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Il Carbonifero

Aperto da sapa, 05 Luglio 2020, 11:18:42 AM

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sapa

Mi ha sempre affascinato e incuriosito fantasticare su come possa essere stato possibile che i resti possenti di forme di vita vegetali e animali, mescolati a strati eruttivi e a strati di sedimenti portati da acque ruscellanti in modo violento e da mari ben più alti dei nostri attuali, siano andati a formare uno strato geologico a centinaia di metri di profondità. Per quel poco che sono riuscito a documentarmi, risulta che in quasi  60 milioni di anni, circa 300 milioni di anni fa, si sia formato questo strato geologico che, di fatto, ha cambiato la vita dell'umanità, permettendole un'espansione demografica e un'aspettativa di vita impensabili anche solo 150 anni fa. Un pianeta nel quale l'uomo non era nemmeno in previsione, tali erano le caratteristiche naturali, le forze in atto e la qualità stessa dell'aria respirabile,  con un clima ben più estremo di quello odierno, un tasso di CO2 in atmosfera eccessivo per molti mammiferi odierni,un clima caldo e umido, era  abitato da foreste di felci enormi e gimnosperme estinte, da pesci-rettili vari e sottoposto a forze  di inaudita violenza dal suo stesso centro instabile. Di fatto, per semplificare, il Carbonifero ha imprigionato nelle viscere della terra una bella quantità di anidride carbonica, abbassandone in modo consistente il tasso percentuale in atmosfera e portando anche, probabilmente, alla mitigazione di un clima ostile, insomma a mio avviso "sbloccando" l'evoluzione della vita sul pianeta.
La riflessione è: i circa 60 milioni di anni del Carbonifero hanno "bloccato" ingenti quantità di CO2, se noi in pochi secoli li reimmetteremo in atmosfera, come stiamo facendo, quali conseguenze ci potremo aspettare? Non sono un fan di Greta, ma mi è impossibile non pensare che stiamo percorrendo una via pericolosa. Forse, l'unica via che abbiamo davanti, quella che ci porterà all'estinzione?

giopap

Condivido le considerazioni.


Credo che almeno in linea teorica l' umanità abbia (avuto?) di fronte a sé due possibilità "generali":


Autolimitare le proprie produzioni - consumi - benessere materiale soggettivamente percepito,


oppure  distruggere dissennatamente le condizioni fisiche - biologiche della propria sopravvivenza - sviluppo civile (qualitativo, senza superare determinati inderogabili limiti quantitativi).


Ma una ineludibile conditio sine qua non per la seconda scelta é (sarebbe stata?) la proprietà collettiva dei mezzi di produzione (di beni "materiali" e sevizi comunque inevitabilmente "non immateriali" almeno in qualche misura) e la pianificazione generale prudente di produzioni e consumi.
Mentre una produzione concorrenziale fra unità produttive private in reciproca ignoranza-indipendenza non può che determinare inevitabilmente produzioni e consumi (e inesorabilmente dissipazioni di risorse necessarie alla sopravvivenza umana) tendenzialmente illimitati in un ambiente di fatto (e non fantascientificamente o falso-ideologicamente-scientisticamente) praticabile limitato.


Sono pessimista sul fatto che sia ancora possibile (il che non significa che non si debba comunque sforzarsi di agire in tal senso).


In caso contrario, come in altri pianeti più o meno remoti nell' universo la vita si sarà certamente fermata ai procarioti, in altri agli eucarioti monocellulari, in altri ancora ad animali presumibilmente non civili (senza una "storia umana o similumana" che si innestasse su un ramo della "storia naturale" o evoluzione biologica), così nel nostro si fermerà "ingloriosamente" alla storia umana privatistica di effimera durata (in tempi biologici).


