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MQ e coscienza

Aperto da iano, 01 Marzo 2019, 16:56:39 PM

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iano

@Sciombro
Grazie per il riferimento a Hume.Non sapevo.Interessante.
Non ho nulla contro il determinismo , ma semplicemente la MQ lo mette in parte in discussione , quantomeno a livello di opinione comune diffusa , o no?
Se avessi una minima idea di cosa si intende per variabili nascoste magari scoprirei di essere d'accordo con te.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

sgiombo

CitazioneNon la M Q ma invece le sue prevalenti (fra gli addetti ai lavori) interpretazioni filosofiche mettono in parte in discussione il determinismo (negano il determinismo forte per sostenere un determinismo ovvero indeterminismo debole).

Al prezzo salatissimo, che un razionalista conseguente come me non può accettare di pagare, di cadere in contraddizioni come quella evidenziata da Schroedinger col suo celebre (e spesso malinteso) esperimento mentale "del gatto".

Le variabili nascoste sono molto semplicemente quelle caratteristiche di ciascuna coppia di particelle correlata dal pr. di indeterminazione di Heisenberg, di cui di volta in volta non si ha conoscenza "minimamente precisa"; per  es. la posizione di una particella allorché se ne conosce con elevata precisione la quantità di moto; posizione che  per i "deterministi" esiste anche se non nota -appunto nascosta- mentre per gli indeterministi non esiste (non ha un luogo preciso ma é "spalmata" in uno spazio tendenzialmente infinito) ma si crea ad libitum dell' osservatore se e quando questo, rinunciando a conoscere (e impedendo che abbia un valore preciso), la quantità di moto, decide di misurarla..

Ipazia

Citazione di: sgiomboAl prezzo salatissimo, che un razionalista conseguente come me non può accettare di pagare, di cadere in contraddizioni come quella evidenziata da Schroedinger col suo celebre (e spesso malinteso) esperimento mentale "del gatto".

Ma che male ti ha fatto l'induzione per odiarla aprioristicamente così tanto?
Non dirmi che é per amore del noumeno!
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

sgiombo

Citazione di: Ipazia il 02 Aprile 2019, 08:27:42 AM
Ma che male ti ha fatto l'induzione per odiarla aprioristicamente così tanto?
Non dirmi che é per amore del noumeno!


(Apprezzo la battuta scherzosa).

In realtà, con il mio amatissimo Hume, non odio l' induzione, semplicemente la critico razionalmente e ne rilevo l' indimostrabilità logica - non provabilità empirica.

Fra l' altro questa critica evidenzia solo la non certezza razionale (in ultima analisi; casomai la semplice "ragionevolezza") del senso comune e della conoscenza scientifica.
I quali predicano circa (conoscono) i fenomeni e non il noumeno; l' esistenza di quest' ultimo é altrettanto degna di dubbio dell' induzione, ma non dipende e men che meno si identifica con essa.
"Amo il noumeno" perché, malgrado la sua indimostrabilità logica (e ovviamente, per definizione, non constatabilità empirica), mi consente di spiegarmi alcune cose cui credo, come l' intersoggettività dei fenomeni materiali (indimostrabile ma necessaria perché se ne dia conoscenza scientifica) e i rapporti di corrispondenza (e non identità) fra coscienza e determinate funzioni cerebrali sempre più fortemente provata dalle moderne neuroscienze.

