La realtà non è come ci appare.

Aperto da iano, 03 Febbraio 2018, 23:55:56 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

iano

Il tempo non svolge alcun ruolo al livello fondamentale della fisica.
..........

Ci sono tante nozioni quotidiane che non svolgono più alcun ruolo nelle equazioni fondamentali dell'universo, per esempio le nozioni di "alto" e  "basso".............

Quindi non è poi così strano che nozioni comuni spariscano nella teoria fondamentale.

Carlo Rovelli. La realtà non è come ci appare.
Raffaello Cortina Editore. Prima edizione 2014.
Scienza e idee.
Collana diretta da Giulio Giorello.

Nostante lo sforzo di chiarezza dello scienziato Carlo Rovelli che si impegna con entusiasmo in questo testo di divulgazione scientifica anche questo non sfugge al destino comune di una certa osticita' .
Ma vale certamente la pena di portare a termine la lettura se poi il velo si squarcia  con immagini nitide come quella che ho riportata e che da sole valgono la pena della lettura , che è poca o nulla a dire il vero , se vi lasciate contagiare dall'entusiasmo dell'autore.
Grazie Carlo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Tutto quello che chiamiamo reale è fatto di cose che non possono essere considerate reali.
Niels Bohr
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Carlo Pierini

Citazione di: iano il 03 Febbraio 2018, 23:55:56 PM
Il tempo non svolge alcun ruolo al livello fondamentale della fisica.
..........

Ci sono tante nozioni quotidiane che non svolgono più alcun ruolo nelle equazioni fondamentali dell'universo, per esempio le nozioni di "alto" e  "basso".............

Quindi non è poi così strano che nozioni comuni spariscano nella teoria fondamentale.

Carlo Rovelli. La realtà non è come ci appare.
Raffaello Cortina Editore. Prima edizione 2014.
Scienza e idee.
Collana diretta da Giulio Giorello.

Nostante lo sforzo di chiarezza dello scienziato Carlo Rovelli che si impegna con entusiasmo in questo testo di divulgazione scientifica anche questo non sfugge al destino comune di una certa osticita' .
Ma vale certamente la pena di portare a termine la lettura se poi il velo si squarcia  con immagini nitide come quella che ho riportata e che da sole valgono la pena della lettura , che è poca o nulla a dire il vero , se vi lasciate contagiare dall'entusiasmo dell'autore.



CARLO
Il problema, cari Iano e Rovelli, è che le cose più essenziali per l'uomo - come la libertà, l'amore, la giustizia, la bellezza, la poesia, ecc. - non svolgeranno mai alcun ruolo nelle equazioni fondamentali dell'universo. Ma non perché esse siano irreali, bensì perché sono le equazioni fondamentali dell'universo a non comprendere in sé tutto il reale e a lasciar fuori ciò che di più essenziale c'è nell'universo: la vita, la spiritualità.

Apeiron

#3
Sulla posizione di Carlo Rovelli, secondo cui il 'tempo non esiste a livello fondamentale', credo di dissentire. Anche se, probabilmente, è vero che il tempo non può essere considerato una dimensione fisica separata dal mutamento - è anche vero che se si toglie il tempo dalle equazioni abbiamo una realtà a-dinamica.

L'idea è nata in ambito relativistico. Lo spazio-tempo quadri-dimensionale tratta il tempo quasi come una dimensione spaziale. Nella metrica dello spazio-tempo, il segno relativo al tempo è opposto a quello relativo alle dimensioni spaziali. In particolare, abbiamo che, nella Relatività Ristretta lo spazio di Minkowski ha la seguente metrica:


Citazioneds2 = c2dt2 - (dx2 +dy2+dz2)
dove 't' è il tempo (meglio: la 'coordinata temporale'), 'x', 'y' e 'z' le tre coordinate spaziali, 'c' la velocità della luce. Il segno che si dà alla metrica non è importante, l'importante che il segno relativo alla coordinata temporale è opposto a quello relativo alle coordinate spaziali (nell'ambito della Relatività Generale, spesso si usa la segnatura opposta a quella che ho scritto io - nello studio della fisica alle alte energie, si usa la convenzione che ho usato...). Quindi, ad essere pignoli il tempo è trattato comunque diversamente.

Ciononostante, la relatività sembra effettivamente suggerire che il 'futuro esiste già' (teoria dell'universo a blocco, o block-world) - ad ogni modo, nella Relatività Ristretta si assume che l'ordine causale degli eventi è lo stesso in ogni riferimento inerziale - la causa precede l'effetto in ogni riferimento (alcune formulazioni moderne, nel tentativo di conciliare esplicitamente la non-località quantistica con la relatività hanno introdotto la possibilità che questa 'simmetria' non ci sia più - io, personalmente, dissento. Secondo me, l'ordine causale degli eventi è qualcosa di fondamentale...). La Relatività Generale sembra suggerirci ancora di più che dobbiamo prendere in seria considerazione l'idea dello spazio-tempo quadridimensionale. D'altro canto, la nostra esperienza sembra suggerirci il contrario, ovvero che, in realtà, il 'flusso del tempo' è qualcosa che realmente 'avviene'.

Vi è poi un altro problema. L'interpretazione 'standard' Meccanica Quantistica assume che alcuni eventi siano 'randomici' (casuali) e questo violerebbe il determinismo della Relatività (nota en passant: Einstein non criticava, principalmente, l'assenza di determinismo nella MQ ma quello che lui vedeva come un'assenza di realismo) e chiaramente è in contrasto con il rigido 'blocco' spazio-temporale. Se, invece, si accettano le 'variabili nascoste' allora c'è un conflitto con l'assunzione di località con la Relatività Ristretta così come è formulata. Questo, suggerisce, che, secondo me, c'è qualcosa che ancora non capiamo del tempo e dello spazio.

Dunque, se accettiamo che la dinamica è una 'vera' proprietà della Natura e non solo apparente, dobbiamo, secondo me, introdurre il concetto di 'tempo'. Rovelli suggerisce che in assenza della coordinata 't', è comunque possibile parlare di 'mutamento', di 'cambiamento', di 'eventi', di 'processi' e così via. Personalmente, ho problemi con questa sua opinione. Come, infatti, è possibile trattare come reale il 'cambiamento' in una realtà dove il tempo scompare?

