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Aperto da Freedom, 30 Novembre 2016, 08:54:04 AM

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maral

Citazione di: albert il 04 Dicembre 2016, 13:25:07 PM
Motivo in più per consumare solo ciò che ci serve ... non è difficile, secondo me basta un po' di consapevolezza e di attenzione. Nessuno ci obbliga a comprare quello che non ci serve

Purtroppo non è così facile. Quando compriamo un oggetto, ad esempio un'auto nuova, compriamo, spesso senza rendercene conto, tutta una catena di cose ad esso connesse che si rendono necessarie al suo utilizzo ottimale e di cui diventa impossibile farne a meno, proprio in virtù dell'investimento iniziale. Poi c'è sempre il condizionamento sociale che, per quanto ci si possa considerare da esso immuni, si rivela prima o poi determinante (un esempio è proprio internet con i suoi social network). Non vogliamo e non possiamo sentirci esclusi dalle modalità in cui l'ambito sociale si esprime ed è espresso dai suoi oggetti condivisi. E' in questo modo che finiamo con il divenire proprietà degli oggetti che riteniamo essere di nostra proprietà, essi determinano la nostre aspirazioni e il nostro modo di essere. Tutto questo è stato magistralmente descritto da Anders, ma i pubblicitari lo hanno sempre saputo, non si scappa alla rete che imbastiscono (e di cui sono ovviamente essi stessi vittime, come quei ragni che finiscono prigionieri della loro stessa ragnatela).
Al massimo si può godere di rifugi temporanei, del tutto aleatori, eremi in cui passare al massimo e ben che vada una decina di giorni, ma che rientrano anch'essi perfettamente nella panoramica consumistica dell' homo consumens.

albert

Citazione di: maral il 04 Dicembre 2016, 14:07:01 PMPurtroppo non è così facile. Quando compriamo un oggetto, ad esempio un'auto nuova, compriamo, spesso senza rendercene conto, tutta una catena di cose ad esso connesse che si rendono necessarie al suo utilizzo ottimale e di cui diventa impossibile farne a meno, proprio in virtù dell'investimento iniziale. Poi c'è sempre il condizionamento sociale che, per quanto ci si possa considerare da esso immuni, si rivela prima o poi determinante (un esempio è proprio internet con i suoi social network). Non vogliamo e non possiamo sentirci esclusi dalle modalità in cui l'ambito sociale si esprime ed è espresso dai suoi oggetti condivisi. E' in questo modo che finiamo con il divenire proprietà degli oggetti che riteniamo essere di nostra proprietà, essi determinano la nostre aspirazioni e il nostro modo di essere. Tutto questo è stato magistralmente descritto da Anders, ma i pubblicitari lo hanno sempre saputo, non si scappa alla rete che imbastiscono (e di cui sono ovviamente essi stessi vittime, come quei ragni che finiscono prigionieri della loro stessa ragnatela).
Al massimo si può godere di rifugi temporanei, del tutto aleatori, eremi in cui passare al massimo e ben che vada una decina di giorni, ma che rientrano anch'essi perfettamente nella panoramica consumistica dell' homo consumens.
E' vero, mi correggo, non è facile, ci vuole consapevolezza, che è difficile da raggiungere. Mi pare però ci sia qualche segnale incoraggiante, ad esempio nel campo dei prodotti identici a quelli pubblicizzati ma che costano meno perché non scontano le spese di marketing. (se posso citarmi, http://www.riflessioni.it/scienze/piange-consumatore.htm). Guardate anche cosa succede nel campo della assicurazioni RC auto, in cui ormai tutti cercano su Internet quella più conveniente senza tenere conto di tutta la prosopopea che tendeva a farci credere che alcune assicurazioni avessero del valore aggiunto.
Per quanto riguarda la ricerca del 'prestigio sociale' dato dal fare certe scelte pilotate dal marketing personalmente - posso sbagliarmi - penso di esserne immune, come credo siano molti dei frequentatori del forum.

