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Il "polites" ed il "civis"

Aperto da Eutidemo, 16 Dicembre 2023, 06:51:37 AM

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Eutidemo

Sia la parola greca ("πολίτης") sia la parola latina ("civis") vengono tradotti con il termine "cittadino"; cioè, "abitante della città".
Il che è semanticamente corretto, in quanto:
-  in greco "città" si dice " πόλις"
- in latino "città" si dice " civitas"
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Però tra l'originario concetto greco e l'originario concetto romano di "cittadino", ci corre un abisso!
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a)
Il concetto greco di cittadino ("πολίτης")
Per i Greci era impensabile che un "cittadino" non fosse nato e non vivesse nella sua città di appartenenza; ogni città aveva i suoi cittadini, diversamente denominati (Ateniesi, Spartani, Tebani ecc.), e tutto finiva lì.
Nessun "cittadino focese" si sarebbe mai definito un "cittadino ateniese", solo perchè faceva parte dell'"Impero Ateniese" del quinto secolo a.c. (eufemisticamente definita "Lega delio-attica"); e neanche, ovviamente, "cittadino greco"!
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b)
Il concetto romano di cittadino ("civis").
Per i romani, invece, il "cittadino" era colui che aveva acquisito, per concessione dello Stato, la qualifica di "civis romanus"; concessione che all'inizio era un privilegio, ma che, poi, divenne un diritto acquisito per tutti coloro che vivevano nel territorio dell'Impero, dalla Siria alla Gallia, dalla Dacia all'Iberia, dalla Libia alla Britannia. (Constitutio Antoniniana del 212 d.C.).
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Tutti potevano dire "Civis Romanus sum"!
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Si pensi che, fino alla caduta dell'Impero d'Oriente nel 1.453 d.c., come ricorda Alessandro Barbero, se si fosse chiesto ad un Ateniese quale fosse la sua cittadinanza, lui avrebbe risposto, in lingua greca, di essere un "Ρωμαίος πολίτης" ("Cittadino Romano").
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P.S.
Facevano eccezione a a tale generale principio giuridico, soltanto i "dediticii", cioè, , genericamente, i componenti di  quelle comunità, una volta del tutto autonome, le quali, per mezzo della sottomissione volontaria ("deditio"), erano entrate in rapporto di dipendenza con Roma.
Tecnicamente e giuridicamente, invece, l'espressione stessa poteva avere un significato più ristretto: infatti erano qualificati "dediticii" i sottomessi riguardo ai quali Roma, riconoscendoli di condizione libera dopo l'atto di dedizione spontaneo o in seguito a una guerra, non aveva adoperato uno dei modi di ammissione di elementi stranieri nello stato, cioè né pieno incorporamento con la cittadinanza romana, né conferma come comunità autonoma, federata d'ora in poi con Roma stessa,  né "civitas sine suffragio".
Ma si trattava di un numero molto ridotto di soggetti; che andò sempre più riducendosi nel tempo,