Ma certamente in altri essa supererà anche questo stadio.
E cosa penseranno di noi quelle civiltà che avranno saputo superare la fase privatistica (di quelli di noi che avranno lottato per ottenerlo anche "qui" venendo sconfitti" e di quelli che avranno "vinto" conseguendo la propria a altrui fine)?

viator

Salve giopap. Citandoti : ".............., così nel nostro si fermerà "ingloriosamente" alla storia umana privatistica di effimera durata (in tempi biologici).
Ma certamente in altri essa supererà anche questo stadio.
E cosa penseranno di noi quelle civiltà che avranno saputo superare la fase privatistica (di quelli di noi che avranno lottato per ottenerlo anche "qui" venendo sconfitti" e di quelli che avranno "vinto" conseguendo la propria a altrui fine)?"
Interpretazione spassosa la tua. Pura escatologia in salsa egualitarian-marxista. Credo che per te non esistano argomenti dubbi, misteriosi o comunque non interpretabili in chiave anticapitalistica. Vabbè.....non sei l'unica ad essere convinta di possedere il VERBO.
-----I comunisti pensano (o fingono di pensare) che la società da loro auspicata avrebbe la capacità di fornire libero sfogo alla creatività individuale all'interno di un clima di armoniosa cooperazione.
-----Io penso invece che l'egualitarismo - spinto alle sue logiche estreme conseguenze - possa solo generare una società entomologica (una comunità di laboriosi individui infine liberati dalla necessità di pensare e di scegliere perchè sarà retta da un unico o pochissimi insetti "re" o "regina" che saranno gli unici a stabilire gli obbiettivi e le regole).
-----Perciò io penso che il superamento della fase capital-privatistica non produrrà particolari pensieri sul suo avvenuto superamento, ma piuttosto PRIVERA' GLI INDIVIDUI (tranne qualcuno) DELLA NECESSITA' DI PENSARE. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

sapa

Citazione di: giopap il 05 Luglio 2020, 12:15:44 PM
Condivido le considerazioni.


Credo che almeno in linea teorica l' umanità abbia (avuto?) di fronte a sé due possibilità "generali":


Autolimitare le proprie produzioni - consumi - benessere materiale soggettivamente percepito,


oppure  distruggere dissennatamente le condizioni fisiche - biologiche della propria sopravvivenza - sviluppo civile (qualitativo, senza superare determinati inderogabili limiti quantitativi).


Ma una ineludibile conditio sine qua non per la seconda scelta é (sarebbe stata?) la proprietà collettiva dei mezzi di produzione (di beni "materiali" e sevizi comunque inevitabilmente "non immateriali" almeno in qualche misura) e la pianificazione generale prudente di produzioni e consumi.
Mentre una produzione concorrenziale fra unità produttive private in reciproca ignoranza-indipendenza non può che determinare inevitabilmente produzioni e consumi (e inesorabilmente dissipazioni di risorse necessarie alla sopravvivenza umana) tendenzialmente illimitati in un ambiente di fatto (e non fantascientificamente o falso-ideologicamente-scientisticamente) praticabile limitato.


Sono pessimista sul fatto che sia ancora possibile (il che non significa che non si debba comunque sforzarsi di agire in tal senso).


In caso contrario, come in altri pianeti più o meno remoti nell' universo la vita si sarà certamente fermata ai procarioti, in altri agli eucarioti monocellulari, in altri ancora ad animali presumibilmente non civili (senza una "storia umana o similumana" che si innestasse su un ramo della "storia naturale" o evoluzione biologica), così nel nostro si fermerà "ingloriosamente" alla storia umana privatistica di effimera durata (in tempi biologici).


