Grossa PECCA nel famosissimo caso "risolto" (?) di Marta Russo!

Aperto da Eutidemo, 13 Novembre 2021, 13:59:52 PM

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Eutidemo

Mi sembra di aver rilevato un'ulteriore ipotetica "pecca", grande come una casa,  nella complicatissima vicenda, che, almeno a quanto mi risulta, finora non era mai stata rilevata in nessuno dei vari processi (che, alla fine, hanno portato alla condanna del presunto omicida Scattone); si tratta di alcune "intrinsece incongruenze", oggettivamente riscontrabili, sotto il profilo sia balistico che meramente logico, nella testimonianza rilasciata in Tribunale dalla "supertestimone" Gabriella Alletto.
Però, finora, nessuno ha mai rilevato la cosa, nè durante nè dopo il processo; il che mi sembra davvero singolare!
Per cui, forse, sono io a sbagliarmi!
Tuttavia, prima di parlarne, è necessario fare una breve sintesi della vicenda in questione, la quale, più in dettaglio, è possibile visionare al seguente LINK; ma se già conoscete bene la notissima vicenda, potete saltare a piè pari la .SINTESI DELLA VICENDA
https://www.youtube.com/watch?v=HOGOihLWOQk

SINTESI DELLA VICENDA
L'omicidio di Marta Russo avvenne il 9 maggio 1997, quando poco prima di mezzogiorno, la giovane studentessa fu raggiunta alla testa da un proiettile calibro .22 LR (Long Rifle), mentre, insieme all'amica Jolanda Ricci, percorreva un vialetto all'interno della Città Universitaria della Sapienza, tra le facoltà di Scienze Statistiche, Scienze Politiche e Giurisprudenza, da lei frequentata.
Il proiettile le penetrò nella nuca, dietro l'orecchio sinistro, spezzandosi in undici frammenti che le provocarono danni cerebrali irreversibili; trasportata al vicino Policlinico Umberto I, infatti, lì morì il 13 maggio.
I testimoni parlarono di un colpo attutito (un "tonfo", come subito si scrisse sui giornali), come se fosse stato sparato da un'arma munita di "silenziatore"; tesi poi suffragata dale tracce di "lana di vetro" trovate sui frammenti di proiettile estratti dal cranio della vittima.
Ed infatti, la "lana di vetro", è la tipica sostanza contenuta all'interno dei silenziatori, la quale serve ad attutire il rumore del colpo; il che spiega perchè più di una persona che si trovava a passare nel vialetto dove cadde la studentessa parlò di un "tonfo sordo", che è il classico rumore di un colpo d'arma "silenziata", così come lo si sente "ad una certa distanza".
Sotto le finestre "compatibili" con lo sparo (la sala 6 e i bagni), nonostante le immediate e scrupolose ricerche della polizia, non venne rintracciato nessun bossolo; nè venne ritrovato all'interno dei locali in questione.
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I primi accertamenti puntarono sul bagno della facoltà, dove la Polizia Scientifica si recò subito per prelevare residui di polvere da sparo; e un'ulteriore conferma della reale provenienza dello sparo venne dal proiettile, sul quale vennero repertate fibre di "lana di vetro" dello stesso tipo di quelle presenti sul controsoffitto del bagno.
Per cui la Polizia effettuò numerose perquisizioni presso gli uffici e i locali della ditta di pulizie, dove vennero rinvenuti "bossoli e parti di armi", anche calibro 22 LR; negli armadietti, inoltre, vengono ritrovati anche silenziatori rudimentali, fabbricati artigianalmente.
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Nei giorni successivi, un verbale della questura specificò: "Anche in precedenza all'evento delittuoso, e probabilmente dallo stesso punto di fuoco (il riferimento è ai bagni in questione) sono stati sparati dei colpi d'arma da fuoco", ma senza lasciare vittime. "Alcune persone rintracciate sono sicuramente solite "divertirsi" a sparare".
C'era troppa gente sui cui alibi indagare, prendendo in considerazione i bagni.
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Poi, il 21 maggio 1997, sul davanzale della 6a Aula Assistenti della Facoltà di Filosofia del Diritto, la Polizia Scientifica ritrovò una particella di "bario-antimonio", presunto residuo di sparo, di fatto indirizzando gli inquirenti ad abbandonare qualsiasi precedente indagine sulla ditta di pulizie e sulle altre persone  che, in altre occasioni, si erano dilettate a sparacchiare dalle finestre dei bagni, e a concentrare le indagini esclusivamente sull'Aula 6.
C'era troppa gente sui cui alibi indagare, prendendo in considerazione i bagni.
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Tuttavia, non si tenne conto che, anche se con qualche residuo ferroso:
- non solo il "bario-antimonio" poteva essere il risultato dell'inquinamento ambientale, in quanto era stato rintracciato anche su altre finestre;
