Le guerre che si vedono, e quelle che non si vedono!

Aperto da Eutidemo, 06 Gennaio 2021, 15:23:33 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

Eutidemo


Stando ai libri di storia, fu sopratutto "l'Afrika Korps" a conquistare Tobruk, e, poi, ad avanzare fino in Egitto, mentre noi Italiani gli saremmo andati dietro soltanto a rimorchio; il che, almeno per quanto riguarda i "campi di battaglia che si vedono", è abbastanza vero!
Però ci sono anche dei "campi di battaglia che non si vedono", combattendo sui quali buona parte del merito dell'avanzata, spettò soprattutto a noi Italiani, e non ai tedeschi; ai quali, invece, almeno in parte va imputata la disfatta finale.
E di quei "campi di battaglia" la storia non parla mai, forse anche perchè, non per loro colpa, i professori di storia non ne sanno assolutamente niente.
***
Ed infatti, su nessun libro di storia della seconda guerra mondiale (almeno su quelli letti da me) ho trovato riportato un importante episodio del conflitto, il quale, forse, avrebbe potuto in parte modificarne l'evoluzione; per non penso certo le sorti definitive della guerra potessero essere modificate da tale episodio, essendo esse precipuamente determinate dai rapporti di forza.
***
Questa è la storia, che, secondo me, merita di essere ricordata:
(SEGUE)


Eutidemo

#1

A) PROLOGO
a)
I primi di settembre 1941, poco prima dell'attacco a Pearl Horbour, due agenti dei nostri servizi di controspionaggio si erano infiltrati, in veste di "uscieri", all'interno dell'Ambasciata americana di Roma, in Via Veneto, allo scopo ben preciso di rubare il "Black Code", costituito da una serie di tabelle cifranti e decifranti in dotazione agli addetti militari statunitensi; però non era una cosa molto facile, perchè, ovviamente, si trattava di documenti estremamente segreti, accuratamente  conservati in una cassaforte di estrema sicurezza dal colonnello Normann E. Fiske.
b)
Forse la cassaforte era "di estrema  sicurezza", ma il suo proprietario decisamente no; ed infatti, già durante la prima settima del mese, i nostri agenti erano riusci a sottrargli le chiavi (anch'esse "di estrema  sicurezza") della cassaforte, ed a farne un calco.
Così, giovedì 12 settembre 1941, quando attorno alle ore 23 (in ritardo di due ore sul suo solito orario),  Fiske uscì dall'ambasciata per recarsi all'hotel Ambasciatori, essi si recarono verso il suo ufficio, e, mentre uno restò fuori a sorvegliare il corridoio, l'altro, di nome Loris Gheraldi,  entrò dentro e trafugò il "Black Code".
c)
A questo punto ci si potrebbe chiedere come mai Gheraldi non fotografò le tabelle cifranti e decifranti sul posto.
I motivi sono tre:
1)
Benchè molti non lo sappiano, il primo "metal detector" fu inventato nel 1881, per cui, sessanta anni dopo, l'Ambasciata Americana a Roma ne era dotata sia in entrata, che in uscita.
2)
Rispetto ad oggi si trattava di un modello "arcaico" di "metal detector"; ma le macchine fotografiche dell'epoca erano "arcaiche" pure loro, per cui non ne esistevano di abbastanza piccole da correre il rischio di introdurle nell'ambasciata da parte di due uscieri, che, in fondo, non erano neanche americani.
3)
Il "Black Code" era costituito da quasi un migliaio di tabelle, per cui anche con una macchina fotografica sarebbe stato impossibile fotografarle sul posto.
d)
Loris Gheraldi, quindi, nasconde il plico sotto i vestiti, chiude la cassaforte, spegne la luce, ed esce dall'ufficio del colonnello Normann E. Fisk; poi, insieme al complice, torna in portineria. A quell'ora di notte l'ambasciata è pressochè deserta.
e)
Infine Gheraldi, il quale, oltre al compito di usciere ha anche quello di corriere, e, cioè, di consegnare buste, pacchi, plichi e telegrammi a qualunque ora del giorno e della notte, esce dall'ambasciata sotto gli occhi indifferenti dei Marines di guardia; quindi attraversa la strada, ed entra in un vecchio palazzo, che, guarda caso, si erge proprio a fianco di quello in cui abitavano i miei bisnonni materni.
f)
Ad un certo piano di tale palazzo, lo attende il maggiore dei Carabinieri Talamo Manfredi, della Sezione "P" ("Prelevamento") del SIM ("Servizio Informazioni Militare"); con lui ci sono due carabinieri già pronti con le macchine fotografiche. Ma si tratta di vecchi apparecchi a pellicola, non come quelli di oggi, ed il tempo a dispopsizione non è poi moltissimo.
g)
Ed ecco che, a questo punto, la realtà si trasforma quasi in un film!
Ed infatti, il colonnello Fiske che aveva appena finito di bere il suo ultimo drink all'Hotel Ambasciatori, al momento di pagare il conto si accorge di aver lasciato il portafogli sulla scrivania del suo ufficio; allora telefona alla portineria dell'ambasciata, e ordina all'usciere, che poi è il secondo agente del SIM, di dire a Gheraldi di andarlo a prendere e di portarglielo.
h)
Il povero agente-usciere, non sapendo che pesci prendere, gli risponde che in quel momento Gheraldi è in bagno; al che, Norman ordina di essere richiamato non appena torna in guardiola.
L'agente-usciere dice "OK" e riattacca, ma poi non sa che cosa fare, perché il numero di telefono del maggiore Talamo ce l'ha, ma la chiamata rimarrebbe nei registri dell'ambasciata: ed infatti, all'epoca, non solo non esistevano i cellulari, ma neanche le cabine telefoniche.
i)
Alla fine decide di richiamare il colonnello e gli dice che Gheraldi ancora non è uscito dal dal bagno;  lo scusa per il fatto che non si sentiva troppo bene,  avendo mangiato qualcosa di troppo pesante a cena. Però dice che il portafoglio può portarglielo lui, facendo presidiare la guardiola da un marine.
Fiske risponde: "Damn Italian gluttons! Ok!"
l)
Intanto, nella palazzina di fronte, gli agenti del SIM hanno finito di copiare il codice; Gherardi rimette il plico sotto la camicia e torna all'ambasciata.
Non trovando il collega nella guardiola, e seduto al suo posto un marine, suda freddo; ma, poichè nessuno gli dice niente, ritorna nell'ufficio di Fiske, e rimette il plico nella cassaforte.
***

