Breve storia del Presepio (e non solo).

Aperto da Eutidemo, 05 Dicembre 2020, 14:34:50 PM

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Eutidemo

Cominciamo col dire che è corretta sia la forma "Presepe", che la forma  "Presepio"  (dal latino "praesaepe", o "praesaepium"); ed infatti, venivano utilizzati entrambi i termini sia da autori latini come Virgilio e Plauto, sia, in seguito, da letterati italiani come Petrarca, Tasso e Marino.
Se poi vogliamo proprio "pignoleggiare", il primo termine derivato da Virgilio, sta ad indicare la "stalla" in quanto edificio, mentre il secondo ripreso dal tardo latino della Vulgata, sta ad indicare la "mangiatoia" che si trova  nella stalla.
Il che ha una sua (relativa) importanza al fine dell'interpretazione dei testi sacri.
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Ed infatti, nel Vangelo secondo Matteo , leggiamo che Gesù nacque in una normale "casa di abitazione", dove ricevette anche la visita dei Re Magi (Mt. 2.11); nel Vangelo secondo Luca, invece, si narra che questi trovarono il bambino che dormiva in una "mangiatoia" (Lc.2.16), senza ulteriori  precisazioni.
Però, considerando poco probabile che quest'ultima si trovasse all'interno di un'abitazione, è lecito presumere che, secondo Luca, Gesù sia nato in una "stalla", oppure in una "grotta" destinata a stalla, al cui interno era collocata la "mangiatoia" in cui venne deposto.
Ed invero, nell'antichissimo testo apocrifo, denominato "Protovangelo di Giacomo" del II secolo d.c., come luogo di nascita di Gesù, si menziona espressamente una "grotta";  richiamata anche dal martire Giustino.
Quest'ultimo, un palestinese originario di Flavia Neapolis (Sichem), verso il 150 d.C.. nella sua opera apologetica, Dialogo con Trifone, così scrive: 
"Al momento della nascita del bambino a Betlemme, poiché non aveva dove soggiornare in quel villaggio, Giuseppe si fermò in una "grotta" prossima all'abitato e, mentre si trovavano là, Maria partorì il Cristo e lo depose in una "mangiatoia", dove i Magi, venuti dall'Arabia lo trovarono"("Giustino, dialogo con Trifone" 78 )
Infine, nel vangelo apocrifo dello "Pseudo Matteo", disconosciuto dalla Chiesa nel 325 d.c.,   si racconta che il Santo Bambino venne, sì, partorito in una "grotta", dove restò tre giorni, ma poi venne portato dalla madre in una "stalla", dove pure rimase tre giorni.
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Quanto al "bue e l'asinello", se ne parla solo in tale vangelo apocrifo che così recita: "Maria uscì dalla grotta ed entrò in una stalla, ponendo il bambino nella mangiatoia: ed il bue e l'asino l'adorarono".
Il "bue e l'asinello", peraltro,  si trovavano già profetizzati nell'Antico Testamento, sette secoli prima della venuta Gesù;  ed infatti il Profeta Isaia prende ad esempio questi due animali, per profetizzare che mentre il "bue e l'asino" sapranno riconoscere perfettamente chi è il loro "padrone", all'arrivo del Messia, il Popolo Israelita non lo riconoscerà come tale.
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Per tornare alla grotta, merita infine ricordare che, sopra la "specifica" grotta dove un'antica tradizione ricorda la nascita di Gesù, si erge tutt'ora, a Betlemme, la "Basilica della Natività"; essa è costituita dalla combinazione di due chiese e da una cripta, che è la grotta ed il luogo preciso in cui Gesù sarebbe nato.
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E questo, sotto la chiesa, è il punto esatto della "grotta" in cui sarebbe nato Gesù.
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Circa tale tradizione, alcuni parlano di una palese "contaminazione" con una delle leggende riguardanti la nascita del Dio Mitra; il quale, anche lui, avrebbe deciso di venire al mondo incarnandosi nel ventre di una "vergine", e di vedere per la prima volta la luce in una "grotta".
Però si tratta di una "contaminazione" un po' dubbia, in quanto, secondo un'altra leggenda, il Dio Mitra, sarebbe nato da una "roccia vergine" ("de petra natus"), dalla quale sarebbe uscito, già adulto, armato di una daga in una mano, una fiaccola nell'altra e con un berretto frigio sul capo; inoltre, la "grotta", altro non sarebbe che il buco nella roccia da lui lasciato mentre ne fuoriusciva.
Per cui, nel caso di tale seconda leggenda, l'analogia con la nascita di Gesù sarebbe ancora più remota e forzata!
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Secondo un'altra leggenda, Mitra  sarebbe nato anche lui il 25 dicembre, avrebbe avuto 12 apostoli, e avrebbe abbandonato il mondo terreno per tornare in cielo 33 anni dopo essersi incarnato; ma, anche in questo caso, più che di "contaminazioni" dovrebbe parlarsi di "confusioni" tra diverse tradizioni religiose, in quanto Mitra veniva spesso rappresentato tra le Costellazioni dello Zodiaco, che, con lui, facevano tredici (così come Gesù e i suoi dodici apostoli).
ZODIACO.jpg
Inoltre, a 33 anni Gesù morì e resuscitò, mentre Mitra non morì mai.
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Sono però effettivamente molto singolari, ed affascinanti, alcune "analogie iconografiche", come il fatto che, spesso, sia Gesù che Mitra vengono rappresentati tra il "sole" e la "luna"; sebbene, al riguardo, non sono riuscito a rintracciare nessuna spiegazione plausibile.
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Però, come si noterà dalle immagini, il sole e la luna affiancano due eventi religiosi molto diversi tra di loro: la "crocefissione" e la "tauromachia".
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Per concludere, sebbene non possano escludersi effettive "contaminazioni" in un senso o nell'altro tra le due religioni, secondo me, talvolta, si tratta di pure e semplici coincidenze; come, ad esempio, circa il fatto che sia i mitraici che i cristiani avessero originariamente come simbolo il "pesce".
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Ed infatti:
a)
Nella religione mitraica il pesce era simbolo di nascita e di fertilità, ed un alimento sacro.
b)
Nella religione cristiana, invece, il pesce in sè e per sè, come animale o cibo, non significava assolutamente niente, ma era solo un'espediente semantico per glorificare il nome di Cristo; ed infatti, in greco antico, "ichthys" (ΙΧΘΥΣ) significa "pesce".
PESCE C).jpg
Cioè, in caratteri latini: "IESUS CRISTOS TEOS UIOS SOTER"; cioè "GESU' CRISTO, FIGLIO DI DIO, SALVATORE".
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Buon Natale e buon Presepio a tutti! :)
***

