La realtà non è come ci appare.

Aperto da iano, 03 Febbraio 2018, 23:55:56 PM

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Lou

#180
Molto interessante e condivisibile, Donald, infatti a mio parere, sarebbe più corretto parlare di gradi di realtà, ad esempio l'unicorno pur essendo un essere irreale, ha un suo grado di realtà, l'immagine mentale dello stesso possiamo infatti esperirla. Tutto ciò che appare in qualche modo è, e questo "è" è, banalmente, sintomo di un grado di realtà, anche se l'unicorno, come ebbe a dire magistralmente Rilke, "Oh! questo è l'animale che non c'è".
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Ipazia

Citazione di: Donalduck il 10 Febbraio 2019, 15:24:24 PM
A parte le questioni riguardanti il tempo in particolare, trovo piuttosto paradossale questo disquisire sulla realtà o meno di questo o di quello, quando nessuno è in grado di dare una definizione filosoficamente, razionalmente accettabile e non ambigua di "realtà" (o di "esistenza") in termini assoluti, in particolare di cosa distingua qualcosa di "reale" da qualcosa di "irreale". In altre parole, quello che servirebbe per poter distinguere ciò che sarebbe reale, da ciò che non lo sarebbe dovrebbe essere una definizione "operativa" di realtà, ossia un algoritmo che permette, seguendo una serie di istruzioni operative, di stabilire se "qualcosa" è reale oppure no, basate su una serie di caratteristiche che il "reale" dovrebbe avere, e che manca all "non reale".
Il mio parere è che non ci sia assolutamente nulla che possa essere definito "non reale", se non in un contesto relativo. Ad esempio l'immagine mentale di una sedia non è "reale" nello stesso senso della sedia, ossia non è una "sedia reale", ma è tuttavia ben reale in quanto immagine mentale. E che, in generale, il problema della realtà o meno di qualcosa, se posto in termini assoluti, sia completamente privo di senso.

Non posso che condividere. Il fallimento dalla metafisica consiste proprio nel suo ostinarsi sull'incontrovertibilità dei suoi concetti, sempre ansiosamente in cerca del loro assoluto, del dio Noumeno. Inconoscibile come ogni divinità che si rispetti, perché il divino ama il mistero. Anzi, solo nel mistero riesce a sopravvivere, come intuirono assai bene gli illuministi. Realtà, Verità, Bene, Essere, Tempo, Nulla, sono i feticci metafisici che ci trasciniamo da millenni come palle di piombo incatenate ai piedi della filosofia.

Così accade che se un fisico teorico dice che a certe livelli della realtà (fisica) si può ignorare nelle formule f(t) il metafisico perde la bussola peggio dei dottori di Salamanca di fronte all'avventuroso marinaio genovese.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

sgiombo

CitazioneCitazione di Donalduck:
A parte le questioni riguardanti il tempo in particolare, trovo piuttosto paradossale questo disquisire sulla realtà o meno di questo o di quello, quando nessuno è in grado di dare una definizione filosoficamente, razionalmente accettabile e non ambigua di "realtà" (o di "esistenza") in termini assoluti, in particolare di cosa distingua qualcosa di "reale" da qualcosa di "irreale". In altre parole, quello che servirebbe per poter distinguere ciò che sarebbe reale, da ciò che non lo sarebbe dovrebbe essere una definizione "operativa" di realtà, ossia un algoritmo che permette, seguendo una serie di istruzioni operative, di stabilire se "qualcosa" è reale oppure no, basate su una serie di caratteristiche che il "reale" dovrebbe avere, e che manca all "non reale".

Il mio parere è che non ci sia assolutamente nulla che possa essere definito "non reale", se non in un contesto relativo. Ad esempio l'immagine mentale di una sedia non è "reale" nello stesso senso della sedia, ossia non è una "sedia reale", ma è tuttavia ben reale in quanto immagine mentale. E che, in generale, il problema della realtà o meno di qualcosa, se posto in termini assoluti, sia completamente privo di senso.

