mercato, oppure addirittura qualcuno è uscito dal mercato per fallimento.
Ma ancora matematicamente: se colui che  è leader del mercato ne detiene il  30% di questo e il suo fatturato cresce del 10%,così pure gli altri competitori che sono scesi al 15% del mercato, ogni anno, tenendo costante il saggio di profitto di tutti gli imprenditori (anche se non è vero...), aumenterà il differenziale fra chi ha più mercato e quindi più fatturato, rispetto a coloro che ne hanno meno.
Chi "mangia" più mercato fatturando di più aumenta sempre più la forbice verso coloro che hanno meno mercato e meno fatturato.

anthonyi

Citazione di: paul11 il 04 Dicembre 2017, 14:53:29 PM
Citazione di: anthonyi il 04 Dicembre 2017, 11:51:43 AM
Citazione di: paul11 il 28 Novembre 2017, 13:17:31 PM
.il problema è squisitamente politico, perchè le teorie capitalistiche del libero scambio non è vero che ala fine siano in equilibrio, perchè la concentrazione dei capitali porta a cartelli oligopolistici o monopolistici.
.

La formazione di oligopoli e monopoli non dipende dalla concentrazione dei capitali (Semmai è vero il contrario). Oligopoli e monopoli nascono per effetto di innovazione e sviluppo tecnologico, e, garantendo profitti positivi, sono i motori logici dello sviluppo economico.
Naturalmente è chiaro che i monopoli naturali e legali sono fuori da questo ragionamento.
In una prima fase di mercato perfetto più competitori ,che sono l'offerta, si scontrano sul mercato della domanda.
A parità di innovazione e miglioramento tecnologico due sono i fattori competitivi: costo e fatturato.
Entrambi sono degli aggregati, per cui o chi abbassa i costi o chi riesce ad entrare meglio nella distribuzione con prezzi di vendita più bassi dei competitor, vince fette di mercato.
La seconda fase è la scelta imprenditoriale : può decidere di abbassare i prezzi mettendo fuori mercato i competitor che hanno costi così alti per cui i lprezzo non compensa un margine di profitto, ma va in deficit. Quind ialtra acquisizone di fette di mercato.
Il mercato si concentra  su un imprenditore e sempre meno competitori che riescono più o meno a stento a stare dentro   nella forbice fra prezzi(fatturato) e costi di esercizio.
Ricorderei che i margini di utile di bilancio, l'imprenditore può decidere quanto incamerare come utile azionistico(se è una spa) e quanto reinvestire in innovazione miglioramenti ,in ricerca e sviluppo.
La terza fase potrebbe essere improntata sulla politica di stabilizzazione del prezzo con uno o più concorrenti.
Il ragionamento è "perchè farci del male e ammazzarci con prezzi bassi che rischiano di non tradursi in utile di esercizio, ma semmai fare stragi di competitori?", "mettiamoci d'accordo,su   un prezzo finale, per cui allo stesso prezzo semmai guadagnerà di più chi abbassa i costi, sempre che le fette di mercato in questo esempio ipotetico rimangano costanti.


Insomma le dinamiche cicliche parlano chiaro: ci sono momenti in cui conviene ammazzare la concorrenza e altri in cui connviene mettersi d'accordo per straguadagnare. ma alla fine risulta che da un mercato iniziale perfetto ed in equilibrio nascano oligopoli e monopoli.
La "morale" è che sono le scelte soggettive imprenditoriali ,vale a dire le politiche a decidere come le teorie influisca no meno e non le teorie a decidere come funziona il mercato.
L'imprenditore può utilizzare nel suo "cruscotto" quali indicatori di bilancio utilizzare facendo benchmark.
Sono in gioco tali e tante dinamiche economiche , ma che portano sempre ad un mercato "perfetto" ad un regime monopolistico od oligopolistico, in cui pochi o solo qualcuno decidono come gestire anche i prezzi.

Nello specifico Antonyi. bisogna avere risorse economiche per investire in innovazione e miglioramento , e questo lo dà o l'autofinanziamento tramite  alto utile di esercizio (fatturato - costi) o prestiti bancari (aumentando  i costi finanziari).
Sono le strategie di investimento  o dismissione di asset che decidono se saranno vincenti o meno.
si può fare innovazione e miglioramenti di processo ,di sistemi, di logistica distributiva  accorciare le filiere fra il fornitore /cliente, ecc, tecniche di marketing.