Alexander

Buon pomeriggio Eutidemo




Grazie per gli auguri che ricambio, ma penso che sarà un mesto Natale, chiusi in casa o al massimo con una passeggiata nei dintorni di casa. Dopo un pranzo rigorosamente in famiglia, per chi ce l'ha. Altrimenti in completa solitudine. Fatta la legge (il dpcm in questo caso) però "trovato l'inganno", come sempre avviene in questi casi. Ho appena sentito degli amici che mi hanno informato che il pranzo di Natale lo faranno tranquillamente anche quest'anno, la Vigilia però. Così quel che si voleva evitare il 25, avverrà il 24!


A riguardo del culto mitraico mi sembra di ricordare che si sviluppò intorno al secondo secolo d.C. all'interno dell'Impero Romano.  Non potrebbe darsi che alcuni passi e credenze cristiane vennero adottate dai seguaci di Mitra quando già molto diffuse tra la popolazione?

Eutidemo

#2
Citazione di: Alexander il 05 Dicembre 2020, 15:29:55 PM
Buon pomeriggio Eutidemo




Grazie per gli auguri che ricambio, ma penso che sarà un mesto Natale, chiusi in casa o al massimo con una passeggiata nei dintorni di casa. Dopo un pranzo rigorosamente in famiglia, per chi ce l'ha. Altrimenti in completa solitudine. Fatta la legge (il dpcm in questo caso) però "trovato l'inganno", come sempre avviene in questi casi. Ho appena sentito degli amici che mi hanno informato che il pranzo di Natale lo faranno tranquillamente anche quest'anno, la Vigilia però. Così quel che si voleva evitare il 25, avverrà il 24!


A riguardo del culto mitraico mi sembra di ricordare che si sviluppò intorno al secondo secolo d.C. all'interno dell'Impero Romano.  Non potrebbe darsi che alcuni passi e credenze cristiane vennero adottate dai seguaci di Mitra quando già molto diffuse tra la popolazione?


Lo avevo scritto anche io che non si possono escludere "contaminazioni" sia in un senso che nell'altro tra le due religioni; quella mitraica era più antica di quella cristiana, però, trapiantata a Roma, si evolse anch'essa in forme un po' diverse da quelle originarie (che, comunque, erano alquanto svariate). Per cui è teoricamente possibile che anche il culto mitraico sia stato contaminato da quello cristiano, sebbene non esistano prove documentate in tal senso :)

doxa

#3
Buonasera Eutidemo,

permettimi gli addenda sulla storia del presepio che hai magistralmente descritto.