maral

Più che di una ricerca di prestigio sociale (quindi di emersione e invidiabile differenziazione dal contesto sociale, su cui certamente la pubblicità punta enormemente per piazzare il prodotto appunto come prodotto differenziante e invidiabile), mi sembra piuttosto una necessità di sentirsi parte sociale, che più o meno inconsciamente, condivide con il mondo un certo contenuto di modi di essere da cui non si può prescindere per considerarsi non solo  accettati in mezzo agli altri, ma anche per sopravvivere. Il consumismo stimola continuamente il desiderio di prestigio e dunque di differenziazione dell'ego, ma di fatto, mi pare che ciò che veramente premia il consumo è il bisogno di ciascuno di sentirsi come tutti gli altri, ossia non escluso ed è di questo che non si può fare a meno.
A questo si aggiunge che in particolare il prodotto tecnologico determina e condiziona inevitabilmente gli stili di vita e i modi per soddisfare i propri bisogni, per i quali rinunciare alla tecnologia che si impone sul mercato con le sue novità diventa praticamente impossibile e la resistenza o il ritorno a una tecnologia precedente risulta assai problematico, estremamente faticoso e, nell'arco di pochi lustri, impossibile. Lo sviluppo tecnologico è irrinunciabile e irreversibile. Noi oggi saremmo incapaci di vivere senza elettricità (se non per tempi brevissimi, come per gioco), i nostri trisnonni vivevano tutta la loro vita normalmente solo con torce e candele per rischiarare il buio. Le nostre nonne e bisnonne per lavare i panni scendevano al canale che attraversava la città, oggi quale canale un folle che volesse ripetere quella tecnica di lavaggio, potrebbe mai trovare in città? Lo stesso è successo con la televisione, i telefoni cellulari, l'automobile, i condizionatori negli appartamenti e nei luoghi di lavoro, i personal computer, i cellulari, internet, e via dicendo. Sono tutte cose che all'inizio sembrano curiose stravaganze per pochi che intendono distinguersi, offrono delle possibilità di cui tutto sommato sappiamo benissimo anche farne a meno, ma poi diventano necessarie per tutti e diventa sempre meno concepibile l'idea di poter vivere senza di esse. E' come se il mondo intero e noi stessi, i nostri modi di pensare e agire, si modellassero letteralmente intorno a questi prodotti tecnologici, ai loro modi di fare che diventano nostri modi di essere. Probabilmente è sempre stato così: l'uomo dell'età del ferro non era più quello dell'età della pietra, l'agricoltore sedentario non era più il cacciatore raccoglitore, ma il problema è che mentre per passare dall'età della pietra a quella del ferro ci sono voluti 100 mila anni, oggi le tecnologie si affermano e tramontano al massimo nel giro di pochi decenni e io, rispetto ai miei figli mi ritrovo come un uomo dell'età della pietra rispetto a un uomo dell'età del ferro, non solo per quello che so usare o meno, ma soprattutto per quello che posso pensare, desiderare e sentire.

albert

Citazione di: maral il 05 Dicembre 2016, 14:15:00 PM
Più che di una ricerca di prestigio sociale (quindi di emersione e invidiabile differenziazione dal contesto sociale, su cui certamente la pubblicità punta enormemente per piazzare il prodotto appunto come prodotto differenziante e invidiabile), mi sembra piuttosto una necessità di sentirsi parte sociale, che più o meno inconsciamente, condivide con il mondo un certo contenuto di modi di essere da cui non si può prescindere per considerarsi non solo  accettati in mezzo agli altri, ma anche per sopravvivere. Il consumismo stimola continuamente il desiderio di prestigio e dunque di differenziazione dell'ego, ma di fatto, mi pare che ciò che veramente premia il consumo è il bisogno di ciascuno di sentirsi come tutti gli altri, ossia non escluso ed è di questo che non si può fare a meno.
A questo si aggiunge che in particolare il prodotto tecnologico determina e condiziona inevitabilmente gli stili di vita e i modi per soddisfare i propri bisogni, per i quali rinunciare alla tecnologia che si impone sul mercato con le sue novità diventa praticamente impossibile e la resistenza o il ritorno a una tecnologia precedente risulta assai problematico, estremamente faticoso e, nell'arco di pochi lustri, impossibile. Lo sviluppo tecnologico è irrinunciabile e irreversibile. Noi oggi saremmo incapaci di vivere senza elettricità (se non per tempi brevissimi, come per gioco), i nostri trisnonni vivevano tutta la loro vita normalmente solo con torce e candele per rischiarare il buio. Le nostre nonne e bisnonne per lavare i panni scendevano al canale che attraversava la città, oggi quale canale un folle che volesse ripetere quella tecnica di lavaggio, potrebbe mai trovare in città? Lo stesso è successo con la televisione, i telefoni cellulari, l'automobile, i condizionatori negli appartamenti e nei luoghi di lavoro, i personal computer, i cellulari, internet, e via dicendo. Sono tutte cose che all'inizio sembrano curiose stravaganze per pochi che intendono distinguersi, offrono delle possibilità di cui tutto sommato sappiamo benissimo anche farne a meno, ma poi diventano necessarie per tutti e diventa sempre meno concepibile l'idea di poter vivere senza di esse. E' come se il mondo intero e noi stessi, i nostri modi di pensare e agire, si modellassero letteralmente intorno a questi prodotti tecnologici, ai loro modi di fare che diventano nostri modi di essere. Probabilmente è sempre stato così: l'uomo dell'età del ferro non era più quello dell'età della pietra, l'agricoltore sedentario non era più il cacciatore raccoglitore, ma il problema è che mentre per passare dall'età della pietra a quella del ferro ci sono voluti 100 mila anni, oggi le tecnologie si affermano e tramontano al massimo nel giro di pochi decenni e io, rispetto ai miei figli mi ritrovo come un uomo dell'età della pietra rispetto a un uomo dell'età del ferro, non solo per quello che so usare o meno, ma soprattutto per quello che posso pensare, desiderare e sentire.
Io distinguerei tra progresso tecnologico, che in linea di massima è una cosa positiva, ed il circo del marketing che cerca di manipolarci. La possibilità, ad esempio, di usare un cellulare è una cosa positiva, e lo userei anche in assenza di sollecitazioni del marketing. Personalmente non vorrei tornare al tempo dei nostri trisnonni.
Il marketing si paga con lo pseudo-valore, cioè la differenza tra il valore commerciale di un prodotto (quanto lo si paga) ed il suo valore reale (quanto lo si pagherebbe in assenza di sollecitazioni). Se i consumatori non fossero disponibili a pagare più del valore reale la pubblicità cesserebbe di tormentarci