- per giunta, l'innesco delle pallottole cal.22 LR ELEY, con una delle quali era stata uccisa Marta Russo, fin dagli anni ' 60, non veniva più realizzato con parti di antimonio.
Ed infatti, il Dott. Leone Ambrosio, amministratore delegato della società Paganini, concessionaria italiana della Eley, intervenne all' udienza e dichiarò che l' antimonio, dagli anni '60 in poi, non era più  contenuto nell' innesco delle cartucce prodotte dalla casa di Birmingham; per cui, salvo che alle soglie del '2000 sia stata usata una confezione di cartucce risalenti a circa 30/40 anni prima,  la particella "binaria" trovata sulla finestra della Sala 6 non poteva con "ragionevolezza" essere attribuita a quello sparo.
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Ma lasciamo perdere tali "dettagli tecnici", e i molti altri di cui si potrebbe parlare; i quali ampierebbero troppo la "sintesi" della vicenda.
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Fatto sta che gli inquirenti, abbandonata qualsiasi precedente indagine sulla ditta di pulizie e sulle persone  che, in altre occasioni, si erano dilettate a sparacchiare dalle finestre, si fissarono sull'aula 6; che era spesso frequentata dagli "assistenti universitari" Scattone e Ferraro, i, quali, giorni prima, in una lezione, avevano dissertato circa il "delitto perfetto".
Il che sollecitò immediatamente la "creatività" investigativa degli inquirenti; per non parlare di quella della stampa.
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Purtroppo, però, l'impiegata di nome Gabriella Alletto, designata (per volontà della Procura di Roma),  a  testimoniare sul presunto delitto commesso dallo Scattone, giurava "sulla testa dei propri figli" di non aver mai assistito assolutamente a niente; in quanto, al momento del delitto, non si trovava affatto nell'aula 6, bensì nell'aula 4.
Poi, come, almeno secondo alcuni, si potrebbe desumere dalla videoregistrazione del suo interrogatorio dell'l'11-6-97, la donna venne "indotta" a cambiare completamente la sua originaria versione; e, cioè, a dichiarare di essersi trovata nell'aula 6, e di aver assistito di persona all'omicidio.
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La trascrizione della videoregistrazione effettuata dal SISDE  l'11-6-97 presso la Procura di Roma, contenente, contenente l'interrogatorio di Gabriella Alletto e l'intercettazione ambientale di quanto detto da lei e dal cognato Luigi Di Mauro, in effetti, non può non lasciare alquanto perplessi, quando lei, piangendo, grida più volte al cognato poliziotto che era presente all'interrogatorio:
"Io nun ce stavo là dentro, te lo giuro sulla testa dei miei figli... Non ci sono proprio entrata, ma come te lo devo dì? Fino allo sfinimento?".
http://www.misteriditalia.it/altri-misteri/marta%20russo/alletto/07TRASCRIZIONEVIDEOALLETTO.pdf
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Però, poi, in aula, testimoniò esattamente il contrario; ma, in questa seconda occasione, benchè provocata al riguardo, si guardò bene dal "giurare sulla testa dei suoi figli" anche la seconda versione (in contrasto con la prima)
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Peraltro, in aula la dottoressa Capparelli dichiarò che il l'11-6-97 la Alletto le disse: "Mi hanno messa in mezzo...io in quella stanza non c'ero, però non mi conviene dire che non c'ero [...] loro (cioè quelli che la interrogavano) si immaginavano la scena, ma avevano bisogno di un testimone attendibile, di una persona affidabile".
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E ancora, nelle intercettazioni del SISDE (del 12 giugno 1997, ore 8.25), la Alletto disse testualmente: "Mi hanno infilato dentro come una stronza...non mi conviene dire che non c'ero...vogliono un teste, una persona affidabile,... a me mi fanno veramente vacillà la testa".
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Durante il processo, la Alletto rifiutò qualsiasi confronto con le tre colleghe che smentivano la sua "seconda" versione  dei fatti; ma, nonostante questo, in barba al principio del "ragionevole dubbio" di cui all'art.533 CPP, Scattone, soprattutto in base a tale testimonianza, venne condannato in via definitiva.
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Queste, ormai, sono cose note e arcinote; però, fino ad oggi non mi risulta che nessuno  si sia ancora accorto di alcune palesi ed eclatanti "inconguenze interne", oggettivamente riscontrabili, nella testimonianza rilasciata in Tribunale dalla "supertestimone" Gabriella Alletto.

LA PECCA: UNA TESTIMONIANZA "INTRINSECAMENTE" INCONGRUA!