La definizione l' hai già data tu stesso con l' esempio della sedia e dell' idea della sedia: la realtà comprende il pensiero (della realtà o meno).
Ovvero se accade realmente che si pensi qualcosa, allora tale qualcosa necessariamente (per una necessità "logica": negarlo sarebbe contraddittorio) é reale in quanto pensato, in quanto "contenuto di pensiero".
Ma necessariamente (pena una contraddizione) solo in quanto tale.
Non necessario é che i concetti pensati, oltre ad avere un significato nel senso di intensione o connotazione "cogitativa" abbiano anche un' estensione o denotazione reale anche indipendentemente dall' eventuale essere reale o meno (del pensiero stesso) di tali concetti.

Esempio: se pensiamo a un ippogrifo, allora é reale il concetto di "ippogrifo"; ma nessun cavallo alato non meramente e unicamente pensato.
Invece se pensiamo a un cavallo, allora non é reale solo il concetto pensato di "cavallo", ma anche qualche quadrupede equino non zebra e non asino, che sarebbe reale anche se nessuno pensasse al cavallo stesso (ovvero se non fosse reale anche il concetto di "cavallo").

sgiombo

Citazione di: Ipazia il 10 Febbraio 2019, 17:03:24 PM
Non posso che condividere. Il fallimento dalla metafisica consiste proprio nel suo ostinarsi sull'incontrovertibilità dei suoi concetti, sempre ansiosamente in cerca del loro assoluto, del dio Noumeno. Inconoscibile come ogni divinità che si rispetti, perché il divino ama il mistero. Anzi, solo nel mistero riesce a sopravvivere, come intuirono assai bene gli illuministi. Realtà, Verità, Bene, Essere, Tempo, Nulla, sono i feticci metafisici che ci trasciniamo da millenni come palle di piombo incatenate ai piedi della filosofia.

Così accade che se un fisico teorico dice che a certe livelli della realtà (fisica) si può ignorare nelle formule f(t) il metafisico perde la bussola peggio dei dottori di Salamanca di fronte all'avventuroso marinaio genovese.


Il noumeno non é necessariamente in tutte le metafisiche un Dio (lo é per Kant, oltre ad altro, nella Critica della ragion pratica; ma non nella Critica della ragion pura) .
Inoltre le metafisiche razionalistiche non pretendono alcuna acritica "incontrovertibilità" aprioristica dei loro concetti e nozioni ma li sottopongono sempre a critica razionale.

I concetti che elenchi con l' iniziale impropriamente maiuscola hanno significati magari discutibili ma reali e che meritano l' attenzione critica di ogni razionalista (per lo meno; se non anche di ogni uomo a prescindere dal suo maggiore o minore razionalismo).

Personalmente mi pare di non aver perso affatto la bussola di fronte a quanto qui si é riferito di Rovelli, ma invece (al solito: mi scuso per l' ennesima ripetizione) di avere per lo meno cercato (quanto ci sia riuscito valuti ciascuno secondo le sue opinioni) di criticarlo razionalmente.