maral

Il problema è che cosa determina la percezione del valore. La pubblicità opera sul desiderio, che non è il desiderio di quel prodotto, ma il desiderio di una situazione emotiva (tutte le pubblicità propongono situazioni emotive e ce le raccontano modulandole in ragione dei segmenti di mercato) e lo spot ha successo quando riesce a collegare quella situazione emotiva altamente desiderabile con quel prodotto che intende vendere. E' evidente che nessuno vuole pagare qualcosa più del suo valore, ma la pubblicità è proprio sulla percezione del valore che gioca.
Ma soprattutto, dal punto di vista pubblicitario, è assolutamente indispensabile che quel prodotto che si è riusciti a far comprare, non soddisfi mai il desiderio che va quindi continuamente risollecitato e nei modi più assurdi, di modo che il valore della nuova merce proposta sia percepito comunque ben al di sopra del suo prezzo: è sempre un regalo, un'occasione irripetibile da non lasciarsi sfuggire.

Phil

Citazione di: albert il 06 Dicembre 2016, 08:15:20 AMIl marketing si paga con lo pseudo-valore, cioè la differenza tra il valore commerciale di un prodotto (quanto lo si paga) ed il suo valore reale (quanto lo si pagherebbe in assenza di sollecitazioni). Se i consumatori non fossero disponibili a pagare più del valore reale la pubblicità cesserebbe di tormentarci
La difficoltà (capitalizzata dalla pubblicità) è che il valore è tanto più difficile da quantificare quanto più il bene che si decide di acquistare è complesso: se due cellulari hanno le stesse caratteristiche generali (dimensioni, processore, fotocamera, memoria, etc.), ma quello più costoso viene reclamizzato anche come più resistente agli urti e ai graffi, più comodo da usare e più elegante, come quantificare rigorosamente questi elementi in rapporto al prezzo (così da decidere se è adeguato)? Quanto valgono in euro resistenza, comodità ed eleganza? Possono essere elementi che spingono il consumatore fiducioso a comprarlo, pagandolo più dell'altro, anche se tali pregi sono tutti da verificare (il che non significa che siano fittizi), e tale verifica è davvero opinabile e soggettiva, quindi non monetizzabile...