Quindi se dalla prima fase del mercato perfetto a parità di condizioni economiche emerge come fattore competitivo la bravura di un imprenditore o di pochi, questi approfitteranno del aver rosicchiato mercato ai concorrenti e le maggiori risorse economiche e finanziarie li porranno come leader di mercato con sempre più risorse e quindi loro faranno innovazione , perchè quei competitori al limite della concorrenza, non avranno risorse sufficienti per poter investire: quindi il mercato si concentra in mani di pochi.

la matematica ci dice che: se cinque competitori hanno ognuno il 20% del mercato e dopo la prima fase uno ha conseguito il 30%, lui cresce e tutti gli altri ovviamente perdono mercato, oppure addirittura qualcuno è uscito dal mercato per fallimento.
Ma ancora matematicamente: se colui che  è leader del mercato ne detiene il  30% di questo e il suo fatturato cresce del 10%,così pure gli altri competitori che sono scesi al 15% del mercato, ogni anno, tenendo costante il saggio di profitto di tutti gli imprenditori (anche se non è vero...), aumenterà il differenziale fra chi ha più mercato e quindi più fatturato, rispetto a coloro che ne hanno meno.
Chi "mangia" più mercato fatturando di più aumenta sempre più la forbice verso coloro che hanno meno mercato e meno fatturato.

Tutto giusto, però quando dici che un competitore ha il 20 o il 30 % del mercato in realtà già ragioni nella logica dell'esistenza di un oligopolio specifico di ciascuna delle imprese, che da comunque l'opportunità a ogni singola impresa di gestire il prezzo individualmente facendo profitti positivi. Questi profitti derivano dalla capacità innovativa, creativa e di sviluppo che non è detto sia relazionata con l'impiego di capitali, per averne le prove basta guardare le storie delle attività economiche relazionate a internet, o al grande miracolo di un Italo-Canadese (Lo dico con orgoglio perché lo sono anch'io) come Marchionne che ha fatto acquisire alla Fiat la proprietà della Chrysler senza spendere un dollaro, e senza nemmeno impegnare un capitale di garanzia (Che era stato ad esempio necessario nelle acquisizioni di Alfa Romeo e Lancia) ma solo immettendo la capacità innovativa, creativa e di sviluppo che la Fiat deteneva.
Gli accordi di cartello invece sono un'altra cosa, non a caso sono fortemente sanzionati, almeno in tutti i sistemi capitalistici che si rispettino.
I detrattori del sistema capitalistico ragionano sempre come se il capitale sia l'elemento essenziale del funzionamento di quel sistema, in realtà è proprio nel sistema capitalistico che contano le persone e se l'impressione generale è che le persone non contino questo è dovuto al fatto che a esprimere questo parere sono quelli che non contano (Sono un po' cinico, ma è la realtà).

baylham

La formazione di mercati oligopolistici o monopolistici è spiegata dalle barriere alla concorrenza, a partire dal fatto che la domanda di un bene è comunque limitata.

L'ostacolo più significativo alla concorrenza sono le economie di scala, in particolare la tecnica di produzione in serie, che danno luogo a costi marginali decrescenti. 
L'innovazione è invece facilmente imitabile (salva la protezione giuridica dei brevetti, ma allora la barriera è un fatto economico-politico).

paul11

#20
Antonyi,
nel caso del tutto ipotetico che le condizioni dei fattori produttivi e organizzativi delle aziende siano simili è la strategia imprenditoriale che vince, magari ad esempio, perchè è più bravo a lavorare sui punti vendita, nel settore commerciale.
Chi comincia ad acquisire più fette di mercato ha più fatturato, tenendo stabile la domanda del mercato, e quindi finanziariamente si trova ad avere più possiblità o di fare profitto e intascare quindi il plusvalore (il tornaconto imprenditoriale) oppure decide di reinvestire, ammodernando il sistema oppure decide di abbassare i prezzi, perchè lui può permetterselo, non gli altri competitori.
Nella prima fase quindi ,ribadisco a parità di condizioni ipotetiche di costi, è la strategia di vendita,distribuzione e logistica che vince. Chiaramente dipende anche dai settori manufatturieri; un conto è vendere sughi, altro i computer e altro ancora automobili o addirittura immobili.