Viste le intercettazioni ed i video di cui sopra, molte persone si erano convinte, sin da allora, che la "seconda" versione  dei fatti rilasciata in aula dalla Alletto, fosse stata "indotta" da terzi; e che, quindi, era presumibilmente fasulla.
Sul quale punto non mi pronuncio, perchè non faccio il processo alle intenzioni!
A quanto mi risulta, però, nessuno ancora si è accorto che il punto "topico" della sua testimonianza è "intrinsecamente" incongruente, sotto il profilo sia logico che balistico.
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Ed infatti l'Alletto dichiarò testualmente:
«Scattone aveva in mano una pistola nera, ho sentito un "tonfo" e ho visto un "bagliore". Ferraro si è messo le mani nei capelli, dentro c'era pure Liparota... Scattone, invece, con la mano sinistra spostava le doghe della tenda e con la destra ritraeva la pistola ... era un'arma nera, lunga venticinque - trenta centimetri. Scattone l'ha messa nella borsa che era sulla scrivania ed è uscito ... Ferraro ha preso la borsa e l'ha portata via uscendo insieme con Liparota."
***
Ma ci sono le seguenti cose che non mi tornano:
1)
L'Alletto, chiaramente "orecchiando" quello che aveva sentito in TV e letto sui giornali (come me), dichiara di aver sentito lo stesso "tonfo" udito dai testimoni in strada; senza però rendersi conto che, lo sparo di un silenziatore, sembra effettivamente un "tonfo" se udito a distanza, mentre invece, a distanza ravvicinata, fa un "botto" coi fiocchi!
Ed infatti, a differenza di quanto si vede e si sente nei film, la riduzione effettiva del picco della rumorosità prodotta da un "vero" silenziatore, è soltanto di 20-35 decibel; cioè un valore che porta a circa 110 dB un piccolo calibro e a circa 130 dB i calibri più prestanti.
Il che significa che, se veramente l'Alletto fosse stata nella stanza, non avrebbe affatto sentito un "tonfo" (come i testimoni in strada), bensì il classico "botto" di uno sparo; sebbene leggermente attutito.
Per cui la sua testimonianza sul punto, secondo me, risulta altamente "improbabile"!
2)
L'Alletto, poi, dichiara di aver visto un "bagliore"; il che, invece è assolutamente "impossibile".
Ed infatti:
- un proiettile calibro .22 produce  poca "vampa di bocca" anche se sparato senza silenziatore, perchè è piccolissimo;
- ma se, per giunta, viene sparato addirittura con un silenziatore, non produce  assolutamente nessuna "vampa di bocca", perchè i gas infuocati vengono trattenuti dalla "lana di vetro" del silenziatore.
Ed infatti, come tutti i "cecchini" ben sanno, lo scopo principale di questo dispositivo:
- non è solo quello di attenuare (di ben poco) il "rumore" dello sparo;
- ma, soprattutto, quello di  nascondere la "fiammata" dello sparo, per rendere più difficile essere individuati (il che complica il processo di rilevamento del tiratore e non attira ulteriormente l'attenzione su di esso da parte dei "cecchini" nemici).
Senza considerare, che, per giunta, in base alla sua stessa testimonianza, Scattone avrebbe sparato con la mano che era ancora "oltre" le doghe della tenda; per cui, se c'erano le doghe di mezzo, lei non avrebbe comunque visto nessun bagliore, anche se, per "mera ipotesi teorica", ci fosse stato.
Per cui, quando l'Alletto dice di aver visto un "bagliore", la cosa non è tecnicamente possibile!
3)
Ma l'incongrità intrinseca della testimonianza della Alletto, si deduce non solo da quello che lei "dice" di aver visto, bensì, soprattutto, da quello che lei "non dice" aver visto.
Mentre invece avrebbe dovuto!