iano

Citazione di: sgiombo il 02 Aprile 2019, 08:04:33 AM

Grazie per la spiegazione.
In modo forse semplicistico potremmo dire che esiste per la fisica ciò che si misura , e la precisione della misura è nei limiti degli strumenti usati , e non data per principio.
Il principio di indeterminazione ci dice appunto che l'assunto precedente è semplicistico.
Esistono misure di quantità di moto e misure di posizione
, ma ciò non implica che esista una quantità di moto indipendente da una posizione.
Cosa ne pensi?
Forse non sono propriamente le variabili ad essere nascoste , ma il vero oggetto delle nostre misure.
I limiti delle nostre misure sono forse più pesanti di quel che pensiamo , e non è una questione di precisione, ma di mezzi.
L'inadeguatezza dei mezzi viene da noi semplicemente tradotto impropriamente in un principio.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#65
Quindi la posizione , e quantità di moto e altro , non sono proprietà dell'oggetto 'nascosto' delle misure , ma il risultato dell'interazione fra oggetto e strumento di misura , che ci restituisce non l'essenza dell'oggetto , ma quanto basta sapere per ulteriori interazioni con l'oggetto attraverso nuove misure.
La piena conoscenza dell'oggetto in se' , per quanto desiderabile , non è essenziale agli scopi della fisica , che sono quelli di progredire mell'interazione con l'oggetto , che in senso lato è la realtà.
Possiamo certamente e  comprensibilmente desiderare la conoscenza dell'oggetto in se' , e pensare anche che questa conoscenza possa inoltre comportare una massimizzazione dei risvolti pratici.
Tuttavia questa mancata conoscenza non è ostante in se' all'interazione con l'oggetto.
La quantità di moto non è una proprietà in se' dell'oggetto , ma il risultato di una interazione indiretta con l'oggetto attraverso strumenti.
La quantità di moto è una proprietà della misura , semmai , quindi.
So' di esprimermi rozzamente , ma spero di aver dato comunque un contributo.
Se il principio di indeterminazione introduce quindi elementi di irrazionalità questi non sono da trasferire automaticamente ne' all'oggetto della misura ne' agli strumenti di misura , ma a ciò che ci risulta dalla loro interazione.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
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iano

#66
Quando , trasferendo impropriamente le proprietà dei risultati delle misure all'oggetto delle misure , riusciamo a mantenere accidentalmente un quadro razionale e coerente, allora possiamo sostituire utilmente all'oggetto ignoto un oggetto fittizio che ha certe proprietà  , e che a noi apparira' come essere la realtà agli effetti pratici, senza che ciò, finché si resta entro precisi limiti operativi , risulti essere un problema.
Questi limiti in effetti non sono sempre precisati e ci si accorge di essi solo quando accidentalmente ci incappiamo.
Le proprietà che popolano queste realtà fittizie , in quanto fittizie , potranno quindi a diritto risultare strambe ed eccentriche , basta che funzionino.
Avere una interpretazione soddisfacente di una teoria significa poter costruire una realtà fittizia da considerare a tutti gli effetti (esclusa la conoscenza in se') come essere la realtà, seppur entro certi limiti operativi più o meno noti , che deve essere relativamente semplice , cioè facilmente immaginabile.
Ma ciò non è necessariamente dato e comunque dipende dai nostri limiti attuali di immaginazione .
La realtà non è come ci appare ma il modo in cui ci appare di volta in volta non è gratuito e si evolve con noi.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

sgiombo

Citazione di: iano il 04 Aprile 2019, 13:23:32 PM
Grazie per la spiegazione.
In modo forse semplicistico potremmo dire che esiste per la fisica ciò che si misura , e la precisione della misura è nei limiti degli strumenti usati , e non data per principio.
Il principio di indeterminazione ci dice appunto che l'assunto precedente è semplicistico.
Esistono misure di quantità di moto e misure di posizione
, ma ciò non implica che esista una quantità di moto indipendente da una posizione.

Citazione
entrambe reali contemporaneamente (per tutto il tempo in cui esiste la particella di cui sono quantità di moto e posizione), anche se non misurabili entrambe con elevata precisione, essendo necessariamente la precisione di una delle due misure (e non la variabile misurata) inversamente proporzionale a quella dell' altra (secondo la costante di Plank).

Cosa ne pensi?

Forse non sono propriamente le variabili ad essere nascoste , ma il vero oggetto delle nostre misure.
Citazione
Penso che il vero oggetto (fenomenico; propriamente intersoggettivo) delle nostre misure sono le variabili (caratteristiche eventualmente conoscibili di non eventuali enti-eventi reali), delle quali le una necessariamente "nascoste" se le altre sono "palesi".