Recentemente, Lee Smolin e Martina Cortes (e altri...) hanno proposto che, in realtà, l'unificazione tra Relatività Generale e Meccanica Quantistica - ovvero la 'Gravità Quantistica' - 'vendica' la nostra percezione del 'flusso'. Secondo loro, si arriverà ad una teoria fondamentale (o, almeno, più fondamentale della Relatività e della Meccanica Quantistica odierne) in cui il tempo avrà un ruolo fondamentale. Mentre, infatti, come sostiene Smolin, lo "spazio può essere considerato illusorio" e si può ancora parlare di dinamica, questo non è più vero se si tratta il tempo allo stesso modo (secondo me e Smolin...). Perciò, a differenza di Rovelli propendo per l'idea (probabilmente minoritaria, ma presente anche tra alcuni colleghi di Rovelli, come il suo amico Smolin) che il 'flusso del tempo' sia una realtà e non una illusione (che secondo Rovelli e altri, deriva dal fatto che l'entropia aumenta...ovvero, la nostra coscienza interpreta l'irreversibilità dell'aumento dell'entropia come un 'flusso del tempo' - questa posizione pur avendo la sua giustificazione fisica, non mi convince affatto...tant'è che il flusso del tempo non per forza deve coincidere con l'irreversibilità. Posso, effettivamente, immaginarlo anche se i fenomeni fossero reversibili). Per Smolin e colleghi, perciò, la realtà non è simmetrica nel tempo.

D'altro canto, parte del pensiero 'filosofico' di Smolin non mi convince (anche se concordo con lui pienamente sulla realtà del flusso del tempo...). Secondo lui, non ci sono 'livelli di realtà' e tutta l'esistenza esiste allo stesso modo. Questa convinzione, secondo me, è anche contrastata dalla Meccanica Quantistica. Secondo questo recente articolo (il pdf è scaricabile, ma è in Inglese) molti problemi della Meccanica Quantistica si risolvono ammettendo che la 'realtà materiale' è dualistica: vi è una realtà materiale 'in atto' della Fisica Classica dove le grandezze hanno valori definiti (attualizzati) e una realtà materiale 'in potenza' della Meccanica Quantistica - le potenzialità perciò hanno un loro 'livello di realtà', diverso da quello della realtà fisica 'in atto' ma pur sempre 'reale' (gli autori si ispirano ad alcune osservazioni fatte da Werner Heisenberg, secondo cui la Meccanica Quantistica ricorda la distinzione aristotelica tra 'potenza' e 'atto'). L'interpretazione degli autori, che al sottoscritto piace moltissimo, è una variante della 'Interpretazione di Copenaghen' (la quale fin dal principio non era una scuola monolitica, ma ci sono tantissime opinioni divergenti - perciò, più che una interpretazione, è un gruppo di interpretazioni). In pratica, cose 'strane' come la sovrapposizione e la non-località ci sono a livello delle 'potenzialità'. Ma a livello dell''atto', invece, il mondo è 'classico'.
Ad ogni modo, anche nelle interpretazioni alla de-Broglie/Bohm (anche qui lo stesso discorso di prima sulla molteplicità delle sotto-interpretazioni) c'è una forma di dualismo. Anche in quella minimalista, dove la funzione d'onda è trattata alla stregua di una 'legge', comunque la posizione di una singola particella dipende dalle posizioni di tutte le altre (le 'interazioni' tra di esse non dipendono dalla distanza) - questo, certamente, è qualcosa di ben diverso dalla nostra usuale realtà dove le distanze contano.

Ma anche altre 'sotto-scuole' delle due interpretazioni citate, nonché moltissime altre sembrano avere l'idea di una sorta di dualismo. Quindi, a differenza di Smolin, sarei più aperto alla possibilità di qualcosa che esiste 'fuori dal tempo'... Ciononostante, sono d'accordo con lui sul 'flusso del tempo'.

Comunque, ritengo che il detto 'La realtà non è come appare', nonostante il mio dissenso con Rovelli su questo punto (d'altro canto, la sua interpretazione Relazionale della Meccanica Quantistica mi piace molto...), sia effettivamente 'giusto' (anche se, forse, c'è la possibilità che i 'livelli di realtà' siano di natura epistemologica e non ontologica...ma qui si aprirebbe un discorso molto più lungo...).

Ciao.  :)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 05 Gennaio 2019, 11:27:58 AM
Questo, suggerisce, che, secondo me, c'è qualcosa che ancora non capiamo del tempo e dello spazio.

Dunque, se accettiamo che la dinamica è una 'vera' proprietà della Natura e non solo apparente, dobbiamo, secondo me, introdurre il concetto di 'tempo'. Rovelli suggerisce che in assenza della coordinata 't', è comunque possibile parlare di 'mutamento', di 'cambiamento', di 'eventi', di 'processi' e così via. Personalmente, ho problemi con questa sua opinione. Come, infatti, è possibile trattare come reale il 'cambiamento' in una realtà dove il tempo scompare?

Perciò, a differenza di Rovelli propendo per l'idea (probabilmente minoritaria, ma presente anche tra alcuni colleghi di Rovelli, come il suo amico Smolin) che il 'flusso del tempo' sia una realtà e non una illusione

D'altro canto, parte del pensiero 'filosofico' di Smolin non mi convince (anche se concordo con lui pienamente sulla realtà del flusso del tempo...). Secondo lui, non ci sono 'livelli di realtà' e tutta l'esistenza esiste allo stesso modo. Questa convinzione, secondo me, è anche contrastata dalla Meccanica Quantistica. Secondo questo recente articolo (il pdf è scaricabile, ma è in Inglese) molti problemi della Meccanica Quantistica si risolvono ammettendo che la 'realtà materiale' è dualistica: vi è una realtà materiale 'in atto' della Fisica Classica dove le grandezze hanno valori definiti (attualizzati) e una realtà materiale 'in potenza' della Meccanica Quantistica - le potenzialità perciò hanno un loro 'livello di realtà', diverso da quello della realtà fisica 'in atto' ma pur sempre 'reale' (gli autori si ispirano ad alcune osservazioni fatte da Werner Heisenberg, secondo cui la Meccanica Quantistica ricorda la distinzione aristotelica tra 'potenza' e 'atto'). L'interpretazione degli autori, che al sottoscritto piace moltissimo, è una variante della 'Interpretazione di Copenaghen' (la quale fin dal principio non era una scuola monolitica, ma ci sono tantissime opinioni divergenti - perciò, più che una interpretazione, è un gruppo di interpretazioni). In pratica, cose 'strane' come la sovrapposizione e la non-località ci sono a livello delle 'potenzialità'. Ma a livello dell''atto', invece, il mondo è 'classico'.
Ad ogni modo, anche nelle interpretazioni alla de-Broglie/Bohm (anche qui lo stesso discorso di prima sulla molteplicità delle sotto-interpretazioni) c'è una forma di dualismo. Anche in quella minimalista, dove la funzione d'onda è trattata alla stregua di una 'legge', comunque la posizione di una singola particella dipende dalle posizioni di tutte le altre (le 'interazioni' tra di esse non dipendono dalla distanza) - questo, certamente, è qualcosa di ben diverso dalla nostra usuale realtà dove le distanze contano.

