Teatro ed evoluzione tecnologica.

Aperto da Eutidemo, 19 Novembre 2019, 12:00:33 PM

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Eutidemo

Dedico questo breve scritto, che non riguarda la storia del teatro, ma solo la sua  evoluzione tecnologica, ad una mia amica, bravissima regista ed attrice.

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Il termine "Teatro" deriva dal greco "θέατρον", che, a sua volta, deriva da   "θέαoμαi", che significa "vedere", ovvero "assistere ad uno spettacolo.
I primi spettacoli teatrali, in senso lato, risalgono ad epoche "protostoriche" (se non addirittura "preistoriche"), ed avevano esclusivamente una funzione religiosa; per cui, secondo alcuni, non è da escludere neanche una etimologia connessa al termine "θεός" (dio).

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Tali spettacoli, almeno in Grecia, che costuituisce l'unico riferimento antico al riguardo, fino all'ottavo secolo a.c., avvenivano dove capitava, e non in un luogo specificamente dedicato; solo nel sesto secolo a.c., però, appare il primo teatro classivo vero e proprio, dedicato a Dioniso ed a ridosso del suo santuario in Atene.

E qui, per la prima volta, lo "spettacolo" comincio ad avvalersi (in senso lato) dell'apporto della  "tecnologia".

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Ed infatti, il segreto dell'acustica dei teatri greci (e poi romani) è riconducibile:
- alla conformazione a semicerchio, che contribuisce a "trattenere" i suoni;
- alle gradinate e la loro pendenza, in quanto le strutture di pietra opportunamente inclinate agiscono da filtri acustici (come mi spiegò mio nonno, quando restaurò il teatro di Ostia Antica). 
Alcuni ricercatori del Georgia Institute di Atlanta (Usa), inoltre, hanno notato che i gradini in pietra "tagliano" le frequenze basse che disturberebbero l'ascolto (brusio degli spettatori, rumori ambientali...) e preservano invece i suoni più acuti come le voci degli attori o la musica degli strumenti.
Un diverso studio, condotto all'Università di Sheffield (Uk), ha messo invece in evidenza che l'acustica è tanto migliore quanto più il palcoscenico è elevato, i sedili ripidi e il materiale con cui è costruito il teatro solido e compatto; ed infatti, con questi accorgimenti, il suono viene riflesso più volte tra palcoscenico e gradinate, creando una sorta di riverbero che amplificava le voci degli attori come se si trovassero in un teatro al chiuso. 


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A parte i miglioramenti visuali ed acustici della struttura, affinchè sempre più spettatori potessero godere contemporaneamente dello stesso spettacolo, già da qualche secolo prima di Cristo si cominciò a ricorrere ad espedienti meccanici sempre più evoluti, per stupire e sorprendere gli spettatori; il più noto dei quali è il famoso "μηχανῆς", che era un meccanismo a carrucola per far scendere in scena, dal cielo, una divinità dell'Olimpo.
Di qui, nel teatro romano, la frase "deus ex machina", che veniva usata per indicare il dio che scende sulla terra per risolvere una situazione troppo intricata per essere risolta dagli esseri umani (e, soprattutto, dal regista); tale espediente veniva usato, soprattutto dal tragediografo Euripide, per risolvere felicemente una situazione complicata e apparentemente senza possibile via di uscita.

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Ma non mancavano altri espedienti tecnologici per creare veri e propri "effetti speciali", quali:
- l'"ekkyklema", che era una sorta di piattaforma girevole che, tramite un movimento circolare o rettilineo, serviva a rendere visibile agli spettatori ciò che avveniva in un interno (principalmente i fatti di sangue) o a consentire il passaggio dall'esterno all'interno;
- il "bronteion", che era una macchina per simulare i tuoni,  costituita da un vaso di rame o da un recipiente di bronzo contenente rimbombanti pietre;
- il "keraunoskopeion", che era una macchina per produrre i fulmini, che era costituita da un prisma triangolare di legno fissato ad un perno centrale che permetteva la rotazione, rivestita da una superficie metallica striata che riusciva a riflettere i raggi del sole, simulando i lampi.
- il "klimakes", che era una botola usata per le apparizioni di fantasmi o di ombre di morti.

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Con tali innovazioni tecnologiche, solo pochi spettatori continuarono a contentarsi dei più arcaici spettacoli campagnoli; preistorici e protostorici.

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Ciò detto, non bisogna confondere il "Teatro" con l'"Anfiteatro" (dal greco αμφί -ambo- , cioè dalle "due parti", da ogni parte, intorno) che era un edificio di forma ellittica usato per spettacoli agonistici, e non per le rappresentazioni teatrali; il quale, in pratica, era costituito da due teatri addossati l'un l'altro lungo il diametro, come due "mezzi limoni".
Essendo predisposto per spettacoli sportivi (e poi, sotto Roma, gladiatorii), l'acustica non era essenziale come nei teatri.