Ma certamente in altri essa supererà anche questo stadio.
E cosa penseranno di noi quelle civiltà che avranno saputo superare la fase privatistica (di quelli di noi che avranno lottato per ottenerlo anche "qui" venendo sconfitti" e di quelli che avranno "vinto" conseguendo la propria a altrui fine)?
Ciao giopap, eccepisco al tuo discorso in questi punti:- la vita sul pianeta non si estinguerà con l'umanità, c'era vita 300 milioni di anni fa, ce ne sarà tanta anche dopo di noi- la concezione privatistica e quella collettiva, come tu le distingui, hanno contribuito e contribuiscono  entrambi a dissipare risorse limitate e non rinnovabili. Se i modelli di sviluppo in apparenza sono diversi, le conseguenze mi sembrano per lo più analoghe, forse con tempi diversi. Se pensiamo a quanto "consumano" le guerre, il cui risultato è, in termini di risorse, sempre una perdita netta, vien da piangere...Anch' io non credo che siamo più a tempo per rimettere a posto le cose, la coscienza che parte dal basso e coinvolge gli individui, però, potrebbe essere l'unica strada, in questo penso abbia ragione Greta.

giopap

Citazione di: viator il 05 Luglio 2020, 13:23:40 PM
Salve giopap. Citandoti : ".............., così nel nostro si fermerà "ingloriosamente" alla storia umana privatistica di effimera durata (in tempi biologici).
Ma certamente in altri essa supererà anche questo stadio.
E cosa penseranno di noi quelle civiltà che avranno saputo superare la fase privatistica (di quelli di noi che avranno lottato per ottenerlo anche "qui" venendo sconfitti" e di quelli che avranno "vinto" conseguendo la propria a altrui fine)?"
Interpretazione spassosa la tua. Pura escatologia in salsa egualitarian-marxista. Credo che per te non esistano argomenti dubbi, misteriosi o comunque non interpretabili in chiave anticapitalistica. Vabbè.....non sei l'unica ad essere convinta di possedere il VERBO.
-----I comunisti pensano (o fingono di pensare) che la società da loro auspicata avrebbe la capacità di fornire libero sfogo alla creatività individuale all'interno di un clima di armoniosa cooperazione.
-----Io penso invece che l'egualitarismo - spinto alle sue logiche estreme conseguenze - possa solo generare una società entomologica (una comunità di laboriosi individui infine liberati dalla necessità di pensare e di scegliere perchè sarà retta da un unico o pochissimi insetti "re" o "regina" che saranno gli unici a stabilire gli obbiettivi e le regole).
-----Perciò io penso che il superamento della fase capital-privatistica non produrrà particolari pensieri sul suo avvenuto superamento, ma piuttosto PRIVERA' GLI INDIVIDUI (tranne qualcuno) DELLA NECESSITA' DI PENSARE. Saluti.





Certo, ognuno ride di quel che può (e pensa o finge di pensare, nonché auspica quel che può) .


Se dovessi scrivere tutto quello che tu scrivi e fa crepare di scompisciate risate a crepapelle me non mi basterebbe probabilmente lo spazio fisico di un intervento in questa discussione.


La tua taccia di acriticità nei miei confronti poi non é che acritico (esso sì!) pregiudizio, largamente sconfessato da tutto l' argomentare da me profuso nel forum e sotto gli occhi di tutti coloro che non decidano di ignorarlo per continuare tranquillamente a coltivare i loro acritici pregiudizi.


Il superamento della "fase capital-privatistica dell storia", qualunque cosa produrrà (e checcé tu ne possa pensare, per quel che ciò ossa contare), é una conditio sine qua non della continuazione della storia (della non estinzione della specie umana che la crea), perché tale fase non é compatibile con un uso limitato e pianificato delle risorse naturali limitate di fatto disponibili, come ho di già ampiamente argomentato anche in altri interventi da te già letti (?).

giopap

sapa:
Ciao giopap, eccepisco al tuo discorso in questi punti:- la vita sul pianeta non si estinguerà con l'umanità, c'era vita 300 milioni di anni fa, ce ne sarà tanta anche dopo di noi- la concezione privatistica e quella collettiva, come tu le distingui, hanno contribuito e contribuiscono  entrambi a dissipare risorse limitate e non rinnovabili. Se i modelli di sviluppo in apparenza sono diversi, le conseguenze mi sembrano per lo più analoghe, forse con tempi diversi. Se pensiamo a quanto "consumano" le guerre, il cui risultato è, in termini di risorse, sempre una perdita netta, vien da piangere...Anch' io non credo che siamo più a tempo per rimettere a posto le cose, la coscienza che parte dal basso e coinvolge gli individui, però, potrebbe essere l'unica strada, in questo penso abbia ragione Greta.