Ma anche altre 'sotto-scuole' delle due interpretazioni citate, nonché moltissime altre sembrano avere l'idea di una sorta di dualismo. Quindi, a differenza di Smolin, sarei più aperto alla possibilità di qualcosa che esiste 'fuori dal tempo'... Ciononostante, sono d'accordo con lui sul 'flusso del tempo'.

Cercando di evitare di entrare in una materia complessa che richiede competenze che non ho, cercando di restarne "ai margini" per me non infidi, ho ritagliato queste affermazioni per evidenziare le enormi difficoltà a comprendere per un non specialista (a occhio e croce il 99,99...% dell' umanità) il senso di importanti affermazioni scientifiche, e per chiedere all' amico specialista (per lo meno relativamente tale) Apeiron ulteriori spiegazioni (se ve ne sono; dato che anche lui a tratti sembrerebbe dichiarare di non capire ...cosa che trovo assai poco rassicurante).

Non vedo che cosa dovrei farmene di teorie totalmente incomprensibili per me e di per lo meno problematica comprensione anche per cultori professionali di esse (se non servirmi delle loro applicazioni pratiche - tecniche funzionanti, senza alcun tentativo di -impossibile- approfondimento teorico).

Ma cosa dovrebbe fare uno che sinceramente credesse che il tempo non esiste?
Immergersi nel sogno inconsistente o nell' esperienza puramente allucinatoria del suo operare nel tempo (progettare un futuro, lottare per un mondo migliore o almeno per migliorare la sua propria vita)?
Tanto vale darsi alle droghe stupefacenti...
Restare fatalisticamente inerte per non cadere in allucinazioni e deliri e "guardare virilmente in faccia la realtà" (se é alquanto razionalista)?

Se la scienza é, come credo debba essere, tentativo razionale di conoscere il mondo naturale del quale siamo parte e nel quale agiamo onde vivere meglio e anche per godere della conoscenza come fine a se stessa, credo che dovrebbe essere coerentemente conciliabile, non dico col senso comune, ma per lo meno con quanto di fatto universalmente vissuto dagli uomini.

Perché io creda che la realtà non é come appare, penso che mi si dovrebbe spiegare attraverso quali ragionamenti e osservazioni si dimostra che mi appare come mi appare essendo diversa (altrimenti, se sono razionalista e non un fideista credulone, piuttosto sospendo il giudizio).
Come infatti é successo per la sfericità della terra, l' eliocentrismo, le varie successive teorie atomiche della materia, ecc., tutte spiegate senza ricorrere ad affermazioni (il-) logicamente contraddittorie come questa "il 'futuro [= quello che non esiste ancora] esiste già' (teoria dell'universo a blocco, o block-world)". A meno che mi si spieghi logicamente in che senso non contraddittorio il "futuro" (che evidentemente non può essere quello che non esiste ancora: e allora cos' é? Se é ciò che esiste già si tratta di una mera tautologia) esiste già.


Per rispetto a un atteggiamento razionalistico e al rifiuto di alcuna credenza basata sulla mera autorità, che é "fondamentalissimo" per la scienza tessa, credo che chi fa scienza dovrebbe o spiegarla razionalmente, o evitare di trattare i profani come acritici credenti in una qualche religione rivelata, e dunque astenersi dal parlare loro di scienza.



In particolare sul "dualismo potenza - atto" l' unico senso che so darvi é il mero determinismo ("forte" ovvero meccanicistico oppure "debole" ovvero statistico"): che una cosa A é in potenza una diversa cosa B per me non può significare altro che se e quando si danno determinate circostanze (non presenti; ovvero eventualmente in un qualche tempo -reale, non meramente apparente- futuro), allora cessa di essere -realmente e non apparentemente- A per essere invece -realmente e non apparentemente- B.
Ovvero ora, nella realtà (e non nell' immaginazione) é reale A e non é reale B (in alcun altro senso che quello di "oggetto di pensiero, di immaginazione"; ma come ben sapeva il buon Gaunilone, c' é una bella differenza fra una tavola imbandita reale e il reale concetto -pensiero- di una tavola imbandita).

(Per la cronaca, non mi stupisce che uno come Emanuele Severino, con tutto ciò ci vada a nozze).

