Scienza e percezione del reale

Aperto da fly, 08 Maggio 2016, 21:41:35 PM

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fly

Salve a tutti sono nuova del forum. Sono stata attratta dal post introduttivo della sezione... Sono di professione una ricercatrice (laureata in scienze naturali) e ormai da alcuni anni mi occupo di conciliare "scienza" e "percezione". In particolare mi occupo di "classificazione" di tutto ciò che si trova in natura da singoli organismi (piante, animali, etc... apparentemente unità chiare) a tipi di vegetazione, ecosistemi, habitat, unità di paesaggio (unità decisamente più astratte).

Quella della "classificazione" è una scienza che parte dall'esigenze pratiche dell'uomo e comunicative. E' importante che ogni "oggetto" (inteso anche come individuo, organismo o sistema) utilizzabile venga distinto e gli venga assegnato un nome inequivocabile. Ogni tipo di classificazione a tutt'oggi si basa sempre più sulla tecnologia e sulla statistica. Ad es. oggi attraverso le sequenze di DNA e la valutazione del grado di similitudine o distanza di queste sequenze è possibile distinguere specie differenti. Tuttavia uno dei problemi scientifici più attuali è che "la scienza della classificazione" si sta progressivamente allontanando da quello che è il percettibile umano e così la funzionalità pratica della classificazione sfuma nella completa alienazione, con migliaglia di nomi pubblicati in riviste e libri scientifici assegnati ad "oggetti inidentificabili" dai sensi umani.

Vi faccio un esempio sciocco che una volta feci ad un mio amico in un pub: "Immaginate due bicchieri identici uno con della birra senza schiuma e uno con del whisky in stessa quantità e di non sapere di cosa si tratti. Chiedono cosa c'è nei due bicchieri a divese persone. La prima non sapendo cosa sono i liquidi non li assaggia e basandosi sul colore, senza toccarli dice che sono la stessa cosa; la seconsa anche non li assaggia ma muove il bicchiere con la birra e vede che si forma della schiuma e nell'alto bicchiere no, capisce che i due liquidi sono dicersi e secondo la sua esperienza dice afferma che uno sicuramente è birra, l'atro non sa; il terzo odora i due liquidi e in base alla sua esperienza risponde che i due liquidi sono diversi e uno è birra e l'altro whisky; il quarto assaggia i liquidi e con certezza risponde che uno è birra e l'altro whisky; un quinto li assaggia e dice che uno è sicurametne birra ma non conosce l'altro liquido (non ha mai assaggiato il whisky). Come vedete persone diverse, sensi divesi, esperienze diverse possono dare risultati diversi. Bene qualcosa di simile avviene per la classificazione a tutti i livelli delle cose naturali nel mondo, persone diverse, nazioni divese usano classificazioni parzialmente diverse per gli stessi oggetti.

Il mio obiettivo è trovare il giusto compromesso tra percettibile (accettabile dalla maggior parte della gente) e misurbile per non perdere l'utilità della classificazione. Vorrei sapere cosa ne pensate di questo argomento?

HollyFabius

Citazione di: fly il 08 Maggio 2016, 21:41:35 PM
Salve a tutti sono nuova del forum. Sono stata attratta dal post introduttivo della sezione... Sono di professione una ricercatrice (laureata in scienze naturali) e ormai da alcuni anni mi occupo di conciliare "scienza" e "percezione". In particolare mi occupo di "classificazione" di tutto ciò che si trova in natura da singoli organismi (piante, animali, etc... apparentemente unità chiare) a tipi di vegetazione, ecosistemi, habitat, unità di paesaggio (unità decisamente più astratte).