Eutidemo


B) EPILOGO
Dopo un'accurato esame dei tabulati da parte degli analisti della nostra "SEZIONE V"  I.D. (Intercettazione e Decrittazione), diretta dal Generale Vittorio Gamba  -che servì da materia di studio ai nostri agenti anche negli anni 50/70-,  il "Black code", venne consegnato agli uffici operativi, come dono della Befana, i primi di gennaio del 1942.
Ed infatti, per somma sfortuna degli Inglesi -i cui codici non eravamo in grado di decrittare-, gli Americani spedirono il loro colonnello Frank Bonner Fellers, come ufficiale di collegamento presso lo stato maggiore britannico in Egitto; il quale, non appena arrivato, cominciò a trasmettere in patria informazioni sulle manovre inglesi in Libia, usando appunto il "Black code" (che lui riteneva sicuro al 100%).
I nostri servizi segreti non rivelarono mai ai Tedeschi che erano in possesso del "black-code",  ben sapendo che i servizi segreti tedeschi facevano acqua da tutte le parti; si limitarono, invece, a intercettare Fellers, decrittare i testi, e mandare il risultato al nostro Comando superiore in Libia e al Comando di Rommel, spacciandole come ottenute da un fantomatico informatore.
Per cui, fu grazie a noi che il generale Rommel, ogni giorno, sempre alla stessa ora, era in grado di sapere  con esattezza:
- la disposizione delle forze nemiche;
- le loro intenzioni di spostamento.
Non saprei dire quale delle intercettazione fu la più importante, probabilmente quella che portò al disastro inglese nella "battaglia di mezzo giugno" del 1942; ma non solo, perchè l'elenco sarebbe lungo.
In effetti, fu sopratutto grazie alle nostre intercettazioni che, fino all'estate del 1942, non ci furono attacchi di sorpresa, incursioni, tranelli che Rommel non sia stato in grado di evitare; però, purtroppo, durante le manovre del 10 luglio del 1942 la 9° divisione australiana catturò un "reparto intercettazioni" dell' Afrika Korps, guidata dal capitano Seebhon, e, frugando in cerca di materiale utile scoprirono le loro stesse comunicazioni tradotte in tedesco.
Dopo laboriose indagini, alla fine capirono che la falla era dovuto al "Black Code", e così cambiarono il codice di cifratura;  da quel momento in poi Rommel perse improvvisamente il suo fiuto leggendario.
Con questo non voglio certo dire che si trattò dell'unico fattore in gioco, perchè la sconfitta di Alamein fu dovuta ad una serie di altri importantissimi fattori (la mancata occupazione di Malta e/o della Tunisia ecc.); però, indubbiamente, secondo me contò moltissimo!
***