Apeiron

#5
Citazione di: sgiombo il 05 Gennaio 2019, 19:00:14 PM
Citazione di: Apeiron il 05 Gennaio 2019, 11:27:58 AMQuesto, suggerisce, che, secondo me, c'è qualcosa che ancora non capiamo del tempo e dello spazio. Dunque, se accettiamo che la dinamica è una 'vera' proprietà della Natura e non solo apparente, dobbiamo, secondo me, introdurre il concetto di 'tempo'. Rovelli suggerisce che in assenza della coordinata 't', è comunque possibile parlare di 'mutamento', di 'cambiamento', di 'eventi', di 'processi' e così via. Personalmente, ho problemi con questa sua opinione. Come, infatti, è possibile trattare come reale il 'cambiamento' in una realtà dove il tempo scompare? Perciò, a differenza di Rovelli propendo per l'idea (probabilmente minoritaria, ma presente anche tra alcuni colleghi di Rovelli, come il suo amico Smolin) che il 'flusso del tempo' sia una realtà e non una illusione D'altro canto, parte del pensiero 'filosofico' di Smolin non mi convince (anche se concordo con lui pienamente sulla realtà del flusso del tempo...). Secondo lui, non ci sono 'livelli di realtà' e tutta l'esistenza esiste allo stesso modo. Questa convinzione, secondo me, è anche contrastata dalla Meccanica Quantistica. Secondo questo recente articolo (il pdf è scaricabile, ma è in Inglese) molti problemi della Meccanica Quantistica si risolvono ammettendo che la 'realtà materiale' è dualistica: vi è una realtà materiale 'in atto' della Fisica Classica dove le grandezze hanno valori definiti (attualizzati) e una realtà materiale 'in potenza' della Meccanica Quantistica - le potenzialità perciò hanno un loro 'livello di realtà', diverso da quello della realtà fisica 'in atto' ma pur sempre 'reale' (gli autori si ispirano ad alcune osservazioni fatte da Werner Heisenberg, secondo cui la Meccanica Quantistica ricorda la distinzione aristotelica tra 'potenza' e 'atto'). L'interpretazione degli autori, che al sottoscritto piace moltissimo, è una variante della 'Interpretazione di Copenaghen' (la quale fin dal principio non era una scuola monolitica, ma ci sono tantissime opinioni divergenti - perciò, più che una interpretazione, è un gruppo di interpretazioni). In pratica, cose 'strane' come la sovrapposizione e la non-località ci sono a livello delle 'potenzialità'. Ma a livello dell''atto', invece, il mondo è 'classico'. Ad ogni modo, anche nelle interpretazioni alla de-Broglie/Bohm (anche qui lo stesso discorso di prima sulla molteplicità delle sotto-interpretazioni) c'è una forma di dualismo. Anche in quella minimalista, dove la funzione d'onda è trattata alla stregua di una 'legge', comunque la posizione di una singola particella dipende dalle posizioni di tutte le altre (le 'interazioni' tra di esse non dipendono dalla distanza) - questo, certamente, è qualcosa di ben diverso dalla nostra usuale realtà dove le distanze contano. Ma anche altre 'sotto-scuole' delle due interpretazioni citate, nonché moltissime altre sembrano avere l'idea di una sorta di dualismo. Quindi, a differenza di Smolin, sarei più aperto alla possibilità di qualcosa che esiste 'fuori dal tempo'... Ciononostante, sono d'accordo con lui sul 'flusso del tempo'.

Cercando di evitare di entrare in una materia complessa che richiede competenze che non ho, cercando di restarne "ai margini" per me non infidi, ho ritagliato queste affermazioni per evidenziare le enormi difficoltà a comprendere per un non specialista (a occhio e croce il 99,99...% dell' umanità) il senso di importanti affermazioni scientifiche, e per chiedere all' amico specialista (per lo meno relativamente tale) Apeiron ulteriori spiegazioni (se ve ne sono; dato che anche lui a tratti sembrerebbe dichiarare di non capire ...cosa che trovo assai poco rassicurante).

Il punto è che la mia formazione non comprende le teorie proposte riguardanti la Gravità Quantistica. Gente più preparata di me (Rovelli incluso) sostiene che nell'ambito di questa teoria le equazioni non si esprimono più secondo la variabile 't'. Quello che personalmente non mi torna, è il significato di tutto ciò. Se a livello fondamentale 't' sparisce, secondo la mia incompleta preparazione, non si ha più dinamica e cinematica. Non ha più senso, perciò, parlare di moto, oscillazioni, interazioni ecc perché tutto ciò quanto meno richiede che si possa utilizzare il 'tempo'. Ciononostante, Rovelli dichiara che questo non implica che il mutamento non esista. Anzi, mi sembra ben contento di parlare di 'eventi', 'processi' e così via - ovvero ad usare un linguaggio 'temporale', per così dire. Quindi, non capisco se lui ritiene (e ho pure letto un suo libro, anche se era di divulgazione!  ;D  forse dovrei rileggerlo...) che:
A) che 'eventi', 'processi' (come 't') ecc emergono da qualcosa di più fondamentale;
B) che a livello fondamentale 't' sparisce ma comunque ci sono 'eventi', 'processi' ecc;
C) una determinata concezione di 'tempo', ovvero di 'tempo' come realtà autonoma, non può essere più accettata.
Se sostiene 'A' o 'C', va bene. Non trovo nulla di logicamente sbagliato. Se sostiene 'B', invece, non ho idea di come sia possibile parlare di tali cose senza poter introdurre una variabile 'temporale'.

(la critica di Smolin e colleghi mi fa propendere che sia vera la 'A'. Quello che dice Rovelli può essere interpretato in tutti e tre i modi, secondo me...)

Citazione di: sgiombo il 05 Gennaio 2019, 19:00:14 PM
Non vedo che cosa dovrei farmene di teorie totalmente incomprensibili per me e di per lo meno problematica comprensione anche per cultori professionali di esse (se non servirmi delle loro applicazioni pratiche - tecniche funzionanti, senza alcun tentativo di -impossibile- approfondimento teorico). Ma cosa dovrebbe fare uno che sinceramente credesse che il tempo non esiste? Immergersi nel sogno inconsistente o nell' esperienza puramente allucinatoria del suo operare nel tempo (progettare un futuro, lottare per un mondo migliore o almeno per migliorare la sua propria vita)? Tanto vale darsi alle droghe stupefacenti... Restare fatalisticamente inerte per non cadere in allucinazioni e deliri e "guardare virilmente in faccia la realtà" (se é alquanto razionalista)?  Se la scienza é, come credo debba essere, tentativo razionale di conoscere il mondo naturale del quale siamo parte e nel quale agiamo onde vivere meglio e anche per godere della conoscenza come fine a se stessa, credo che dovrebbe essere coerentemente conciliabile, non dico col senso comune, ma per lo meno con quanto di fatto universalmente vissuto dagli uomini.