iano

#184
Citazione di: Lou il 10 Febbraio 2019, 16:33:22 PM
Molto interessante e condivisibile, Donald, infatti a mio parere, sarebbe più corretto parlare di gradi di realtà, ad esempio l'unicorno pur essendo un essere irreale, ha un suo grado di realtà, l'immagine mentale dello stesso possiamo infatti esperirla. Tutto ciò che appare in qualche modo è, e questo "è" è, banalmente, sintomo di un grado di realtà, anche se l'unicorno, come ebbe a dire magistralmente Rilke, "Oh! questo è l'animale che non c'è".
Nei bestiari medioevali gli ippogrifi avevano realmente la stessa dignità dei leoni.
I nuovi bestiari disegnati dai naturalisti come Wallace , Darwin , e compagnia , introducono diversi gradi di realtà, aggiungendo "nuovi" animali , dei quali alcuni non meno fantasiosi dell'ippogrifo , che invece decade in buona compagnia dell'unicorno.
Quello che non cambia è che alla fine abbiamo sempre un bestiario, più o meno attendibile , che continua a servire a qualcosa.
Se tutto , vecchi e nuovi bestiari e altro , risiedono  , fino a prova contraria , solo nella nostra mente , possiamo tuttavia attribuire ad ognuna di queste immagini un diverso grado , e lo facciamo in base a un qualche algoritmo , che con un certo grado di semplificazione ( la mancanza di consapevolezza della quale equivale ad ingenuità) cataloga ogni cosa come vera o falsa , reale o immaginaria , e tutto ciò al minimo si rivela molto utile.
Ma chi ci impedisce di porre anche su un bestiario moderno , altrimenti certo e provato, il beneficio del dubbio ?
La sorpresa della non esistenza dell'ippogrifo , non minore di quella dell'esistemza dell'ornitorimco , non avrebbe dovuto insegnarci questo , in fondo ?
Ci fidiamo per buoni motivi nostri dei moderni bestiari , non meno di quanto gli antichi per buoni motivi loro si fidavano dei vecchi bestiari.
Di fatto quel che non è mutato è il nostro grado di presunzione , non per la permanenza eventuale dell'innocua ipotesi che una realtà esista fuori dalla nostra mente , ma per il continuare a credere indefessamente nel nostro bestiario .
Il fatto è che , seppure potrebbe essere così, non è necessario crederlo , ma è sufficiente usarlo il bestiario , sopratutto se inizia ad insinuarsi il sospetto che il crederlo possa comportare qualche inconveniente.
Questa successione di bestiari ,questa esperienza , non avrebbe dovuto insegnarci qualcosa di diverso rispetto a ciò che già sapevamo fare , e cioè credere nei bestiari.
Quella che noi chiamiamo realtà in breve è un bestiario, una sequenza di immagini , alla quale ogni volta crediamo , ricredemdoci.
Nessuno di noi darebbe a un bestiario medioevale il credito che diamo a un bestiario moderno.
Il fatto è che noi ci crediamo oggi non meno di quanto gli antichi ci credevano ieri.
Dunque di fatto che cosa è cambiato?
Che cosa abbiamo imparato?
Ciò che non sembra essere mai cambiato nella storia dell'uomo è che il tempo che esso vive goda di un privilegio, di una centralita' , e noi con esso.
Un paradosso , e anche al quadrato , se poi il tempo nel nuovo bestiario non c'è più.
Quello che noi vediamo è un bestiario, e vederlo vale come crederlo.
Questo è il meccanismo che ha funzionato alla grande e che ha affinato il nostro "senso di realtà " , che però adesso perde i colpi.
Ma siamo sicuri che non ci siano alternative , e magari già in atto?
Non riusciamo a credere alla MQ e perciò non la vediamo.
Ma questo non ci impedisce di usarla.
Quello che abbiamo perso però è una visione comune , una interpretazione, che non importa se di fantasia, purché ci "appaia " ovvia e , ovviamente funzionale.
Ma funzionale a cosa?
Ad una conoscenza per la conoscenza , magari pensata come reale e vera perché ovviamente condivisibile , oppure perché serve , essendo condivisa , a lavorare tutti insieme all'impresa scientifica, o meglio umana?
Certo noi siamo affezionati alle immagini che condividiamo , viviamo nell'epoca delle immagini.
Ma in fondo non è che una moda , seppure fosse durata milioni di anni, e le mode vanno e vengono è qualcosa di nuovo sta arrivando.
Cosa?
Oggi solo la filosofia può provare a rispondere a questa domanda?


Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#185
La realtà non è come ci appare.
Non siamo più così ingenui da credere in tutto ciò che vediamo.
Ma c'è stato un tempo in cui vedere significava credere.
Quello che ci è sempre sfuggito è che valeva anche il contrario : credere significava vedere.
I due postulati sono uno solo.
Se non riusciamo a credere nella MQ allora non riusciamo a vederla ,e quindi  non riusciamo a comprimerla e comprenderla in una immagine.
Qui Sciombro obietterà che lui ci crede nella MQ , e nel senso che intende lui ci credo anch'io.
Ma io intendo qualcosa di più sottile che spero salti fuori dalle tante , forse troppe righe scritte.
Non è questione di cambiare occhiali , bisogna proprio usare un altro senso.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Citazione di: iano il 11 Febbraio 2019, 00:58:31 AM
La realtà non è come ci appare.
Non siamo più così ingenui da credere in tutto ciò che vediamo.
Ma c'è stato un tempo in cui vedere significava credere.
Quello che ci è sempre sfuggito è che valeva anche il contrario : credere significava vedere.
I due postulati sono uno solo.
Se non riusciamo a credere nella MQ allora non riusciamo a vederla ,e quindi  non riusciamo a comprimerla e comprenderla in una immagine.
Qui Sciombro obietterà che lui ci crede nella MQ , e nel senso che intende lui ci credo anch'io.
Ma io intendo qualcosa di più sottile che spero salti fuori dalle tante , forse troppe righe scritte.
Non è questione di cambiare occhiali , bisogna proprio usare un altro senso.
L'altro senso c'è da tempo immemorabile e si chiama 'ragione'. Quel senso ci permette di capire la differenza sostanziale tra un bestiario medioevale e un testo di zoologia. E ci permette di vedere, e quindi credere, anche attraverso microscopi, telescopi, ed ogni altro congegno realizzato dalla ragione, inclusa la matematica, che potenziano a dismisura i nostri limitati sensi organici.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

sgiombo

Citazione di: iano il 10 Febbraio 2019, 23:58:32 PM
Nei bestiari medioevali gli ippogrifi avevano realmente la stessa dignità dei leoni.
I nuovi bestiari disegnati dai naturalisti come Wallace , Darwin , e compagnia , introducono diversi gradi di realtà, aggiungendo "nuovi" animali , dei quali alcuni non meno fantasiosi dell'ippogrifo , che invece decade in buona compagnia dell'unicorno.
Citazione
MI piacerebbe capire a quali bestie alludi.



Quello che non cambia è che alla fine abbiamo sempre un bestiario, più o meno attendibile , che continua a servire a qualcosa.
Citazione
No!

L' attendibilità della biologia moderna é ben diversa da quella dei bestiari medievali!

Se tutto , vecchi e nuovi bestiari e altro , risiedono  , fino a prova contraria , solo nella nostra mente , possiamo tuttavia attribuire ad ognuna di queste immagini un diverso grado , e lo facciamo in base a un qualche algoritmo , che con un certo grado di semplificazione ( la mancanza di consapevolezza della quale equivale ad ingenuità) cataloga ogni cosa come vera o falsa , reale o immaginaria , e tutto ciò al minimo si rivela molto utile.
Citazione
Poste certe premesse (indimostrabili: a certe condizioni ipotetiche) la biologa moderna é vera.
E invece i bestiari medievali sono per lo meno in gran parte falsi (oltre a non offire alcun criterio di comprensione attendibile delle diversità biologiche osservate e di modi in cui si sono realizzate).



Ma chi ci impedisce di porre anche su un bestiario moderno , altrimenti certo e provato, il beneficio del dubbio ?

La sorpresa della non esistenza dell'ippogrifo , non minore di quella dell'esistemza dell'ornitorimco , non avrebbe dovuto insegnarci questo , in fondo ?

Citazione
Nessuno.
Però contrariamente alla biologia moderna i bestiari medievali sono indubbiamente pieni di falsità (sulle quali non si può non dubitare in quanto falsificate dall' osservazione empirica; mentre invece sulla biologia moderna si può dubitare della verità di affermazioni mentre non si può non dubitare su falsità, non essendovene di falsificate dall' osservazione empirica).