Nei Vangeli canonici non è menzionata la grotta come luogo di nascita di Gesù  La descrivono due Vangeli apocrifi, il Protovangelo di Giacomo e il Vangelo dello pseudo Matteo che risalgono al II secolo dopo Cristo. La descrivono rifulgente di luce, "come se vi fosse il sole".

Di una grotta parlò, per la prima volta ilfilosofo e martire palestinese  Giustino, originario di Flavia Neapolis, l'odierna Nablus. Egli circa  150 anni dopo gli avvenimenti scrisse: "Al momento della nascita del bambino a Betlemme, poiché non aveva dove soggiornare in quel villaggio, Giuseppe si fermò in una grotta prossima all'abitato e, mentre si trovavano là, Maria partorì il Cristo e lo depose in una mangiatoia, dove i Magi, venuti dall'Arabia lo trovarono" (Dialogo con Trifone, 78).

Il Protovangelo di Giacomo (elaborato tra il 140 ed il 170) amplia i racconti degli evangelisti Luca e Matteo e rielabora le narrazioni canoniche sulla natività. Questo libro è considerato il più antico testo cristiano che sostenga la verginità di Maria prima, durante e dopo la nascita di Gesù. Racconta di fantastici miracoli ed indica la grotta come luogo di nascita di Gesù.  Ma nel  testo greco del suo Vangelo, Luca usa la parola "kataluma" (= caravanserraglio) per identificare il luogo dove Giuseppe e Maria cercarono alloggio: non in una grotta né in una stalla.  E il neonato Gesù dopo la nascita fu deposto in una mangiatoia nel caravanserraglio, luogo di sosta e ristoro per i carovanieri ed il loro bestiame.

La scena della Natività di Gesù viene immaginata in una grotta-stalla perché tipica nelle pendici delle colline intorno Betlemme.

Si attribuisce al filosofo e teologo cristiano Origene Adamanzio (185 – 254) l'ideazione della stalla come luogo della natività di Gesù. Origene, interprete delle profezie di Abacuc e di Isaia (1, 3), nella sua tredicesima omelia riguardante l'evangelista Luca  afferma la presenza del bue e dell'asino nella  cosiddetta stalla: "Il bue conosce il proprietario e l'asino la greppia del padrone; ma Israele non conosce e il mio popolo non comprende".
Gli animali vicino alla mangiatoia diventano i simboli del popolo ebreo e dei pagani. Davanti al Dio che nasce in una stalla tutti gli uomini, erano come buoi ed asini, privi di intelligenza e conoscenza.

Gli angeli presenti nella scena della Natività sono il modello di creature superiori, testimoni dell'evento straordinario.

La bugia di Origene fu creduta vera e tramandata.

Nel vangelo apocrifo del VI secolo attribuito allo pseudo Matteo c'è scritto: "Il terzo giorno dopo la nascita del Signore, Maria uscì dalla grotta ed entrò in una stalla: mise il Bambino nella mangiatoia ed il bue e l'asino lo adorarono, e si avverò ciò che era stato preannunciato dal profeta Isaia".

Il papa emerito Benedetto XVI nel suo libro "L'infanzia di Gesù" ricostruisce l'iconografia cristiana e natalizia e conferma che il bue e l'asino non erano nella stalla con Gesù.

doxa



La tradizione vuole che il presepe  e/o l'albero di Natale siano allestiti l'8 dicembre (festa dell'Immacolata Concezione) ma la statuina del "bambinello" deve essere collocata  il 25 dicembre (giorno della presunta nascita di Gesù).

Successivamente, il 6 gennaio (festa dell'Epifania) si celebra la visita e l'adorazione di Gesù Bambino da parte dei  re Magi, e le statuine che li rappresentano vengono inserite nel presepe. 

I tradizionalisti, anziché smontare il presepio il 7 gennaio lo tengono esposto fino al 2 febbraio, giorno in cui il calendario ricorda la "presentazione di Gesù al Tempio di Gerusalemme". Questa ricorrenza è popolarmente conosciuta come "Festa della Candelora" perché si benedicono le candele simbolo di Cristo "luce per illuminare le genti", come il Bambino Gesù venne chiamato dal vecchio Simeone al momento della presentazione del neonato al Tempio. La festa della Candelora chiude il periodo delle celebrazioni natalizie ed apre il cammino verso la Pasqua.

doxa



Le prime fonti per la raffigurazione del presepe sono  180 versetti  compresi nei Vangeli di Matteo e di Luca, denominati "Vangeli dell'infanzia": essi narrano la nascita di Gesù, avvenuta a Betlemme  di Giudea. 

