ANTIFASCISMO: FRA IDEOLOGIA ED IDEOLOGISMO

Aperto da Vittorio Sechi, 23 Marzo 2019, 00:12:50 AM

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Vittorio Sechi

Citazione di: anthonyi il 04 Aprile 2019, 07:39:25 AM
Vittorio, e pensare che io ho sempre creduto che lo sviluppo economico fosse il risultato dell'azione di motivati imprenditori che hanno saputo organizzare e valorizzare le risorse. Adesso scopro che il patrimonio di Zuckerberg non deriva dal fatto di aver creato facebook ma dal fatto che lui è andato a rubarlo a qualche popolo africano!
Un saluto.

"Per questo motivo, sostanzialmente, l'aggressione capitalistica priva di freni e controllo tende a desertificare le aree ove poggia i propri voluttuosi sguardi."

Non vorrai farmi credere che facebook sia nato all'interno di un mercato privo di regole e di controllo?
In ogni caso, almeno nella fase nascente, fb ha sfruttato abbondantemente, se non risorse economiche, sicuramente le persone che inconsapevolmente han prestato la propria fisicità a vantaggio dell'applicativo.

anthonyi

Citazione di: Vittorio Sechi il 04 Aprile 2019, 22:33:26 PM
"Per questo motivo, sostanzialmente, l'aggressione capitalistica priva di freni e controllo tende a desertificare le aree ove poggia i propri voluttuosi sguardi."

Non vorrai farmi credere che facebook sia nato all'interno di un mercato privo di regole e di controllo?
In ogni caso, almeno nella fase nascente, fb ha sfruttato abbondantemente, se non risorse economiche, sicuramente le persone che inconsapevolmente han prestato la propria fisicità a vantaggio dell'applicativo.

Vittorio, qui nessuno mette in discussione che gli imprenditori sfruttino delle opportunità, e che lo facciano per fini personali. Quello che io contesto è la tua affermazione che tale sfruttamento comporti sottrazione certa di risorse e di opportunità ad altri. E' vero che questa sottrazione a volte avviene, ma siamo in casi particolari di imprenditori criminali, così come nella società in generale ci sono dei ladri che derubano le case, così tra gli imprenditori ci sono dei ladri che possono derubare sia i loro clienti, sia i loro dipendenti. Il problema di voi che ragionate con il paradigma marxista è che non avete una cultura della necessità della funzione imprenditoriale nella società.
Un saluto

InVerno

Citazione di: anthonyi il 05 Aprile 2019, 07:22:32 AMIl problema di voi che ragionate con il paradigma marxista è che non avete una cultura della necessità della funzione imprenditoriale nella società.
Oppure quelli che evadono le tasse in maniera così plateale non hanno una "cultura" del pagare le tasse?  Prendi il mio beniamino, Elon Musk, sta raccogliendo milioni di dollari di investimenti per "inventare" razzi che atterrino in verticale.. Certo, la NASA li aveva fatti negli anni 60, ma lui è il Genio che ha trovato la tecnologia (perchè nessuno se ne ricordava), il mercato lo premia abbondamentamente, e lui sposta le sedi a destra e a manca per evadere le tasse. Mi pare un esempio perfetto per descrivere le aziende high tech. E' questa la necessità dell'imprenditore nella società? Un saltimbanco che impacchetta la ricerca pubblica in una carta dorata, e la vende come se fosse una sua produzione? Forse a suon di non ricevere  le tasse dei "geni" (ormai sono tutti geni), gli stati si sono indeboliti a tal punto da non poter più pagare per la democrazia, che è un lusso, e costa parecchio? Forse dovrebbero contribuire anche loro a quella mucca che gli ha dato il latte? Non è questione di essere marxisti, è questione di riconoscere le responsabilità nei processi produttivi e contribuire ai fattori di sviluppo (come la ricerca pubblica) cosa che pare ormai completamente dimenticata, visto la facilità con cui si riesce ad evadere le tasse, e sopratutto le resposabilità.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Ipazia