Ci fidiamo per buoni motivi nostri dei moderni bestiari , non meno di quanto gli antichi per buoni motivi loro si fidavano dei vecchi bestiari.
Citazione
Ma non vorrai paragonare l' attendibilità (o bontà veritativa) dei nostri con quella dei loro ? ? ?



Di fatto quel che non è mutato è il nostro grado di presunzione , non per la permanenza eventuale dell'innocua ipotesi che una realtà esista fuori dalla nostra mente , ma per il continuare a credere indefessamente nel nostro bestiario .
Citazione
Non é presunzione acritica ma invece convinzione criticamente ponderata.



Il fatto è che , seppure potrebbe essere così, non è necessario crederlo , ma è sufficiente usarlo il bestiario , sopratutto se inizia ad insinuarsi il sospetto che il crederlo possa comportare qualche inconveniente.
Citazione
Se é un bestiario falso come quelli medievali di certo.



Questa successione di bestiari ,questa esperienza , non avrebbe dovuto insegnarci qualcosa di diverso rispetto a ciò che già sapevamo fare , e cioè credere nei bestiari.
Quella che noi chiamiamo realtà in breve è un bestiario, una sequenza di immagini , alla quale ogni volta crediamo , ricredemdoci.
Nessuno di noi darebbe a un bestiario medioevale il credito che diamo a un bestiario moderno.
Il fatto è che noi ci crediamo oggi non meno di quanto gli antichi ci credevano ieri.
Dunque di fatto che cosa è cambiato?

Citazione
Le prove della verità di quanto crediamo!



Che cosa abbiamo imparato?
Citazione
Tantissimo (quanto ci dice la biologia scientifica).



Ciò che non sembra essere mai cambiato nella storia dell'uomo è che il tempo che esso vive goda di un privilegio, di una centralita' , e noi con esso.
Citazione
Privilegio e centralità puramente soggettive, arbitrariamente assunte come tali.







Un paradosso , e anche al quadrato , se poi il tempo nel nuovo bestiario non c'è più.
Quello che noi vediamo è un bestiario, e vederlo vale come crederlo.
Citazione
Non distinguere fra credenze medievali e  biologia moderna é un classico esempio di hegeliana "notte in cui tutte le vacche sembrano nere".



Questo è il meccanismo che ha funzionato alla grande e che ha affinato il nostro "senso di realtà " , che però adesso perde i colpi.
Citazione
Non mi pare proprio per niente!



Ma siamo sicuri che non ci siano alternative , e magari già in atto?
Non riusciamo a credere alla MQ e perciò non la vediamo.
Citazione
La vedo e ci credo.



Ma questo non ci impedisce di usarla.
Quello che abbiamo perso però è una visione comune , una interpretazione, che non importa se di fantasia, purché ci "appaia " ovvia e , ovviamente funzionale.
Citazione
A me se veritiera o "di fantasia" importa tantissimo.




Ma funzionale a cosa?
Ad una conoscenza per la conoscenza , magari pensata come reale e vera perché ovviamente condivisibile , oppure perché serve , essendo condivisa , a lavorare tutti insieme all'impresa scientifica, o meglio umana?
Citazione
NOn solo.
Anche perché a certe condizioni (fatte certe ipotesi) si può dimostrare vera, al contrario di superstizioni, "bestiari medievali" e affini.



Certo noi siamo affezionati alle immagini che condividiamo , viviamo nell'epoca delle immagini.
Ma in fondo non è che una moda , seppure fosse durata milioni di anni, e le mode vanno e vengono è qualcosa di nuovo sta arrivando.
Cosa?
Oggi solo la filosofia può provare a rispondere a questa domanda?
Citazione
NO, non da sola.