L'iconografia della natività fu arricchita dai racconti di altri tre  vangeli apocrifi: il protovangelo di Giacomo, il vangelo dello pseudo Tommaso ed il vangelo arabo dell'infanzia.

L'Evangelista Luca dice che Maria "diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'alloggio" (2,7).

doxa

#6
Il presepio nella storia e nell'arte.
Il presepe (o presepio) è una ricostruzione figurativa  e simbolica della natività di Gesù.

E' diffuso l'errore di credere che  esso derivi dal "presepe vivente" che volle allestire Francesco d'Assisi  con i suoi confratelli  la sera del 24 dicembre 1223 in una grotta usata come stalla a circa due chilometri da Greccio, in provincia di Rieti.

Antecedente a Greccio, la nascita di Gesù e l'Epifania venivano  ricordate con le sacre rappresentazioni, interpretate da alcuni clerici  che recitavano come attori, di solito sul sagrato delle chiese, successivamente all'interno.

Stando alla tradizione, Francesco e i suoi confratelli in quel periodo erano nella zona di Greccio per il ritiro spirituale sul monte Lacerone, oggi anche detto monte San Francesco, ad un'altezza di oltre mille metri, abitando tra i boschi in una modesta capanna. Spesso scendeva in paese, dove predicava il Vangelo. Le sue parole suscitarono l'ammirazione del  feudatario di Greccio, Giovanni Velita, che lo esortò a rimanere in quell'ameno luogo.

Il frate Tommaso da Celano (prov. L'Aquila), compagno e primo biografo di Francesco, scrisse che "C'era in quella contrada un uomo di nome Giovanni (Velita, il feudatario) di buona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro al beato Francesco perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carne. Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, lo chiamò a sé e gli disse: "Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l'asinello". Appena l'ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l'occorrente, secondo il disegno esposto dal Santo.
 
E giunge il giorno della letizia, il tempo dell'esultanza! Per l'occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s'accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l'asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l'umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme."
("Vita prima", cap. XXX, 468 - 469)

Non c'erano figuranti nel ruolo di Maria, del suo sposo Giuseppe ed il neonato Gesù. Erano presenti solo la mucca e l'asino ai lati di una mangiatoia nella quale era stato messo del fieno e venne celebrata la Messa davanti la grotta.

doxa

La nascita di Gesù descritta nel Protovangelo di Giacomo.

L'attribuzione a "Giacomo il Giusto", "fratello" di Gesù, è concordemente pseudoepigrafa. Gli studiosi sono dell'opinione che il testo, scritto in lingua greca, fu elaborato da vari autori tra il 140 e il 170.

Numerose informazioni in esso contenute furono accolte dalla tradizione cristiana, per esempio Anna e Gioacchino considerati genitori di Maria e la tesi della verginità di Maria, prima, durante e dopo la nascita di Gesù.

Questo testo ebbe influenza anche nella storia dell'arte, come fonte d'ispirazione per i pittori e i committenti.

[18, 1] (A Betlemme) "Trovò quivi una grotta: ve la condusse, lasciò presso di lei i suoi figli e uscì a cercare una ostetrica ebrea nella regione di Betlemme. [2] Io, Giuseppe, camminavo e non camminavo. Guardai nell'aria e vidi l'aria colpita da stupore; guardai verso la volta del cielo e la vidi ferma, e immobili gli uccelli del cielo; guardai sulla terra e vidi un vaso giacente e degli operai coricati con le mani nel vaso: ma quelli che masticavano non masticavano, quelli che prendevano su il cibo non l'alzavano dal vaso, quelli che lo stavano portando alla bocca non lo portavano; i visi di tutti erano rivolti a guardare in alto. [3] Ecco delle pecore spinte innanzi che invece stavano ferme: il pastore alzò la mano per percuoterle, ma la sua mano restò per aria. Guardai la corrente del fiume e vidi le bocche dei capretti poggiate sull'acqua, ma non bevevano. Poi, in un istante, tutte le cose ripresero il loro corso".

[19, 1] Vidi una donna discendere dalla collina e mi disse: "Dove vai, uomo?". Risposi: "Cerco una ostetrica ebrea". E lei: "Sei di Israele?". "Sì" le risposi. E lei proseguì: "E chi è che partorisce nella grotta?". "La mia promessa sposa" le risposi. Mi domandò: "Non è tua moglie?". Risposi: "E' Maria, allevata nel tempio del Signore. Io l'ebbi in sorte per moglie, e non è mia moglie, bensì ha concepito per opera dello Spirito santo". La ostetrica gli domandò: "E' vero questo?". Giuseppe rispose: "Vieni e vedi". E la ostetrica andò con lui. [2] Si fermarono al luogo della grotta ed ecco che una nube splendente copriva la grotta. La ostetrica disse: "Oggi è stata magnificata l'anima mia, perché i miei occhi hanno visto delle meraviglie e perché è nata la salvezza per Israele". Subito dopo la nube si ritrasse dalla grotta, e nella grotta apparve una gran luce che gli occhi non potevano sopportare. Poco dopo quella luce andò dileguandosi fino a che apparve il bambino: venne e prese la poppa di Maria, sua madre. L'ostetrica esclamò: "Oggi è per me un gran giorno, perché ho visto questo nuovo miracolo".