Beh, onestamente, tali domande le farei io ad un sostenitore, come te, del 'normale' determinismo  ;D  d'altronde sia tu che un sostenitore dell'illusorietà del mutamento siete d'accordo che ogni azione che facciamo è inevitabile.  
Quindi, in un immaginario dialogo tra tre personaggi morigerati ovvero un indeterminista che crede nel libero arbitrio (L), un determinista D e uno che crede che lo scorrere del tempo sia illusorio (E*) si potrebbe avere questo dialogo:
L e D) Ascolta E, ma se tu ritieni che lo scorrere del tempo sia illusorio come questa tua credenza si applica alle scelte della vita quotidiana?
E) personalmente, accetto che ci sia l'illusione dello scorrere del tempo e, quindi, so che tali scelte sono mere illusioni. Però, le faccio comunque. L) Un po' come D accetta l'illusione del libero arbitrio e, comunque, non fa il 'fatalista' e non si dà alla 'pazza gioia'.
E) esatto, la differenza tra me e D è che io accetto che anche lo scorrere del tempo sia illusorio.
D) Ma è evidente che il tempo scorra, come fa ad essere illusorio?
L) Così come è evidente che le nostre azioni sono, in parte, libere come fa il libero arbitrio ad essere una illusione?  ;D


Seriamente, dipende da quanta importanza dà questo tizio alla sua credenza che il tempo è illusorio. Se, per esempio, ritiene che sia una verità da 'realizzare' e/o da 'contemplare' difficilmente si immergerà completamente nelle illusioni ma ne resterà distaccato. Oppure potrebbe ritenere che siccome tutto è illusorio, non è importante come ci si comporta...e così via  ;D  è sempre difficile capire che risvolti 'etici' (o 'esistenziali' se ad uno fa 'schifo' la parola 'etica') possa avere una credenza su 'come è la realtà' - a meno che il soggetto non ritenga che quella che lui ritiene essere una 'verità' abbia risvolti esistenziali e in che modo  ;)  

Citazione di: sgiombo il 05 Gennaio 2019, 19:00:14 PM
Perché io creda che la realtà non é come appare, penso che mi si dovrebbe spiegare attraverso quali ragionamenti e osservazioni si dimostra che mi appare come mi appare essendo diversa (altrimenti, se sono razionalista e non un fideista credulone, piuttosto sospendo il giudizio). Come infatti é successo per la sfericità della terra, l' eliocentrismo, le varie successive teorie atomiche della materia, ecc., tutte spiegate senza ricorrere ad affermazioni (il-) logicamente contraddittorie come questa "il 'futuro [= quello che non esiste ancora] esiste già' (teoria dell'universo a blocco, o block-world)". A meno che mi si spieghi logicamente in che senso non contraddittorio il "futuro" (che evidentemente non può essere quello che non esiste ancora: e allora cos' é? Se é ciò che esiste già si tratta di una mera tautologia) esiste già.

CitazioneAPEIRON
A parte il linguaggio non ottimale usato, cos'è che non ti torna? Se il divenire è illusorio e il 'presente' (in un qualche senso) 'è reale', uno deve accettare che passato e futuro siano tanto 'reali' quanto il presente (indipendentemente dalla definizione di realtà che uno ha).
Citazione di: sgiombo il 05 Gennaio 2019, 19:00:14 PMIn particolare sul "dualismo potenza - atto" l' unico senso che so darvi é il mero determinismo ("forte" ovvero meccanicistico oppure "debole" ovvero statistico"): che una cosa A é in potenza una diversa cosa B per me non può significare altro che se e quando si danno determinate circostanze (non presenti; ovvero eventualmente in un qualche tempo -reale, non meramente apparente- futuro), allora cessa di essere -realmente e non apparentemente- A per essere invece -realmente e non apparentemente- B. Ovvero ora, nella realtà (e non nell' immaginazione) é reale A e non é reale B (in alcun altro senso che quello di "oggetto di pensiero, di immaginazione"; ma come ben sapeva il buon Gaunilone, c' é una bella differenza fra una tavola imbandita reale e il reale concetto -pensiero- di una tavola imbandita). (Per la cronaca, non mi stupisce che uno come Emanuele Severino, con tutto ciò ci vada a nozze).

Ho il vago sospetto che tu apprezzerai il discorso della 'potenzialità' anche se ti traducessi l'intero articolo in Italiano  ;D ma, in ogni caso, provo comunque a fare una spiegazione concisa ma quanto più chiara possibile  ;) . Il discorso, bene o male, è questo: gli oggetti quantistici prima di essere misurati non sono 'reali' allo stesso modo della 'realtà classica' (quella a noi familiare) ma sono pur sempre 'reali'. L'idea di base è che ci possano essere diversi modalità in cui le 'cose' 'esistono'. Prima della misura, gli oggetti quantistici possiedono solo potenzialità di avere determinati valori di grandezze fisiche. Per esempio, nell'esperimento della doppia fenditura l'elettrone, non sottoposto a misura, possiede la potenzialità di passare per entrambe le fenditure, chiamate A e B. Questa non è una vera violazione del Principio del Terzo Escluso ('Tertium non datur') perché di fatto esso non si può applicare alle proposizioni che esprimono una possibilità/potenzialità:
(1) è possibile che l'elettrone sia passato per A;
(2) è possibile che l'elettrone non sia passato per A
pur essendo due affermazioni contrarie, è possibile dichiararle entrambe vere (nella logica si direbbe che anche (1) AND (2) rimane vera, con AND indico l'operatore logico - nel linguaggio degli operatori logici, (2)=NOT(1), ovvero (2) è la negazione di (1)).
Perciò, gli oggetti quantistici non misurati non esistono allo stesso modo di quelli classici. Negli oggetti classici, le grandezze sono attualizzate, nel senso che gli oggetti hanno valori delle grandezze fisiche ben definiti.  Non così (secondo questa interpretazione, ovviamente) gli oggetti quantistici. Si tratta di accettare che ci possano essere diverse modalità di 'esistenza' (o di 'realtà' o 'essere' - a seconda di quale termine sia ritenuto più generico).
En passant, credo, come gli autori dell'articolo, che questo riesca a sostenere sia che gli oggetti quantistici abbiano proprietà non-locali ma che, al tempo stesso, la località voluta dalla relatività sia preservata. Infatti, quando avviene una misura alcune potenzialità vengono meno ma questo non implica alcuna trasmissione di segnali.
Una possibile analogia è la seguente (più o meno quella usata nell'articolo): se Tizio e Caio decidono di incontrarsi, il giorno dopo, al bar di Sempronio a bere un caffè prima di arrivare là, c'è una potenzialità che Tizio e Caio il giorno dopo si incontreranno al bar di Sempronio a bere il caffè. Per qualche motivo, Sempronio, però, decide che il bar non verrà aperto. Dunque, la potenzialità viene meno e, quindi, Tizio e Caio (che in tale momento si trovano altrove) non potranno più bere il caffè nel bar di Sempronio. Questo 'venir meno' della potenzialità è istantaneo, nel senso che avviene quando Sempronio decide di chiudere il bar. Però, questo non implica che a Tizio e Caio arrivi un segnale di velocità istantanea.