Non solo la ricerca, ma anche il costo sociale di formazione della manovalanza dei "geni" e le condizioni di welfare che ne permettono le scorribande. Costi ingenti a cui il "genio" non restituisce nulla ed estrae tutto. Consiglio la lettura dei testi dell'economista italo-anglo-americana Mariana Mazzucato in cui, ben lungi da furori barricadieri comunisti, si spiegano chiaramente i processi di "creazione di valore" e di "estrazione di valore".
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Vittorio Sechi

Citazione di: anthonyi il 05 Aprile 2019, 07:22:32 AM
Vittorio, qui nessuno mette in discussione che gli imprenditori sfruttino delle opportunità, e che lo facciano per fini personali. Quello che io contesto è la tua affermazione che tale sfruttamento comporti sottrazione certa di risorse e di opportunità ad altri. E' vero che questa sottrazione a volte avviene, ma siamo in casi particolari di imprenditori criminali, così come nella società in generale ci sono dei ladri che derubano le case, così tra gli imprenditori ci sono dei ladri che possono derubare sia i loro clienti, sia i loro dipendenti. Il problema di voi che ragionate con il paradigma marxista è che non avete una cultura della necessità della funzione imprenditoriale nella società.
Un saluto

L'imprenditoria di rapina non è solo quella che evade le tasse, delocalizza per preservare i profitti o sfrutta i lavoratori. È imprenditoria di rapina anche quella che stpra il territorio, che lo sfrutta fino a lasciarlo esanime. Di questi esempi ne puoi trovare quanti te ne servono per convincerti che in gran misura il capitale è "rapina". Ovvio che non tutti gli imprenditori son criminali.

Il problema di voi che ragionate come se al capitale ed alla ricchezza tutto fosse concesso è che difettate della "cultura dell'altro".
Un saluto

anthonyi

Citazione di: InVerno il 05 Aprile 2019, 09:20:57 AM
Oppure quelli che evadono le tasse in maniera così plateale non hanno una "cultura" del pagare le tasse?  Prendi il mio beniamino, Elon Musk, sta raccogliendo milioni di dollari di investimenti per "inventare" razzi che atterrino in verticale.. Certo, la NASA li aveva fatti negli anni 60, ma lui è il Genio che ha trovato la tecnologia (perchè nessuno se ne ricordava), il mercato lo premia abbondamentamente, e lui sposta le sedi a destra e a manca per evadere le tasse. Mi pare un esempio perfetto per descrivere le aziende high tech. E' questa la necessità dell'imprenditore nella società? Un saltimbanco che impacchetta la ricerca pubblica in una carta dorata, e la vende come se fosse una sua produzione? Forse a suon di non ricevere  le tasse dei "geni" (ormai sono tutti geni), gli stati si sono indeboliti a tal punto da non poter più pagare per la democrazia, che è un lusso, e costa parecchio? Forse dovrebbero contribuire anche loro a quella mucca che gli ha dato il latte? Non è questione di essere marxisti, è questione di riconoscere le responsabilità nei processi produttivi e contribuire ai fattori di sviluppo (come la ricerca pubblica) cosa che pare ormai completamente dimenticata, visto la facilità con cui si riesce ad evadere le tasse, e sopratutto le resposabilità.

Chi evade le tasse, ed anche chi le elude, non ha da me nessuna giustificazione, ma si tratta appunto di quegli imprenditori ladri dei quali parlavo. Combattere l'evasione e l'elusione, comunque, spetta allo stato, il problema principale, al riguardo, sono i paradisi fiscali, e io condivido a priori qualsiasi proposta tesa a limitare i rapporti economici con essi.
Il mio parere è che tutte le forme di evasione ed elusione siano anche in contrasto con quei meccanismi di libera concorrenza che rendono efficiente il mercato.
Un saluto.