La nascita di Gesù descritta nell'apocrifo Vangelo dello Pseudo Matteo, così denominato per distinguerlo dal canonico Vangelo di Matteo.

Il Vangelo dello Pseudo Matteo fu scritto in lingua latina nell'VIII – IX secolo. E' una rielaborazione e adattamento del Protovangelo di Giacomo e del Vangelo dell'Infanzia di Tommaso, del II secolo.

[...]l'angelo ordinò di fermare il giumento, essendo giunto il tempo di partorire; comandò poi alla beata Maria di discendere dall'animale e di entrare in una grotta sotto una caverna nella quale non entrava mai la luce ma c'erano sempre tenebre, non potendo ricevere la luce del giorno. Allorché la beata Maria entrò in essa, tutta si illuminò di splendore quasi fosse l'ora sesta del giorno. La luce divina illuminò la grotta in modo tale che né di giorno né di notte, fino a quando vi rimase la beata Maria, la luce non mancò. Qui generò un maschio, circondata dagli angeli mentre nasceva. Quando nacque stette ritto sui suoi piedi, ed essi lo adorarono dicendo: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà".

[3] Era infatti giunta la nascita del Signore, e Giuseppe era andato alla ricerca di ostetriche. Trovatele, ritornò alla grotta e trovò Maria con il bambino che aveva generato. Giuseppe disse alla beata Maria: "Ti ho condotto le ostetriche Zelomi e Salome, rimaste davanti all'ingresso della grotta non osando entrare qui a motivo del grande splendore". A queste parole la beata Maria sorrise. Giuseppe le disse: "Non sorridere, ma sii prudente, lasciati visitare affinché vedano se, per caso, tu abbia bisogno di qualche cura". Allora ordinò loro di entrare. Entrò Zelomi; Salome non entrò. Zelomi disse a Maria: "Permettimi di toccarti". Dopo che lei si lasciò esaminare, l'ostetrica esclamò a gran voce dicendo: "Signore, Signore grande, abbi pietà. Mai si è udito né mai si è sospettato che le mammelle possano essere piene di latte perché è nato un maschio, e la madre sia rimasta vergine. Sul neonato non vi à alcuna macchia di sangue e la partoriente non ha sentito dolore alcuno. Ha concepito vergine, vergine ha generato e vergine è rimasta
".

doxa

L'apocrifo Vangelo arabo dell'infanzia, detto anche "Vangelo siriaco dell'infanzia", contiene racconti relativi alla vita di Gesù. Forse fu elaborato tra l'VIII e il IX secolo.

Contiene 55 brevi capitoli che narrano la vita di Gesù dalla nascita alla morte e risurrezione, soffermandosi sul periodo dell'infanzia e adolescenza e gli incredibili "miracoli" compiuti fin da piccolo, per esempio trasformò "per gioco" un gruppo di ragazzi in capretti; miracolò lebbrosi, indemoniati, muti.

Il testo è la traduzione araba adattata di uno scritto siriaco, che, a sua volta, utilizza altri apocrifi più antichi, come il Protovangelo di Giacomo, i Racconti dell'infanzia del Signore Gesù e gli Acta Pilati. L'episodio del giovane trasformato in mulo evoca l'Asino d'oro di Apuleio.

Il contenuto del testo è caratterizzato dall'assenza  o imprecisa conoscenza degli usi e costumi giudaici, da altri errori storici e geografici.

doxa

#9
Sono riconducibili al racconto dell'evangelista Luca la mangiatoia, l'adorazione dei pastori e la presenza degli angeli.

Invece sono caratteristici dell'arte sacra i colori dei mantelli di Maria e Giuseppe: quello di Maria è celeste o azzurro per evocare il cielo, quello di Giuseppe ha di solito la  tonalità  tenue per simboleggiare la sua umiltà.

Per quanto riguarda la "grotta", a Betlemme fu costruita la Basilica della Natività nell'area indicata dalla tradizione come luogo della nascita di Gesù in una grotta, simbolo mistico e religioso.

Anche Mitra, divinità dell'induismo e della religione persiana, ma pure dio ellenistico e romano, lo si credeva nato in una grotta.