Una filosofia razionalistica non é sufficiente, ma nondimeno é necessaria.

sgiombo

Citazione di: iano il 11 Febbraio 2019, 00:58:31 AM
La realtà non è come ci appare.
Non siamo più così ingenui da credere in tutto ciò che vediamo.
Ma c'è stato un tempo in cui vedere significava credere.
Quello che ci è sempre sfuggito è che valeva anche il contrario : credere significava vedere.

Citazione
NOn é vero.

Casomai presumere erroneamente di vedere.



Se non riusciamo a credere nella MQ allora non riusciamo a vederla ,e quindi  non riusciamo a comprimerla e comprenderla in una immagine.
Citazione
Ancora!
Io ci credo senza nessuna difficoltà!



Qui Sciombro obietterà che lui ci crede nella MQ , e nel senso che intende lui ci credo anch'io.
Ma io intendo qualcosa di più sottile che spero salti fuori dalle tante , forse troppe righe scritte.
Non è questione di cambiare occhiali , bisogna proprio usare un altro senso.
Citazione
Hai proprio indovinato: complimenti!

Personalmente (a meno che qualcuno mi dimostri che sbaglio) la conoscenza la cerco soltanto con i sensi  con la ragione e basta (il resto serve ad illudersi e cadere in credenze false).

Lou

#189
Citazione di: iano il 10 Febbraio 2019, 23:58:32 PM
Nei bestiari medioevali gli ippogrifi avevano realmente la stessa dignità dei leoni.
I nuovi bestiari disegnati dai naturalisti come Wallace , Darwin , e compagnia , introducono diversi gradi di realtà, aggiungendo "nuovi" animali , dei quali alcuni non meno fantasiosi dell'ippogrifo , che invece decade in buona compagnia dell'unicorno.
Quello che non cambia è che alla fine abbiamo sempre un bestiario, più o meno attendibile , che continua a servire a qualcosa.
Se tutto , vecchi e nuovi bestiari e altro , risiedono  , fino a prova contraria , solo nella nostra mente , possiamo tuttavia attribuire ad ognuna di queste immagini un diverso grado , e lo facciamo in base a un qualche algoritmo , che con un certo grado di semplificazione ( la mancanza di consapevolezza della quale equivale ad ingenuità) cataloga ogni cosa come vera o falsa , reale o immaginaria , e tutto ciò al minimo si rivela molto utile.
Ma chi ci impedisce di porre anche su un bestiario moderno , altrimenti certo e provato, il beneficio del dubbio ?
La sorpresa della non esistenza dell'ippogrifo , non minore di quella dell'esistemza dell'ornitorimco , non avrebbe dovuto insegnarci questo , in fondo ?
Ci fidiamo per buoni motivi nostri dei moderni bestiari , non meno di quanto gli antichi per buoni motivi loro si fidavano dei vecchi bestiari.
Di fatto quel che non è mutato è il nostro grado di presunzione , non per la permanenza eventuale dell'innocua ipotesi che una realtà esista fuori dalla nostra mente , ma per il continuare a credere indefessamente nel nostro bestiario .
Il fatto è che , seppure potrebbe essere così, non è necessario crederlo , ma è sufficiente usarlo il bestiario , sopratutto se inizia ad insinuarsi il sospetto che il crederlo possa comportare qualche inconveniente.
Questa successione di bestiari ,questa esperienza , non avrebbe dovuto insegnarci qualcosa di diverso rispetto a ciò che già sapevamo fare , e cioè credere nei bestiari.
Quella che noi chiamiamo realtà in breve è un bestiario, una sequenza di immagini , alla quale ogni volta crediamo , ricredemdoci.
Nessuno di noi darebbe a un bestiario medioevale il credito che diamo a un bestiario moderno.
Il fatto è che noi ci crediamo oggi non meno di quanto gli antichi ci credevano ieri.
Dunque di fatto che cosa è cambiato?
Che cosa abbiamo imparato?
Ciò che non sembra essere mai cambiato nella storia dell'uomo è che il tempo che esso vive goda di un privilegio, di una centralita' , e noi con esso.
Un paradosso , e anche al quadrato , se poi il tempo nel nuovo bestiario non c'è più.
Quello che noi vediamo è un bestiario, e vederlo vale come crederlo.
Questo è il meccanismo che ha funzionato alla grande e che ha affinato il nostro "senso di realtà " , che però adesso perde i colpi.
Ma siamo sicuri che non ci siano alternative , e magari già in atto?
Non riusciamo a credere alla MQ e perciò non la vediamo.
Ma questo non ci impedisce di usarla.
Quello che abbiamo perso però è una visione comune , una interpretazione, che non importa se di fantasia, purché ci "appaia " ovvia e , ovviamente funzionale.
Ma funzionale a cosa?
Ad una conoscenza per la conoscenza , magari pensata come reale e vera perché ovviamente condivisibile , oppure perché serve , essendo condivisa , a lavorare tutti insieme all'impresa scientifica, o meglio umana?
Certo noi siamo affezionati alle immagini che condividiamo , viviamo nell'epoca delle immagini.
Ma in fondo non è che una moda , seppure fosse durata milioni di anni, e le mode vanno e vengono è qualcosa di nuovo sta arrivando.
Cosa?
Oggi solo la filosofia può provare a rispondere a questa domanda?
L'attendibilità o meno di un bestiario, da cosa è data, a tuo parere, in sintesi?
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Donalduck