I limiti delle nostre misure sono forse più pesanti di quel che pensiamo , e non è una questione di precisione, ma di mezzi.
L'inadeguatezza dei mezzi viene da noi semplicemente tradotto impropriamente in un principio.
Citazione
MI sembra che la MQ (in qualsiasi accezione) implichi la relazione di indeterminazione fra le misure "correlate" non per inadeguatezza dei mezzi di misura ma invece per così dire "in assoluto", indipendentemente da limitazioni pratiche, per una ragione teorica, di principio.

sgiombo

#68
Citazione di: iano il 04 Aprile 2019, 15:02:31 PM
Quindi la posizione , e quantità di moto e altro , non sono proprietà dell'oggetto 'nascosto' delle misure , ma il risultato dell'interazione fra oggetto e strumento di misura , che ci restituisce non l'essenza dell'oggetto , ma quanto basta sapere per ulteriori interazioni con l'oggetto attraverso nuove misure.
Citazione
Secondo me il risultato dell'interazione fra oggetto e strumento di misura sono le misure delle proprietà dell'oggetto, in parte inevitabilmente 'nascoste'; mentre le proprietà stesse (indipendentemente da eventuali misurazioni e conoscenze che se ne potessero avere o meno) sono realmente proprie dell' oggetto (reali).



La piena conoscenza dell'oggetto in se' , per quanto desiderabile , non è essenziale agli scopi della fisica , che sono quelli di progredire mell'interazione con l'oggetto , che in senso lato è la realtà.

Possiamo certamente e  comprensibilmente desiderare la conoscenza dell'oggetto in se' , e pensare anche che questa conoscenza possa inoltre comportare una massimizzazione dei risvolti pratici.
Citazione
Secondo e fra gli scopi della fisica c' é anche la conoscenza dei fenomeni materiali fine a se stessa.
Ma l' oggetto in sé (indipendentemente dalla percezione fenomenica: qualcosa di per lo meno molto simile al noumeno kantiano) é ben altro dell' "oggetto" fenomenico di conoscenza scientifica, anche nei suoi aspetti ignoti, "nascosti".



Tuttavia questa mancata conoscenza non è ostante in se' all'interazione con l'oggetto.
La quantità di moto non è una proprietà in se' dell'oggetto , ma il risultato di una interazione indiretta con l'oggetto attraverso strumenti.
Citazione
Secondo me La quantità di moto è una proprietà reale (intersoggettiva) dell' "oggetto" fenomenico, e non reale in sé (Una proprietà della cosa non percepita direttamente ma comunque indirettamente inferita da percezioni dirette, e scientificamente conosciuta: realtà comunque fenomenica, della quale l' "esse est percipi"); non riguarda non l' oggetto reale in sé, indipendentemente dalle sensazioni coscienti  (se c' é).


La quantità di moto è una proprietà della misura , semmai , quindi.
So' di esprimermi rozzamente , ma spero di aver dato comunque un contributo.
Se il principio di indeterminazione introduce quindi elementi di irrazionalità questi non sono da trasferire automaticamente ne' all'oggetto della misura ne' agli strumenti di misura , ma a ciò che ci risulta dalla loro interazione.
Citazione
Secondo me la quantità di moto delle particelle é un' proprietà reale dei fenomeni materiali (eventualmente misurabile, ma reale indipendentemente dal fatto che sia misurata o meno, nota o meno).

Ritengo irrazionale non il pr. di indeterminazione, né gli enti ed eventi fenomenici ("oggetti") cui si riferisce, ma invece le interpretazioni "conformistiche" di esso.



Secondo me non si devono confondere due questioni diverse:

da una parte la natura fenomenica cosciente oppure in sé di ciò di cui parliamo (oggetti di conoscenza scientifica);

e dall' altra, nell' ambito dei fenomeni coscienti che unicamente possono essere oggetto della conoscenza scientifica, ciò che di volta in volta é conoscibile (misurabile) con elevata precisione e ciò che non lo é (ma non é detto, per questo, che non sia reale).



Per me le proprietà dei risultati delle misure sono aspetti, caratteristiche reali degli "oggetti" (fenomenici) delle misure, anche se alcuni di questi aspetti o caratteristiche degli oggetti (fenomenici) delle misure inevitabilmente restano "nascosti" (le loro misure non sono conoscibili con "un minimo ragionevole di precisione" insieme a quelle di determinate altre caratteristiche, ma solo alternativamente ad esse).