anthonyi

Citazione di: Vittorio Sechi il 05 Aprile 2019, 12:24:54 PM

Il problema di voi che ragionate come se al capitale ed alla ricchezza tutto fosse concesso è che difettate della "cultura dell'altro".
Un saluto

Vittorio, e chi ha detto che tutto è concesso, io non ho mai messo in discussione l'esistenza di regole generali, oltretutto non sono neanche un sostenitore della "ricchezza", se ti parlo di funzione imprenditoriale è perché questa è necessaria ad ogni società, mica solo a quelle di mercato, tu dimostrami che in una società questa funzione è soddisfatta senza proprietà privata, senza libera impresa, senza arricchimento individuale, ed avrai ragione tu.

InVerno

Citazione di: anthonyi il 05 Aprile 2019, 13:14:20 PM
Chi evade le tasse, ed anche chi le elude, non ha da me nessuna giustificazione, ma si tratta appunto di quegli imprenditori ladri dei quali parlavo. Combattere l'evasione e l'elusione, comunque, spetta allo stato, il problema principale, al riguardo, sono i paradisi fiscali, e io condivido a priori qualsiasi proposta tesa a limitare i rapporti economici con essi.
Il mio parere è che tutte le forme di evasione ed elusione siano anche in contrasto con quei meccanismi di libera concorrenza che rendono efficiente il mercato.
Un saluto.

Sul punire i criminali siamo tutti d'accordo, non richiede particolare coraggio, infatti in altro topic qualcuno ancora parlava di catene e palle di piombo, perchè è facile avvocare pene per chi sgarra. Siamo anche tutti d'accordo che questi personaggi lavorano in antitesi al sistema, non solo evandendo le tasse, ma anche concentrando il capitale..ricordo quel grasso milionario che esclamò "ma io non posso comprare centomila pantaloni! ho solo due gambe!". Il pomo della discordia rimane se limitare la libertà di azione delle multinazionali o ingrandire il leviatano statale, perchè la disparità tra la velocità a cui si muovono rispettivamente il lavoro e i lavoratori, sta erodendo alle basi lo stato di diritto democratico, che semplicemente non ha più soldi per sostenersi. Entrambe le ipotesi sono ALTAMENTE avverse dai liberisti, e prendono i campo i sovranisti, che favoleggiano su stati nazionali ipertrofici capaci di controllare aziende, ormai nemmeno multinazionali, ma ubique digitalmente. Perciò, siamo qua. Se nessun vuole ragionare, arriva chi sragiona.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Vittorio Sechi

Citazione di: anthonyi il 05 Aprile 2019, 13:26:59 PM
Vittorio, e chi ha detto che tutto è concesso, io non ho mai messo in discussione l'esistenza di regole generali, oltretutto non sono neanche un sostenitore della "ricchezza", se ti parlo di funzione imprenditoriale è perché questa è necessaria ad ogni società, mica solo a quelle di mercato, tu dimostrami che in una società questa funzione è soddisfatta senza proprietà privata, senza libera impresa, senza arricchimento individuale, ed avrai ragione tu.

Hai ragione, non l'hai mai sostenuto, come d'altronde io non mi sogno di ricusare la funzione indispensabile dell'imprenditoria privata in una società complessa come la nostra "Il problema di voi che ragionate con il paradigma marxista è che non avete una cultura della necessità della funzione imprenditoriale nella società."

Non credo che ogni erba costituisca un fascio, ma ritengo il capitale un mostro a cento e più teste che necessiti di ferreo controllo e regole certe.

Le attività umane, sono, giustappunto, attività dell'uomo. Questi non può essere visto e considerato alla stregua di una monade: sufficiente a se stesso, essere a se stesso. È, come prima sua caratteristica essenziale, un essere relazionale. La primissima relazione che instaura una volta che viene al mondo è con l'ambiente circostante. Da questo rapporto polemico (da polemos), quindi spesso conflittuale ed assai dinamico, non può mai prescindere. Può vivere isolato, come un eremita, ma con l'ambiente che lo accoglie e circonda deve pur sempre fare i conti.
La Natura non è sempre una madre benigna, sovente si mostra nelle sue acre vesti di mater matrigna - interessantissime a tal proposito le lezioni di Leopardi -. Da qui la necessità di governarla, modificarla, rimodularla per adattarla alle condizioni genetiche del suo ospite. L'uomo è l'unico essere del creato che nasce totalmente privo di difese naturali: "la scimmia nuda".