Quella della "classificazione" è una scienza che parte dall'esigenze pratiche dell'uomo e comunicative. E' importante che ogni "oggetto" (inteso anche come individuo, organismo o sistema) utilizzabile venga distinto e gli venga assegnato un nome inequivocabile. Ogni tipo di classificazione a tutt'oggi si basa sempre più sulla tecnologia e sulla statistica. Ad es. oggi attraverso le sequenze di DNA e la valutazione del grado di similitudine o distanza di queste sequenze è possibile distinguere specie differenti. Tuttavia uno dei problemi scientifici più attuali è che "la scienza della classificazione" si sta progressivamente allontanando da quello che è il percettibile umano e così la funzionalità pratica della classificazione sfuma nella completa alienazione, con migliaglia di nomi pubblicati in riviste e libri scientifici assegnati ad "oggetti inidentificabili" dai sensi umani.

Vi faccio un esempio sciocco che una volta feci ad un mio amico in un pub: "Immaginate due bicchieri identici uno con della birra senza schiuma e uno con del whisky in stessa quantità e di non sapere di cosa si tratti. Chiedono cosa c'è nei due bicchieri a divese persone. La prima non sapendo cosa sono i liquidi non li assaggia e basandosi sul colore, senza toccarli dice che sono la stessa cosa; la seconsa anche non li assaggia ma muove il bicchiere con la birra e vede che si forma della schiuma e nell'alto bicchiere no, capisce che i due liquidi sono dicersi e secondo la sua esperienza dice afferma che uno sicuramente è birra, l'atro non sa; il terzo odora i due liquidi e in base alla sua esperienza risponde che i due liquidi sono diversi e uno è birra e l'altro whisky; il quarto assaggia i liquidi e con certezza risponde che uno è birra e l'altro whisky; un quinto li assaggia e dice che uno è sicurametne birra ma non conosce l'altro liquido (non ha mai assaggiato il whisky). Come vedete persone diverse, sensi divesi, esperienze diverse possono dare risultati diversi. Bene qualcosa di simile avviene per la classificazione a tutti i livelli delle cose naturali nel mondo, persone diverse, nazioni divese usano classificazioni parzialmente diverse per gli stessi oggetti.

Il mio obiettivo è trovare il giusto compromesso tra percettibile (accettabile dalla maggior parte della gente) e misurbile per non perdere l'utilità della classificazione. Vorrei sapere cosa ne pensate di questo argomento?

Forse in qualche misura entra anche in gioco la corsa alla pubblicazione? I ricercatori vengono misurati sul numero di pubblicazioni e non vorrei che un certo quantitativo di tutto ciò sia superfluo.


paul11

#2
Ritengo che sia cambiato nel tempo anche il modo di fare scienza, non solo filosofia.
Prima c'è stato un metodo ferreo, quello sperimentale dimostrativo, in cui era il metodo che garantiva la validazione di uno studio su un fenomeno.
Poi è arrivata l'assiomatizzazione, nel momento in cui sono caduti tutti i presupposti di certezza, quando si è dubitato e mutato gli assiomi della geometria euclidea e della matematica.Se cambiano questi fondamentali e in più muta il riferimento della fisica(relatività e quantistica) che sono sostanzialmente le avanguardie delle scienze, ne risentono anche tutte le altre discipline.

Ho notato che già nelle ricerche biologiche e nello specifico nelle cure sul cancro ogni gruppo di ricerca segue delle sue"intuizioni" di partenza.
Il perchè ritengo che sia semplice: è la pratica che dice ora quale teoria sia valida.Vale a dire che il ritrovato, una scoperta, un'invenzione, una cura è "vera" nel momento in cui è utile e funzionale allo scopo della ricerca e sia replicabile.
Oggi non è la reiterazione del fenomeno che garantisce la verità, è la reiterazione dello scopo, di malati che guariscono, di applicazioni nel tuo caso di classificazioni o categorizzazioni, tassonomie, ecc. che qualificano il grado di studio.
Persino in economia e politca è così. Donald Trump vince anche contro la volontà del suo partito e il partito se ne dovrà fare una ragione del come e perchè abbia conquistato l'lettorato.