Ed infatti, visto che nella strada sottostante le finestre "compatibili" con lo sparo (la sala 6 e i bagni), nonostante le immediate e scrupolose ricerche della polizia, non venne rintracciato nessun bossolo, nè venne ritrovato all'interno dei locali in questione, ne consegue "logicamente" che il bossolo è stato espulso all'interno della stanza dello sparatore, e che lui l'ha raccolto e se l'è portato via insieme alla pistola; e vi garantisco, per esperienza personale, che cercare per terra un piccolo bossolo calibro 22, richiede un certo tempo ed una certa pazienza.
Ma ecco che l'Alletto dice soltanto che "Scattone  con la mano sinistra spostava le doghe della tenda e con la destra ritraeva la pistola ... era un'arma nera, lunga venticinque - trenta centimetri. Scattone l'ha messa nella borsa che era sulla scrivania ed è uscito ... Ferraro ha preso la borsa e l'ha portata via uscendo insieme con Liparota."
La testimone non accenna minimamente ad una ricerca del bossolo caduto in terra, da parte di Scattone o Ferraro; ma, se veramente, in sua presenza, Scattone avesse sparato da quella finestra, lei avrebbe "sicuramente" dovuto notare e "riferire" -nella sua testimonianza- che lui ed il suo amico, prima di andarsene, avevano cercato il bossolo in terra, e che poi, dopo averlo trovato, se l'erano portato via.
E' impossibile che se ne siano andati senza effettuare, con successo, tale ricerca;  in quanto, se non l'avessero fatto, la polizia avrebbe dovuto "per forza" trovare il bossolo nell'aula 6.
Ed invece non c'era!
Il che vuol dire che, se esternamente e internamente alla finestra la polizia non ha trovato il bossolo, la Alletto si è inventata tutto; dimenticandosi, però, di inventarsi pure che Scattone e Ferraro avevano cercato il bossolo in terra, e che, dopo averlo trovato, se l'erano portato via.
***
A questo punto, però, qualcuno mi potrebbe eccepire che Scattone aveva usato un revolver; nel qual caso il bossolo sarebbe rimasto nel tamburo, per cui bastava portarsi via la pistola senza dover cercare il bossolo in terra.
Ma anche questo è impossibile!
***
Ed infatti, visto che sembra accertato l'uso di un silenziatore, l'assassino deve "per forza" aver usato una pistola "semiautomatica", cioè, che "espelle" fuori i bossoli sparati; dico questo in quanto, che io sappia, non esistono revolver a cui sia applicabile un silenziatore, nè revolver col silenziatore incorporato, perchè la cosa non è tecnicamente realizzabile (il gas e il rumore trafilano dal tamburo).
E' vero che ci fu qualche antico tentativo in tal senso, come il revolver russo  Nagant in calibro 7,62x38R, risalente al 1895; il quale, in effetti, funzionava, però,  non ebbe alcun seguito.
***
Inoltre la Alletto, in aula, descrisse e disegnò una pistola semiautomatica, simile a quella d'ordinanza del cognato; e non certo un revolver.
CONCLUSIONE
Per concludere, con le considerazioni di cui sopra, non pretendo:
a)
Nè di aver risolto uno dei più controversi "gialli giudiziari" italiani; in quanto, anche se la Alletto si fosse inventata tutto (cosa che mi guardo bene dall'asserire), ciò non significa affatto che ad uccidere Marta Russo non sia stato proprio Scattone...sia pure per mero errore!
Sebbene, a dire il vero, un proiettile tra orecchio e nuca, sparato a distanza con un'arma silenziata, è il tipico "colpo secco" di un sicario professionista!
Per cui:
- che questo possa accadere per puro "caso", è senz'altro "possibile;
- però non è  molto più probabile che, lanciando in aria i tasselli dello scarabeo, questi ricadano a terra, formando, per puro "caso", la parola COSTANTINOPOLI.
b)
Nè di accusare nessuno di un qualche tipo di reato (dalla subornazione di testi, alla falsa testimonianza ecc.), bensì, soltanto, di ipotizzare delle mere congetture , del tutto teoriche ed astratte!
***
Voi cosa ne pensate?