Essendo la Natura colei che offre asilo a questa scimmia nuda, è gioco forza che, nel riadattarla alle sue esigenze, l'uomo debba necessariamente portarle assoluto rispetto. Tale rispetto si concretizza nel trovare il giusto equilibrio (il kata metron dell'antica saggezza greca) fra le trasformazioni antropiche e le ragionevoli e ben misurabili capacità di assorbimento che l'ambiente mostra di possedere. Diversamente, se si eccede, si cade nel peccato che sempre una saggezza che precedette quella di Cristo definiva 'tracotanza' (hybris).

L'uomo per vivere ha necessità assoluta di usare l'ambiente, ma senza eccessi ed evitando di apportare modificazioni tali da ridurre a macerie la casa che lo ospita.

Abbiamo e siamo innamorati (me compreso, ovvio) di un unico modello di civiltà. Lo abbiamo brevettato e lo esportiamo convinti che sia l'unico universalmente valido. Abbiamo così soppiantato altri esempi di convivenza fra umani. Sotto l'insegna della croce e della pecunia abbiamo irriso le civiltà del vicino e lontano Oriente - per riscoprirle solo quando il nostro modello ha mostrato vistose crepe ed incrinature -; cancellato quella precolombiana; reso sterile quella paleocristiana; disintegrato quelle animistiche del centro Africa. Senza rispetto e senza ritegno, le abbiamo quasi tutte cancellate. Mai che alla pecunia ed alla mitra sia venuto in mente di affiancare e non sostituire, accostare e non soverchiare, integrare e non assimilare.

Il Capitale e il potere hanno un vocabolario assai ridotto, purtroppo.

Da sempre quest'entità acefala si è servita del potere e il potere di lei. La storia del colonialismo è una storia d'amore fra potere e Capitale. E quest'ultimo conserva in sé, nel proprio Dna proprio il sentore e il sapore di quelle calde e voluttuose notti in cui poté, senza remore e senza freni, addirittura con il consenso festoso della più alta autorità morale del tempo, consumare l'amplesso col suo amato. Ne serba il ricordo e tende a perpetuare questa sua vocazione, prescindendo dall'uomo e dalla Natura, che in questa sarabanda ditirambica sovente appaiono come freni – lacci e laccioli -.

Il Capitale ragiona in termini di colonialismo. Quando non lo fa è giusto perché la politica, quindi l'uomo, non glielo consente – a tal proposito gli esempi sarebbero ridondanti -. Se fino a ieri assumeva volto e sembianze piuttosto rozze, senza curarsi dell'estetica, oggi, epoca in cui anche l'occhio ha le sue pretese, si ammanta delle candide vesti del progresso. Anche quando a questo progresso sarebbe meglio e più saggio rinunciare . Ma il suo volto è sempre arcigno e il suo sorridere scopre denti aguzzi, come quelli delle fiere pronte all'assalto.

Questa naturale alleanza impone che quanti permangono ai suoi margini o relegati oltre il suo perimetro debbano sottostare alle sue ferree regole, che statuiscono l'imperio delle élites sulle masse. La dittatura del Capitale si estrinseca e realizza con la sottrazione alle masse delle opportunità di sviluppo organico ed armonico. È sufficiente dare una scorsa alla storia della Sardegna. Cercare di comprendere cosa sia accaduto con la grande industrializzazione dell'isola - capitale, potere e, purtroppo in quel caso, anche cieco, se non addirittura venduto sindacalismo, uniti all'insegna del progresso -. Una visita guidata a Sarroch, Ottana, Porto Torres, Portovesme è sempre assai didattica. Lì, in quei deserti, fra quelle cattedrali, potranno essere reperite le dotte citazioni che io non includo in questo testo. Se per un solo attimo si ha avuto la sensazione che stia filosofeggiando in maniera astratta, una visita al museo della morte di Porto Torres rasserenerebbe chiunque sulla veridicità di quanto affermo.