D'altro canto, un qualche tipo di apertura a pensare a 'livelli di realtà' o di 'livelli di comprensione della realtà' è presente, secondo me, anche nel caso in cui uno accetta questo tipo di interpretazione della Meccanica Quantistica:

CitazioneAd ogni modo, anche nelle interpretazioni alla de-Broglie/Bohm (anche qui lo stesso discorso di prima sulla molteplicità delle sotto-interpretazioni) c'è una forma di dualismo. Anche in quella minimalista, dove la funzione d'onda è trattata alla stregua di una 'legge', comunque la posizione di una singola particella dipende dalle posizioni di tutte le altre (le 'interazioni' tra di esse non dipendono dalla distanza) - questo, certamente, è qualcosa di ben diverso dalla nostra usuale realtà dove le distanze contano.

(perdonate l'auto-citazione)
In questo caso direi che i 'livelli' sono epistemologici. D'altro canto, questa interpretazione ci dice che, mentre per noi le distanze spaziali sono importanti, in realtà non è vero. Di fatto, almeno che uno non abbracci il super-determinismo (ovvero, se uno non crede che ci sia una contro-intuitiva correlazione tra le varie cose che mi fa credere che ci siano 'interazioni' non-locali - in pratica, un pre-determinismo) deve comunque accettare la non-località quantistica se accetta che ci siano 'variabili nascoste' e che, quindi, il formalismo della Meccanica Quantistica (non-relativistica) debba essere per forza 'completato' in qualche modo (ad oggi, non percepisco una necessità di correggere il formalismo della Meccanica Quantistica (non-relativistica)). Se si accetta tale formalismo così come è, ad oggi, ritengo che l'interpretazione di cui parlavo prima è la 'migliore'... ovviamente, opinione mia.

(Perdonate le continue modifiche...questa è la versione finale del post...)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

#6
Ah,

Citazione di: Apeiron il 06 Gennaio 2019, 11:42:51 AMBeh, onestamente, tali domande le farei io ad un sostenitore, come te, del 'normale' determinismo ;D d'altronde sia tu che un sostenitore dell'illusorietà del mutamento siete d'accordo che ogni azione che facciamo è inevitabile. Quindi, in un immaginario dialogo tra tre personaggi morigerati ovvero un indeterminista che crede nel libero arbitrio (L), un determinista D e uno che crede che lo scorrere del tempo sia illusorio (E*)  

Ho usato la lettera 'E' per Einstein, il quale disse:

CitazionePer noi che crediamo nella fisica la divisione tra passato, presente e futuro è solo un'ostinata illusione

in una lettera alla famiglia del suo amico Michele Besso.

Riguardo all'analogia del messaggio precedente, questa interpretazione non dà uno status ontologico positivo alla possibilità di andare a bere il caffè al bar di Sempronio (anche se come prospettiva filosofica può magari essere affascinante). Tale status viene dato, nel contesto, dell'analogia alle sole potenzialità quantistiche. Perciò non si deve prendere l'analogia troppo sul serio!
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 06 Gennaio 2019, 11:42:51 AM
Citazione di: sgiombo il 05 Gennaio 2019, 19:00:14 PM


Cercando di evitare di entrare in una materia complessa che richiede competenze che non ho, cercando di restarne "ai margini" per me non infidi, ho ritagliato queste affermazioni per evidenziare le enormi difficoltà a comprendere per un non specialista (a occhio e croce il 99,99...% dell' umanità) il senso di importanti affermazioni scientifiche, e per chiedere all' amico specialista (per lo meno relativamente tale) Apeiron ulteriori spiegazioni (se ve ne sono; dato che anche lui a tratti sembrerebbe dichiarare di non capire ...cosa che trovo assai poco rassicurante).

Il punto è che la mia formazione non comprende le teorie proposte riguardanti la Gravità Quantistica. Gente più preparata di me (Rovelli incluso) sostiene che nell'ambito di questa teoria le equazioni non si esprimono più secondo la variabile 't'. Quello che personalmente non mi torna, è il significato di tutto ciò. Se a livello fondamentale 't' sparisce, secondo la mia incompleta preparazione, non si ha più dinamica e cinematica. Non ha più senso, perciò, parlare di moto, oscillazioni, interazioni ecc perché tutto ciò quanto meno richiede che si possa utilizzare il 'tempo'. Ciononostante, Rovelli dichiara che questo non implica che il mutamento non esista. Anzi, mi sembra ben contento di parlare di 'eventi', 'processi' e così via - ovvero ad usare un linguaggio 'temporale', per così dire. Quindi, non capisco se lui ritiene (e ho pure letto un suo libro, anche se era di divulgazione!  ;D  forse dovrei rileggerlo...) che:
A) che 'eventi', 'processi' (come 't') ecc emergono da qualcosa di più fondamentale;
B) che a livello fondamentale 't' sparisce ma comunque ci sono 'eventi', 'processi' ecc;
C) una determinata concezione di 'tempo', ovvero di 'tempo' come realtà autonoma, non può essere più accettata.
Se sostiene 'A' o 'C', va bene. Non trovo nulla di logicamente sbagliato. Se sostiene 'B', invece, non ho idea di come sia possibile parlare di tali cose senza poter introdurre una variabile 'temporale'.

(la critica di Smolin e colleghi mi fa propendere che sia vera la 'A'. Quello che dice Rovelli può essere interpretato in tutti e tre i modi, secondo me...)
Citazione
Da semplice persona di buon senso concordo che Non ha più senso, perciò, parlare di moto, oscillazioni, interazioni ecc perché tutto ciò quanto meno richiede che si possa utilizzare il 'tempo' (secondo me tutto ciò non può non accadere nel tempo per definizione).
Se Ciononostante, Rovelli dichiara che questo non implica che il mutamento non esista, allora secondo me dovrebbe chiarire (per lo meno a noi, se non anche a se stesso -!-) come, in che termini, in quale senso il "suo" mutamento (il "mutamento" come da lui inteso) differisce dal mutamento "nostro", come inteso dal senso comune.
Ora, che non solo un qualsiasi Sgiombo, che di mestiere fa il medico e nel tempo libero coltiva soprattutto la filosofia e molto limitatamente, a livello puramente ed elementarmente divulgativo, la scienza fisica, ma anche un Apeiron, che di professione é fisico ricercatore (anche se in un'altra specializzazione), non sa dare un' interpretazione univoca e non ambigua al senso (non implicante il fattore "tempo") che un suo collega (anche se non di "superspecialità") attribuisce a concetti come "mutamento", "processo" ed "evento", (ma forse innanzitutto a quello di "fondamentalità") beh, innanzitutto lo trovo qualcosa di vagamente preoccupante, e inoltre mi induce a dubitare che perfino quel suo collega possa avere qualche problema di comprensione di ciò di cui parla (sic!); perché altrimenti non vedo come mai mai abbia serie difficoltà a farsi intendere nel comunicarlo anche solo a una cerchia assai ristretta di uditori, di poco eccedente il laboratorio o la facoltà dove lavora e qualche decina o poco più di analoghe istituzioni sparse per il mondo (salvo qualche centinaio di persone a essere ottimisti, il meglio che tutta la restante popolazione mondiale riesce a fare mi sembrerebbe ritenere interpretabili in ben tre diversi modi le sue tesi).
Non mi sembra che siamo molto lontani dal "linguaggio privato" negato da Wittgenstein.
 