Sariputra

cit.Iano: "Avere una interpretazione soddisfacente di una teoria significa poter costruire una realtà fittizia da considerare a tutti gli effetti (esclusa la conoscenza in se') come essere la realtà, seppur entro certi limiti operativi più o meno noti , che deve essere relativamente semplice , cioè facilmente immaginabile.
Ma ciò non è necessariamente dato e comunque dipende dai nostri limiti attuali di immaginazione .
La realtà non è come ci appare ma il modo in cui ci appare di volta in volta non è gratuito e si evolve con noi."

Ma allora...che succede alla coscienza nel momento in cui la mente cessa di seguire le immagini e le rappresentazioni della realtà?...Il pensiero sorge in relazione all'apparire di un'immagine alla coscienza. Segue l'immagine. Con la meditazione di retrospezione si 'visualizza' l'intero processo: ossia perché finiamo per pensare questo dopo essere partiti pensando quello, per esempio...per il fatto che la mente 'segue'( senza esserne consapevole...) la percezione delle immagini (interne ed esterne...). Ma quando la mente non 'crea' e non segue più le immagini...che succede alla coscienza?...E' interessante da investigare...Dove va la coscienza quando cessa il pensiero? Cosa succede? Se ne può "parlare" ancora?...

Comincio, per esempio, col pensare ad un gattone. Passano pochi minuti e mi ritrovo a pensare a un ponte che attraversa il Brenta, un ponte particolare dalle linee singolari. A questo punto potrei immaginare che la mia mente sia "saltata" dall'idea del gatto all'idea del ponte, che abbia semplicemente e casualmente dimenticato la prima idea per pensare semplicemente e casualmente la seconda. Ma..se mi do la pena (pesante...) di richiamare alla memoria quello che è successo e di studiare questa cosa...beh! Scoprirò che c'era una catena ininterrotta di immagini che andava dalla prima all'ultima...
Pensavo a un gatto, poi...che so...al gatto disteso sul tappeto davanti al fuoco...poi al tappeto senza il gatto, poi ai tappetini che  tessono in una fabbrichetta artigianale che conosco che si trova vicino al fiume, e infine a un panorama a monte del fiume dove si trova il famoso ponte...
Si tratta ovviamente di una descrizione approssimativa e incompleta del 'processo' , giusto per dare l'idea...ed è anche piuttosto imprecisa. Potremo fare l'analogia tra il sorgere di un'immagine e la prpiezione di una diapositiva. Come la diapositiva è una copia statica di un evento passato, così ogni immagine (con rare eccezioni) è la riproduzione di un'esperienza sensoriale precedente. In un certo momento facciamo l'esperienza di "vedere il gatto"; più tardi, in assenza del felino,  facciamo l'esperienza che chiamiamo 'ricordare il gatto' o 'pensare il gatto' ( questa è diversa dall'originale perché, di solito, è meno vivida e dura meno...). Queste esperienze sensoriali vengono "proiettate" nel presente, una ad una. Di solito, se siamo inconsapevoli del processo, non riusciamo a cogliere il fatto che non appaiono casualmente ma seguendo sequenze più o meno coerenti (come quella che ho sommariamente descritto...). La sequenza che parte dal gatto per finire al ponte sul Brenta è simile ad una cosa come una 'mostra di diapositive', basata su una minuscola selezione che la mente trae dal suo sterminato "archivio" personale.
Se , tanto per fare un esercizio, volgiamo lo sguardo in diverse direzioni e richiamiamo così alla mente diverse immagini, osserviamo che queste ultime appaiono come se fossero proiettate su quanto si trova nel nostro campo visivo. Per es., mentre osservo il melo nel giardino della Villa, richiamando nello stesso tempo l'immagine della bella massaggiatrice shiatsu che se ne è appena andata, l'immagine di questa sembra sovraimporsi alla percezione visiva del melo.
Con questa pratica meditativa ci si rende conto di come, in circostanze normali, il nostro pensiero interferisca con la percezione sensoriale diretta, offuscandola. Inizia il processo di 'costruzione' della realtà...
La retrospezione, vuoi di intere 'sequenze' di pensieri, vuoi di singole immagini, ci mostra la vera natura del "velo" dell'immaginazione che ricopre il reale.
Le immagini richiamate e costruttrici possono essere così realistiche da suscitare in noi autentiche reazioni fisiche o emotive. L'immagine di una persona amata defunta ci può far sgorgare lacrime amare dagli occhi; l'immagine di una persona verso cui proviamo rabbia  e avversione ci può far stringere i pugni o serrare la mandibola...
Al sorgere di queste immagini potentemente evocative praticamente ci sembra di tornare alla situazione originaria e reagiamo di conseguenza allo stesso modo, su per giù...Non percepiamo l'immagine della persona amata "in quanto immagine", un transitorio e impermanente fenomeno mentale; la percepiamo invece "come se fosse la persona che rappresenta", e quindi reagiamo di conseguenza...
Naturalmente esistono immagini appartenenti ad una modalità sensoriale diversa da quella visiva:le riproduzioni di suoni uditi in passato sono assai comuni; quelle olfattive, gustative o di altro genere sono più rare, ma possono essere molto realistiche. Un caso tipico è il cosiddetto "dialogo interiore". Questo è praticamente il commento continuo che la mente fa dei contenuti delle immagini visive. E' il famoso "chiacchericcio continuo" che tutti noi intratteniamo con noi stessi...La somiglianza con uno spettacolo di diapositive è, in questo caso, ancora più stretta dato che le immagini proiettate sullo schermo (le immagini visive)... sono ora accompagnate da una specie di commento sonoro (il dialogo interno continuo). Il dialogo interno a volte assume caratteristiche francamente divertenti , come quando prende la forma di una sorta di 'conferenza immaginaria' in cui si fa fare a qualcuno la parte dell'ascoltatore. A volte, se qualcuno conosce diverse lingue, si può osservare che si tende a cambiare la propria per adattarsi a quella dell'immaginario ascoltatore...
Non tutte le immagini sono semplici riproduzioni di esperienze sensoriali. E' il caso  delle immagini che vengono modificate dalla mente,  per esempio quando cerco di visualizare come sarebbe l'aspetto di Villa Sariputra se fosse tinta di rosa confetto... 
Altre immagini sono schematiche, come quando si visualizza la dimostrazione di un problema di geometria o la mappa di un itinerario da seguire. Queste immagini 'manipolate' non sono che una piccola parte della produzione mentale complessiva, sebbene a volte la loro 'singolarità'  possa darle una patina di valore artistico o pratico, rendendole interessanti per noi stessi, ma anche per gli altri...