Antonyi gli esempi che tu dai sono già di mercati in evoluzione, per questo ho scritto che le teorie economiche valgono fino ad un certo punto. ma soprattutto distinguerei la macroeconomia dalla microeconomia
Marchionne sapeva che strategicamente si sarebbe andati verso grandi concentrazioni di aziende, prendendosi più marchi.
E' dell'anno scorso che  il gruppo PSA,  Peugeot e Citroen ha acquisito dalla General Motors, il marchio Opel che in origine era tedesco (pensa che giro, dalla Germania agli USA e ora Francia).

Anche Microsoft è continuamente sanzionato.....paga la multa enorme e continua a monopolizzare.
Il fatturato è talmente alto che conviene pagare la multa e continuare le strategia di monopolio.

Baylham,
Il problema non è quanto sia alta o bassa la domanda, è del tutto relativo, a meno che intendi dire che in un mercato improvvisamente crolla la domanda, allora si alza automaticamente il livello di competizione che dovrebbe portare ad un abbassamento o comunque a un non innalzamento dei prezzi,A questo punto contano molto le dinamiche interne di costo della aziende.Ma è il saggio di profitto che attira o meno nuova imprenditoria in un settore.

Sulla teoria marginalista ho dei grossi dubbi, anche se è quella che di fatto utilizzano le macroeconomie.
basterebbe vedere il carteggio di un italiano Sraffa (insegnò se non erro a Oxford)con Keynes sulle critiche alle teorie marginaliste.
La produzione in serie e le economie di scala sulla teoria della produttività decrescente in realtà come scrive Sraffa si scontra con il limite della domanda di mercato. Non posso produrre più di quello che il mercato mi chiede, e quì va a farsi benedire l'organizzazione che si basò sui decrementi di costo produttivi (rapporto fra costi fissi e variabili produttivi).
Nessuno più produce seguendo il marginalismo nel sistema microeconomico aziendale  perchè da almeno quarant'anni circa con le tecniche innovative inventate dalla Toyota( che ha sbaragliato la General Motors a suo tempo) dal just in time ai sistemi kanban a filiere fra fornitore e cliente finale molto corte e relativi sistemi flessibili sulle linee produttive, nei layout degli stabilimenti.
Quello che è mutato decisamente negli ultimi decenni è quasi la perversione a manipolare il  potenziale cliente che acquista  il prodotto o un servizio, da quì il peso del marketing nelle strategie aziendali.

cvc

Piccola riflessione capitalistica.

Cesare Battisti, finché è accusato "solo" di aver ucciso quattro persone in Italia, va senz'altro accolto come avente diritto di asilo. Se però il signor Battisti non paga le tasse, ecco che scatta il braccialetto elettronico.
Uccidi pure chi vuoi, basta che non tocchi i miei soldi....
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

anthonyi

Citazione di: cvc il 05 Dicembre 2017, 13:12:39 PM
Piccola riflessione capitalistica.

Cesare Battisti, finché è accusato "solo" di aver ucciso quattro persone in Italia, va senz'altro accolto come avente diritto di asilo. Se però il signor Battisti non paga le tasse, ecco che scatta il braccialetto elettronico.
Uccidi pure chi vuoi, basta che non tocchi i miei soldi....

Adesso non esageriamo, la questione dei soldi è stata puramente strumentale (Un po' come fecero per Al Capone), serve per mantenere sotto controllo Battisti prima di rinviarlo in Italia che evidentemente non è più considerato degno di protezione dall'attuale presidente.

0xdeadbeef

Citazione di: paul11 il 28 Novembre 2017, 00:52:18 AM
La forza del capitalismo è la tecnica che riesce a relazionarsi benissimo con gli istinti umani.