giopap:
Io non ho affatto scritto che senza il superamento del capitalismo la vita la sul pianeta si estinguerà con l'umanità (certo che l' evoluzione biologica continuerà imperterrita, "del tutto indifferente alla nostra sorte" e a quella di tante altre specie che stiamo ugualmente portando all' estinzione, per dirlo antropomorficamente!) ma solo che nel suo ambito non si supererà una fase con una specie animale "civile" (autocosciente, in grado di applicare la conoscenza scientifica delle leggi naturali a fini coscienti); così come in tanti altri pianeti non si é superato lo """stadio"""" eucariotico, in altri quello eucariotico monocellulare, in altri ancora quello pluricellulare non "civile".
E nemmeno ho scritto che il "collettivismo" (per dirlo un po' grossolanamente in una parola) é una condizione sufficiente, ma solo che é necessaria della sopravvivenza della vita umana (e di tante altre specie): certo che anche nel comunismo si potrebbero superare rovinosamente i limiti di uno sviluppo quantitativo di produzioni e consumi che sia compatibile con la sopravvivenza umana.

Ma senza un (improbabile) superamento tempestivo del "privatismo" l' estinzione dell' umanità (e di altre specie) "prematura e di sua propria mano" é solo questione di (non molto) tempo (anche se Greta Tumberg non se ne avvede; dunque non fa, di fatto, che del moralismo inane; non a caso  i media mainstream al servizio permanente effettivo del capitale umanicida la portano in palmo di mano, come si sul dire).

Jacopus

Sono d'accordo con l'ultima frase di Giopap, così come sono consapevole di come i governi politici storici che si sono ispirati al marxismo o che si ispirano al marxismo hanno seguito e seguono le stesse logiche distruttive. Dobbiamo cercare una nuova strada o sarà la natura ad imporla (come già ha iniziato a fare).
Tanto per dire, le politiche quinquennali negli anni 50-60 resero desertici milioni di ettari coltivabili e prosciugarono (quasi) uno dei laghi più grandi del mondo.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

InVerno

Il ciclo del carbone è bene o male il responsabile diretto o indiretto delle precedenti estinzioni di massa, l'attivatore dello squilibrio proposto nelle teorie delle estinzioni precedenti può essere diverso e di origine geologica o astronomica, ma per le sue caratteristiche intrinseche il carbone risulta complesso da gestire per l'ecosistema. C'è anche molto metano conservato nel permafrost e nei ghiacciai artici, ma esso anche se rilasciato viene riassorbito  molto più velocemente, catturare il carbone nell'atmosfera è un processo molto lungo che da vita a decine di effetti domino nel frattempo. Non credo che esistano proposte riguardo a organismi, microbiotici o animali, che hanno facilitato eventi di estinzioni di massa (a parte alcune che ritengo "semironiche" come i peti dei dinosauri) ma non è da escludere che il sovrannumero di alcune specie viventi abbia facilitato eventi di questo tipo. Di sicuro non sono mai esistiti organismi che hanno costruito minivulcani faidate per fondere metalli e produrre lettini gonfiabili.