Jacopus

Grazie per la bella storia sullo spionaggio, che non conoscevo. Insomma gli italiani allo stesso livello del famoso centro di matematici che svelarono il codice enigma. Solo che sul codice enigma e sulla arguzia degli inglesi sappiamo tutto e concludiamo inevitabilmente con "come sono intelligenti questi inglesi".
A proposito della guerra spionistica, sicuramente era più importante del poter schierare diverse divisioni. Come dimostra il caso ben  più noto di Richard Sorge, addetto diplomatico tedesco in Giappone, che avvertì Stalin dell'imminente attacco tedesco, ma il piccolo padre non gli credette. Sei mesi dopo invece credette al suo dispaccio che lo avvertiva della decisione del Giappone di non dichiarare guerra all'Urss. E così trasferì ben 3 armate siberiane ad ovest e Mosca non cadde, facendo fallire l'intera operazione Barbarossa.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Alexander

Buona sera a tutti


E invece sembra che lo spionaggio USA sapesse tutto della decisione giapponese di attaccare Pearl Harbor, ma li lasciarono fare lo stesso per avere il "casus belli" necessario ad entrare nel secondo conflitto mondiale. Anche se ho sempre dubitato di questa interpretazione storica, perché l'annientamento della flotta americana del Pacifico scopriva le Hawai e le Filippine all'invasione...

Jacopus

Il Giappone e la Germania furono innanzitutto vittime della loro miopia, di una visione ristretta del mondo ed ancora in qualche modo "cavalleresca", come se la guerra, quella regolare almeno, la vincessero ancora i soldati coraggiosi e non il sistema economico-industriale che sta dietro quei soldati. Per l'Italia il discorso è diverso. Fu soprattutto una scelta opportunistica, fondata sulla speranza che la guerra stava per terminare e servivano un migliaio di morti per sedere al tavolo della pace come vincitori. Anche questa, in ogni caso, una scelta fondata sul provincialismo di Mussolini e del suo entourage. La Spagna, molto più accorta, si guardò bene dall'intervenire, perché conosceva direttamente quanta forza poteva mettere in campo il mondo anglosassone.
Ma sono curioso di leggere il proseguo della storia di Eutidemo.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Eutidemo

#6

Ciao Jacopus. :)
"Enigma"non era un "codice", bensì una "macchina portatile" usata dai tedeschi per codificare e decodificare i loro messaggi; era, cioè, un specie di antenato dei nostri "notebook".
"https://www.imagevenue.com/ME12SGDI"
***
Quattro anni fa è morto David Edward Balme, il Capitano di Corvetta della Royal Navy inglese, il quale era a bordo del cacciatorpediniere Bulldog, che a mezzogiorno del 9 maggio 1941 stava scortando in Atlantico alcune navi inglesi per rifornirsi di carburante in Islanda; improvvisamente due navi vennero silurate in rapida successione dall'U-BOOT 110, che però fu attaccato con bombe di profondità tanto da dover emergere.
Nello scontro a fuoco che ne seguì, morirono 15 tedeschi tra cui lo stesso comandante del U-BOOT Fritz Julio Lemp, il quale, quindi, non fece in tempo a dare l'ordine di affondamento del sommergibile; quelli della seconda guerra mondiale, infatti, erano dei "sommergibili", non dei veri e propri "sottomarini" come quelli odierni (a parte, forse, l'U-BOOT tipo XXI) .
Pertanto Balme potè ispezionare tutto il vascello alla ricerca di quanto fosse possibile sequestrare: ma più che altro cercava documenti e libri di bordo.
Fu allora che, grazie al fattore "C",  un suo marinaio, il telegrafista Alan Lungo, trovò nella sala radio quella che definì "una strana macchina da scrivere"; però, quando se ne battevano i tasti, appariva uno scritto diverso da quello dattilografato.
Non ci volevano dei genii  per capire che si trattava di una macchina per messaggi in codice; il famoso centro di matematici che poi svelarono il codice enigma, quindi, non è che poi scoperse niente di così trascendentale!
Gli analisti inglesi, in fondo, fecero la stessa cosa che fecero i nostri analisti italiani, avendo in mano il "Black Code"; e, anzi, forse furono addirittura agevolati dal possesso dell'apparecchio cifrante e decifrante usato dai Tedeschi.
Fu a causa del fortunoso rinvenimento di Enigma da parte degli Inglesi, che noi Italiani perdemmo mezza flotta di sommergibili!
>:(
*** 
A proposito della guerra spionistica, non c'è alcun dubbio che (in guerra) essa serve precipuamente per poter schierare al meglio le proprie forze in campo.
Ma:
- così come le informazioni di Sorge servirono a Zukov per meglio allocare e disporre le proprie forze sul terreno per difendere Mosca;
- allo stesso modo le intercettazioni da noi fatte essendo a conoscenza del "Black Code", servirono a  Rommel per meglio allocare e disporre le proprie forze sul terreno per avanzare verso l'Egitto.
***
Un saluto! :)