Citazione di: maral il 07 Dicembre 2016, 00:13:21 AMMa soprattutto, dal punto di vista pubblicitario, è assolutamente indispensabile che quel prodotto che si è riusciti a far comprare, non soddisfi mai il desiderio che va quindi continuamente risollecitato e nei modi più assurdi
Forse quel prodotto invece deve soddisfare appieno quel desiderio (che magari esso stesso ha suscitato nel potenziale consumatore), ma tale realizzazione deve, come un cavallo di Troia, contenere in sè un ulteriore desiderio: "vorresti un cellulare (ormai li ho presi di mira! ;D ) che sappia fare x, y e z? il nostro cellulare lo fà!" ed ecco che il desiderio del cellulare che fa x, y e z viene indotto e poi soddisfatto al momento dell'acquisto; il compratore inizia quindi a fidarsi di quella specifica marca che ha soddisfatto il suo desiderio. Il passaggio successivo è implicitamente automatico: "vorresti un cellulare che fa x, y e z, dura il doppio ed è più ergonomico? il nostro nuovo cellulare è così!" ed ecco che, dando per scontati (in tutti i sensi ;) ) x, y e z si può far leva sulla possibilità di migliorare (per durata e praticità) x, y e z, diventati ormai una pseudo-necessità per l'acquirente, che probabilmente si riaffiderà alla marca che lo ha soddisfatto ("fidelizzato")... poi a x, y e z aggiungeremo "k", poi un "k migliorato" e così via, realizzando "desideri matrioska", che ne contengono sempre altri...

paul11

Il marketing si è evoluto in funzione degli stili di vita dei consumatori.Hanno analisi sociologiche, analisi del mercato geograficamente, suddiviso, analisi sulle disponibilità finanziarie., analis dei nostri gusti attraverso i cookie alla faccia della privacy. di chi naviga in internet. 
Se la strategia è decisa dall'amministratore delegato è questo che lega i settori commerciale e vendite.La prima logica è quindi da parte dei vari product manager che hanno in mano i vari settori  aziendali, il punto di pareggio, il margine di proffittabilità di ogni singola unità di vendita., l'analisi dei competitor,
Ora se il target è il consumatore ci sono varie possiblità di gestire la veicolazione del consumo con strategie di marchio o logo e di prodotti inerenti. Cominciamo con il dire che il cliente delle aziende è la distribuzione ed è quest'ultima che intermedia fra produttore e onsumatore, E' im portante perchè società come Amazon e vaire che si avvalgono della multimidialità tagliano i processi intermedi della filiera abbassando i costi finali e quindi arrivando al consumatore con prezzi competitivi.
Il secondo aspetto che ha incorporato il concetto di marketing attuale è che non si vende un semplice oggetto, ma un'immagine, un servizio, uno status symbol.

Ma veniamo ad alcuni esempi concreti: le promozioni. Oggi si vende fingendo promozioni facendo credere al consumatore la convenienza del prezzo. Tutto oggi è promozionato attraverso la pubblicità si "megafona"
l'opportunità. Così nel largo consumo il 3x2 è il classico esempio di acquistare quantità che spesso non servono per prezzi covenienti in rapporto alle singole unità.Razionalmente bisognerebbe chiedersi se le aziende vendono sottocosto, vale a dire se  non hanno margine di profitto e devono liberare i loro magazzini da invenduto che satura le produzioni, una sovrapproduzione appunto oppure fingono costantemente una convenienza di prezzo sapendo che il prezzo unitario è gonfiato; o ancora si fanno saldi opportunamente alzando prima i prezzi e quindi poi scontando.
L'attuale crisi economica ha affinato il consumatore ad essere più scaltro, ma provate a vedere in quale stabilimento viene prodotto e vi accorgerete che le marche private si avvalgono del contoterzismo (copecker).
Cos' un prodotto di una marca privata pur essendo stato prodotto nello stesso stabilimento , una parte dello stesso prodotto è stata data per contoterzi ad un'altra azienda.Risultato stesso prodotto, stesso processo produttivo, prezzo finale diverso.
Ad esempio la Samsung, come molte aziende nate negli ultimi venti anni circa, lavorava per conto terzi inizialmente per la Sony.Il Know*how, il saper fare, avere le conoscenze tecniche produttive e tecnologiche del prodotto si sono trasmigrate da aziende ad altre che sono divenute competitor.