Riguardo agli scenari futuri sono giunto a credere ne esistano fondamentalmente di tue tipi:
a) L'uomo, la co2 e l'atmosfera rimangono i tre elementi fondamentali della questione, con un limite di non-ritorno fissato a circa +4 gradi centigradi e con le predizioni "business as usual" che lo ritengono raggiungibile entro il 2100. Questo ci da quasi un secolo per adattarci, e in maniera molto traumatica e con gravi perdite e squilibri, io sono convinto che dovremmo farcela (quando parlo di "traumi" parlo di metà della popolazione che scompare in qualche maniera, per fame, per guerra, per covid, per qualcosa).
b) Si inserisce nell'equazione precedente un fattore "esterno" che fa precipitare bruscamente la situazione, quale potrebbe essere la perdita di un ecosistema fondamentale (la barriera corallina è a mio avviso l'indagato principale), un evento geologico di larga scala (uno qualsiasi dei vulcani maggiori erutta), o anche solamente una svista nella predizioni (per esempio la quantità di metano contenuta nel permafrost). In questo caso byebye.

Riguardo invece alle "economie pianificate", ammesso e non concesso esse siano la soluzione, bisorrebbe inanzitutto sapere quale è il piano da attuare. Un piano ci sarebbe in effetti, ma non è una terra promessa come piace promettere ai rivoluzionari, è una valle di lacrime e sangue, per quello mi piace parlare di "decrescita infelice", e a prendere il palazzo d'inverno per attuarla, ci sarò io e altri 4 svalvolati, tutti gli altri ci prenderanno a sassate.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

giopap

Citazione di: InVerno il 05 Luglio 2020, 20:22:28 PM
Il ciclo del carbone è bene o male il responsabile diretto o indiretto delle precedenti estinzioni di massa, l'attivatore dello squilibrio proposto nelle teorie delle estinzioni precedenti può essere diverso e di origine geologica o astronomica, ma per le sue caratteristiche intrinseche il carbone risulta complesso da gestire per l'ecosistema. C'è anche molto metano conservato nel permafrost e nei ghiacciai artici, ma esso anche se rilasciato viene riassorbito  molto più velocemente, catturare il carbone nell'atmosfera è un processo molto lungo che da vita a decine di effetti domino nel frattempo. Non credo che esistano proposte riguardo a organismi, microbiotici o animali, che hanno facilitato eventi di estinzioni di massa (a parte alcune che ritengo "semironiche" come i peti dei dinosauri) ma non è da escludere che il sovrannumero di alcune specie viventi abbia facilitato eventi di questo tipo. Di sicuro non sono mai esistiti organismi che hanno costruito minivulcani faidate per fondere metalli e produrre lettini gonfiabili.

Riguardo agli scenari futuri sono giunto a credere ne esistano fondamentalmente di tue tipi:
a) L'uomo, la co2 e l'atmosfera rimangono i tre elementi fondamentali della questione, con un limite di non-ritorno fissato a circa +4 gradi centigradi e con le predizioni "business as usual" che lo ritengono raggiungibile entro il 2100. Questo ci da quasi un secolo per adattarci, e in maniera molto traumatica e con gravi perdite e squilibri, io sono convinto che dovremmo farcela (quando parlo di "traumi" parlo di metà della popolazione che scompare in qualche maniera, per fame, per guerra, per covid, per qualcosa).
b) Si inserisce nell'equazione precedente un fattore "esterno" che fa precipitare bruscamente la situazione, quale potrebbe essere la perdita di un ecosistema fondamentale (la barriera corallina è a mio avviso l'indagato principale), un evento geologico di larga scala (uno qualsiasi dei vulcani maggiori erutta), o anche solamente una svista nella predizioni (per esempio la quantità di metano contenuta nel permafrost). In questo caso byebye.

Riguardo invece alle "economie pianificate", ammesso e non concesso esse siano la soluzione, bisorrebbe inanzitutto sapere quale è il piano da attuare. Un piano ci sarebbe in effetti, ma non è una terra promessa come piace promettere ai rivoluzionari, è una valle di lacrime e sangue, per quello mi piace parlare di "decrescita infelice", e a prendere il palazzo d'inverno per attuarla, ci sarò io e altri 4 svalvolati, tutti gli altri ci prenderanno a sassate.


Le "decrescite infelici" ci sono solo:


a) Nell' attuale situazione del capitalismo occidentale.


b) Nelle tue fantasie sulle economie pianificate.