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A parte quanto sopra, sin dalla "protostoria" (e, forse, fin dalla "preistoria"), gli attori erano soliti indossare "maschere"; ma, in origine, pare che fossero soprattutto raffiguranti animali, a fini religiosi e rituali.
E' solo in Grecia, e, poi, a Roma, che le maschere teatrali assunsero, "tecnologicamente", una doppia funzione pratica:
a)
"Visiva", perchè, avendo caratteri fissi (il giovane, il vecchio, il soldato, ecc..) esse servivano per attribuire con sicurezza il ceto di appartenenza, lo stato d'animo, l'età e il carattere del personaggio che andava in scena, ed aiutavano gli spettatori a identificarli anche da lontano.
Famose, in tal senso, le maschere romane Pappo Macco Bucco e Dosseno, a ciascuna delle quali corrispondeva uno specifico ruolo.
b)
"Acustica", perchè servivano ad amplificare la voce, in modo che anche gli spettatori più lontani fossero in grado di sentire bene; ed è per questo motivo che, a Roma, la maschera veniva denominata "persona".
Ed infatti, sebbene secondo alcuni tale termine deriverebbe dall'Etrusco "pershu", è molto più probabile che, invece, esso derivi dalla terza persona presente del verso "personare" (risuonare)... "personat", cioè, che "risuona"!


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La funzione "tecnologica" delle maschere teatrali, raffinatamente studiate e costruite per identificare i personaggi, ed amplificarne la voce, secondo me potrebbe offrire spunti anche per qualche riflessione filosofica.
Ed infatti, è molto singolare che "persona" originariamente significasse "maschera"; che, poi, è quella che ciascuno di noi indossa ogni giorno per rimarcare il proprio ruolo, di padre, di capo ufficio, di leader politico ecc.
"Maschera" che, però, non sempre corrisponde alla faccia che essa nasconde dietro di sè; la quale può essere molto diversa.

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Durante il medioevo il teatro vero e proprio "andò in sonno"; salvo i motivi teatrali religiosi, che si riducevano a mettere in scena, sui sagrati, passi del vangelo.
Fu solo nel rinascimento che il teatro vero e proprio riprese vigore; e non solo "contenutisticamente", ma anche "tecnologicamente"   sotto il profilo architettonico e scenografico, con la costruzione e l'allestimento di nuovi teatri; tutti al chiuso, stavolta, a differenza che nell'evo antico, e, quindi, con soluzioni tecniche completamente diverse, sia sotto il profilo acustico che sotto quello visuale.

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Nel '600 si (ri)scoprirono le "sezioni coniche", fino ad associare la propagazione del suolo a quella dei raggi luminosi; per la pianta, si cominciarono a sperimentare forme elissoidali, e per la struttura materiali fonoassorbenti.


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Nel '700 e nell' '800 la pianta si modifica ancora, in quanto:
- l'"orchestra" (come era concepita dai Greci e dai Romani), si allarga fino a diventare l'attuale "platea";
- la "cavea" (come era concepita dai Greci e dai Romani), si trasforma in "palchi" e "balconate";
- gli "echeia" (ἠχεῖα , come erano concepiti dai Greci e dai Romani) vennero "riesumati" in forma moderna, e, a seconda delle dimensioni del teatro, venivano sistemati in una o fino a tre file di sedili (o addirittura sotto la platea). 


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Nel '900, con l'introduzione della formula del "tempo di riverberazione" scoperto da Sabine nel 1898, venne avviata la moderna acustica teatrale; che poi trovò la sua attuale soluzione tecnologica con l'"assisted resonance", che è un congegno elettronico in grado di tarare la risonanza delle voci degli attori provenienti dal palcoscenico.

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Però, a partire dallo scorso secolo, oltre alle "innovazioni" di cui sopra, si ebbe una vera e propria "rivoluzione" del concetto stesso di "rappresentazione scenica": e, cioè, il "cinematografo", prima muto, e poi "parlante".