anthonyi

Ciao eutidemo, su HP c'è un podcast molto completo sul caso Russo, e dentro ci sono sostanzialmente tutte le argomentazioni critiche che presenti.
Li dicono poi un'altra cosa molto interessante, che per la cooperativa che frequentava il bagno al primo piano lavorava un addetto che poi sarebbe stato riconosciuto come appartenente alle nuove BR che hanno ucciso d'Antona.
C'è comunque da spezzare una lancia per la difficile posizione degli inquirenti,  pressati da una parte per l'effetto eclatante del reato, e infastiditi dagli atteggiamenti di supponenza e superiorità degli accademici che interrogavano.

Eutidemo

#2
Ciao Anthony. :)
Ti ringrazio "moltissimo" per l'informazione, in quanto potrebbe evitarmi di fare una brutta figura con le persone per cui sto elaborando la specifica tematica (che su LOGOS ho riportato solo come "abstract"); ed infatti, dalle ricerche che avevo fatto io, ero pressochè "certo" che nessuno si fosse ancora accorto delle "tre" specifiche incongruenze testimoniali da me rilevate, nè durante il processo, nè successivamente.
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Ma se su HP c'è un podcast sul caso Russo, nel quale sono sostanzialmente esposte tutte e  tre le "specifiche" argomentazioni critiche che ho formulato io, devo assolutamente rivedere il mio elaborato; e, eventualmente, annullarlo completamente, perchè, ovviamente, non posso certo rivendermi  "l'acqua calda" come se fosse "fresca".
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Per cui ti prego cortesemente di fornirmi il LINK con i riferimenti "testuali" e o "temporali" (cioè, il minuto e il secondo, in caso di videoclip) in cui sarebbero già state dette le stesse identiche cose che ho scritto io; oltre, eventualmente, a trascrivermi tu stesso il testo che corrispondente al mio.
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Se lo potessi fare il prima possibile, mi faresti cosa molto gradita!
Ti ringrazio anticipatamente, e mi scuso per la seccatura che ti sto dando!
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Un saluto! :)
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P.S.
Ovviamente io mi riferisco allo specifico paragrafo "LA PECCA: UNA TESTIMONIANZA "INTRINSECAMENTE" INCONGRUA!", in cui a me sembrava di aver detto cose "completamente nuove", e non al resto del mio TOPIC; cioè laddove inquadravo la questione, riportando in sintesi quanto era già noto, e rifacendo, in breve, la storia ben conosciuta della triste vicenda.

anthonyi

#3
Ciao eutidemo, su Huffington Post, nella pagina principale, con il titolo polvere (in riferimento appunto al granello di bario-antimonio che potrebbe anche essere uscito dai freni di una panda), c'è la serie di quattro podcast dedicati al caso Marta Russo. Sono podcast, cioè testo orale, per cui per trovare le specifiche bisogna ascoltare tutto, cosa che ti consiglio perché sono fatti molto bene, e portano la firma dei giornalisti che più di tutti si sono intestarditi su quel caso.
Uno dei podcast ricordo sia interamente dedicato alla testimonianza della Alletto, quella sulla quale centri la tua attenzione.

Eutidemo

Ciao Anthony :)
Nel mio iniziale paragrafo "SINTESI DELLA VICENDA", anche io avevo accennato alla questione del "bario antimonio", nonchè ad alcuni altri aspetti problematici "già perfettamente noti" della triste storia processuale; i quali (come da me precisato) erano già stati raccontati in numerosissimi documentari e reportage, ma che io avevo "selezionato", ricordandoli fra i tanti, in quanto particolarmente significativi e "propedutici" al mio successivo "specifico" discorso, che, invece, ritenevo completamente NUOVO, e "mai" considerato in precedenza.
***
Ed infatti, quella, era soltanto una "premessa" per introdurre un secondo paragrafo, da me intitolato "LA PECCA: UNA TESTIMONIANZA "INTRINSECAMENTE" INCONGRUA"; con il quale paragrafo ritenevo (e tutt'ora ritengo), di avere invece "per la prima volta" esposto la "PROVA EVIDENTE" della "testimonianza mendace ex se" della Alletto.
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Ed infatti, ripetendo in sintesi quello che avevo già scritto:
- a parte la sua "gaffe" relativa al "tonfo" che aveva udito (mentre, invece, stando nella stessa stanza, avrebbe dovuto sentire il classico "botto" dello sparo);
- la teste si è palesemente tradita, omettendo, nella sua "inventata" ricostruzione dei fatti, di dire di aver visto che i due avevano raccolto il  bossolo (mentre, invece, se avesse davvero assistito ad una scena reale, era un dettaglio che non avrebbe "mai" potuto dimenticare ed omettere di riferire).
***
In ogni caso, dicendo (testualmente) di aver visto il "bagliore" dello sparo, ha fornito lei stessa la "prova provata" che stava "mentendo per la gola"; ed infatti, visto che lo sparo è avvenuto con un silenziatore, la cosa era assolutamente IMPOSSIBILE.
In parole povere, è come se avesse testimoniato di aver visto volare un somaro!
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Se il giudice avesse avuto un minimo di conoscenze "oplologiche", avrebbe dovuto farla immediatamente arrestare in aula per "falsa testimonianza".
***
Ora, a me sembrava che a parte gli altri numerosi e convincenti "indizi" circa la mendace testimonianza della Alletto (già riferiti in molti articoli e trasmissioni), nessuno, però, si fosse mai accorto che lei stessa, in aula, aveva fornito la "prova",  oggettiva e inequivocabile, che stava eclatantemente mentendo!
***
Il che è completamente "diverso", perchè, al riguardo, sebbene la sentenza sia passata in giudicato, se ne potrebbe anche "molto teoricamente" ipotizzare la "revisione" ai sensi dell'art.dell'art. 630 del Codice di procedura penale!
***
Ed infatti:
- anche se, nel caso di specie, non si può certo dire che siano "sopravvenute o si siano scoperte nuove prove" ex lett.c) della norma, poichè la "prova" della sua mendacità l'Alletto l'aveva fornita a tutti su un piatto d'argento, durante il dibattimento (solo che nessuno ci ha fatto caso);
- tuttavia, forse, "se" i miei rilevi sono corretti -come io credo in buona fede che siano-, ne consegue che, ex lett.d) della norma, la condanna venne senz'altro pronunciata in conseguenza di "falsità" commesse in giudizio, consistenti in un  fatto previsto dalla legge come reato (falsa testimonianza, o meglio, calunnia), per cui, forse, se ne potrebbe in qualche modo ipotizzare la "revisione".
***
Però, per ragioni tecnico-giuridiche sulla quali non mi sembra questo il luogo di discettare, ritengo l'ipotesi estremamente remota; se non addirittura, per certi aspetti, "irrealizzabile", soprattutto se tu mi confermi che quello che io ho scritto nel paragrafo "LA PECCA: UNA TESTIMONIANZA "INTRINSECAMENTE" INCONGRUA", era stato già rilevato da altri, e che, al riguardo, non si è mai fatto niente!
***
Ma tu sei proprio sicuro che, nei PODCAST in questione, abbiano rilevato esattamente gli stessi punti 1), 2) e 3) del mio secondo paragrafo?
***
Un saluto! :)
***