Il filosofo, teologo e astrologo Porfirio (233 circa – 305 circa) nel "de antro nympharum" descrive le grotte mitraiche simili a quelle persiane di Zoroastro.

L'iconografia romana rappresenta Mithra, che nasce già fanciullo da una roccia, la "petra genetrix" (forse un simbolo cosmico primordiale), lasciando una grotta dietro di sé.

Il confronto tra  mitraismo e cristianesimo è considerato molto interessante da alcuni storici, i quali sostengono che ci siano diverse somiglianze tra queste due religioni.

Il culto di  Mitra si fa risalire al 1400 circa a. C., ma si deve distinguere la forma originaria, quella indo-persiana  dal culto mitralico di epoca romana che ne è una rielaborazione. 

In generale chi sostiene l'unicità del Cristianesimo lo confronta con il Mitraismo romano, mentre chi ne sostiene la similitudine lo rapporta al Mitraismo persiano.

Una delle somiglianze tra mitraismo e cristianesimo è la credulità nel giudizio finale e nella successiva punizione o ricompensa (Inferno e Paradiso), ma la somiglianza  non dimostra l'influenza della religione più antica verso  la più recente. 

La Persia viene evocata anche dalla presenza dei Magi nella natività di Gesù. Essi sono descritti nel Vangelo di Matteo e nel  Vangelo armeno dell'infanzia il quale dà pure informazioni sul numero e il nome di questi sapienti persiani. Erano tre ed erano re: Melkon (Melchiorre), Gaspar (Gaspare) e Balthasar (Baldassarre).  Essi "entrarono" nel presepe come simbolo delle tre popolazioni del mondo allora conosciuto: Europa, Asia e Africa.

Nel tempo il numero dei Magi vennero aumentati, fino a dodici. Per evitare confusione il pontefice Leone Magno stabilì con decreto papale che i "re Magi" erano tre, basandosi sui tre doni da essi offerti: oro, incenso e mirra, secondo il Vangelo di Matteo.

doxa

raffigurazioni paleocristiane della natività con la presenza del bue e l'asino.


Milano, basilica di Sant'Ambrogio, marmoreo "sarcofago di Stilicone", IV secolo.
Sul coperchio, lato verso l'altare, è scolpita la natività di Gesù, avvolto dalle fasce, come si usava nel passato. Il neonato ha il volto da adulto. Lo guardano un bue ed un asino. Dietro i due animali ci sono uccelli che beccano un grappolo d'uva.

Il cosiddetto "sarcofago di Stilicone" è inglobato in un ambone di epoca medievale.






A Roma, nelle catacombe di S. Sebastiano, in un arcosolio c'è un dipinto del IV secolo deteriorato ma ridisegnato dall'archeologo Giovanni Battista de Rossi nel 1877 per conservarne la memoria. Nel sottarco era dipinto il Bambino fasciato e nimbato, disteso su giaciglio tra il bue e l'asino, mentre un busto giovanile nimbato sovrasta la scena, per impersonare il Cristo adulto e protrarre nel tempo l'evento.






Ed ora in Sicilia.



Marmoreo "sarcofago di Adelfia", del 330, rinvenuto nel 1872 in un cubicolo nelle catacombe sottostanti la chiesa di San Giovanni, a Siracusa; è nel Museo archeologico regionale "Paolo Orsi".

Il nome del sarcofago: deriva dall'ipotesi che sia stato utilizzato per la sepoltura della nobildonna Adelfia, moglie del comes Balerius (Valerius): il medaglione centrale rappresenterebbe un ritratto della coppia, menzionata al centro del coperchio da un'epigrafe disposta su tre linee su sfondo rosso.

Il sarcofago ha tredici decorazioni scultoree di iconografia cristiana disposte su doppio registro: di queste, otto sono ispirate dal Nuovo Testamento, cinque da citazioni del Vecchio Testamento.

In una delle decorazioni sul coperchio (in alto a destra della foto) sono rappresentati i Magi che seguono la stella è vanno verso la tettoia che ripara il bambino Gesù, avvolto in fasce, deposto in un cesto di vimini. Vicino a lui ci sono il bue e l'asino. Accanto alla tettoia è scolpito uno dei pastori; vicino c'è Maria. assisa  su una roccia.




