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Togliatti e la rivoluzione

Aperto da anthonyi, 15 Agosto 2020, 10:20:24 AM

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anthonyi


Uno degli aspetti del nostro dopoguerra fu il fatto che una parte importante degli aderenti al partito comunista italiano, partito notoriamente rivoluzionario, si trovassero armati e militarmente organizzati in quanto facenti parte della resistenza. Quale occasione migliore per tentare il colpaccio cercando di prendere il potere nel nome del comunismo.
Togliatti, leader unico del comunismo nell'Italia di allora, però, non era di questa opinione e preferì ingoiare tanti rospi di quella restaurazione, che mantenne al potere tanta parte di quell'amministrazione che in buona parte si era anche compromessa col fascismo, mentre nel contempo teneva sotto controllo i compagni, imponendo loro, con la sua autorevolezza, di stare buoni.
Ci sono tre spiegazioni alternative di questo comportamento di Togliatti. Da una parte una valutazione strategica, in fondo l'Italia era un paese occupato dagli alleati, che non erano certo comunisti, e quindi una rivoluzione aveva scarse possibilità di avere esito positivo.
Dall'altra parte bisogna considerare che Togliatti, ben irregimentato nella Russia staliniana, prendeva ordini da Mosca, e a Mosca ci tenevano a rispettare quegli accordi presi a Yalta per i quali l'Italia era stata assegnata all'Occidente.
Infine un'ipotesi molto pragmatica, con il piano Marshall gli USA si mostravano disponibili a inondare l'Italia di merci, e di questo Togliatti non poteva non rendersi conto, quelle merci miglioravano la condizione dell'Italia, anche se, immancabilmente, avrebbero creato un legame irreversibile con l'Occidente, Togliatti, accettando tutto questo, anzi favorendolo, preferì il benessere economico alla sua ideologia, rappresentando, quindi, quell'impronta della sinistra italiana che a parole vuole rivoluzionare il mondo , ma poi, in fondo, va bene così !

Jacopus

#1
Anthony. Siamo un popolo che ama poco le rivoluzioni. Siamo molto più disposti alle controrivoluzioni,  la controriforma fu la più importante, perché di fatto bloccò il processo di unificazione nazionale, trasformando per i successivi secoli l'Italia da centro dell'Occidente a sua periferia (vi sono altre cause ovviamente, ma questa non è secondaria). La rivoluzione fascista fu un altro movimento che guardava al passato, anche se in un modo piuttosto ambivalente.
A proposito delle motivazioni che adottò Togliatti, direi che potrebbero essere vere tutte e tre ed in fondo è andata bene così.  Passare da una dittatura a un'altra non ci avrebbe resi migliori.
L'equazione che proponi fra questa impronta iniziale, fondata sul compromesso, e i successivi cachemire color salmone portati dall'ineffabile Bertinotti di Rifondazione comunista ha un suo fondamento.
Ma la questione può essere interpretata anche in altri modi. La globalizzazione è una spiegazione importante, poiché il conflitto di classe, fino agli anni 50 dello scorso secolo era una dinamica interna di ogni stato. Ora vi sono interi stati/classe operaia e stati/benestanti e questa suddivisione, ben sostenuta dall'industria culturale, ha sottratto quella che veniva definita un tempo "coscienza di classe". Per lo stesso motivo un sottoproletariato italiano si sentirà minacciato da un sottoproletariato ghanese invece di considerarlo un suo potenziale alleato.
Il restringimento del consenso della sinistra massimalista deriva inoltre anche dalla fine del socialismo reale, che sopravvive in un modo piuttosto surreale in Cina e in modo più reale solo in piccoli stati come Cuba e Venezuela.
Un terzo elemento non meno importante è la curva demografica. Le rivoluzioni le fanno i giovani. I vecchi vogliono sicurezza anche se sono poveri e comunque non avrebbero le forze per affrontare un evento rivoluzionario.
Quello che, in tutto ciò,  è davvero mancato,  è stata una borghesia colta, illuminata e diffusa in tutto il paese, in grado di farsi carico responsabilmente della collettività. Solo attraverso di essa potevamo pensare di diventare uno stato di libero mercato, ben funzionante e aperto al benessere di tutti. Per motivi storici la suddetta borghesia non c'è stata, o meglio, la sua dimensione è sempre stata troppo piccola per incidere davvero sui destini dell'Italia. Era l'Italia rappresentata dal partito repubblicano e dal partito liberale, che insieme raggiungevano il 4-5 per cento dei voti. Il resto della borghesia in Italia è priva di questa coscienza di classe, direttamente proveniente dalla borghesia che promosse la rivoluzione francese e prima ancora la gloriosa revolution di O. Cromwell.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.