Citazione di: Lou il 10 Febbraio 2019, 16:33:22 PM
Molto interessante e condivisibile, Donald, infatti a mio parere, sarebbe più corretto parlare di gradi di realtà, ad esempio l'unicorno pur essendo un essere irreale, ha un suo grado di realtà, l'immagine mentale dello stesso possiamo infatti esperirla. Tutto ciò che appare in qualche modo è, e questo "è" è, banalmente, sintomo di un grado di realtà, anche se l'unicorno, come ebbe a dire magistralmente Rilke, "Oh! questo è l'animale che non c'è".
Più che di grado, che implica un qualche ordine gerarchico, parlerei di modalità di realtà (o di esistenza). Ritengo che orientare la mente in questo modo eviterebbe tante disquisizioni e discussioni a mio parere inutili e prive di qualunque possibilità di raggiungere qualche risultato, come "esiste il tempo?", "esiste la coscienza?", "esiste il libero arbitrio?" (anche se, lungo questi cammini privi di mete raggiungibili, può capitare di trovare espresse idee interessanti).
Inoltre un simile orientamento indurrebbe a riflettere attentamente sui caratteri e sul valore che diamo ad ogni modalità di esistenza e ad esplicitarli, mentre in genere su questi aspetti basilari del pensiero regna una confusione inespressa e nascosta, ma non per questo meno efficace nel rendere i discorsi nebulosi e incoerenti.

Lou

#191
"Modalità" trovo sia una integrazione appropriata. Grazie.
Noto, però, occorra un'ulteriore precisazione da quel che scrivi, perciò chiedo - il concetto di realtà e il concetto di esistenza, sono "lo stesso" o sussiste una certa distinguibilità tra i due?
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Donalduck

Ipazia:
CitazioneIl fallimento dalla metafisica consiste proprio nel suo ostinarsi sull'incontrovertibilità dei suoi concetti, sempre ansiosamente in cerca del loro assoluto, del dio Noumeno. Inconoscibile come ogni divinità che si rispetti, perché il divino ama il mistero. Anzi, solo nel mistero riesce a sopravvivere, come intuirono assai bene gli illuministi. Realtà, Verità, Bene, Essere, Tempo, Nulla, sono i feticci metafisici che ci trasciniamo da millenni come palle di piombo incatenate ai piedi della filosofia.
Concordo nel considerare fallimentare qualunque attegiamento assolutistico, qualunque vana ricerca della "verità ultima".
Questo però non mi impedisce di sentirmi immerso nel mistero, il che significa semplicemente che in me sorgono, che lo voglia o no, delle domande, e non domande trascurabili, ma, direi, piuttosto ingombranti (riguardanti ad esempio l'origine della vita o la "natura" della coscienza o le fondamenta dell'etica) anche se difficili da formulare esattamente in termini razionali. Domande che ritengo siano assai probabilmente destinate e restare senza risposta, ma su cui d'altra parte penso che valga la pena di riflettere e ricercare. E non credo che siano domande che possano ricevere risposte o venir superate (almeno non allo stato attuale delle conoscenze) da un sano relativismo, peraltro necessario, a mio parere, per mantenere un retto pensiero.