Non vi è naturalità nell'operare del Capitale, solo un'inesausta ricerca del profitto. Ciò va a danno, troppo spesso, di tutto quel che entra in conflitto con le sue mire. La Natura non è un'entità amorfa del complesso ecosistema definito terra. Ne è parte viva e pulsante. L'ambiente, intendendo terra, acqua e cielo, elementi primordiali che rinnovano e celebrano ogni giorno i fasti e la sacralità della vita, è elemento vivente. Come tale esposto anche al rischio di essere sopraffatto dalla morte: tutto ciò che vive è esposto alla morte (cit. U. Galimberti e mille altri ancora, ma soprattutto il buon senso).
L'uomo, intendendo con questo termine l'intera umanità, in esso (ambiente) è immerso, da questo è circondato e con questo deve convivere, pena la scomparsa di entrambi.

La Natura, quindi l'ambiente, ha un'enorme capacità di assorbimento delle attività antropiche. La Natura è resiliente. Questo afferma la scienza. In un rapporto osmotico, si modella, modula, adatta e conforma alle modificazioni apportate dall'attività umana. Così è sempre stato. È questo che ha consentito il progredire della tecnica e la crescita del livello e della qualità della vita della comunità umana. Altro che Capitale. Una Natura rigida non avrebbe mai potuto consentire l'antropizzazione del pianeta. Merito assai più elevato rispetto a quello ascrivibile al mercato e al Capitale. Se le cose sono andate in un verso favorevole all'uomo, non è detto che domani possa essere così. O per meglio dire, così è sempre stato fino all'avvento della rivoluzione tecnologica, quella dei tempi coevi... Di oggi. 

Dicevo, l'ambiente ha un'immensa capacità di adattamento. Certo, è risaputo e comprovato, ma è anche scientificamente provato che questa adattabilità ai mutamenti, soprattutto quando indotti in maniera eccessivamente repentina, non è infinita, bensì definita e, mi si passi la tautologia, quindi anche limitata. Il che significa, senza meno, che vi è una soglia (altra sgraditissima tautologia, ma serve per comprendersi), un confine oltre il quale il sempre labile diaframma che separa il rigoglio della vita dal tanfo della morte e del disfacimento si lacera e non sarà più rammendabile con interventi tampone come gli accordi di Kyoto (tali sono, servirebbe ben altro per mettere in sicurezza il bene più prezioso che abbiamo, ovverosia la vita futura nostra, in quanto specie e del pianeta, in quanto ecosistema globale).

Il capitale è figlio di un sistema imprenditoriale che si è sempre nutrito attingendo linfa vitale dall'eco coloniale dei secoli trascorsi. Non si è mai abbeverato ad una fonte che non scaturisse dalla silicea roccia della necessità di rincorrere se stesso. Avendo come unico obiettivo quello di potersi sempre superare (accumulo, in economia), non si è mai nutrito dell'esigenza di operare per un bene più elevato e meno autoreferenziale: quello, per esempio, delle comunità entro cui è andato ad insinuare le sue voraci membra. Ha stretto un patto serrato e pare inscindibile con l'autoremunerazione.

È così diventato alieno alle tematiche di più elevato profilo etico e sociale (se ne fotte, in un francesismo assai più esplicativo). È refrattario a misurarsi in termini di eco-sostenibilità (tutto ciò che entra in contatto con il termine ambiente o ecosistema, assume per lui i connotati dei no global, scordando e non volendo vedere che a Genova nel 2001, per esempio, sfilavano madri di famiglia, padri con prole al seguito, sfilavano pacificamente inseguendo l'utopia di pacificare la Natura con l'umanità che il capitale tende a disumanizzare). Recalcitrante ad ascoltare le voci dissennate (certo, lo sono, tutte le utopie sono dissennate) e dissonanti che pongono sulla linea dell'orizzonte del guadagno fine a se stesso la necessità di espandere le possibilità per costruire i presupposti di un'esistenza migliore, che non sia dunque esclusivo appannaggio di già pingui capitalisti.