La razionalità del consumatore è limitata dalll'incapacità di capire a monte l'informazione. 
Quanti conoscono il tag e il taeg di un finanziamento per il consumo?
Il mondo sommerso, nel senso di sconosciuto al consumatore, è la vera chiave per capire se un prezzo finale è esagerato o meno rispetto alla composizione dei costi.
Le aziende si sono evolute, costruendo mission e codici etici regolandosi al diritto dei consumatori e alle responsabilità aziendali che sono cresciute in termine di diritto.E' quindi cresciuta la consapevolezza del consumatore e le aziende hanno dovuto affinare le strategie in un contesto di stasi economica internazionale, ma che ha comportato un abbassamento dei costi delle materie prime e finanziari.I prezzi quindi hanno addirittura portato a momenti di deflazione economica proprio perchè compensati da anche superiori abbassamenti di costi.
Ma ad esempio un taeg dell'8% ha  senso in un BCE o  USA che dichiara formalmente che il prestito interbancario ovvero il costo del denaro è praticamente zero?
Infine il potere dei massmedia che fingono di aiutare il consumatore: sono i più falsi perchè spesso sono gli avvocati "venduti". Ho seguito ad esempio le campagne pubblicistiche nutrizionale sui grassi saturi e insaturi, sulla dieta mediterranea. sui vegetariani fino ai vegani.Il mio personale parere è spesso bufale inventate.
La manipolazione oggi è a monte dell'acquisto.Se il consumatore è più razionale che irrazionale è proprio sulla falsa razionalità che devo fregarlo pubblicizzando pseudoscienza., con tanto di medici e organismi potenti come i commissari europei che spinti dai poteri forti economici costruiscono false conocenze spacciandole per verità E' lo  stesso problema dell'enorme quantità dìnformazione a cominciare da internet che ci sommerge.Chi è credibile, di chi abbiamo fiducia?
La fiducia è una parola chiave nel rapporto marca-consumatore, perchè è lo stesso cosuamtore che diventa suo "megafono" pubblizzando la convenienza  è la bontà del prodotto.

albert

Citazione di: maral il 07 Dicembre 2016, 00:13:21 AM
Il problema è che cosa determina la percezione del valore. La pubblicità opera sul desiderio, che non è il desiderio di quel prodotto, ma il desiderio di una situazione emotiva (tutte le pubblicità propongono situazioni emotive e ce le raccontano modulandole in ragione dei segmenti di mercato) e lo spot ha successo quando riesce a collegare quella situazione emotiva altamente desiderabile con quel prodotto che intende vendere. E' evidente che nessuno vuole pagare qualcosa più del suo valore, ma la pubblicità è proprio sulla percezione del valore che gioca.
Ma soprattutto, dal punto di vista pubblicitario, è assolutamente indispensabile che quel prodotto che si è riusciti a far comprare, non soddisfi mai il desiderio che va quindi continuamente risollecitato e nei modi più assurdi, di modo che il valore della nuova merce proposta sia percepito comunque ben al di sopra del suo prezzo: è sempre un regalo, un'occasione irripetibile da non lasciarsi sfuggire.
Sono d'accordo, la pubblicità cerca di aumentare la percezione del valore di determinati oggetti, e per farlo gioca su alcune nostre esigenze di base. L'insoddisfazione per una cosa dopo averla ottenuta è una caratteristica generale - nulla, se non una battaglia persa, è più triste di una battaglia vinta. Proprio il fatto che la pubblicità gioca su esigenze moltro forti rende difficile - ma non impossibile - non farsi ingannare nella valutazione dei prodotti

maral

#23
Citazione di: Phil il 07 Dicembre 2016, 22:59:11 PM
Forse quel prodotto invece deve soddisfare appieno quel desiderio (che magari esso stesso ha suscitato nel potenziale consumatore), ma tale realizzazione deve, come un cavallo di Troia, contenere in sè un ulteriore desiderio ...