Se una volta si diceva che un' inferenza funzionava dalle premesse per cui la conclusione doveva essere vera essendo le prime vere, oggi la conclusione decide se validiifca le premesse.Lo scopo è determinante ed è essenzialmente pratico, allora le teorie che sono a monte sono vere.

maral

#3
Benvenuta fly.

Il discorso sulla classificazione è stato e in molti ambiti continua a essere fondamentale per le scienze biologiche e non solo. Penso che si possa considerare alla base di qualsiasi progetto di conoscenza scientifica sperimentale la necessità di costruire una mappa sulla base della quale stabilire in che modo rilevare differenze più o meno significative per poi raggruppare e correlare i fenomeni.
Ma poiché i criteri per costruire delle mappe sono diversi e variano anche a seconda dei mezzi che si utilizzano per osservare (l'esempio del bicchiere di whisky e quello di birra mi sembra proprio significativo), sorge il problema di come correlarle al medesimo fenomeno; come correlare ad esempio una classificazione delle forme viventi che si basa sul DNA con la nostra percezione (spaziale e/o funzionale) delle forme. Si può allora voler affibbiare un primato classificatorio a questa o quella metodologia, stabilire ad esempio che la spiegazione genomica della differenza, che necessita di mezzi tecnologici molto avanzati e specialistici, è quella fondamentale; oppure si può tentare di costruire un ponte tra le varie possibilità di mappatura rilevandone, come dice paul11, l'utilità in rapporto ai contesti di osservazione, una sorta di mappa delle mappe che non intende rappresentare la verità fondamentale e oggettiva del territorio, ma cosa risulta utile considerare significativo muovendosi in esso, a seconda dei contesti semantici in cui ci si trova. E' questo quell'approccio pragmatico, immanente ai fenomeni, che sta prendendo sempre più piede in ambito scientifico e cognitivo. Proprio in questi termini, ad esempio nel campo della biologia, si presenta la teoria dell'Evo Devo che avevo tirato in ballo nella discussione sull'evoluzione http://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/ma-davvero-chi-non-e-d'accordo-con-i-darwiniani-e-un-retrogrado/ - risposta #12. Qui, due discipline in passato distanti (l'embriologia e la genetica) si fondono tentando di costruire una mappa comune che tenga conto sia delle forme di sviluppo della ontogenesi che di quelle evolutive della filogenesi, leggendo le une in rapporto alle altre. E certamente l'approccio più pragmatico di questa teoria la rende premiante rispetto a un neo darwinismo teoreticamente più rigoroso, che si affida solo sugli schemi delle mappature genomiche.
Si potrebbe dire anche che, con questo approccio pragmatico, la classificazione perde la sua schematica rigidità, si rende più flessibile e quindi riesce ad aderire meglio a ciò che cerca di descrivere, agli spostamenti e al movimento di una realtà mai definitiva,  sempre in mutamento e oscillante tra significati diversi. In tal modo quella dicotomia tra ciò che ci mostra il mezzo tecnico rispetto alla nostra percezione delle cose viene superata e scopriamo che il mezzo tecnico detta i significati delle nostre percezioni ben più di quanto presupponevamo, ma è necessario che i significati delle nostre percezioni siano accolti e compresi nel mezzo tecnico stesso, per non trovarsi da essi alienati.
Un po' in fondo come il cannocchiale che Galileo usò per mostrare ingranditi i satelliti di Giove o la superficie della luna: ben pochi di chi guardava con quello strumento poteva minimamente riconoscere quanto gli si diceva che stesse osservando (ammesso che riuscisse minimamente a riconoscere qualcosa in ciò che vedeva): quel cannocchiale dava luogo a una nuova realtà e a diverse classificazioni che sarebbero diventate ovvie persino al nostro modo così diverso di percepire, ma che ovvie ai tempi non lo erano per nulla, anzi, ci sarebbero voluti secoli.