anthonyi

Ciao eutidemo, nei podcast ci sono tante di quelle cose che io non è che ricordo tutto. Riguardo allo specifico della testimonianza del momento dello sparo ci sarebbero incongruenze aggiuntive rispetto a quelle che tu dici, perché per sparare bisogna spingersi fuori, e quindi la fiamma dello scoppio non si può vedere da dentro perché comunque impedita dalla presenza del condizionatore. C'è poi la questione di chi reggeva quello che sparava, visto che non avrebbe potuto arrivare a sparare da solo, e che l'altro accusato era impegnato a mettersi le mani nei capelli.
Come credo tu sappia, comunque, l'esistenza di incongruenze nelle dichiarazioni testimoniali non è sufficiente a scagionare un accusato, perché si dà per scontato che la ricostruzione della memoria ha sempre le sue falle e quindi necessita di riscontro con altri elementi oggettivi.
A fregare gli accusati, inchiodandoli alla sia pur incongrua testimonianza della Alletto, fu la borsa dove la Alletto dichiaro di aver visto mettere la pistola, borsa che, sequestrata, avrebbe evidenziato tracce di polvere da sparo, inspiegabili in modo alternativo.
Nel podcast, comunque, si parlava anche del modo estremamente approssimativo con il quale era stato operato questo sequestro, con il funzionario di polizia che va subito ad ispezionare la borsa senza usare i guanti, e che magari era stato poco prima al poligono di tiro.