Eutidemo


Ciao Alexander. :)
E' ben nota la teoria secondo la quale lo spionaggio USA sapesse tutto della decisione giapponese di attaccare Pearl Harbor; ma li lasciarono fare lo stesso per avere il "casus belli" necessario ad entrare nel secondo conflitto mondiale a fianco della Gran Bretagna, contro Italia e Germania.
Tuttavia anche io, come te, ho sempre dubitato molto di questa interpretazione storica, soprattutto per tre motivi (sebbene ce ne siano anche altri, tutt'altro che irrilevanti):
a)
Sia perché, come giustamente osservi tu, l'annientamento della flotta americana del Pacifico avrebbe esposto Hawai e Filippine all'invasione nipponica.
b)
Sia perché, l'idea "complottista" per la quale gli americani avrebbero allontanato le loro "navi più preziose" (le portarei) da Pearl Harbor può sembrare ragionevole oggi,  ma non lo era affatto nel 1941; ed infatti, a quel tempo, il valore delle portaerei era notevolmente sottostimato e le "capital ship", ossia le navi da battaglia per eccellenza, erano le corazzate, secondo i principi espressi dalla cosiddetta "Dottrina Mahan"  che condizionava sia il pensiero navale strategico degli Stati Uniti sia quello del Giappone (le portaerei erano considerate navi di scorta, mentre il ruolo primario del potere navale era demandato alle corazzate). Quindi l'idea che gli americani abbiano "sacrificato" le proprie corazzate a Pearl Harbor salvando le portaerei, è priva di senso.
c)
Sia, infine, perché gli americani non colsero affatto l'occasione dell'attacco giapponese per muovere guerra contro la Germania e l'Italia, come sostengono i "complottisti"; furono invece l'Italia e la Germania, stupidamente, a dichiarare guerra agli Stati Uniti, l'11 dicembre del 1941.
***
Un saluto. :)