Nella filosofia buddhista questa caratteristica propria della mente, di saltare cioè continuamente da un'immagine all'altra e da un commento all'immagine ad un altro, viene definita come "mente di scimmia", paragonando la nostra mente ad una scimmia che, in una foresta, salta continuamente da un ramo all'altro...
E così, tornando al quesito iniziale, visto che posso essere consapevole e osservatore dell'intero 'processo', sorge la domanda: all'arrestarsi della proiezione e del commento interno a questa...che succede allo spettatore (coscienza)?
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

iano

Citazione di: Sariputra il 05 Aprile 2019, 00:36:30 AM
cit.Iano: "Avere una interpretazione soddisfacente di una teoria significa poter costruire una realtà fittizia da considerare a tutti gli effetti (esclusa la conoscenza in se') come essere la realtà, seppur entro certi limiti operativi più o meno noti , che deve essere relativamente semplice , cioè facilmente immaginabile.
Ma ciò non è necessariamente dato e comunque dipende dai nostri limiti attuali di immaginazione .
La realtà non è come ci appare ma il modo in cui ci appare di volta in volta non è gratuito e si evolve con noi."

Ma allora...che succede alla coscienza nel momento in cui la mente cessa di seguire le immagini e le rappresentazioni della realtà?...Il pensiero sorge in relazione all'apparire di un'immagine alla coscienza. Segue l'immagine. Con la meditazione di retrospezione si 'visualizza' l'intero processo: ossia perché finiamo per pensare questo dopo essere partiti pensando quello, per esempio...per il fatto che la mente 'segue'( senza esserne consapevole...) la percezione delle immagini (interne ed esterne...). Ma quando la mente non 'crea' e non segue più le immagini...che succede alla coscienza?...E' interessante da investigare...Dove va la coscienza quando cessa il pensiero? Cosa succede? Se ne può "parlare" ancora?...