Eutidemo

Ciao Anthony. :)
Non riesco a comprendere bene "il senso" di quanto sarebbe stato detto nella trasmissione da te citata.
Ed infatti:
a)
Per sparare da una finestra non è affatto necessario "spingersi fuori"; anzi,  è altamente sconsigliabile, in quanto:
- si potrebbe essere scorti da testimoni (e nessuno ha scorto lo sparatore dalla strada);
- c'è il rischio che l'arma  possa cadere di sotto.
Forse, nella trasmissione, avranno detto un'altra cosa: e, cioè, che, dalla finestra dell'aula 6, per colpire Marta Russo l'assassino avrebbe necessariamente dovuto "spingersi fuori", perchè altrimenti la vittima sarebbe stata fuori tiro.
Il che, invece, avrebbe senz'altro un senso, ma vorrebbe dire che l'omicidio è stato volontario!
b)
Che "la fiamma dello scoppio non si possa vedere da dentro perché comunque impedita dalla presenza del condizionatore" non ha assolutamente senso; ed infatti non vedo cosa c'entri l'aria condizionata con la "vampa di bocca" di un'arma da fuoco "sbrigliata".
In ogni caso, chi ha detto una cosa del genere, di armi da fuoco non ne capisce niente; ed infatti, una pistola "imbrigliata" con un silenziatore (come quella del delitto), non manda comunque nessuna "fiammata" dalla bocca.
Ed infatti le funzioni del silenziatore sono due:
- attutire il "rumore" (molto meno di quanto  si vede nei film);
- eliminare qualsiasi "fiammata" all'uscita del proiettile (che, invece, in qualche film si vede).
Per cui, l'Alletto, il "bagliore", se l'è necessariamente inventato lei!
c)
Circa "la questione di chi reggeva quello che sparava, visto che non avrebbe potuto arrivare a sparare da solo", non riesco assolutamente a capire il significato di una simile affermazione; ed infatti, non c'è alcun bisogno di essere sorretti da qualcuno per sparare a qualcuno da una finestra (altrimenti i cecchini dovrebbero sempre avere un complice, il che non è).
A meno che, nella trasmissione, non abbiano detto un'altra cosa: e, cioè, che, dalla finestra dell'aula 6, per colpire Marta Russo l'assassino non solo avrebbe dovuto dovuto "spingersi fuori", ma, poichè la vittima era fuori tiro di ben oltre 90 gradi, avrebbe dovuto addirittura "sbilanciarsi fuori" oltre il suo baricentro fisico, per cui il compare avrebbe dovuto controbilinciarlo dall'interno.
Il che, più che "improbabile", mi sembra addirittura "rocambolesco"!
***
E' senz'altro vero, invece, che l'esistenza di "incongruenze" nelle dichiarazioni testimoniali non è sufficiente a scagionare un accusato, perché si dà per scontato che la ricostruzione della memoria ha sempre le sue "falle" e, quindi, necessita di riscontro con altri elementi oggettivi; però, nel caso di specie, più che di "incongruenze" o di "falle" (con la "f"), secondo me si trattava di vere e proprie "balle" (con la "b") e di "bugie" (le quali, come sia sa, hanno "le gambe corte").
Il che è completamente diverso!
***
Ed infatti, quando, ad esempio, l'Alletto sostiene di aver visto il "bagliore" dello sparo, la sua non è affatto una "incongruenza" o una "falla" della memoria, bensì è la tipica "bugia" di chi si sta "inventando" tutto, essendo però completamente ignorante in materia di armi; cioè si sarà detta, tra sè e sè: "Oihbò! Se devo proprio dire di aver visto che quello sparava, è meglio aggiungere che ho visto pure la fiammata!".
***
Così come, essendo completamente ignorante in materia di armi, alla Alletto non è minimamente passato per la testa che, invece di raccontare la "balla" della fiammata, avrebbe dovuto invece raccontare di aver visto l'assassino cercare sul pavimento, e poi raccogliere e portare via, il bossolo (visto che la polizia non l'aveva trovato nè in strada nè nell'aulA 6).
Un vero testimone l'avrebbe sicuramente riferito (come, infatti, è accaduto in altri casi).
***
Tuttavia, a parte le "balle" raccontate da Gabriella Alletto, la quale, almeno secondo me, nell'aula 6 non era affatto presente, non c'è dubbio alcuno che su due giacche, una verde e una blu, un giubbotto, e una sacca di Giovanni Scattone sono state trovate particelle di polvere da sparo, con bario e antimonio, che per composizione chimica sono identiche a quelle prelevate dalla finestra dell' Istituto di filosofia del diritto, da dove l' assistente universitario "avrebbe" sparato a Marta Russo.
Tale accertamento è risultato da ben 33 gli STUB eseguiti su 218.835 le particelle di varia composizione chimica analizzate con un microscopio elettronico a dispersione di raggi X!
E la stessa cosa dicasi per l' unica traccia trovata in fondo alla borsa di Salvatore Ferraro, presunto complice.
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La difesa ha sostenuto che l' assistente aveva sparato anche al poligono; però, qui a Roma, al poligono TSN di Tor di Quinto, come posso personalmente testimoniare, tutte le entrate e le uscite dalle "postazioni di tiro" vengono registrate tramite un tornello elettronico.
Questo, proprio per evitare che qualcuno spari al poligono in presenza di testimoni, ne esca di soppiatto, uccida qualcuno, e poi torni a sparare al poligono per vanificare qualsiasi STUB; cioè, quella che una volta si chiamava la "prova del guanto di paraffina".
Però, a parte il fatto che non ricordo se all'epoca tale sistema fosse già in funzione, Scattone avrebbe potuto sparare anche altrove; sebbene la cosa avrebbe dovuto essere dimostrata.
***
Gli avvocati di Scattone e di Ferraro obiettarono pure sui sequestri fatti a mani nude dagli agenti di polizia; però il pm ha risposto con una perizia, dalla quale risultava che nessuno dei poliziotti che prelevò borse e giacche aveva sparato nei giorni precedenti alla confisca.
***
Quindi, in effetti, se non vere e proprie "prove", non c'è dubbio che qualche grave "indizio" a carico di Scattone e Ferraro effettivamente ci fosse; ma non era certo sufficiente a superare lo "sbarramento" del "ragionevole dubbio" di cui all'art.533 CPP.
Serviva un "testimone oculare"!
***
Per questo, anche in base alla videoregistrazione dell'interrogatorio della Alletto, molti, all'epoca, sostennero che la donna fosse stata "indotta" a cambiare la sua originaria testimonianza, e a dire che, invece, aveva visto tutto; suffragando, così, l'ipotesi incriminatoria dell'accusa, che, da sola, non avrebbe potuto reggere.
***
Ma, a parte il fatto che la cosa non è mai stata dimostrata, ed anche ammesso e non concesso che la testimonianza della Alletto fosse stata effettivamente "frallocca", questo non significa affatto che i due non fossero colpevoli di quanto ascritto loro.
***
Un saluto! :)
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anthonyi