Non avendo a cuore altri che se stesso e la sua spiraliforme remunerazione, ha in uggia tutto ciò che tendenzialmente o anche potenzialmente possa recare con sé un gradiente o una screziatura di pericolosità al suo eterno, vano e vacuo indefinito espandersi.

Nel passato i mutamenti erano scanditi da tempi lunghi, non improvvisi e mai eccessivamente invasivi. Compatibili con i tempi di rigenerazione. Gli ecosistemi trovavano il tempo indispensabile per adattarsi e fagocitare, assimilare e metabolizzare i cambiamenti. L'uomo e le sue attività prosperavano (quando prosperavano) e la Natura proseguiva il suo corso.

Mai come oggi abbiamo gli strumenti tecnologici per modificare in maniera repentina ed irrimediabile lo status della Natura. Mai come oggi abbiamo in mano i dispositivi ed i congegni sufficienti per distruggere l'intero pianeta, con noi dentro. Poco rileva che le aspettative di vita siano cresciute fin oltre gli 80 anni, se poi la vera prospettiva rischia di essere solo quella di sopravvivere in un deserto. Questa è la vera unica novità rispetto al passato. Noi siamo in condizione di distruggere il pianeta, abbiamo a disposizione gli strumenti per farlo. E la grande preoccupazione è legata al fatto che questi strumenti siano in massima parte in mano a personaggi come Trump, Putin, Netanyahu o al pazzo nordcoreano di turno.
In Lombardia, nel triangolo industriale Brescia-Bergamo-Milano, il consumo del suolo ha raggiunto e forse superato il punto di non ritorno. Quella è la zona geografica più antropizzata d'Europa. La Natura soffre, non ha il tempo di assimilare e di rigenerarsi e s'impregna della putredine che le cattedrali del progresso riversano indisturbate in foggia di materiali di scarto delle lavorazioni, vuoi di derivazione chimica, oppure organica. Non si tratta di qualche industrialotto che inquina e non rispetta le leggi, si tratta di eccesso antropico.

Il modello di sviluppo che il capitale (soprattutto finanziario) ha imposto al potere (perché nel binomio potere/capitale il soccombente e l'asservito è il primo dei due poli), e di riflesso alle comunità, è sbagliato. Eccessivamente aggressivo, eccessivamente mortifero. Per perpetuare se stesso e sostentarsi sottrae spazi alle attività più naturali e congeneri al territorio. Basti un esempio preclaro ed eclatante (ma ce ne sono migliaia, non quindi casi sporadici): il termodinamico di Gonnosfanadiga (in Sardegna) è ipotizzato in un'area ad elevata vocazione agricola. La sua realizzazione sottrarrebbe suolo alle attività produttive di specie che quei territori sono in grado di esprimere. Nondimeno, nonostante le resistenze mostrate dalle popolazioni del luogo, non vi è una chiusura preconcetta contro il termodinamico, ma solo limitata alla sua localizzazione.

Il buon senso, non la filosofia radical chic, non l'ideologismo che fa rima con psicologismo, vorrebbe ed imporrebbe che per la sua realizzazione sia individuata un'altra ben diversa area geografica. Diversamente, qualora la spoliazione divenisse un dato di fatto, quelle colture sarebbero destinate a sparire o migrare in altre aree, magari meno fertili.

