Camminare è la necessità fondamentale, universale, di oggi e di tutti

Aperto da Angelo Cannata, 01 Agosto 2017, 11:48:15 AM

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Angelo Cannata

Dopo aver già iniziato due discussioni impostate sul camminare, La spiritualità come cammino e La mèta è camminare mi permetto di iniziarne una terza; perciò non avrò nulla in contrario se si deciderà di eliminarla per ridondanza.

Camminare è talmente necessario che, pressoché in tutte le società del mondo, è già stato da secoli stabilito come obbligo per tutti: mi riferisco alla scuola. Il problema è che stabilire una cosa qualsiasi come obbligo è la ricetta perfetta per farla odiare ai fruitori e quindi impedire loro di comprenderne l'importanza e la positività. Teoricamente, quindi, si dovrebbe progettare un sistema scolastico basato non sull'obbligatorietà, ma su un guidare dolce che instilli il piacere e perfino il desiderio di camminare. Tuttavia, ho premesso alla frase la parola "teoricamente" perché c'è un circolo vizioso: non è possibile chiedere di instillare negli studenti il piacere di camminare ad una società massificata che già da secoli ha perso di vista non solo il piacere, ma soprattutto la consapevolezza dell'importanza di camminare.
Per intervenire in questo circolo vizioso consegue, a mio parere, una specie di dovere, di vera e propria missione, per tutti quanti oggi hanno avuto la fortuna di apprezzare l'importanza di camminare: diffondere quanto più possibile questa consapevolezza. Questo ragionamento mi fa dedurre che si tratta di una missione fondamentale, la chiamerei addirittura la missione, superiore a tutte le altre missioni, la missione universale, il compito universale, il dovere primario di coscienza di chiunque possieda già un minimo di consapevolezza di quanto sia importante camminare. Ho l'impressione che tutto il resto, proprio tutto, sia secondario rispetto a ciò.

Apeiron

Il dovere, la missione di cui parli però per essere veramente soddisfacente, veramente soddisfacente deve essere libera. "Un dovere libero"... ma che assurdità è? Allo stesso tempo il cammino deve essere libero, più ti addentri nel cammino più ti devi sentire libero, leggero come l'aria. "Il camminare per camminare" dello zen, se vogliamo.

Se non ti senti libero il cammino o la missione finisci per detestarla...

Il fine secondo me è la libertà, la pace... tutti abbiamo come dovere la ricerca della libertà, della pace...
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Angelo Cannata

Hai ragione, il problema centrale è proprio questo: la gente non cammina, vede con diffidenza il progettare perché è stata colonizzata riguardo alla sua percezione di cos'è la libertà. C'è gente che si autopercepisce più libera nel momento in cui sceglie una saponetta al posto di un'altra, pur sapendo perfettamente che sono prodotte entrambe dalla stessa casa, piuttosto che nel momento in cui viene proposta l'idea di sedersi e progettare.

Apeiron

La gente purtroppo prende a-criticamente le cose e segue la tradizione in cui è nata. Oppure al massimo affida tutto ad altri, conseguenza a mio giudizio della società che è sempre più specialistica. Non si informa seriamente sulle cose perchè ci sono gli esperti che "ne sanno". Quindi si abbandona completamente alla società e ai suoi "valori": tartaruga sull'addome, vestiti di marca, moto "figa" ecc sono le "virtù" che ci vengono mostrate (inconsciamente) dal "mercato". Così noi senza nemmeno saperlo ci facciamo "colonizzare". 

Poi c'è un altro discorso: certi cammini sono proprio invisibili per la gente. Il cammino di "avere di meno" per esempio sembra bigottismo e "contro-natura" e invece se vai in India, in parti della Cina e del Giappone, nel Sud-Est asiatico vedi che il "non-avere" è un cammino molto apprezzato (un po' anche da noi ma con la caduta [ossia il calo delle "adesioni"] delle religioni e filosofie occidentali c'è sempre meno gente che non considera un tale cammino una follia). In genere l'idea del cammino che abbiamo noi (ossia quello che "va di moda" da noi) è quello di aumentare l'io personale, ossia metterlo in risalto. Nelle filosofie "orientali" invece spesso l'eroe è proprio il rinunciante che capisce che la "vera natura" è "senza etichette, senza possedimenti" ecc e quindi per loro dire che il "non desiderare" è naturale non è un'assurdità. Per la società consumistica occidentale uno si "sente più libero" per aver comprato una determinata saponetta perchè ha abbastanza per soddisfare le sue brame, per un buddista - per esempio - uno si "sente pià libero" quando è senza brame. Differenti cammini, differenti stili di vita, differenti progetti.

Il problema è che per una società così assuefatta dall'avere e dal successo sociale "valori" come la moderazione, la rinuncia, l'autocontrollo, la "vacuità" sembrano ostacoli alla libertà. Purtroppo secondo me ormai è cieca a questi valori e visto che la rinuncia è anche "lasciar libero", la nostra società fatica ad apprezzare il diverso e la creatività.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

iano

Camminare significa anzitutto esplorare lo spazio vitale a noi prossimo.
È una pulsione naturale che non ha bisogno quindi di essere incentivata,è semmai può essere solo scoraggiata.
Padroneggiare questo spazio aumenta l' autostima e la sicurezza di se'.
In una recente escursione ho visto escrementi di lupo,rospi color foglie di faggio secche,fra le quali si mimetizzavano,è un Aquila lottare ferma contro il vento,e ciò mi ha fatto sentire un animale fra tanti,e mi ha dato maggior consapevolezza di me.
L'amore per la natura non deve restare teorico,ma va sperimentato.
Non si tratta di un camminare per il camminare,come sembra di moda oggi.
Si tratta di essere,se,stessi nel proprio ambiente.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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