Questa affermazione di Paul11 (che saluto e che forse si ricorderà di me, anche se non scrivo più sul forum da qualche anno) mi sembra
particolarmente interessante.
Trovo infatti non sia peregrino chiedersi innanzitutto cosa sia il capitalismo; e la risposta a questo quesito, forse, potrà aiutarci
non poco a comprendere come esso, il capitalismo, riesca ad adattarsi a vari contesti e forme politiche.
Io credo che il capitalismo non sia tanto in relazione con la tecnica, quanto con la volontà di potenza. La "forza" del capitalismo è
dunque per me la volontà di potenza; e tanto il capitalismo quanto la volontà di potenza sfruttano, semmai, la tecnica come "mezzo" (con
buona pace di coloro che, come Severino, pensano che tecnica e volontà di potenza siano sostanzialmente sinonimi - o che non vi sia più
una apprezzabile differenza fra mezzo e scopo...).
A questo punto credo di, almeno per parte mia, aver già risposto al quesito che dicevo: il capitalismo è quel sistema economico (ma ormai
anche politico) che esalta, oggi, meglio di qualunque altro la volontà di potenza.
Una volontà di potenza (e su questo punto invece Severino ha ragione) che quindi "sfrutta" il capitalismo al suo scopo; perchè oggi il
capitalismo è lo strumento più potente che la volontà può trovare per perseguire il suo scopo primario, che è il primeggiare.
Sono personalmente più propenso a parlare di "mercatismo" che non di capitalismo. Questo per non ingenerare confusioni dovute a definizioni
ormai legate a strutture sociali, economiche e politiche scomparse.
Naturalmente questo vale soprattutto per l'occidente, in quanto nell'occidente il progressivo tramontare dell'idea di "stato" è coinciso
con l'affermarsi dell'individuo (e il mercato, per tramite del "contratto", è lo strumento più efficace nel dirimere le controversie fra gli
individui). Meno vale per altre società e sistemi, nei quali il termine classico "capitalismo" ha ancora una sua valenza.
A tal proposito mi sembra quantomeno forzato affermare che: "il sistema politico che si coniuga meglio al capitalismo è la democrazia".
Uno studio di J.P.Fitoussi di qualche anno orsono indicava nel Messico il punto nel quale democrazia e capitalismo trovavano la loro
miglior "sintesi" (ovvero il punto in cui le libertà democratiche favorivano il liberoscambismo mentre, allo stesso tempo, gli appetiti
capitalistici non erano frenati da concezioni, diciamo, eccessivamente volte a tutelare i diritti degli individui).
Ora, non saprei dire circa la validità del risultato di quello studio. Sicuramente il voler tracciare una relazione fra capitalismo e
democrazia non è per nulla agevole.
Che dire, ad esempio, della Cina? Un sistema politico certamente non democratico che riesce a raggiungere livelli di efficienza capitalistica
non da poco è una aperta sfida a coloro che credono nell'intimo nesso fra libertà "tout court" (quindi anche, ma non solo, economica) e
scambio economico, non credete?
un saluto a tutti voi
mauro

anthonyi

Citazione di: 0xdeadbeef il 11 Febbraio 2018, 15:40:02 PM
Citazione di: paul11 il 28 Novembre 2017, 00:52:18 AM
La forza del capitalismo è la tecnica che riesce a relazionarsi benissimo con gli istinti umani.

Questa affermazione di Paul11 (che saluto e che forse si ricorderà di me, anche se non scrivo più sul forum da qualche anno) mi sembra
particolarmente interessante.
Trovo infatti non sia peregrino chiedersi innanzitutto cosa sia il capitalismo; e la risposta a questo quesito, forse, potrà aiutarci
non poco a comprendere come esso, il capitalismo, riesca ad adattarsi a vari contesti e forme politiche.
Io credo che il capitalismo non sia tanto in relazione con la tecnica, quanto con la volontà di potenza. La "forza" del capitalismo è
dunque per me la volontà di potenza; e tanto il capitalismo quanto la volontà di potenza sfruttano, semmai, la tecnica come "mezzo" (con
buona pace di coloro che, come Severino, pensano che tecnica e volontà di potenza siano sostanzialmente sinonimi - o che non vi sia più
una apprezzabile differenza fra mezzo e scopo...).
A questo punto credo di, almeno per parte mia, aver già risposto al quesito che dicevo: il capitalismo è quel sistema economico (ma ormai
anche politico) che esalta, oggi, meglio di qualunque altro la volontà di potenza.
Una volontà di potenza (e su questo punto invece Severino ha ragione) che quindi "sfrutta" il capitalismo al suo scopo; perchè oggi il
capitalismo è lo strumento più potente che la volontà può trovare per perseguire il suo scopo primario, che è il primeggiare.
Sono personalmente più propenso a parlare di "mercatismo" che non di capitalismo. Questo per non ingenerare confusioni dovute a definizioni
ormai legate a strutture sociali, economiche e politiche scomparse.
Naturalmente questo vale soprattutto per l'occidente, in quanto nell'occidente il progressivo tramontare dell'idea di "stato" è coinciso
con l'affermarsi dell'individuo (e il mercato, per tramite del "contratto", è lo strumento più efficace nel dirimere le controversie fra gli
individui). Meno vale per altre società e sistemi, nei quali il termine classico "capitalismo" ha ancora una sua valenza.
A tal proposito mi sembra quantomeno forzato affermare che: "il sistema politico che si coniuga meglio al capitalismo è la democrazia".
Uno studio di J.P.Fitoussi di qualche anno orsono indicava nel Messico il punto nel quale democrazia e capitalismo trovavano la loro
miglior "sintesi" (ovvero il punto in cui le libertà democratiche favorivano il liberoscambismo mentre, allo stesso tempo, gli appetiti
capitalistici non erano frenati da concezioni, diciamo, eccessivamente volte a tutelare i diritti degli individui).
Ora, non saprei dire circa la validità del risultato di quello studio. Sicuramente il voler tracciare una relazione fra capitalismo e
democrazia non è per nulla agevole.
Che dire, ad esempio, della Cina? Un sistema politico certamente non democratico che riesce a raggiungere livelli di efficienza capitalistica
non da poco è una aperta sfida a coloro che credono nell'intimo nesso fra libertà "tout court" (quindi anche, ma non solo, economica) e
scambio economico, non credete?
un saluto a tutti voi
mauro

