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L’eredità dell’impero romano

Aperto da Jacopus, 29 Gennaio 2022, 11:04:20 AM

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Jacopus

La discussione fra Anthonyi ed Eutidemo, in attualità ha risvegliato un mio pensiero, che girovagava un po' bistrattato, fra i miei archivi neurali. Ovvero, l'eredità dell'impero romano, quello originario di Cesare e Nerone, nella storia occidentale. Alla caduta dell'impero romano d'occidente, Odoacre ebbe la premura di riconsegnare i vessilli imperiale all'imperatore d'Oriente. E quell'impero, destinato a durare per i successivi mille anni, in qualche modo ereditò quell'impero, al punto che i suoi sudditi erano chiamati in Europa, "romei". Con Carlo Magno si apre poi l'altro capitolo della eredità romana, nel cuore della stessa Europa e che dura fino a duecento anni fa. Ma un terzo pretendente della tradizione romana è stato e forse è tuttora la Russia, che attraverso l'adozione del rito Cristiano ortodosso, pretese di acquisire il ruolo dell'impero romano d'Oriente, ovviamente per ottenere l'ambito sbocco al Mediterraneo. Da allora i sovrani russi si chiamarono Czar ovvero "Cesare". Ovviamente il nesso successivo è quello di collegare questi eredi della romanità con un principio, che è alla base di molti processi culturali occidentali, l'universalismo. Universalismo che troviamo nel cristianesimo, sbocciato all'apogeo della pax romana, che ritroviamo nel marxismo, il quale, a disdetta dei suoi teorici, si impiantó per la prima volta proprio nell'arretrato impero degli "czar". E che dire dell'ultimo universalismo, quello dell'Unione Europea, l'ultima grande erede dell'Impero Romano?
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

Lascerei perdere Marx e UE.
Marx perchè con gli imperi non ha eticamente e politicamente nulla da spartire. La UE perchè è un'accozzaglia di cialtroni, che si rubano tra loro (vedi Libia) quattro stracci, ovvero quello che rimane di antichi sogni, segni e insegne di gloria, tramontati per sempre. Una romanità di cartapesta ancora più ridicola e grossolana di quella del ventennio fascista.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Citazione di: Ipazia il 29 Gennaio 2022, 17:10:25 PM
Lascerei perdere Marx e UE.
Marx perchè con gli imperi non ha eticamente e politicamente nulla da spartire. La UE perchè è un'accozzaglia di cialtroni, che si rubano tra loro (vedi Libia) quattro stracci, ovvero quello che rimane di antichi sogni, segni e insegne di gloria, tramontati per sempre. Una romanità di cartapesta ancora più ridicola e grossolana di quella del ventennio fascista.

Salve Ipazia. Ma hai letto il contesto intellettuale al cui interno si collocano i richiami di Jacopus ? Secondo me tu vivi pensando a Marx ed al Capitalismo anche mentre versi il sugo sulla pastasciutta. Lo sai come si chiamano certi morbosi attaccamenti mono- o bi-concettuali ?.

L'analisi di jacopus è perfettamente sensata e riguarda un ambito storico-temporale al cui interno sia il marxismo che l'unionismo europeo contano - in prospettiva - quanto lo sputo di una mosca. Indipendentemente dalle preferenze ideologiche delle mosche. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

InVerno

#3
La lingua, prima di tutto ed innanzitutto, la latinizzazione divide e lacera ancora oggi l'Europa e ne stabilisce il nord, dove i romani non trovarono terra fertile per olio e vino, terre di birra e burro. Le strade, intese come interpretazione dell'orografia, gli insediamenti, i confini, le capitali, dove la lingua corre e vive, le rotte. Stabilite le strade e la lingua che le attraversava, il resto è, al netto di qualche schiribizzo della storia, un epifenomeno. Direi anche il cristianesimo, ma con tanti asterischi per specificare cosa intendo.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Jacopus

La lingua è effettivamente una eredità della civiltà romana che difficilmente può essere sottovalutata. Il latino, oltre ad essere stata la lingua ufficiale della Roma antica è stata la lingua franca dell'Occidente dal 476 fino al 1700 inoltrato. Fu necessario l'Illuminismo per relegare il latino fra le lingue morte. Un predominio linguistico durato, pertanto, almeno in Europa, per quasi 2000 anni. Avevo accennato all'universalismo come radice più o meno consapevolmente perseguita dalla civiltà romana. Ma un altro aspetto della cultura romana che ancor oggi diffonde la sua impronta è senz'altro la costruzione giuridica. Ancor oggi vi è la differenza fra sistemi giuridici di common-law, basati sul precedente, e quelli di diritto romano-germanico, basati sulla positivizzazione della legge (ovvero la legge scritta che vale per tutti).
Ma, pensandoci bene, l'universalismo e questa concezione della legge in chiave romano-germanica, non sono così distanti. Il diritto romano-germanico non fa altro che universalizzare i principi del diritto, eliminando le differenze individuali, che restano tutte solidamente in piedi nel diritto di common-law. Anche a partire da questi indizi è possibile comprendere l'anelito alla libertà e all'individualismo dei popoli anglo-sassoni, che faticano a sottomettersi a principi giuridici universali ed uguali per tutti.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

La lingua, coi traduttori IA, è un ostacolo irrisorio e semmai premierebbe l'inglese, lingua di un impero universalista, l'unico effettivo, l'economico (sulla cui merda la mosca Marx ci vide giusto), che solo un lustro fa sembrava l'erede della romanità transnazionale (The Project for the New American Century).