Jean

Tuttavia uno dei problemi scientifici più attuali è che "la scienza della classificazione" si sta progressivamente allontanando da quello che è il percettibile umano e così la funzionalità pratica della classificazione sfuma nella completa alienazione, con migliaia di nomi pubblicati in riviste e libri scientifici assegnati ad "oggetti non identificabili" dai sensi umani.
 
Non so se intendo correttamente, ad esempio due persone con caratteristiche morfogenetiche simili (e perciò non distinguibili attraverso i 5 sensi umani) che a seguito di mappatura genica rivelino (a quel livello di indagine) delle differenze.

Intendi che fa parte del  "percettibile umano" anche (e soprattutto, in ambito scientifico) l'informazione ottenuta con l'uso di strumenti (nel caso la mappatura genica) permettendo in ultima una misura (di qualche tipo)?

In questo caso comprendo l'alienazione e la distanza rispetto agli addetti ai lavori per i quali le differenti misure non dovrebbero lasciar adito a dubbi (per loro è come veder un bianco e un nero, se rientra nella deviazione ammessa).
Certo la complessità aumenta ma parallelamente aumenta la potenza di confronto e calcolo (dei mezzi tecnologici) e prima o poi si arriverà a comparare misure di grandezze omogenee.

Uno dei punti cruciali della questione, per come la vedo, è il misurare cosa e a quale scopo.
La ricerca scientifica - resa possibile dalla classificazione, il tuo campo - è mossa prevalentemente da interessi economici (si possono avere opinioni diverse... ad es. su Monsanto, che seleziona e brevetta sementi ecc. per il bene dell'umanità) ai quali va ricondotta (in gran parte) la responsabilità (della scelta di) di qualità e quantità della misura, allo scopo, ovviamente, d'ottenerne un profitto (è una regola economica, logico che sia così).

Non ci sono scienziati liberi di scegliersi argomenti di ricerca e mezzi per condurla... (ne conosco uno solo, Grigory Perelman, che stimo profondamente, del quale si è parlato nel vecchio forum: http://www.riflessioni.it/forum/filosofia/14675-la-congettura-di-poincare-e-la-domanda-nascosta.html) ... forse c'è una speranza nella cosiddetta ricerca "libera"... ma la vedo dura.

A meno di non trovare come dici il "giusto compromesso" tra percettibile (e qui dici: accettabile dalla maggior parte della gente,che mi riporta il dubbio tu intendessi proprio parlare di percettibile sensoriale...) e misurabile, ci sarà sempre qualcuno a comandare la giostra. 
Ma tale compromesso chiama in causa dottrine estranee alla scienza, ad esempio l'etica... poiché, alla fine, si ragiona del futuro del genere umano e del suo bene (o almeno della sua sopravvivenza come specie).

Partecipo sentitamente ai tuoi dubbi perché conducono a ricercare il consenso rispetto alle azioni che una qualsiasi parte dell'umanità (nel tuo caso appartenente al mondo scientifico) pone in essere, stante che i risultati, a breve o lungo termine, la riguarderà per intero.
 

Per tornare al bel esempio dei bicchieri con liquidi differenti, si potrebbe allargare il campo a più fattori:

(1) scopo (o utilità), ad esempio: trovare la quantità di bevanda che permette la guida di un'auto dopo una cena con amici.

(2) L'Etica è naturalmente il rispetto della vita, propria e altrui.

(3) primo strumento (facoltà sensoriali): uomo (o donna, è uguale)

(4) secondo strumento (misura oggettiva): gascromatografo (sui liquidi) o etilometro (nel respiro, dopo l'assunzione).

E qui si potrebbe discutere di cosa accade provando a eliminare uno o più punti...
 