La libertà economica non implica la democrazia, però è funzionale a quel principio liberale di base che vede nella distribuzione del potere un avanzamento in senso democratico. Se non c'è libertà economica, infatti, chi detiene il potere politico detiene anche il potere economico.

Jacopus

Caro Oxdeadbeef. Effettivamente il mix Cina-Capitalismo fa pensare che il Capitalismo possa abbinarsi tranquillamente ad ogni regime.
Il Capitalismo come si è sviluppato in Occidente però è diverso dal Capitalismo innestato dall'alto in Cina. Il Capitalismo nasce in Europa sulla base di una cultura che si sedimenta nel corso dei secoli e che si sviluppa in modo circolare: maggiore democrazia permette maggiori commerci e maggiori commerci permettono un maggior livello di democrazia. Ovviamente si tratta di un tipo-ideale in senso weberiano. Non ho ancora le fette di prosciutto sopra gli occhi e sono al corrente dei regimi dittatoriali che si esercitano all'interno di strutture economiche capitalistiche, come aziende, fabbriche, società.
Eppure sono comunque ragionevolmente certo che per un mercato è sempre meglio avere una controparte, un contraente, un consumatore piuttosto che uno schiavo. L'idea che tutti gli uomini possono essere pensati "isonomicamente" non a caso proviene dal pensiero greco. Un pensiero fatto in una società di commercianti, abituati a solcare i mari, a vendere e a comprare, a trattare prezzi e a costruire alleanze, accettando le differenze delle culture altrui. Non obiettarmi, ti prego, che i Greci definivano barbari i non-greci e che il loro concetto di isonomia era ristretto oltre che culturalmente anche rispetto al genere (solo uomini) e al censo (solo uomini oltre un certo reddito).
Tutto ciò è vero, verissimo, ma è partito da lì il cammino del concetto di democrazia, un concetto idrosolubile, capace di diventare un simulacro o un solidissimo strumento di potere, ma che condiziona indelebilmente la nostra vita attuale e oltre al quale o ci sono le sirene di un medioevo prossimo venturo o governi più o meno autoritari e violenti.
La democrazia in qualche modo la immagino come un faro verso il quale, nel corso dei secoli ci siamo avvicinati e talvolta allontanati, e dove intervengono innumerevoli fattori condizionanti, che si condizionano anche fra di loro: religione, potere militare, tradizioni di un luogo, economia, idee culturali, trasmissione del sapere, benessere generale, circolazione delle idee e comunicazione con altre culture, tanto per dire i primi che mi vengono in mente.
In questo processo un fattore centrale a me pare il capitalismo, ovvero l'accumulazione avvenuta per senso etico da parte delle popolazioni anglosassoni protestanti, che dovevano dimostrare attraverso la loro ricchezza di essere gli eletti da Dio. A partire da allora la democrazia in senso moderno ha iniziato a farsi strada, poichè occorreva "dimostrare" e "meritare" il proprio posto nel mondo, come se si trattasse di una "competizione sempre aperta" e non più un mondo fissato una volta per tutte attraverso la trasmissione familiare dei ruoli, come accadeva in precedenza.
Tutto ciò in un modo imperfetto, ma ripeto, utilizzando un modello ideale, io vedo questo nel collegamento capitalismo-democrazia, nel lunghissimo periodo, ovvero dal 1500 ad oggi. Una straordinaria accelerazione verso la democrazia avvenne per altri motivi contingenti nella seconda metà del secolo scorso, attraverso la competizione con altri modelli politici.
Proprio il venir meno di questa competizione politica ha reso il capitalismo preda di quella volontà di potenza che è sottolineata da Oxdeadbeef. Volontà di potenza non monopolio del solo capitalismo, tanto che gli antichi greci l'avevano già concepita e chiamata "hybris".
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