Nessuno pretende che proprietà collettiva dei mezzi di produzione e pianificazione generale di produzione e consumi siano "terre promesse".
Sono "solo", molto sobriamente e sommessamente, conditiones sine qua non della auspicabile sopravvivenza della specie umana oltre qualche decennio o al massimo secolo da ora.
Mentre in larga misura "lacrime e sangue" (che con "sudore" erano state indicate ai britannici dal reazionarissimo Churchill come conditiones sine qua non per sconfiggere il nazismo), ovvero decrescita non necessariamente infelice di produzioni e consumi (pro capite; oltre che del numero di produttori e consumatori) in larga misura lo sono anche pur essi, per tutti, della sopravvivenza dell' umanità.
Ignorarlo significa disastrosamente e irresponsabilmente chiudere gli occhi davanti alla catastrofe incombente: non si curano tumori maligni con pannicelli caldi e omeopatia, ma solo con dolorose e mutilanti ("sanguinose") operazioni chirurgiche e pesanti e faticose ("lacrimose") chemioterapie.


...A meno di avere un senso delle proporzioni tale da considerare la devastazione ambientale in atto più simile a un raffreddore o ad un foruncolo che ad un tumore maligno.

Jacopus

Penso che un cambiamento possa derivare da un soggetto politico che unisca esigenze ecologiche e sociali. Che sappia gestire la diminuzione dei consumi e l'allargamento del benessere, rendendo la società più egualitaria, senza per questo sconvolgere l'assetto delle classi sociali, obiettivo  quest'ultimo, perseguibile solo con una rivoluzione violenta.
Si vedono già delle tendenze nel resto dell'Europa in questo senso, basti pensare all'enorme successo delle liste verdi alle ultime amministrative in Francia.
Ma sono scettico sulla possibilità che in Italia si possa seguire questa via. Infatti abbiamo accumulato troppi ritardi. Molte produzioni industriali si reggono solo bypassando le norme ambientali, vi è una florida economia sommersa che si chiama ecomafia, la struttura amministrativa pubblica è inefficiente, tenuta in piedi da quattro gatti stanchi, in conflitto al suo interno e all'esterno. Il livello di istruzione degli italiani non fa che peggiorare, rendendo difficile la comprensione della complessità dei problemi. Mi piacerebbe fare un confronto, in questo senso  fra Italia e resto dell'Europa,  poiché solo qui in Italia, probabilmente, tutti i leaders dei partiti più importanti non sono laureati. Bisogna arrivare a Calenda per trovarne uno. Una situazione molto grave  quest'ultima, non tanto perché la laurea determini chissà quale competenza, ma perché a loro volta i leaders non ameranno circondarsi di collaboratori competenti, innescando un effetto a catena devastante. Anche da ciò deriva l'imperversante populismo che sembra non risparmiare alcuna forza politica.

Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

giopap

Senza sovvertire gli assetti sociali vigenti si fa del gretatumberghiano moralismo verde del tutto inefficace o al massimo si rincorre la devastazione ambientale inevitabilmente conseguente le produzioni concorrenziali e i conseguenti consumi, entrambi tendenzialmente illimitati, cercando in qualche modo di rallentarla.
Al massimo si può procrastinare di qualche decennio l' "apocalisse".

Sì, lo sconvolgimento degli assetti vigenti delle classi sociali é perseguibile solo con un inevitabile (e difficilmente valutabile a priori) margine di  violenza (soprattutto a causa della violenta resistenza che le classi dominanti privilegiate da spodestare da sempre oppongono, senza scrupolo alcuno di rispetto dell' umanità, della pietà, del senso del limite, alla perdita dei loro privilegi.

Ma se si vuole sperare di guarire da un timore maligno non ci si può affidare a indolori fisioterapie o terapie omeopatiche, bisogna avere la forza di affrontare "violente" e sanguinose (letteralmente) operazioni  chirurgiche e dolorose e penose chemioterapie.