Nei primi secoli i cristiani fecero prevalente ricorso alla Bibbia dei Settanta per l'evangelizzazione e per lo studio delle profezie, anche se ci sono errori per l'insufficiente conoscenza della lingua ebraica da parte dei traduttori. Come conseguenza ci furono errate considerazioni da parte dei cristiani. Un esempio: il termine ebraico "almah" (= giovane donna) venne tradotto "vergine", aprendo in tal modo la strada alla credenza della verginità di Maria prima, durante e dopo il parto.[/size]

doxa

Ho scritto che l'8 dicembre  in concomitanza della celebrazione dell'Immacolata Concezione la tradizione vuole l'allestimento del presepio e/o dell'albero di Natale, ma  nel passato in quel giorno erano attesi anche  gli zampognari, ormai rari.




Sono chiamati zampognari perché almeno uno del gruppo suona la zampogna, antico strumento musicale. Il suo nome deriva dal latino "symphōnĭa" che significa armonia, consonanza di suoni. Le canne sono collegate ad un otre di pelle nella quale il suonatore insuffla l'aria.




Nell'antichità la zampogna era diffusa nel Vicino Oriente e in altre località del Bacino del Mediterraneo.
Nel Libro del profeta Daniele la zampogna  è citata col nome in aramaico: "sumponyàh".
In epoca romana le lunghe marce delle legioni erano accompagnate dal suono di vari strumenti musicali, fra i quali  la  zampogna derivata dal flauto di Pan, denominata In latino "utriculus" o "tibia utricularis".
Nel Medioevo e in epoca moderna la zampogna venne diversificata in varie tipologie territoriali, una delle quali è la cornamusa scozzese ("great highland bagpipe"), di quattro diversi tipi.  Veniva usata anche durante le battaglie.





doxa

Le coppie di suonatori che giungevano a Roma di solito avevano ai piedi lunghi calzettoni di lana di pecora, al posto delle scarpe  usavano le "cioce", con lacci a forma di fettucce attorcigliate sulle gambe; indossavano pantaloni di velluto nero lunghi fino al ginocchio,  giacche di lana di pecora o giacconi di montone,  e sulla testa mettevano un cappello nero, di feltro, di forma tronco-conica avvolto da nastro rosso. Si proteggevano dal freddo indossando il tabarro, il mantello a ruota, in panno pesante o di lana ruvida, di colore nero, allacciato al collo con un fermaglio.  A tracolla il tascapane, utilizzato per metterci il cibo nella prima parte del viaggio verso la città, e gli oggetti per la pulizia personale.

Così apparivano i suonatori di piffero e zampogna, che dall'Appennino centrale  andavano per le strade  della città per suonare le tradizionali melodie natalizie   con  la speranza di ricevere in cambio offerte di denaro. Su prenotazione si recavano anche nelle case e nelle botteghe per suonare e cantare davanti al presepio o alle immagini di Maria col Bambino Gesù. Come compenso ricevevano cibo, dolciumi, denaro.

A Roma e a Napoli gli zampognari giungevano dalla valle del Liri  e dalla Val di Comino  (prov. di Frosinone), dal versante meridionale delle Mainarde, da Scapoli e Castelnuovo al Volturno, frazione del Comune di Rocchetta al Volturno (prov. di Isernia), da Fossalto (prov. di Campobasso).

Nel XIX secolo a Roma gli zampognari venivano chiamati "Li piferari" (i pifferai). Arrivavano nella capitale il 25 novembre, giorno in cui la Chiesa cattolica commemora Santa Caterina d'Alessandria (d'Egitto). Solitamente erano in due, talvolta tre: uno suonava la zampogna, un altro il piffero, il terzo cantava.
 
Per la questua giravano per le vie della città, si fermavano a suonare vicino le edicole mariane diffuse nel centro storico. Ce ne ha lasciato il ricordo il noto pittore romano Bartolomeo Pinelli.


Bartolomeo Pinelli: "Li piferari in Roma"; acquaforte, 1815

doxa

Li chiamiamo "zampognari" perché di solito vanno in due per le strade della città nel periodo natalizio, ma soltanto uno dei due suona la zampogna, l'altro suona  la "ciaramella", strumento musicale della famiglia degli oboi, popolarmente  denominato "piffero".

Il nome "ciaramella"  deriva dalla parola tardo latina "calamĕllus", che è il diminutivo di "calămus" (= canna).
Giovanni Pascoli dedicò a questo strumento musicale la bella poesia titolata


"Le ciaramelle"  

"Udii tra il sonno le ciaramelle,
ho udito un suono di ninne nanne.
Ci sono in cielo tutte le stelle,
ci sono i lumi nelle capanne.

Sono venute dai monti oscuri
le ciaramelle senza dir niente;
hanno destata ne' suoi tuguri
tutta la buona povera gente.

Ognuno è sorto dal suo giaciglio;
accende il lume sotto la trave;
sanno quei lumi d'ombra e sbadiglio,
di cauti passi, di voce grave.