0xdeadbeef

Vi ringrazio innanzitutto delle gentili ed interessantissime risposte.
Continuo a pensare sia necessario definire il termine "capitalismo". Possiamo definirlo come semplice accumulo di beni economici e ricchezze?
O possiamo, in maniera direi "marxiana", definirlo come quel sistema economico in cui la parte detentrice di capitale è distinta dalla
cosiddetta "forza lavoro"? Ma potremmo dare anche altre e ben più precise definizioni.
Se con quel termine intendessimo l'accumulo, allora la sua storia comincia ben prima degli antichi Greci (forse già con l'uomo stesso). E questa
interpretazione andrebbe ben oltre le, tutto sommato, brevi parentesi temporali della democrazia.
Se lo intendessimo alla maniera di Marx, beh, allora dovremmo di colpo andare non solo alla fine della schiavitù o della servitù della gleba; ma
anche al termine di situazioni tutto sommato a noi vicine, come ad esempio la mezzadria.
Che dire poi di un fenomeno a noi relativamente molto vicino come la decadenza di ogni istituzione collettiva e l'emergere prepotente del Mercato
come, direi, situazione "ontologica"? Non è forse anche questa un'altra definizione del termine "capitalismo" (pur se, come dicevo, valida
soprattutto per i paesi occidentali)?
Nella sua risposta l'amico Anthonyi afferma che se non c'è libertà economica chi detiene il potere politico detiene anche il potere economico.
Giustissimo, ma il problema della stringente attualità è appunto l'oblio di un potere che non è propriamente "politico", bensì democratico.
Oggi, il potere economico tende sempre più a diventare potere politico; cioè a dettare, esso, le sue regole agli stati.
Questo non significa, come molti pensano (a mio parere ingenuamente), che la politica stia obliandosi in favore dell'economia. Se infatti
definissimo la politica in maniera, direi quasi, "weberiana" vedremmo che la politica in quanto tale non può obliarsi finchè vi saranno
comandati e comandanti. Per cui SE è l'economia che detta le sue regole, allora è essa a comandare, cioè ad assumere un ruolo squisitamente
politico.
Come accennavo, ciò che va obliandosi non è la politica ma è quella forma particolare di politica chè va sotto la denominazione di "democrazia".
Nell'altra risposta, l'amico Jacopus afferma che: "maggior democrazia permette maggiori commerci e maggiori commerci permettono un maggior livello
di democrazia". A me francamente pare che la cronaca degli ultimi decenni ci dica l'esatto contrario.
Ma anche qui, ritengo, sarebbe necessaria una più precisa definizione del termine "democrazia".
E' forse essa quel "potere del popolo" con cui veniva definita, pur fra mille articolazioni, nell'antica Grecia? E cos'hanno in comune le moderne
democrazie con quell'arcaico archetipo? Non si sono forse avute forme forme politiche improntate all'egualitarismo pure a Sparta?
Non erano forse ugualmente improntate all'egualitarismo le forme politiche in uso presso la Roma repubblicana o fra le tribù barbariche dopo il
crollo dell'impero?
E' forse "democrazia" l'attuale vuoto formalismo che si esplica nella stanca liturgia di un voto che non può cambiare la sostanza delle cose?
Non so, le cose da dire sarebbero tante. Per concludere in maniera prosaica (e anche un pò patetica...) vi chiedo: è forse democratico quella
specie di braccialetto elettronico che Amazon vorrebbe imporre ai propri dipendenti? Non credete che questa, diciamo, forma-mentis efficientistica
vada nell'esatto senso contrario rispetto a quel che si è sempre inteso per "diritto democratico"?
un saluto

viator

Salve. Per Oxdedbeef : relativamente alle tue considerazioni finali nel tuo ultimo post su questo argomento, mi permetto proporti un'occhiata a quanto appare sotto il titolo "Deliri onirici" nella sezione "Tematiche culturali e sociali". Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Freedom