Comincio, per esempio, col pensare ad un gattone. Passano pochi minuti e mi ritrovo a pensare a un ponte che attraversa il Brenta, un ponte particolare dalle linee singolari. A questo punto potrei immaginare che la mia mente sia "saltata" dall'idea del gatto all'idea del ponte, che abbia semplicemente e casualmente dimenticato la prima idea per pensare semplicemente e casualmente la seconda. Ma..se mi do la pena (pesante...) di richiamare alla memoria quello che è successo e di studiare questa cosa...beh! Scoprirò che c'era una catena ininterrotta di immagini che andava dalla prima all'ultima...
Pensavo a un gatto, poi...che so...al gatto disteso sul tappeto davanti al fuoco...poi al tappeto senza il gatto, poi ai tappetini che  tessono in una fabbrichetta artigianale che conosco che si trova vicino al fiume, e infine a un panorama a monte del fiume dove si trova il famoso ponte...
Si tratta ovviamente di una descrizione approssimativa e incompleta del 'processo' , giusto per dare l'idea...ed è anche piuttosto imprecisa. Potremo fare l'analogia tra il sorgere di un'immagine e la prpiezione di una diapositiva. Come la diapositiva è una copia statica di un evento passato, così ogni immagine (con rare eccezioni) è la riproduzione di un'esperienza sensoriale precedente. In un certo momento facciamo l'esperienza di "vedere il gatto"; più tardi, in assenza del felino,  facciamo l'esperienza che chiamiamo 'ricordare il gatto' o 'pensare il gatto' ( questa è diversa dall'originale perché, di solito, è meno vivida e dura meno...). Queste esperienze sensoriali vengono "proiettate" nel presente, una ad una. Di solito, se siamo inconsapevoli del processo, non riusciamo a cogliere il fatto che non appaiono casualmente ma seguendo sequenze più o meno coerenti (come quella che ho sommariamente descritto...). La sequenza che parte dal gatto per finire al ponte sul Brenta è simile ad una cosa come una 'mostra di diapositive', basata su una minuscola selezione che la mente trae dal suo sterminato "archivio" personale.
Se , tanto per fare un esercizio, volgiamo lo sguardo in diverse direzioni e richiamiamo così alla mente diverse immagini, osserviamo che queste ultime appaiono come se fossero proiettate su quanto si trova nel nostro campo visivo. Per es., mentre osservo il melo nel giardino della Villa, richiamando nello stesso tempo l'immagine della bella massaggiatrice shiatsu che se ne è appena andata, l'immagine di questa sembra sovraimporsi alla percezione visiva del melo.
Con questa pratica meditativa ci si rende conto di come, in circostanze normali, il nostro pensiero interferisca con la percezione sensoriale diretta, offuscandola. Inizia il processo di 'costruzione' della realtà...
La retrospezione, vuoi di intere 'sequenze' di pensieri, vuoi di singole immagini, ci mostra la vera natura del "velo" dell'immaginazione che ricopre il reale.
Le immagini richiamate e costruttrici possono essere così realistiche da suscitare in noi autentiche reazioni fisiche o emotive. L'immagine di una persona amata defunta ci può far sgorgare lacrime amare dagli occhi; l'immagine di una persona verso cui proviamo rabbia  e avversione ci può far stringere i pugni o serrare la mandibola...
Al sorgere di queste immagini potentemente evocative praticamente ci sembra di tornare alla situazione originaria e reagiamo di conseguenza allo stesso modo, su per giù...Non percepiamo l'immagine della persona amata "in quanto immagine", un transitorio e impermanente fenomeno mentale; la percepiamo invece "come se fosse la persona che rappresenta", e quindi reagiamo di conseguenza...
Naturalmente esistono immagini appartenenti ad una modalità sensoriale diversa da quella visiva:le riproduzioni di suoni uditi in passato sono assai comuni; quelle olfattive, gustative o di altro genere sono più rare, ma possono essere molto realistiche. Un caso tipico è il cosiddetto "dialogo interiore". Questo è praticamente il commento continuo che la mente fa dei contenuti delle immagini visive. E' il famoso "chiacchericcio continuo" che tutti noi intratteniamo con noi stessi...La somiglianza con uno spettacolo di diapositive è, in questo caso, ancora più stretta dato che le immagini proiettate sullo schermo (le immagini visive)... sono ora accompagnate da una specie di commento sonoro (il dialogo interno continuo). Il dialogo interno a volte assume caratteristiche francamente divertenti , come quando prende la forma di una sorta di 'conferenza immaginaria' in cui si fa fare a qualcuno la parte dell'ascoltatore. A volte, se qualcuno conosce diverse lingue, si può osservare che si tende a cambiare la propria per adattarsi a quella dell'immaginario ascoltatore...
Non tutte le immagini sono semplici riproduzioni di esperienze sensoriali. E' il caso  delle immagini che vengono modificate dalla mente,  per esempio quando cerco di visualizare come sarebbe l'aspetto di Villa Sariputra se fosse tinta di rosa confetto...
Altre immagini sono schematiche, come quando si visualizza la dimostrazione di un problema di geometria o la mappa di un itinerario da seguire. Queste immagini 'manipolate' non sono che una piccola parte della produzione mentale complessiva, sebbene a volte la loro 'singolarità'  possa darle una patina di valore artistico o pratico, rendendole interessanti per noi stessi, ma anche per gli altri...