CitazioneCosì accade che se un fisico teorico dice che a certe livelli della realtà (fisica) si può ignorare nelle formule f(t) il metafisico perde la bussola peggio dei dottori di Salamanca di fronte all'avventuroso marinaio genovese.
Il problema principale è che si fa spesso confusione tra fisica e metafisica. E a mantenere questo equivoco contribuiscono parecchio molti uomini di scienza, che tendono a dare un significato metafisico di "verità" alle interpretazioni che la scienza dà dei fenomeni che studia. Tipica la vana ricerca della "teoria del tutto", che nell'immaginario di molti scienziati e non, dovrebbe "svelare i segreti dell'esistenza", anzi "gli ultimi segreti dell'esistenza", a significare che la scienza li avrebbe svelati quasi tutti. Una concezione mitologica e infantilmente onniscientistica di un sistema di pensiero certamente di grande valore sia intellettuale che pratico come la nostra scienza, ma certamente inadatto a simili compiti (ammesso e non concesso che ci possa mai essere un sistema di pensiero "adatto")

Donalduck

Citazione di: Lou il 11 Febbraio 2019, 19:28:06 PM
"Modalità" trovo sia una integrazione appropriata. Grazie.
Noto, però, occorra un ulteriore precisazione da quel che scrivi, perciò chiedo - il concetto di realtà e il concetto di esistenza, sono "lo stesso" o sussiste una certa distinguibilità tra i due?
Io li uso come sinonimi e non trovo nessuna differenza sostanziale. Posso solo notare che realtà indirizza l'attenzione sui concetti di cosa, oggetto (res), quindi di insieme di entità individuabili e riconoscibili, mentre esistenza sembra riferirsi più in generale alla capacità di manifestarsi (in un'ottica informazionale, di produrre o trasmettere informazione).

sgiombo

Citazione di: Donalduck il 11 Febbraio 2019, 19:22:02 PM
Più che di grado, che implica un qualche ordine gerarchico, parlerei di modalità di realtà (o di esistenza). Ritengo che orientare la mente in questo modo eviterebbe tante disquisizioni e discussioni a mio parere inutili e prive di qualunque possibilità di raggiungere qualche risultato, come "esiste il tempo?", "esiste la coscienza?", "esiste il libero arbitrio?" (anche se, lungo questi cammini privi di mete raggiungibili, può capitare di trovare espresse idee interessanti).
Inoltre un simile orientamento indurrebbe a riflettere attentamente sui caratteri e sul valore che diamo ad ogni modalità di esistenza e ad esplicitarli, mentre in genere su questi aspetti basilari del pensiero regna una confusione inespressa e nascosta, ma non per questo meno efficace nel rendere i discorsi nebulosi e incoerenti.


Ritengo le domanda "esiste il tempo?", "esiste la coscienza?", "esiste il libero arbitrio?" sensatissime, interessantissime e passibili di essere soddisfatte da risposte razionali.

Di modalità della realtà ne conosco fondamentalmente due:

Realtà di qualcosa indipendentemente dall' eventuale realtà anche del pensiero di tale "qualcosa" o meno. 

E realtà del pensiero di "qualcosa", indipendentemente dall' eventuale realtà anche di tale qualcosa (in quanto realmente esistente-accadente, che sia pensata o meno).

Tu ne conosci altre?

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