Buon senso, cribbio! Non altro. Non comunismo, non ecologismo, non terrorismo. Purtroppo la volontà acefala del Capitale e del potere ad esso asservito impone altre scelte. Il territorio e le sue comunità insorgono. Mi si spieghi, chi in questo malaugurato esemplificativo caso ha più ragioni? Il Capitale che se ne fotte delle reali esigenze umane o il territorio che chiede gli spazi che più gli si confanno?

Altra caratteristica, forse la più inquietante: il Capitale tende naturalmente e caratterialmente ad soggiogare l'uomo alle sue brame, e per far ciò piega la Natura al suo imperio. Utilizza per i suoi fini il potere, spesso in armi. La Natura, invece, chiede all'uomo il rispetto dei suoi ritmi di vita ed in cambio offre i suoi prodotti, utilizzando per questo fine anche il capitale e l'imprenditoria. Ora, sarà pure un pensiero da soviet, ma credo ed immagino che il bene delle comunità, quindi dell'uomo, risieda proprio in questo rapporto simbiotico, di interscambio: rispetto contro frutti.

Se non adeguatamente governati, i modelli di sviluppo portati ed offerti dal Capitale e dal mercato sono tesi ad ottenere la massimizzazione dei profitti: in pratica sortiscono l'effetto di uccidere la mucca che da' loro il latte, la carne e le pelli, senza attendere che questa si riproduca per perpetuare il ciclo produttivo. Credo che si abbia necessità di nuovi modelli che utilizzino il capitale, la tecnica, la tecnologia, l'imprenditoria e il mercato e che evitino che siano questi a direzionare ed istituire l'organizzazione sociale e i bisogni delle genti. Che siano quindi l'uomo e la comunità umana a dettare le regole e non il Capitale ed il potere.

Il pensiero espresso dal capitale è acefalo e retrogrado. Non porta ad un progresso sociale, se per progresso s'intende crescita armonica della qualità della vita. Porta ad una necrotizzazione dell'ambiente, e il percorso che traccia è contrappuntato da un pullulare di morbilità, che se ben osservata (la morbilità) rappresenta il marchio e la cifra del progressivo divenire della morte.
Bisogna imparare a leggerli questi segnali.

Scusa la lunghezza.

Ipazia

Citazione di: InVerno il 05 Aprile 2019, 13:40:18 PMSe nessun vuole ragionare, arriva chi sragiona.

Se nessuno pone limiti alla sragione capitalistica, arrivano le alabarde. Mi pare più giusto messa così.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

anthonyi

Vittorio, accetto le scuse e condivido molte delle cose che dici anche se non mi piace questa semplificazione per la quale il "Capitalismo" è la fonte di questi problemi. La fonte di questi problemi è l'uomo, l'uomo, qualsiasi uomo che vuole la disponibilità di tante cose e che per questo è disposto a manipolare l'ambiente nel quale vive, senza avere una visione del domani. Molte aree desertiche sulla terra sono il frutto della dissennata gestione umana, la gran parte realizzatesi senza la collaborazione del capitale. Poi ci sono gli Ebrei, che trasformano il deserto in terreni coltivati in maniera intensiva, e gli spagnoli che in Andalusia fanno più o meno la stessa cosa, anche se sono meno bravi degli Ebrei.
Se l'attività economica produce veleni e distrugge l'ambiente vanno introdotti correttivi politici. Se la politica non ha una visione adeguata di questi problemi, non si capisce perché questa visione dovrebbero averla gli imprenditori privati.
Un saluto