Nella filosofia buddhista questa caratteristica propria della mente, di saltare cioè continuamente da un'immagine all'altra e da un commento all'immagine ad un altro, viene definita come "mente di scimmia", paragonando la nostra mente ad una scimmia che, in una foresta, salta continuamente da un ramo all'altro...
E così, tornando al quesito iniziale, visto che posso essere consapevole e osservatore dell'intero 'processo', sorge la domanda: all'arrestarsi della proiezione e del commento interno a questa...che succede allo spettatore (coscienza)?
In questo tuo post , essendo consapevole e osservatore del "processo" , ci hai fatto entrare nei tuoi pensieri.
Ciò è stato possibile in quanto hai evocato immagini , e in generale stati mentali , che in qualche modo condividiamo , e quindi attraverso il linguaggio possiamo condividere un racconto ,che vale come una trasmissione di esperienze ,con esse protagoniste.
In ciò la coscienza sembra recitare la parte del mezzo , mentre la condivisione quella del fine , anche se la coscienza in se' L è tutto ciò che essa comporta in modo immediato , come la meditazione , istintivamente ci pare un bene in se' .

Questa condivisione rende possibile una trasmissione di processi soggettivi , rendendoli di fatto intersoggettivi (termine amato da Sciombro 😉 ) .
La coscienza però non è l'unico modo per ottenere ciò, ma l'unico che conosciamo per farlo in modo consapevole e per farlo presto.
Altri modi a noi ignoti (non coinvolgono la coscienza e quindi non sono espliciti ) ottengono lo stesso risultato in un tempo evolutivo , alla fine del quale ci si trova a condividere, senza aver coscientemente perseguito ciò, un mondo fittizio fatto di immagini che nascono da esperienze indipendenti , e che pure convergono , in una tanto perfetta intersoggettivita' da non potersi non pensare che quella sia la vera realtà.
Ma "creare un mondo" con coscienza e senza , non è la stessa cosa.
Si possono fare cose senza sapere di farle , ma il risultato non è lo stesso.
Lo scopo per cui lo facciamo invece si. Per interfacciarsi con la realtà e farlo tutti insieme.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#71
@ Sariputra.
Ognuno di noi si crea propri mondi soggettivi , nati se vuoi da meditazione ,che naturalmente cercheremo di condividere con altre soggettività , e cosa ci indispettisce di più del non trovare corrispomdenza con altre soggettività , a indicare che quello è l'obiettivo ?
Tutto ciò che non è condiviso è perso.
Le teorie fisiche sono un mondo fittizio che non nasce da esperienze soggettive indipendenti ripetute non volute , ma comportano esperienze coscienti ripetibili.
Per costruire le teorie fisiche , e il mondo fittizio relativo , si fa' prima , e si fa' prima perché si va' dritti coscientemente ad un obiettivo, e perché le risorse impiegate nel ripetere l'esperienza sono sostenibili ,  cioè la ripetibilità rimane di fatto una possibilità teorica.
Tutti possono fare l'esperienza , ma pochi la fanno.
Quei pochi poi devono raccontarla per farla vivere a tutti , come tu ci hai messo a parte di un pezzo della tua vita.
Nel loro caso pero' il risultato sembra molto meno scontato.
Tutto ciò è successo perché la coscienza , cioè il sapere ciò che si fa' sapendolo di fare 😅 è diventata la nostra attività principale, talche' non riusciamo a pensare di poterlo fare diversamente.