 


Contento dell'occasione avuta per dialogare con una rappresentante dell'altra metà del cielo, saluto cordialmente,  

Jean

fly

Intanto ringrazio tutti per le vostre interessanti risposte, e vi ringrazio per i link alle precedenti discussioni (anche molto interessanti). Alcuni di voi hanno colto esattamente il senso di ciò che volevo dire (specialmente paul11 e maral).

Rispondendo ad Holly Fabius: La corsa alle pubblicazioni è indubbiamente un dato di fatto che nell'ambito scientifico sta diventando una piaga... ma direi che al momento l'appartenere ad una scuola di pensiero (che definirei "ricerca dell'oggettività a tutti i costi") o ad un altra (che chiamerei "riceca del condivisibile") non comporta differenze nelle pubblicazioni. Pubblicazioni buone o cattive si possono bubblicare in ogni modo.

Jean per rispondere a te e aggiungere dei tasselli a questa discussione ho bisogno di un po' di tempo, che purtroppo questi giorni non ho perché ho molto lavoro da sbrigare e devo partire per un'escursione con gli studenti, ma prometto risponderò tra qualche giorno.

HollyFabius

#6
Citazione di: fly il 08 Maggio 2016, 21:41:35 PM
Il mio obiettivo è trovare il giusto compromesso tra percettibile (accettabile dalla maggior parte della gente) e misurbile per non perdere l'utilità della classificazione. Vorrei sapere cosa ne pensate di questo argomento?
Aggiungo una riflessione sul tema del giusto compromesso tra percettibile e misurabile, all'interno dell'uso nella classificazione.
La prima cosa che noto è che vi sono similitudini ma anche differenze non di poco conto tra l'intento classificatorio nella scienza e quello nella filosofia.
Le similitudini sono legate alla necessità razionale umana di costruire 'enti' o 'oggetti' sulla realtà che sottopone ad analisi intellettuale.
Identificare degli oggetti permette di usarli come scatole chiuse, per descrivere le relazioni tra questi, e rappresentarle poi in modelli.
Le differenze sono sostanzialmente legate alle motivazioni della creazione della classificazione, che rimandano poi alle motivazioni che sono alla base di queste discipline.
La scienza ha come obiettivo principale quello di realizzare previsioni di comportamento della realtà e di sottoporlo al controllo della volontà umana.
L'ente sottoposto ad analisi viene scandagliato nelle sue attitudini comportamentali allo scopo di potere costruire dei manufatti, degli apparati in grado di poter migliorare la condizione umana.
Esiste naturalmente una scienza 'pura', che indaga nelle intenzioni liberata da questo vincolo di traduzione in risultati tecnici o tecnologici ma questa liberazione è illusoria.
Il complesso industriale/tecnologico, lo stesso indirizzo politico rispetto alla formazione universitaria spingono le ricerche con ricadute pratiche e respingono, a volte in modo piuttosto brusco, le ricerche che mettono in discussione il paradigma consolidato.
I finanziamenti delle ricerche o hanno, in una prospettiva temporale, ricadute evidenti oppure hanno una solida e importante sponsorizzazione politico/sociale.
Al contrario di questa impostazione il filosofo imposta il suo intento classificatorio allo scopo di liberare la propria concezione del mondo dalle forme razionali contestabili all'interno del suo sistema di descrizione del mondo.
Gli oggetti, all'interno di questo intendimento, hanno una vocazione puramente astratta e legata al logos.

All'interno di questa differenza sostanziale tra intenzione scientifica e intenzione filosofica cosa sono il percettibile e il misurabile?
Per lo scienziato il misurabile è qualcosa di riproducibile, all'interno dei vincoli statistici di misurazione, per permettere la condivisione dell'atto di misurazione in altri luoghi e altri tempi.
La misurazione è poi soggetta all'interpretazione del suo significato, della sua riproducibilità, nell'ambito dei modelli che possono differire, cioè la stessa misurazione può avere diversi modelli di spiegazione.
In fondo per lo scienziato il percettibile è ciò e soltanto ciò che posso misurare con uno strumento e rendere poi misurazione.
L'evoluzione della scienza, sposta i confini della capacità di produrre modelli e sposta anche, seppure lentamente, la visione della natura dei modelli possibili.