Hic Rhodus, hic salta!

sapa

Citazione di: InVerno il 05 Luglio 2020, 20:22:28 PM
Il ciclo del carbone è bene o male il responsabile diretto o indiretto delle precedenti estinzioni di massa, l'attivatore dello squilibrio proposto nelle teorie delle estinzioni precedenti può essere diverso e di origine geologica o astronomica, ma per le sue caratteristiche intrinseche il carbone risulta complesso da gestire per l'ecosistema.
Non vedo altro sistema, per inceppare un minimo il ciclo del carbonio, che quello che ha di fatto "usato" la natura nel Carbonifero: lasciare che venga intrappolato dal mondo vegetale fotosintetico, per il quale la CO2 è cibo, e segregarne gran parte praticamente in delle " discariche" nelle viscere della terra, impedendo il riciclo conseguente alla morte/putrefazione/mineralizzazione. Per adeguarsi ai tempi, visto che il Carbonifero fu sicuramente un periodo della storia del pianeta agitato e instabile, occorrerebbe inviare nello spazio tutti gli anni ingenti quantità di vegetali, ovviamente da sostistuire e riforestare sul pianeta. Potrebbe essere un'idea per un racconto di fantascienza....

viator

Salve giopap. Riflettevo sulle seguenti tue parole : "Sì, lo sconvolgimento degli assetti vigenti delle classi sociali é perseguibile solo con un inevitabile (e difficilmente valutabile a priori) margine di  violenza (soprattutto a causa della violenta resistenza che le classi dominanti privilegiate da spodestare da sempre oppongono, senza scrupolo alcuno di rispetto dell' umanità, della pietà, del senso del limite, alla perdita dei loro privilegi".
----Ma gli effetti da te ipotizzati riguarderebbero solo il transito dal liberismo all'egualitarismo oppure - a tuo parere - si attuerebbero anche nella direzione inversa, passando dalla monoclasse comunista-proletaria alla società capitalistica pluriclassista ?. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

InVerno

#13
Citazione di: sapa il 07 Luglio 2020, 21:05:58 PM
Citazione di: InVerno il 05 Luglio 2020, 20:22:28 PM
Il ciclo del carbone è bene o male il responsabile diretto o indiretto delle precedenti estinzioni di massa, l'attivatore dello squilibrio proposto nelle teorie delle estinzioni precedenti può essere diverso e di origine geologica o astronomica, ma per le sue caratteristiche intrinseche il carbone risulta complesso da gestire per l'ecosistema.
Non vedo altro sistema, per inceppare un minimo il ciclo del carbonio, che quello che ha di fatto "usato" la natura nel Carbonifero: lasciare che venga intrappolato dal mondo vegetale fotosintetico, per il quale la CO2 è cibo, e segregarne gran parte praticamente in delle " discariche" nelle viscere della terra, impedendo il riciclo conseguente alla morte/putrefazione/mineralizzazione. Per adeguarsi ai tempi, visto che il Carbonifero fu sicuramente un periodo della storia del pianeta agitato e instabile, occorrerebbe inviare nello spazio tutti gli anni ingenti quantità di vegetali, ovviamente da sostistuire e riforestare sul pianeta. Potrebbe essere un'idea per un racconto di fantascienza....

Non ti insospettisce il fatto che la maggior parte dei progetti di riforestazione di grande scala, utilizzi monocolture di essenze che ben si adattano alla trasformazione? Perchè a parte casi disperati, non è veramente necessario "piantare alberi", crescono da soli in varietà, basta lasciare da solo il terreno. Ma un bosco misto è difficile da quantificare in rendita, è difficile quantificare come può essere sfruttato, è difficile sfruttarlo, perciò chi investe nel tuo progetto di riforestazione? Forse sono maligno ma non vorrei che tra una ventina d'anni, quando tutti si saranno dimenticati, quei boschi finissero direttamente alla cartiera, producendo più c02 di quanta ne hanno catturata. In ogni caso, ho letto che neanche riforestando l'intera area pre-agricola (cioè ricostituendo il territorio al paleolitico, come se fosse possibile) sarebbe sufficiente senze considerare ingenti riduzioni delle emissioni (ma suppongo che siccome saremmo ritornati al paleolitico, emetteremo anche molto di meno  :o )
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