In effetti lo abbiamo già fatto diversamente , e questa che viene è l'era della coscienza, con tutti i pro e tutti i contro.
Ma la coscienza e le immagini meravigliose che siamo riusciti a creare non sono un fine , ma un mezzo , e forse adesso ne occorrono di nuovi e non è chiaro in che modo li si possa coscientemente creare.
Però noi siamo qui per questo.Per condividerli, e per scambiarci , se non immagini , qualcosa che li vale.
Non sembra facile.
Siamo in effetti a un punto di svolta epocale , che io chiamo l'era della coscienza , ma non ne abbiamo preso ancora piena coscienza🤨 e finché non lo faremo il problema ci sembrerà più grande di quello che è.
La strada più o meno consapevolmente già intrapresa è quella di esplicitare , di portare cioè alla coscienza , tutto ciò che è stato costruito senza il suo uso.
Non sara' dunque la materia su cui meditare a farci difetto , Sariputra.😉
Inevitabile nutrire qualche timore.
Come reagira' il drago una volta che lo avremo svegliato?
Perché quel drago siamo noi e siamo la cosa che più ci spaventa perché meno conosciamo.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

sgiombo

Amico Sari, penso che la nostra coscienza ha avuto un inizio, ha delle discontinuità (quando dormiamo senza sognare) e avrà una fine.

E (con i suoi "contenuti": le sensazioni esteriori materiali e interiori mentali) é tutto ciò di cui possiamo essere certi (quando vedi il melo, ricordi la assaggiatrice -birichino!- o il ponte o immagini il gattone, se intanto pensi "vedo il melo", "ricordo [piacevolmente; aggiunta mia assai verosimile] la massaggiatrice", "sto pensando al ponte sul Brenta" o "al gattone" hai conoscenze certamente vere.

Tutto il resto che possiamo immaginare, ricordare, pensare, soprattutto ipotizzare é dubbio: se davvero lo immaginiamo, ricordiamo, pensiamo, ipotizziamo é vero che tutto ciò accada, ma i "contenuti" di tali atti mentali potrebbero non essere conformi a ciò che é o era reale, niente ci garantisce che non siano falsi.
Io ipotizzerei che finché qualcun altro (o al limite noi in uno specchio o indirettamente, come immagini di Risonanza Magnetica funzionale) può constatare l' esistenza del nostro cervello vivo e funzionante, la nostra coscienza realmente accade (anche se discontinuamente); quando si può constatare che il nostro cervello é morto (o al limite in coma irreversibile); allora la nostra coscienza avrà cessato definitivamente di (ri-) accadere realmente, di (ri-) esistere.
E questo perché il nostro cervello costituisce l' insieme di sensazioni fenomeniche materiali che nell' ambito di esperienze coscienti diverse dalla nostra propria accade (almeno potenzialmente:  in linea torica potrebbe accadere e accadrebbe purché si compissero le opportune osservazioni) come manifestazione fenomenica "oggetto" a determinati "soggetti" di esperienza cosciente di quella stessa cosa in sé che é soggetto della nostra propria esperienza cosciente e che a noi stessi appare, in quanto oggetto di esperienza cosciente identificantesi con il soggetto, come i nostri stati mentali (i fenomeni interiori della nostra coscienza: pensieri, sentimenti, stati d' animo, ecc.).

Ciao!

P.S.: Spero proprio non stia meditando di dipingere di rosa confetto la Villa Sariputra!

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