Le pie lucerne brillano intorno,
là nella casa, qua su la siepe:
sembra la terra, prima di giorno,
un piccoletto grande presepe.

Nel cielo azzurro tutte le stelle
paion restare come in attesa;
ed ecco alzare le ciaramelle
il loro dolce suono di chiesa;

suono di chiesa, suono di chiostro,
suono di casa, suono di culla,
suono di mamma, suono del nostro
dolce e passato pianger di nulla.

O ciaramelle degli anni primi,
d'avanti il giorno, d'avanti il vero,
or che le stelle son là sublimi,
conscie del nostro breve mistero;

che non ancora si pensa al pane,
che non ancora s'accende il fuoco;
prima del grido delle campane
fateci dunque piangere un poco.

Non più di nulla, sì di qualcosa,
di tante cose! Ma il cuor lo vuole,
quel pianto grande che poi riposa,
quel gran dolore che poi non duole;

sopra le nuove pene sue vere
vuol quei singulti senza ragione:
sul suo martòro, sul suo piacere,
vuol quelle antiche lagrime buone!"



In questa poesia Pascoli ricorda la sua infanzia, quegli "anni primi" e il suono delle ciaramelle che evocavano l'imminente festività natalizia, il presepe.

doxa

Con la poesia del Pascoli avrei voluto concludere il mio intervento  in questo topic aperto da Eutidemo, anche se ci sono altre cose da dire sulla natività.
Un gentile forumista mi ha invitato a dire anche qualcosa sull'albero di Natale. Ma è off topic,  perciò da cancellare se considerato inopportuno.

Adesso  racconto quel che so dell'albero di Natale...: l'abete, conifera dal portamento maestoso, ha le "foglie" chiamate aghi che sono persistenti nel tempo, perciò quest'albero fu collegato nell'antichità al ciclo annuale della Natura e al solstizio d'inverno, festeggiato come giorno della rinascita del Sole.

L'uso dell'albero natalizio ebbe inizio nel nord Europa.

La primogenitura dell'albero di Natale la pretende la città di Riga, capitale  della Lettonia.

Nel centro storico c'è la piazza "Ratslaukums", sulla quale si affaccia anche il municipio. Nel selciato è stata affissa una lastra disegnata che simboleggia i rami d'abete e nel contempo indica in 8 lingue diverse il punto dove nel 1510, nel periodo natalizio, fu collocato il primo "albero di Natale": un abete addobbato, si dice,  con carta colorata  e mele, poi bruciato come auspicio di prosperità per l'anno successivo.






(sui bordi della petrosa lastra ottagonale c'è incisa in otto lingue la scritta: "Il primo albero di Natale, a Riga nel 1510".)


Ma il preteso primato della capitale lettone è contestato dagli estoni, che credono di essere stati loro nel 1441 ad allestire e addobbare il primo abete  a Tallinn, capitale dell'Estonia, in occasione del mercatino dell'Avvento nella loro città, nella piazza del municipio. Lo sostiene lo storico estone Jiri Kūskemā.


Per molto tempo, la tradizione dell'albero di Natale rimase nel nord e centro Europa.  I cattolici la consideravano un uso protestante e solo nello scorso secolo questa tradizione si diffuse anche nel mondo cattolico. Da alcuni anni viene allestito pure in Vaticano, in piazza San Pietro, insieme al presepe.

Nel 19/esimo secolo la tradizione dell'albero di Natale fu introdotto negli Stati Uniti d'America da immigrati tedeschi.

E dagli Stati Uniti la moda dell'albero di Natale giunse in Italia dopo la seconda guerra mondiale, anche attraverso il cinema, con  commoventi film.   Questa usanza cominciò a diventare fenomeno di massa verso la fine degli anni '50 dello scorso secolo, in coincidenza con l'inizio in Italia delle trasmissioni televisive, nel 1954.

L'abete e non il pino è il vero albero di Natale. Nell'abete gli aghi sono attaccati a mazzetti, invece nel pino gli aghi sono singoli.
L'abete (vero o di plastica) viene addobbato con sfere colorate, luci, festoni, filamenti color oro e argento che simboleggiano i capelli delle fate secondo leggende nordiche.

Spesso vicino l'albero vengono posate sul pavimento le confezioni natalizie con i regali da offrire ai familiari nel giorno di Natale.

Fra  i numerosi canti natalizi alcuni sono diventati famosi, come l'italiano "Tu scendi dalle stelle", , il tedesco "O tannenbaum", l'austriaco "Stille nacht" (in italiano "Astro del ciel")  gli americani "Jingle bells" e "White Christmas". E' invece di origine irlandese il testo e la melodia del canto"Adeste fideles".

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