Se mi é consentita una battutaccia (provocatoria ma che assolutamente non intende essere offensiva) che bene esprime il mio stato d' animo di sostanziale insoddisfazione, in queste tue parole il concetto di "qualche livello della realtà fondamentale (più o meno rispetto a quella esperibile empiricamente)" mi ricorda molto la conclusione cui portavo da bambino preti e catechisti quando discutevo con loro circa i "misteri della fede": l' intelligenza divina, essendo infinitamente superiore alla nostra umana, può capire (anche) cose che noi non capiremo mai.





Beh, onestamente, tali domande le farei io ad un sostenitore, come te, del 'normale' determinismo  ;D  d'altronde sia tu che un sostenitore dell'illusorietà del mutamento siete d'accordo che ogni azione che facciamo è inevitabile.  
Quindi, in un immaginario dialogo tra tre personaggi morigerati ovvero un indeterminista che crede nel libero arbitrio (L), un determinista D e uno che crede che lo scorrere del tempo sia illusorio (E*) si potrebbe avere questo dialogo:
L e D) Ascolta E, ma se tu ritieni che lo scorrere del tempo sia illusorio come questa tua credenza si applica alle scelte della vita quotidiana?
E) personalmente, accetto che ci sia l'illusione dello scorrere del tempo e, quindi, so che tali scelte sono mere illusioni. Però, le faccio comunque. L) Un po' come D accetta l'illusione del libero arbitrio e, comunque, non fa il 'fatalista' e non si dà alla 'pazza gioia'.
E) esatto, la differenza tra me e D è che io accetto che anche lo scorrere del tempo sia illusorio.
D) Ma è evidente che il tempo scorra, come fa ad essere illusorio?
L) Così come è evidente che le nostre azioni sono, in parte, libere come fa il libero arbitrio ad essere una illusione?  ;D


Seriamente, dipende da quanta importanza dà questo tizio alla sua credenza che il tempo è illusorio. Se, per esempio, ritiene che sia una verità da 'realizzare' e/o da 'contemplare' difficilmente si immergerà completamente nelle illusioni ma ne resterà distaccato. Oppure potrebbe ritenere che siccome tutto è illusorio, non è importante come ci si comporta...e così via  ;D  è sempre difficile capire che risvolti 'etici' (o 'esistenziali' se ad uno fa 'schifo' la parola 'etica') possa avere una credenza su 'come è la realtà' - a meno che il soggetto non ritenga che quella che lui ritiene essere una 'verità' abbia risvolti esistenziali e in che modo  ;)  
Citazione
Il determinista (o almeno quel determinista che sono io) non accetta l' illusione del libero arbitrio ma sa benissimo che le sue (e altrui) azioni non sono liberoarbitrarie ma determinate; non agisce come se fossero liberoarbitrarie, bensì ben sapendo che sono necessitate dal determinismo: non si illude di essere libero (da determinazioni intrinseche) nel fare ciò che fa ma sa benissimo di farlo necessariamente (e questo non gli fa né caldo né freddo, come si suol dire). Non ammette che "è evidente che le nostre azioni sono, in parte, libere", se non eventualmente in qualche misura da determinazioni estrinseche.
Se ha ragione Il negatore del tempo ognuno crede di agire (ma non agisce) come crede di agire illusoriamente indipendentemente da quanto crede in proposito (anche nell' ulteriore illusione della non illusorietà del mutamento nel caso di chi creda nella realtà del tempo), così come se ha ragione il determinista ognuno agisce come agisce non liberoarbirariamente (anche chi lo facesse nell' illusione del libero arbitrio).
Dunque mentre se é vero il determinismo, accorgersi dell' illusorietà del libero arbitrio non comporta (per lo meno non necessariamente) alcun mutamento nelle proprie scelte (comunque deterministiche, che lo si sappia o meno), invece nel caso dell' illusorietà del tempo e dunque del mutamento il sapere che non sono reali (se non alucinatoriamente) le proprie azioni, i propri scopi e aspirazioni, e dunque in particolare che esse, quali che siano, non lo sono più (o non più "fondamentalmente", se vogliamo) del vivere in un mondo onirico prodotto dall' uso di stupefacenti, dovrebbe secondo me comportare (deterministicamente come credo o anche indetrministicamente: non fa differenza) la messa sullo stesso piano delle (meramente apparenti, non reali) due opzioni fa le quali (deterministicamente oppure liberoarbitrariamente) illudersi di scegliere: sempre di (illudersi di) vivere nella mera illusione si tratterebbe.
 
Mi sembra che quanta importanza ciascuno dà alla (sua eventuale) credenza che il tempo é illusorio non possa che dipendere dalla convinzione con cui l' abbraccia, posto che, almeno per chi non viva alla giornata ma si ponga scopi (più o meno "elevati"), fa una bella differenza sapere che ci si batte contro donchisciotteschi mulini a vento (reali solo in qualche "livello più o meno fondamentale" -?- dell' esistente), oppure contro reali (nel mondo empiricamente praticabile) "storture del mondo empirico stesso da raddrizzare".