Oggi è un'anatra zoppa che finge di giocare alla guerra con una Russia non certo imperiale, ma assai nazionalisticamente determinata, mentre l'impero celeste ha imparato ad usare il mercato globale come i romani usavano le legioni. Se il Verbo è economico, il suo profeta sta lì.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jacopus

La lingua, Ipazia, non serve soltanto a comprendersi l'un l'altro. I traduttori sono senz'altro i benvenuti ma non mi riferivo a questa funzione della lingua, di tipo "commerciale". La lingua, intesa come insieme di strutture grammaticali, semantiche e pragmatiche, modella la cultura di un popolo "parlante" quella lingua, come nessun altro manufatto o invenzione culturale dell'uomo. Non si tratta di un "ostacolo", ma si tratta di una struttura profonda, quasi inconsapevole del nostro modo di pensare, che per pensare in un modo "evoluto" (infatti non bisogna dimenticare che anche i non parlanti, come gli animali, pensano), ha bisogno di una lingua. La lingua inglese ti fa capire molto bene il modo di pensare degli anglosassoni, così come la lingua tedesca, così aristocratica e precisa e nello stesso tempo pedante, la dice lunga sui tedeschi. E che dire dell'apertura mentale e della ristrutturazione mentale di chi parla più lingue. Ora è l'inglese a dominare, ma è un dominio che affiora su un substrato linguistico che è latino. La stessa lingua inglese è un curioso mix di lingua latina e lingua sassone e la prova è la presenza di tante parole "doppie", che hanno lo stesso significato ma derivano da questo mescolamento. Mi viene in mente il verbo "understand" e "comprehend", o la parola "rogue" e "delinquent" e moltissime altre. In questa mescolanza deriva anche un'altra conseguenza. La scarsa attitudine alla purezza ed anche alla pulizia degli inglesi. Un pò sporchi ma che difficilmente accetterebbero la costruzione di campi di concentramento.


A proposito della distinzione Cina attuale e Roma imperiale, aggiungo che Roma per poter tenere insieme il suo impero, ricorreva alla forza solo quando non poteva fare altrimenti, fatte salve le debite eccezioni, gli imperatori folli o guerrafondai che in un millennio di storia vi furono, ovviamente.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Estack

Nella mia ignoranza, dico che ci ha lasciato una marea di opere ed una storia gloriosa immensa, come anche il Diritto.

Ipazia

#8
L'impero romano era bilingue, dopo l'assimilazione dei domini ellenistici. Al contrario l'inglese ha velleità esclusive ed in particolare l'italiano ne soffre con barbarismi debordanti che sottolineano nient'altro che la nostra sudditanza culturale. Basta inoltrarsi in un social o nel mondo del lavoro o del circense per verificare la crisi verticale della lingua italiana ormai patrimonio solo di eruditi come il greco e il latino. Un lingua se non morta, agonizzante. Niente eredità. Mi spiace, Jacopus e InVerno.

I romani usavano tutta la violenza "whatever it takes". Basti pensare a Spartaco. E alla Palestina, con imperatori tutt'altro che sanguinari come Vespasiano e Tito. Come i cinesi, i russi. E decisamente meno dell'alleanza canaglia NATO.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#9
La prerogativa di un impero, dopo essere nato togliendo la libertà  ai popoli, territorialmente comunque limitata, era di restituirgliela in atra forma relativamente non locale, allargata all'impero, garantendo la sicurezza del viandante, e sostituendo una tassa a tanti  pedaggi.
La civiltà di una nazione non si misura tanto dal peso delle tasse, ma se ne devi pagare una ogni volta che ti muovi, e in Italia in tal senso non vi è mai stata tanta inciviltà.

Questa libertà , di cui si diceva, oggi nella sua forma virtuale massimamente universale non ha un garante unico, e nessuno garantisce quindi la sicurezza nella rete, nella quelle i popoli non più apparentemente sottoposti ad oppressione e tasse, si sono moltiplicati in forma trasversale.
Non è più la località a generare la libertà dei popoli, ne' gli imperi la possono ridefinire, ma solo sopprimerla senza più restituirla in altra forma, e perciò non sembrano destinati a durare.
I nuovi imperi avanzanti non sono fuori tempo massimo della storia ,e non sta puntando su un cavallo sfiancato chi ne raccoglie l'eredità?
È quello che stanno facendo Russia , Cina e Turchia, raccogliendo l'eredità di imperi passati, mentre quelli di recente conio pensano solo , forse coerentemente , a smobilitare.