In realtà le cose non sono così semplici e dirette, perché ciò che il messaggio pubblicitario suscita non è il desiderio razionale, ma è sempre accompagnato da un bisogno molto più profondo a livello emotivo che per lo più è solo alluso, ma è proprio questo che agisce e resta insoddisfatto, sempre quindi disponibile a essere abbinato a un nuovo prodotto. Si tratta di un desiderio di considerazione sociale, oppure di potenza, oppure di soddisfazione sessuale e affettiva. Il motivo principale per cui il potenziale cliente è portato a comprare un cellulare nuovo non sono mai le strette caratteristiche tecniche di quel cellulare, ma i significati emotivi che quelle caratteristiche promettono di garantire, ma che peraltro non garantiscono affatto, anzi. Basta guardare la pubblicità di qualsiasi auto o anche dei più banali prodotti alimentari o per la casa, sono tutte inserite sistematicamente in un contesto emotivo che palesemente non potranno mai soddisfare, ma nello stesso tempo presentate in modo che risulti evidente che non potranno non soddisfare. Questo contesto emotivo che resta sempre insoddisfatto e sempre promesso è il punto imprescindibile per la pubblicità. In questo la pubblicità non inventa i bisogni, ma li utilizza per abbinarli a delle merci creando dei feticci irrinunciabili che falliscono sempre, ma che sempre possono essere riproposti in forma diversa e nuova, esattamente ciò che è necessario per l'economia di mercato.
Citazione di: albert il 08 Dicembre 2016, 09:49:07 AM
Proprio il fatto che la pubblicità gioca su esigenze molto forti rende difficile - ma non impossibile - non farsi ingannare nella valutazione dei prodotti
Dipende, può capitare di capire il trucco e l'inganno, soprattutto se lo spot è costruito male, in modo troppo palese, ma certamente anche il consumatore più accorto prima o poi ci cade, proprio perché il messaggio è confezionato per agire sulla sua parte emotiva più profonda che inconsciamente è sempre presente, anche quando la si vorrebbe rimuovere. A volte capita di accorgersene quando l'acquisto è già stato fatto, allora scatta un sistema autodifensivo, ci si autoconvince che in realtà il messaggio emotivo non aveva fatto alcuna presa o, se si riconosce di aver ceduto, di sicuro non capiterà più in futuro, ma purtroppo non è così, perché quanto più ci si illude di mantenere il controllo sul desiderio, tanto più esso agisce in modo irresistibile. In questo senso letteralmente ciò che acquistiamo parla di noi, svela ciò che siamo al di sotto dell'immagine che di noi stessi costruiamo e che pensiamo di saper controllare perfettamente. E le soprese non mancano mai.

albert

Citazione di: Phil il 07 Dicembre 2016, 22:59:11 PMLa difficoltà (capitalizzata dalla pubblicità) è che il valore è tanto più difficile da quantificare quanto più il bene che si decide di acquistare è complesso: se due cellulari hanno le stesse caratteristiche generali (dimensioni, processore, fotocamera, memoria, etc.), ma quello più costoso viene reclamizzato anche come più resistente agli urti e ai graffi, più comodo da usare e più elegante, come quantificare rigorosamente questi elementi in rapporto al prezzo (così da decidere se è adeguato)? Quanto valgono in euro resistenza, comodità ed eleganza? Possono essere elementi che spingono il consumatore fiducioso a comprarlo, pagandolo più dell'altro, anche se tali pregi sono tutti da verificare (il che non significa che siano fittizi), e tale verifica è davvero opinabile e soggettiva, quindi non monetizzabile...
Per certi beni, in particolare quelli tecnologici, non solo è difficile quantificare il valore, ma c'è un continuo slittamento tecnologico (quanto costava 1GB di RAM dieci anni fa? e quanto adesso?), Anche per loro però si applicherebbe la legge della domanda e dell'offerta che, se non alterata dal marketing, farebbe emergere i prodotti migliori e farebbe convergere il prezzo ad un valore vantaggioso sia per i consumatori che per i produttori

albert

Citazione di: paul11 il 08 Dicembre 2016, 00:03:37 AM
Ma veniamo ad alcuni esempi concreti: le promozioni. Oggi si vende fingendo promozioni facendo credere al consumatore la convenienza del prezzo. Tutto oggi è promozionato attraverso la pubblicità si "megafona"
l'opportunità. Così nel largo consumo il 3x2 è il classico esempio di acquistare quantità che spesso non servono per prezzi covenienti in rapporto alle singole unità.Razionalmente bisognerebbe chiedersi se le aziende vendono sottocosto, vale a dire se  non hanno margine di profitto e devono liberare i loro magazzini da invenduto che satura le produzioni, una sovrapproduzione appunto oppure fingono costantemente una convenienza di prezzo sapendo che il prezzo unitario è gonfiato; o ancora si fanno saldi opportunamente alzando prima i prezzi e quindi poi scontando.

Per un venditore non c'è niente di più indolore di uno sconto - basta alzare i prezzi prima. Ormai le offerte sono istituzionalizzate, di ogni prodotto c'è sempre una marca in offerta, è un aspetto della eterna lotta tra venditore e cliente che cesserebbe con soddisfazione di entrambi se si abbandonassero le furbizie e si lasciasse lavorare il meccanismo di domanda-offerta

Citazione di: paul11 il 08 Dicembre 2016, 00:03:37 AM
La razionalità del consumatore è limitata dalll'incapacità di capire a monte l'informazione.
Quanti conoscono il tag e il taeg di un finanziamento per il consumo?