sapa

Citazione di: InVerno il 08 Luglio 2020, 02:08:45 AM
Citazione di: sapa il 07 Luglio 2020, 21:05:58 PM
Citazione di: InVerno il 05 Luglio 2020, 20:22:28 PM
Il ciclo del carbone è bene o male il responsabile diretto o indiretto delle precedenti estinzioni di massa, l'attivatore dello squilibrio proposto nelle teorie delle estinzioni precedenti può essere diverso e di origine geologica o astronomica, ma per le sue caratteristiche intrinseche il carbone risulta complesso da gestire per l'ecosistema.
Non vedo altro sistema, per inceppare un minimo il ciclo del carbonio, che quello che ha di fatto "usato" la natura nel Carbonifero: lasciare che venga intrappolato dal mondo vegetale fotosintetico, per il quale la CO2 è cibo, e segregarne gran parte praticamente in delle " discariche" nelle viscere della terra, impedendo il riciclo conseguente alla morte/putrefazione/mineralizzazione. Per adeguarsi ai tempi, visto che il Carbonifero fu sicuramente un periodo della storia del pianeta agitato e instabile, occorrerebbe inviare nello spazio tutti gli anni ingenti quantità di vegetali, ovviamente da sostistuire e riforestare sul pianeta. Potrebbe essere un'idea per un racconto di fantascienza....

Non ti insospettisce il fatto che la maggior parte dei progetti di riforestazione di grande scala, utilizzi monocolture di essenze che ben si adattano alla trasformazione? Perchè a parte casi disperati, non è veramente necessario "piantare alberi", crescono da soli in varietà, basta lasciare da solo il terreno. Ma un bosco misto è difficile da quantificare in rendita, è difficile quantificare come può essere sfruttato, è difficile sfruttarlo, perciò chi investe nel tuo progetto di riforestazione? Forse sono maligno ma non vorrei che tra una ventina d'anni, quando tutti si saranno dimenticati, quei boschi finissero direttamente alla cartiera, producendo più c02 di quanta ne hanno catturata. In ogni caso, ho letto che neanche riforestando l'intera area pre-agricola (cioè ricostituendo il territorio al paleolitico, come se fosse possibile) sarebbe sufficiente senze considerare ingenti riduzioni delle emissioni (ma suppongo che siccome saremmo ritornati al paleolitico, emetteremo anche molto di meno  :o )
Ti dirò, il bosco in purezza è senza dubbio una anomalia che l'uomo ha perpetrato per fini dubbi o sbagliati, ma in natura ne esistono anche di autoctoni. Le faggete, ad esempio, sono boschi naturali, nei nostri ambienti, molto selettivi di loro, non amano gli intrusi. L'evoluzione naturale dei nostri boschi appennici, qui hai perfettamente ragione, va verso il bosco misto, che sembra essere la copertura più stabile e idonea ad affrontare  eventi estremi e  calamità varie. Anche qui, a margine del discorso, si evidenzia la debolezza delle monocolture e la maggior adattabilità delle popolazioni miste. Sul fatto che oggi abbiamo minori superfici boscate rispetto ad altre ere geologiche/storiche, è probabilmente vero. Da noi, in Italia, e specialmente nei nostri Appennini, però, oggi abbiamo un maggior manto forestale rispetto a  100- 150 anni fa. L'esodo dalle montagne, infatti, e il passaggio di quei territori al Demanio Statale, ha favorito e sta ancora favorendo il riformarsi di foreste e boschi più o meno naturali, che l'antropizzazione invece andava da secoli riducendo, per sfruttamento e per favorire gli insediamenti umani stessi.