Attribuire al capitalismo la valenza che, pur contraddittoriamente, state imputando significa non comprendere la radice del problema economico. Che poi l'esatta definizione di capitalismo sia la distinzione tra chi ha i mezzi di produzione (capitalista) e colui che non li ha (proletario) è del tutto irrilevante. Basta intendersi. Al di là delle magistrali spiegazioni di Paul (che sarebbe meglio leggere con attenzione e semmai rileggere) e delle pur apprezzabili ma sostanzialmente non corrette contro-spiegazioni; è il nodo centrale del problema che sembra sfuggire. E cioè che è l'animo umano da correggere non gli strumenti con i quali esso si manifesta. E qui concordo con chi ha definito il capitalismo un sistema che esprime a tutto tondo la legge del più forte. Mi limito a ricordare che il più forte non è colui che lavora qualitativamente meglio ma semplicemente colui che, in un modo o nell'altro, afferma la propria supremazia. Prima del Capitalismo c'era il Feudalesimo e prima ancora gl' Imperi. E tutti i sistemi hanno in comune alcune cose che noi riteniamo aberrazioni ma che, in realtà, sono tutt'ora presenti e vincenti. Tra le tante orribili, inaccettabili e disgustose peculiarità della storia umana, quella della schiavitù, poi servitù della gleba e infine proletarizzazione appare come quella decisiva.

In pratica è chi comanda che decide come debba svolgersi la vita su questo pianeta. Pazienza (e arrivederci alla dignità) se almeno ognuno potesse trarne un beneficio ma l'equilibrio, ahimè, si fonda sulla sofferenza del 99% della popolazione umana. Prima del capitalismo erano il ferro e il cibo ad assicurare il comando e, in definitiva, è ancora così. Solo che con il capitalismo si ricorre alla forza solo in estrema ratio. Spesso si usano altri sistemi. Negli ultimi anni poi, con la diffusione dei dispositivi elettronici (dagli anni '60 in poi) il controllo delle masse si è elevato al rango di vera e propria disciplina di studio universitario con tanto di laurea. E, guardando i risultati, il processo è stato coronato da un successo quasi completo. Dico quasi perchè le insanabili contraddizioni del capitalismo porteranno, gioco forza, a disastri la cui natura posso solo ipotizzare.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

anthonyi

Citazione di: 0xdeadbeef il 12 Febbraio 2018, 20:36:28 PM

E' forse "democrazia" l'attuale vuoto formalismo che si esplica nella stanca liturgia di un voto che non può cambiare la sostanza delle cose?
Non so, le cose da dire sarebbero tante. Per concludere in maniera prosaica (e anche un pò patetica...) vi chiedo: è forse democratico quella
specie di braccialetto elettronico che Amazon vorrebbe imporre ai propri dipendenti? Non credete che questa, diciamo, forma-mentis efficientistica
vada nell'esatto senso contrario rispetto a quel che si è sempre inteso per "diritto democratico"?
un saluto

Per te il voto può anche essere liturgia, ma non è che non cambia le cose. A seconda di chi, e come, vincerà le prossime elezioni le cose potrebbero cambiare in maniera notevole, se non cambiano molto è perché in realtà gli italiani, al di là di tante chiacchere, non sono per le rivoluzioni, visto che hanno bocciato la più grande riforma istituzionale che il parlamento aveva prodotto.
Sul braccialetto poi io leggo tante reazioni in realtà si tratta di uno strumento tecnico che sostituisce una specie di tablet che i lavoratori di Amazon hanno in dotazione, con la differenza che non occupa le mani e che comunica oltre che con il video anche con la vibrazione. Con esso i lavoratori non saranno più controllati di adesso (Perché beninteso già lo sono).
Secondo me siamo noi italiani che tendiamo a vedere il diavolo in ogni innovazione tecnologica.
Se poi parliamo di democrazia per il caso Amazon, la partecipazione al grande sciopero che era stato organizzato è stata del 10 %, questo vuol dire che democraticamente ai lavoratori quel sistema va bene.

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