A parte che non ci si dovrebbe MAI indebitare per beni di consumo, ed uno Stato non dovrebbe lasciare che i suoi cittadini si indebitassero spendendo soldi 'creati' dalle banche - allora perché non stamparli?
TAG e TAEG non sono 'rocket science' non è che ci voglia una laurea per capirli

paul11

Citazione di: albert il 08 Dicembre 2016, 20:33:40 PM
Citazione di: paul11 il 08 Dicembre 2016, 00:03:37 AM
Ma veniamo ad alcuni esempi concreti: le promozioni. Oggi si vende fingendo promozioni facendo credere al consumatore la convenienza del prezzo. Tutto oggi è promozionato attraverso la pubblicità si "megafona"
l'opportunità. Così nel largo consumo il 3x2 è il classico esempio di acquistare quantità che spesso non servono per prezzi covenienti in rapporto alle singole unità.Razionalmente bisognerebbe chiedersi se le aziende vendono sottocosto, vale a dire se  non hanno margine di profitto e devono liberare i loro magazzini da invenduto che satura le produzioni, una sovrapproduzione appunto oppure fingono costantemente una convenienza di prezzo sapendo che il prezzo unitario è gonfiato; o ancora si fanno saldi opportunamente alzando prima i prezzi e quindi poi scontando.

Per un venditore non c'è niente di più indolore di uno sconto - basta alzare i prezzi prima. Ormai le offerte sono istituzionalizzate, di ogni prodotto c'è sempre una marca in offerta, è un aspetto della eterna lotta tra venditore e cliente che cesserebbe con soddisfazione di entrambi se si abbandonassero le furbizie e si lasciasse lavorare il meccanismo di domanda-offerta

Citazione di: paul11 il 08 Dicembre 2016, 00:03:37 AM
La razionalità del consumatore è limitata dalll'incapacità di capire a monte l'informazione.
Quanti conoscono il tag e il taeg di un finanziamento per il consumo?

A parte che non ci si dovrebbe MAI indebitare per beni di consumo, ed uno Stato non dovrebbe lasciare che i suoi cittadini si indebitassero spendendo soldi 'creati' dalle banche - allora perché non stamparli?
TAG e TAEG non sono 'rocket science' non è che ci voglia una laurea per capirli
non so quanti siano in grado a calcolare l'interesse composto  e di fare la differenza dal prezzo base di un'automobile pubblicizzata e quello che effettivamente ha pagato compreso  costi "nascosti".

La pubblicità riferita agli smartphone  , altro esempio, parla di 10 euro  per e gigabyte  50 sms e 200 minuti di conversazione.
Ovviamente ci sono svariate offerte di competitor.Il primo problema è che difficilmente si scende di prezzo, ma semmai offrono di più anche se non serve, cose inutili. Il secondo è che non è il mese di calendario, perchè la ricarica viene scaricata settimanalmente, per cui in realtà scaricano su 28 giorni(4 settimane) guadagnando in un anno quasi un mese. secondo aspetto il ciclo di vita dei prodotti, tanto più il loro valore aggiunto è tecnologico, è alquanto basso sia come hardware che come aggiornamento del software.
Quanto dura uno smarpthone prima che salti la scheda madre? Quanto dura il sitema operativo che si autoaggiorna prima che le app decidano di non autoaggiornare un sistema operativo reso obsoleto? ma chi l oha deciso se non le marche che detengono il prodtto di consumo, chi costruisce il sistema operativo, chi costruisce le app
Allora la domanda e l'offerta è funzionale al prendi e getta e non ad un efficientismo economico generale, ma ad un consumismo inutile che non è sostenibile ambientalmente come economia.intendo dire che è insito nel capitalismo (ma non voglio fare discorsi ideologici) che l'usura de ltempo di un bene sia calcolato in fase di progettazione affinchè il prodotto "durevole" non duri

C'è un irrazionalità del desiderio compulsivo del consumatore che viene veicolato dalla pubblicità e dagli stili di vita.
C'è  un sistema a monte che non è ver oche sia il più efficentista (il capitalismo) perchè ha interesse a fatturare continuamente spremendo il consumatore e quindi sottraendo energia all'intero del sistema.in generale.
C'è una pseudo informazione che passa per scientifica da parte di effettivi scienziati prezzolati ovviamente dalle stesse grandi marche o dagli Stati stessi ( la ricordiamo la vaccinazione di influenza fantasma di qualche anno fa?)