Ciao eutidemo, il senso delle cose che ho scritto deriva da osservazioni che sono state fatte sul posto, cioè nell'aula 6 del dipartimento di filosofia del delitto  :D . Io li non ci sono mai stato, ma a quanto dicono l'impianto di ventilazione era una barriera significativa che occupava gran parte del davanzale esterno.
Che poi sia difficile parlare di omicidio colposo è una cosa che condivido, se realmente qualcuno ha sparato da lì e il proiettile è arrivato ad altezza uomo sulla strada, è difficile che sia stato un caso, diciamo che la condanna di Ferraro è scattone è come le solite soluzioni salomoniche all'italiana, un modo per chiudere la questione.

Eutidemo

#8
Ciao Anthony :)
Ok, non avevo capito che si parlava dell'impianto di ventilazione, che costituiva una barriera significativa che occupava gran parte del davanzale esterno; non lo sapevo!
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Io l'aula 6 la conoscevo bene, perchè, dopo essermi laureato in "Filosofia del Diritto" nel 1974 (con una tesi sul "Fondamento biologico del diritto naturale"), per due o tre anni feci l'assistente volontario del titolare di allora, il Prof.Sergio Cotta, ma poi lasciai per "incompatibilità politica"; però, allora, l'aria condizionata non c'era, perchè mi ricordo benissimo che, d'estate, lì si schiattava dal caldo.
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Senza contare che, quando ancora andavo al liceo (ultimo anno), nella primavera del 1968, partecipai all'assalto alla facoltà di giurisprudenza, che era stata occupata dai fascisti; i quali ci spararono addosso coi fucili ad aria compressa, un proiettile dei quali ferì un mio amico alla mano destra, con la quale si stava coprendo il volto (e ci furono anche altri feriti, ma nessun morto).
Però sparavano da dietro le barricate che avevano realizzato sull'entrata, e non dalle finestre.
Lo ricordo come se fosse ieri!
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Ma questi, per me,  già nel 1997 erano solo lontani ricordi; che mi vennero riportati alla memoria dal caso di Marta    Russo; che, all'epoca, aveva solo pochi anni di più di mia figlia!
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Questo per dire che, da quelle parti, i proiettili sono sempre volati:
- sia quelli ad aria compressa di calibro 4,5 mm (e anche di 5,5 mm);
- sia quelli che hanno ucciso Marta Russo, poco più grandi, di calibro 5,8 mm (a cui corrispondono gli 0,22 pollici secondo la misura USA).
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Ma la differenza non stava tanto nella "dimensione", quanto nella "potenza" dei proiettili, perchè i primi, in genere,  non superavano i  7,5 joule (salvo modifiche dell'arma da parte dei fascisti), mentre i secondi molto di più; ed infatti  il calibro  .22 Long Rifle, il calibro più piccolo attualmente in commercio, sviluppa, in genere, circa 200 joule di energia (a seconda dei caricamenti, però, può essere anche di più).
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Il colpo che ha ucciso Marta Russo, corrisponde a quello tipico dei "cecchini"; o meglio, dei sicari professionisti esperti in "tiro da remoto".
Però potrebbe essere stato anche un semplice caso.
Ed infatti i "killer" usano spesso il calibro .22 con la pistola, ma a distanza molto ravvicinata; mentre, per il tiro a distanza, preferiscono calibri un po' più grandi, sparati con un fucile di precisione, e non certo con una pistola!

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Un saluto! :)
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Eutidemo

#9
Con il passare degli anni, sulla scorta di sempre nuove esperienze e sperimentazioni, ci si rese conto che le particelle contenenti bario e antimonio dovevano essere considerate non più come certamente attribuibili a residui dello sparo ma solo compatibili con essi.
In altre parole il ritrovamento di sole particelle contenenti bario e antimonio non venne più considerato, dalla maggioranza dei più qualificati esperti del settore, come indicazione certa di sparo.
A suffragio di questa affermazione si rimanda a quanto scritto da T. A. Warlow a pag. 199 della sua opera Firearms, the Law and Forensic Ballistics (London, 1996).

Ulteriori scoperte, riportate in seguito da C. Gentile negli Atti del Sedicesimo convegno nazionale di studio sulla disciplina delle armi (Brescia, 2000; pag. 217-226) e ripresa da C. Torre e colleghi (Brake Linings: A Source of non-GSR Particles Containing Lead, Barium, and Antimony in: J. Forensic Sci 2002;47(3); 494-504), permettono di affermare che non è più possibile ritenere come univocamente proveniente da fenomeni di sparo le particelle contenenti piombo, bario e antimonio.

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