Un discorso diverso andrebbe fatto per i modelli della fisica di base, perché questi modelli sono soggetti ai pregiudizi della società occidentale e la direzione della ricerca viene spesso eterodiretta da finalità che sono legate al potere temporale.
Direi di evitare qui delle valutazioni su questo, avendo poco a che vedere con il misurabile (anche se potrebbe avere senso parlarne nell'ambito del percettibile).

Per il filosofo, invece, il misurabile nasce e si conclude all'interno del suo sistema filosofico, la coerenza interna viene persino prima della coerenza della misurazione scientifica.
Il filosofo potrà sostenere che la misurazione che minaccia il suo sistema verrà superata da misurazioni più sottili o più precise o che indaghino in diversa direzione.
Per il filosofo è più importante, perché da lì parte la sua analisi, il percettibile. Con percettibile potrà intendere qualcosa che nasce da fuori e si riflette sui sensi o poi sulla ragione ma anche qualcosa che parte da dentro e rimane in prospettiva interna al suo sistema.

Dopo questa lunga premessa arrivo a dare una parziale risposta al tuo obiettivo, il giusto compromesso è quello di porsi verso il misurabile con approccio scientifico e porsi verso il percettibile con approccio filosofico.

paul11

#7
Il problema è che la misurazione applica uno strumento di misura e la classificazione dei parametri.
Ad esempio nella botanica le angiosperme dalle gimnosperme, perchè in due tronconi si può dividere ,grazie ad un denominatore comune più frequente ; così come la dentizione è una specificità della tipologia di alimentazione nella zoologia, per costruire suddivisioni .
Fino a quando lo strumento per analizzare era una "protesi" sensitiva, ad es. un microscopio , va bene.
Ma ad esempio in astrofisica si utilizza il radiotelescopio  che è più potente del telescopio visivo, poichè sono i "rumori di fondo" che ad esempio hanno permesso di trovare l'onda fossile gravitazionale. Quindi oltre il visivo c'è una taratura di uno strumento sull'oltre percettibile che a sua volta classifica corpi celesti, masse, ecc. oltre la "protesi" strumentale dei sensi.
E' un azzardo gia la scoperta? Su quali parametri, ovvero quale è il metro di classificazione e di costruzioni tassonomiche?

Ritornando alle scienze naturali la classificazione segue un ordine dal più semplice al più complesso, una struttura ad albero , oppure la tavola di Mendeleev degli elementi chimico/fisici il n° atomico che a sua volta costruisce delle proprietà di gruppi.

Penso che ogni cosa sia classificabile con una arbitrarietà nel sistema di misura, anche dell'impercettibile , in fondo anche i numeri sono la più grande astrazione che ha al suo interno delle classificazioni.Sono i sistemi dii relazione anche quì fra gli oggetti reali od astratti (anche le parole non sono in natura, ma si dice di semantica e regola sintattica)i a poter indicare le assonanze o dissonanze

Nello specifico fly, una classificazione permette di costruire delle scale e degli intervalli fra oggetti anche astratti  , se conosco la scala dal numero 1 al numero 9 anche  se non ho definito il numero 10, segue una sequenza da cosa precede e cosa viene dopo, per questo sono importanti le chiavi di identificazione e mi pare ovvio che qualunque scienziato che classifichi dagli oggetti reali o astratti debba dire quali parametri ha utilizzato per costruirla in modo tale che sia possibile la leggibilità attraverso le chiavi.
Daccapo, non è che cambiando il siitmea decimale in binario o esadecimale sono mutate le matematiche, così come la dedacofonia non ha mutato regole e proprietà della notazione classica musicale, così come i diversi idiomi linguistici per il mondo hanno comunque tutte regole semantiche e sintattiche

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