Il risultato è come sempre  che ognuno deve costruirsi una propria cultura ed essere critico e vigile con mutande d'acciaio.

maral

CitazioneIl risultato è come sempre  che ognuno deve costruirsi una propria cultura ed essere critico e vigile con mutande d'acciaio.
E comunque, per quanto spesse siano le mutande che si indossano, gli succederà di venir fregato. Anche questa consapevolezza va messa nel conto delle cose necessarie.

albert

Citazione di: paul11 il 09 Dicembre 2016, 10:28:19 AM

C'è un irrazionalità del desiderio compulsivo del consumatore che viene veicolato dalla pubblicità e dagli stili di vita.
C'è  un sistema a monte che non è ver oche sia il più efficentista (il capitalismo) perchè ha interesse a fatturare continuamente spremendo il consumatore e quindi sottraendo energia all'intero del sistema.in generale.
C'è una pseudo informazione che passa per scientifica da parte di effettivi scienziati prezzolati ovviamente dalle stesse grandi marche o dagli Stati stessi ( la ricordiamo la vaccinazione di influenza fantasma di qualche anno fa?)

Il risultato è come sempre  che ognuno deve costruirsi una propria cultura ed essere critico e vigile con mutande d'acciaio.

Il primo elemento di questa cultura è la consapevolezza che i prodotti pubblicizzati comprendono lo pseudo-valore generato dal marketing, e quindi sono da evitare perché più cari del giusto.
Poi, ovviamente, bisogna semplificare ogni offerta, riportandole tutte alla stessa metrica

paul11

Citazione di: albert il 09 Dicembre 2016, 17:00:31 PM
Citazione di: paul11 il 09 Dicembre 2016, 10:28:19 AM

C'è un irrazionalità del desiderio compulsivo del consumatore che viene veicolato dalla pubblicità e dagli stili di vita.
C'è  un sistema a monte che non è ver oche sia il più efficentista (il capitalismo) perchè ha interesse a fatturare continuamente spremendo il consumatore e quindi sottraendo energia all'intero del sistema.in generale.
C'è una pseudo informazione che passa per scientifica da parte di effettivi scienziati prezzolati ovviamente dalle stesse grandi marche o dagli Stati stessi ( la ricordiamo la vaccinazione di influenza fantasma di qualche anno fa?)

Il risultato è come sempre  che ognuno deve costruirsi una propria cultura ed essere critico e vigile con mutande d'acciaio.

Il primo elemento di questa cultura è la consapevolezza che i prodotti pubblicizzati comprendono lo pseudo-valore generato dal marketing, e quindi sono da evitare perché più cari del giusto.
Poi, ovviamente, bisogna semplificare ogni offerta, riportandole tutte alla stessa metrica
Ma la pubblicità nel cosiddetto mercato libero è l'anima del commercio perchè costruisce il connubbio ciò che è conosciuto è affidabile ,la marca sconosciuta è meno affidabile.Se non fosse così finirebbe la pubblicità.
Altro aspetto importante sta nel fatto che è proprio nel marketing la strategia del prodotto .
Il ceo si affida a marketing e vendite, le supply chian sono solo operation per l'industria moderna, ovvero generazione di costo. ma è il marketing che chiede alla ricerca e sviluppo dopo studi comportamentali sociologici, psicologico statistici, di fare tal prodotto a tal costo Il marketing decide cosa fare, le supply chain come fare e la programmazione è il perno informativo fra la domanda del mercato e la quantità di prodotto da costruire in funzione dei magazzini.
Se le industrie si sono evolute in tal senso è proprio perchè si sono focalizzate sul prodotto e sul consumatore e il consumatore non ha tutti i dati d'informazione per poter confrontare se un prodotto meno pubblicizzato ad un prezzo inferiore abbia un rapporto prezzo/qualità competitivo e conveniente.
I mass media non aiutano e spesso le riviste specializzate....mmmmmmmmmhhhh, fanno pensare a strane meccanismi, proprio perchè le aziende sanno ormaii del peso di riviste che confrontano prodotti di uno stesso segmento di mercato.
In via di massima sono ovviamente d'accordo con te, ma ritengo che la poca trasparenza, la poca informazione, veicoli purtroppo il consumatore dove il marketing vuole con il suo peso pubblicitario e le strategie di vendita.

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