Eutidemo

#8
Ciao Jacopus. :)
Non sono del tutto d'accordo con te sul fatto che il Giappone e la Germania furono innanzitutto vittime della loro  visione in qualche modo "cavalleresca", come se la guerra, quella regolare almeno, la vincessero ancora i soldati coraggiosi e non il sistema economico-industriale che sta dietro quei soldati; questo, forse, può essere "in parte" vero per il Giappone, ma non certo per la Germania, il cui approccio economico alla guerra era "estremamente" realistico.
Il fatto che poi, al riguardo, Hitler abbia preso delle decisioni sbagliate e delle grosse cantonate, in parte, forse, determinate anche da condizionamenti ideologici, è un altro discorso; ma sarebbe troppo complesso farlo in questa sede, in quanto meriterebbe un topic a parte.
***
A dire il vero, su consiglio dell'asso da caccia Hans-Joachim 'Hajo' Herrman, anche i Tedeschi provarono a ricorrere ai "kamikaze", denominati "Sonderkommando Elbe": un corpo speciale di volontari che intendeva affidare il successo dell'abbattimento di un bombardiere non ai propri proiettili,  bensì al sacrificio del pilota stesso, che avrebbe dovuto "speronare" il nemico in un'azione kamikaze (sebbene era previsto un tentativo -meramente teorico- di salvataggio col paracadute).
Ma l'iniziativa non ebbe certo l'adesione ed il successo dei kamikaze giapponesi; e, se anche lo avesse avuto, non avrebbe sicuramente cambiato le sorti del conflitto.
***
Quanto all'Italia, mettendomi nei panni di Mussolini -e nella sua mentalità, che non è certo la mia-, onestamente penso proprio che anche io sarei entrato in guerra il 10 giugno del 1940.
Ed infatti, considerando "rebus sic stantibus temporibus illis":
- la Francia era ormai fuori gioco;
- gli USA erano le mille miglia lontani dall'idea di entrare in guerra;
- dai precedenti di Monaco era abbastanza plausibile supporre che, caduta la Francia, l'Ighilterra avrebbe prima o poi accettato una blanda pace negoziata (come era nelle intenzioni di Hitler).
E' vero che Chamberlain aveva rassegnato le sue dimissioni il 10 maggio 1940, e che Churchill era di tutt'altra pasta; ma, il 10 giugno, ancora non era ben chiaro quanto fosse "tosto"!
***
Peraltro, sebbene il "Patto d'Acciaio" non ci vincolasse formalmente all'intervento, tuttavia, astenersi dall'affiancare Hitler (almeno nella presunta fase finale della guerra), "forse" era da ritenersi più pericoloso che affrontare il rischio della guerra stessa; la quale, "oggettivamente", anche a me sarebbe parsa "quasi" vinta.
Ed infatti, a differenza della Spagna, noi avevamo un confine in comune con la Germania, e molti "riottosi" Tedeschi "al di qua" di tale confine; per cui, visti i precedenti dei Sudeti, "far saltare la mosca al naso" ad un Hitler vincitore in Europa, non sarebbe stato molto igienico e prudente.
Per cui, sia pur chiaramente sbagliandomi (almeno alla luce del senno di poi);
- anche rendendomi conto del rischio che avrei corso entrando in guerra;
- penso proprio che lo avrei ritenuto minore del rischio di non entrarci per niente.
Senza contare l'avidità di bottino territoriale che animava il duce.
***
Circa il prosieguo della mia storia, la vicenda del "Black Code" finiva lì, dove l'ho conclusa io.
Quanto a Gheraldi e al suo collega, non ricordo che fine abbiano fatto.
Quanto, invece, a Manfredi Talamo, promosso tenente colonnello nel 1942, lui ed i suoi uomini continuarono a operare per conto del SIM riuscendo, nell'estate 1942, a mettere a segno un altro importante successo; ed infatti riuscirono a scoprire che l'addetto culturale tedesco presso l'Ambasciata a Roma, Kurt Sauer, era in realtà un agente doppiogiochista al servizio di sua maestà britannica.
E, con "effetto domino", nella rete caddero anche un ingegnere milanese e una spia finlandese che operava per conto di Mosca.
Tuttavia, la cosa non piacque affatto alle autorità tedesche che chiesero espressamente agli uomini della "Sezione P" di mantenere il più stretto riserbo sull'intera faccenda per non intaccare il prestigio tedesco; ed infatti, specie dopo la figuraccia fatta con Sorge, l'agente segreto tedesco, attivo in Giappone per conto dell'Unione Sovietica prima e durante la seconda guerra mondiale, la faccenda di Kurt Sauer ai Tedeschi era andata molto "per traverso".
Talamo non se ne dette per inteso, e, quindi, forse anche per questo (oltre che per essersi unito alla Resistenza) l'anno dopo venne fucilato alle Fosse Ardeatine.
   Medaglia d'oro al valor militare alla memoria, con le seguenti motivazioni:
"Nell'assolvere delicate rischiose mansioni, eccelleva per rare virtù militari ed impareggiabile senso del dovere, rendendo al Paese, in pace e in guerra, servigi di inestimabile valore. Caduto in sospetto della polizia tedesca che ne ordinava l'arresto, sopportava stoicamente prolungate torture, senza svelare alcun segreto sulle organizzazioni clandestine e sui loro dirigenti. Condotto alla fucilazione, alle Fosse Ardeatine, dava sublime esempio di spirito di sacrificio, di incrollabile fermezza, di alte e pure idealità, "
***
Un saluto!
:)
***

Discussioni simili (1)