Jacopus

#116
Un breve intervento a favore di Anthony che mi sembra in netta minoranza. Non credo che il socialismo/comunismo possa dirsi, almeno nella sua versione storica, un paladino dell'ambiente. Mi risulta che in USSR, negli anni gloriosi, hanno quasi svuotato un lago per irrigare una pianura. Parliamo di un lago di 68.000 km quadrati, grande cioè come un terzo dell'Italia.
Vi è sicuramente un problema etico alla base, che nè il capitalismo nè il socialismo hanno realmente intaccato, se non attraverso proclami mai realizzati. In precedenza il potere tecnico dell'uomo era così rudimentale da non essere un problema per la natura, anche se posso immaginare che anche a Nerone sarebbero piaciute le centrali a carbone, perché questo significava avere un esercito più efficiente.
Con questo non voglio certo fare di tutta un'erba un fascio (scusate il gioco di parole). L'antifascismo è sempre un valore, mentre il fascismo è sempre un disvalore. L'antifascismo infatti si pone in un'ottica di emancipazione dell'uomo, sulla stessa direttrice del cristianesimo-illuminismo, mentre il fascismo è una reazione a quel processo, a fronte dei problemi irrisolti da quella visione del mondo emancipatrice. Una reazione che si fonda su elementi di sicuro richiamo, come in primo luogo, "la piccola comunità di pari", che ha il suo nucleo fondante nella tribù di 100-150 membri, che ancora filogeneticamente scorre dentro di noi.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

Citazione di: anthonyi il 05 Aprile 2019, 20:00:14 PM
Se l'attività economica produce veleni e distrugge l'ambiente vanno introdotti correttivi politici. Se la politica non ha una visione adeguata di questi problemi, non si capisce perché questa visione dovrebbero averla gli imprenditori privati.

Elementare Watson: perchè i politici nello stato liberal-liberista sono una emanazione dei detentori del capitale. I quali finanziano pure le loro campagne elettorali. Comprano esperti per le loro cause. E pagano "stipendi" a tutti.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

sgiombo

Citazione di: Jacopus il 05 Aprile 2019, 21:23:04 PM
. Non credo che il socialismo/comunismo possa dirsi, almeno nella sua versione storica, un paladino dell'ambiente. Mi risulta che in USSR, negli anni gloriosi, hanno quasi svuotato un lago per irrigare una pianura. Parliamo di un lago di 68.000 km quadrati, grande cioè come un terzo dell'Italia.
Vi è sicuramente un problema etico alla base, che nè il capitalismo nè il socialismo hanno realmente intaccato, se non attraverso proclami mai realizzati. In precedenza il potere tecnico dell'uomo era così rudimentale da non essere un problema per la natura, anche se posso immaginare che anche a Nerone sarebbero piaciute le centrali a carbone, perché questo significava avere un esercito più efficiente.


Non considero i reciproci condizionamenti intercorsi fra socialismo reale e capitalismo reale, né sto a fare un confronto fra chi ha "trattato peggio l' ambiente" (anche se sarebbe interessante e non affatto scontato...), per il semplice fatto che la proprietà sociale collettiva dei mezzi di produzione - pianificazione complessiva di produzioni e consumi non é condizione sufficiente a salvaguardare le condizioni ambientali della sopravvivenza umana al livello ormai raggiunto dallo sviluppo delle forze produttive.
Ma ne é comunque condizione necessaria: una (non sufficiente da sola, ma comunque) ineludibile conditio sine qua non.

Ipazia

La differenza tra capitalismo e comunismo è che il primo è fondato sul prezzo della merce e il secondo sul valore umano. Valore che può diventare anche un disvalore, ma è sempre correggibile mantenendo costante la sua "mission". Anche il capitale, per perseguire la sua mission deve comunque garantire forme minime di vivibilità ai soggetti viventi che ha mercificato, ma essa rimane sempre il prezzo della merce e di fronte alle minacce del sistema di valori che lo sostiene - materialmente fondati sulla espropriazione  dei mezzi di produzione a cominciare dal suolo per finire al tempo della vita umana - non esita a ricorrere alle forme politiche più autoritarie e genocide di dominio, tra cui il fascismo.  
Finchè esisterà il capitalismo l'antifascismo avrà una sua attualità storica, che però rischia di perdere se invece di contrastare l'oppressione nel suo evolversi si mummifica ideologicamente nella lotta contro fantasmi ormai morti da decenni. Capire che le guerre e gli eserciti NATO sono molto più fascisti e pericolosi di Casa Pound è il primo passo per non nullificarsi nell'ideologismo antifascista.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
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