Cosa può dirci il diritto romano a noi popoli delocalizzati, senza  patria, nati già esiliati?


Dov'è la sede del popolo no vax?
Se esistesse davvero un impero ereditario , che stia ad oriente od occidente non importa, l'avrebbe già occupata ristabilendo l'ordine e la sicurezza dei viandanti, imponendosi agli occhi di tutti come universo globale.
E che Ipazia non voglia fulminarmi se ho fatto il primo esempio a portata di mano.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

InVerno

#10
Citazione di: Ipazia il 30 Gennaio 2022, 18:42:56 PM
L'impero romano era bilingue, dopo l'assimilazione dei domini ellenistici. Al contrario l'inglese ha velleità esclusive ed in particolare l'italiano ne soffre con barbarismi debordanti che sottolineano nient'altro che la nostra sudditanza culturale. Basta inoltrarsi in un social o nel mondo del lavoro o del circense per verificare la crisi verticale della lingua italiana ormai patrimonio solo di eruditi come il greco e il latino. Un lingua se non morta, agonizzante. Niente eredità. Mi spiace, Jacopus e InVerno.

I romani usavano tutta la violenza "whatever it takes". Basti pensare a Spartaco. E alla Palestina, con imperatori tutt'altro che sanguinari come Vespasiano e Tito. Come i cinesi, i russi. E decisamente meno dell'alleanza canaglia NATO.
Non è necessario inoltrarsi in tesi controverse che costeggiano pericolosamente il relativismo linguistico, per rendersi conto che i blocchi geopolitici  eurasiatici moderni coincidono con un diverso grado di permeazione del latino. Gli stati possono essere molte cose, le nazioni sono enclavi linguistiche. L'impero romano era molto più che bilingue, considerato che la maggior parte delle lingue moderne non era parlata dalla plebe neanche due secoli fa, l'atomizzazione  dialettale che ben conosciamo in Italia era la norma in tutta europa moltiplicata per mille. In un panorama del genere, una lingua franca, significa unione geopolitica in nuce. L'approccio utilitaritistico (traduttori?) che riservi alla linguistica non è di rilievo antropologico. Pur l'inglese, che non è considerato una lingua romanza, sfrutta il latino praticamente per ogni registro "alto".
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Eutidemo

#11
Ciao Jacopus. :)
Il tuo spunto è molto interessante.
In effetti, come Alessandro Barbero ha recentemente ricordato in una sua  eccellente "lectio magistralis", quelli che noi Europei chiamavamo "Bizantini", loro, in realtà, pur essendo ovviamente di stirpe prevalentemente greca, si autodefinivano Romani (Ρωμαίοι); cioè, dice Barbero, se chiedevi ad uno di loro la sua appartenenza nazionale, fino al quindicesimo secolo, ti avrebbe senz'altro risposto "Είμαι Ρωμαίος πολίτης"" (io sono un cittadino romano).
Non a caso, Costantinopoli era comunemente definita la "Seconda Roma", nel senso di prosecutrice dell'Impero Romano, fino a che non venne conquistata dai Turchi nel 1453.
***
Quanto a Mosca, a chiamarla la "Terza Roma" fu il monaco ortodosso Filofej che scrisse tra il 1523 e il 1524 una lettera al Gran Principe di Mosca, sostenendo "Due Rome sono cadute, ma la terza resisterà per sempre".
Russa, però; per cui il suo Cesare si chiamava Czar (da Caesar)!
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Vero è che anche ad occidente era (ri)nata una nuova versione dell'Impero Romano, il cui Cesare si chiamava Kaiser (sempre da cesare da Caesar)!
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A parte tali circostanze storiche e linguistiche, in effetti, non si può negare che un certo "spirito" di carattere "universalistico", o, quantomeno, "imperialistico di tipo romano" abbia serpeggiato nelle sue più recenti versioni di tale antico fenomeno; sebbene, come è ovvio (ed è inutile starne a discutere) con modalità  culturali, politiche e religiose "estremamente" diverse l'una dall'altra.
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In effetti, l'ultimo "vero" impero rimasto, che abbia caratteri abbastanza simili (sia pure "molto" vagamente) a quello romano,  è quello della Terza Roma; cioè, quello di Mosca!
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Ma, è un discorso troppo complesso per poterlo affrontare qui, soprattutto perchè ora devo uscire, e, quindi, non ho avuto neanche il tempo di leggere gli altri interventi.
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Un saluto! :)
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