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Non intendo qui fare un confronto tra i due mezzi espressivi (teatro e cinema), perchè sarebbe un compito colossale e, comunque, inadeguato alla mie conoscenze e competenze; nel mio piccolo, intendevo soltanto cercare di evidenziare come, in relazione ad uno stesso soggetto recitativo (sebbene di solito siano di carattere molto diverso), la rivoluzione tecnologica del cinematrografo, e, poi, della TV ed oggi dello "streaming", abbiano profondamente inciso:
- sia sulla proposta del messaggio da parte dell'attore;
- sia sulla fruizione  del messaggio da parte dello spettatore. 
Ed infatti:
1)
Quanto all'"attore", la sostanziale differenza di natura squisitamente tecnica fra teatro e cinema, comporta che:
a) 
In teatro, l'attore deve essere cassa di risonanza di sé stesso, deve amplificarsi sia vocalmente che gestualmente; ed infatti, la sua interpretazione dev'essere recepita in modo distinto e istantaneo, dalla prima fila all'ultima. 
Ovviamente, però,  questa amplificazione deve essere mantenuta nei limiti della misura e della credibilità dell'azione e della recitazione; il che non è molto facile, anche considerando che l'attore di teatro deve ricordarsi tutto a memoria.
b)
L'attore cinematografico, invece, non è "nudo" di fronte al pubblico, in quanto la sua interpretazione è mediata dalla tecnologia e dall'uso che ne fa il regista e lo sceneggiatore; anzi, quando viene doppiato, non è neanche lui a recitare. 
Però non intendo qui approfondire oltre l'aspetto "recitativo", in quanto, sebbene da giovane io abbia dilettantescamente partecipato a qualche rappresentazione teatrale, in effetti non posso definirmi neanche lontanamente un "attore", neppure "dilettante".
2)
Posso invece definirmi, come siamo  un po' tutti, un "fruitore" dello spettacolo, "cinematrografico" o "teatrale" che esso sia.
Al riguardo, per quanto mi riguarda, sono convinto che lo spettacolo teatrale non diventerà mai "superato", in quanto,  gli stati emotivi simulati da un bravo attore producono una particolare mimica facciale che può essere riconosciuta a livello visivo solo "dal vivo"; ed infatti, nell'atto di osservare un'emozione positiva o negativa, attiviamo gli stessi identici "neuroni specchio" mimici, donandoci così la capacità empatica di "vivere" e quindi comprendere lo stato d'animo simulato dall'attore di teatro.
Sembra, invece, che con gli attori cinematografici questo accada molto di meno; come posso testimoniare personalmente, almeno per quanto riguarda gli attori comici.
Ed infatti, in vita mia avevo assistito una infinità di volte in TV e al cinema, alle scenette umoristiche di Aldo Fabrizi, e mi erano sempre molto piaciute; ma fu soltanto l'unica volta che lo vidi recitare dal vivo, che venni preso da un riso convulso che non riuscivo in alcun modo a controllare.
Per quanto, invece, riguarda altri tipi di recitazione, personalmente non ho mai rilevato particolari differenze; ad esempio, sto rivedendo adesso su YOUTUBE "Così è se vi pare", di Luigi Pirandello recitato da Stoppa, Valli, Morelli, a cui assistetti al Teatro Sistina negli anni '70, e, sinceramente lo sto apprezzando molto di più così.
Ed infatti:
- sto più comodo;
- me lo posso centellinare andando avanti e indietro;
- vedo molto meglio le espressioni;
- non mi perdo nessuna parola.
Però mi rendo conto che, forse, nell'uno come nell'altro caso si tratta solo di sensazioni soggettive.

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Quanto al futuro, apre a Los Angeles il primo teatro olografico al mondo: "Hologram", in cui gli ologrammi degli attori entreranno in 3D dentro casa nostra, come se fossero presenti i carne ed ossa (pure se morti).
Ma non ho ancora fatto una simile esperienza, per poterla giudicare!

bobmax

Assistere ad una rappresentazione teatrale "dal vivo" può rivelarsi un'esperienza unica.
In special modo, se hai la fortuna di trovarti di fronte all'attore che si rivolge, anche solo per un momento, direttamente a te.
 
Tu sei ben consapevole che si tratta di una finzione, eppure può coglierti una vivissima emozione.
Un turbamento che non è dovuto tanto alla rappresentazione in sé... E' piuttosto lo stupore per quanto "reale" possa apparire ciò che non lo è.
E quindi come tutto ciò che conosci, che dai per certo, possa in definitiva rivelarsi essere solo una rappresentazione...
 
E' come un brusco risveglio da un sogno profondo, per poi subito riaddormentarsi.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Eutidemo

Ciao Bob. :)
Hai ragione!
La vita è un teatro nel quale recitiamo tutti -attori e spettatori- credendo di essere i protagonisti dello spettacolo; mentre, invece, siamo solo delle comparse!
Un saluto! :)

bobmax

Ciao Eutidemo,
e questo la dice lunga su libero arbitrio, io e compagnia bella... ;)
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

Mamma mia che lugubri. Suvvia: "Tutto è finito Si smonta il palco in fretta Perché anche l'ultimo degli addetti ai lavori C'ha a casa qualcuno che l'aspetta". Laddove è lui, seppur per poco e nel suo piccolo, il protagonista.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

Citazione di: Ipazia il 20 Novembre 2019, 10:30:43 AM
Mamma mia che lugubri. Suvvia: "Tutto è finito Si smonta il palco in fretta Perché anche l'ultimo degli addetti ai lavori C'ha a casa qualcuno che l'aspetta". Laddove è lui, seppur per poco e nel suo piccolo, il protagonista.

Perché lugubri?

È invece meraviglioso!

Ma occorre cambiare prospettiva.

Il Bene è.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

bobmax

Come il Poeta:

"E il naufragar m'è dolce in questo mare"
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

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