CONTINUA

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 06 Gennaio 2019, 11:42:51 AM
CONTINUAZIONE

Citazione di: sgiombo il 05 Gennaio 2019, 19:00:14 PM
Perché io creda che la realtà non é come appare, penso che mi si dovrebbe spiegare attraverso quali ragionamenti e osservazioni si dimostra che mi appare come mi appare essendo diversa (altrimenti, se sono razionalista e non un fideista credulone, piuttosto sospendo il giudizio). Come infatti é successo per la sfericità della terra, l' eliocentrismo, le varie successive teorie atomiche della materia, ecc., tutte spiegate senza ricorrere ad affermazioni (il-) logicamente contraddittorie come questa "il 'futuro [= quello che non esiste ancora] esiste già' (teoria dell'universo a blocco, o block-world)". A meno che mi si spieghi logicamente in che senso non contraddittorio il "futuro" (che evidentemente non può essere quello che non esiste ancora: e allora cos' é? Se é ciò che esiste già si tratta di una mera tautologia) esiste già.

CitazioneAPEIRON
A parte il linguaggio non ottimale usato, cos'è che non ti torna? Se il divenire è illusorio e il 'presente' (in un qualche senso) 'è reale', uno deve accettare che passato e futuro siano tanto 'reali' quanto il presente (indipendentemente dalla definizione di realtà che uno ha).
Citazione di: sgiombo il 05 Gennaio 2019, 19:00:14 PMIn particolare sul "dualismo potenza - atto" l' unico senso che so darvi é il mero determinismo ("forte" ovvero meccanicistico oppure "debole" ovvero statistico"): che una cosa A é in potenza una diversa cosa B per me non può significare altro che se e quando si danno determinate circostanze (non presenti; ovvero eventualmente in un qualche tempo -reale, non meramente apparente- futuro), allora cessa di essere -realmente e non apparentemente- A per essere invece -realmente e non apparentemente- B. Ovvero ora, nella realtà (e non nell' immaginazione) é reale A e non é reale B (in alcun altro senso che quello di "oggetto di pensiero, di immaginazione"; ma come ben sapeva il buon Gaunilone, c' é una bella differenza fra una tavola imbandita reale e il reale concetto -pensiero- di una tavola imbandita). (Per la cronaca, non mi stupisce che uno come Emanuele Severino, con tutto ciò ci vada a nozze).

Ho il vago sospetto che tu apprezzerai il discorso della 'potenzialità' anche se ti traducessi l'intero articolo in Italiano  ;D ma, in ogni caso, provo comunque a fare una spiegazione concisa ma quanto più chiara possibile  ;) . Il discorso, bene o male, è questo: gli oggetti quantistici prima di essere misurati non sono 'reali' allo stesso modo della 'realtà classica' (quella a noi familiare) ma sono pur sempre 'reali'. L'idea di base è che ci possano essere diversi modalità in cui le 'cose' 'esistono'. Prima della misura, gli oggetti quantistici possiedono solo potenzialità di avere determinati valori di grandezze fisiche. Per esempio, nell'esperimento della doppia fenditura l'elettrone, non sottoposto a misura, possiede la potenzialità di passare per entrambe le fenditure, chiamate A e B. Questa non è una vera violazione del Principio del Terzo Escluso ('Tertium non datur') perché di fatto esso non si può applicare alle proposizioni che esprimono una possibilità/potenzialità:
(1) è possibile che l'elettrone sia passato per A;
(2) è possibile che l'elettrone non sia passato per A
pur essendo due affermazioni contrarie, è possibile dichiararle entrambe vere (nella logica si direbbe che anche (1) AND (2) rimane vera, con AND indico l'operatore logico - nel linguaggio degli operatori logici, (2)=NOT(1), ovvero (2) è la negazione di (1)).
Perciò, gli oggetti quantistici non misurati non esistono allo stesso modo di quelli classici. Negli oggetti classici, le grandezze sono attualizzate, nel senso che gli oggetti hanno valori delle grandezze fisiche ben definiti.  Non così (secondo questa interpretazione, ovviamente) gli oggetti quantistici. Si tratta di accettare che ci possano essere diverse modalità di 'esistenza' (o di 'realtà' o 'essere' - a seconda di quale termine sia ritenuto più generico).
En passant, credo, come gli autori dell'articolo, che questo riesca a sostenere sia che gli oggetti quantistici abbiano proprietà non-locali ma che, al tempo stesso, la località voluta dalla relatività sia preservata. Infatti, quando avviene una misura alcune potenzialità vengono meno ma questo non implica alcuna trasmissione di segnali.
Una possibile analogia è la seguente (più o meno quella usata nell'articolo): se Tizio e Caio decidono di incontrarsi, il giorno dopo, al bar di Sempronio a bere un caffè prima di arrivare là, c'è una potenzialità che Tizio e Caio il giorno dopo si incontreranno al bar di Sempronio a bere il caffè. Per qualche motivo, Sempronio, però, decide che il bar non verrà aperto. Dunque, la potenzialità viene meno e, quindi, Tizio e Caio (che in tale momento si trovano altrove) non potranno più bere il caffè nel bar di Sempronio. Questo 'venir meno' della potenzialità è istantaneo, nel senso che avviene quando Sempronio decide di chiudere il bar. Però, questo non implica che a Tizio e Caio arrivi un segnale di velocità istantanea.
Citazione
Non riesco a concepire che due fondamentali "differenti modi di essere reale": quello della "realtà quale è/diviene indipendentemente dall' essere eventualmente pure pensata o meno" e quello della "realtà quale é/diviene unicamente in quanto oggetto o 'contenuto' di (reale) pensiero".
Per me queste sono le uniche e sole modalità in cui (in reciproca alternativa) le cose esistono. Altre non ne vedo.
Di conseguenza l' affermazione "gli oggetti quantistici prima di essere misurati non sono 'reali' allo stesso modo della 'realtà classica' (quella a noi familiare) ma sono pur sempre 'reali'." Per me non può significare altro (altro significato non ci riesco a vedere) che "gli oggetti quantistici prima di essere misurati sono reali unicamente in quanto possibili oggetti o 'contenuti' di pensiero", cioè che possono essere realmente pensati (o meno), esattamente come quelli della realtà classica a noi familiare: esiste la potenzialità che li troviamo (se si danno determinate circostanze osservative "appropriate"), anche se, contrariamente a quelli della realtà classica a noi familiare, non ci é possibile sapere (calcolare indirettamente, e dunque pensare come fatto certo) dove e come (grossolana allusione al pr. di ind. di Heisenberg che credo comunque chiara) sono senza osservarli direttamente; e questa é l' unica differenza ontologica (o meglio, secondo me, gnoseologica o epistemica) cui riesco a dare un senso della realtà degli oggetti della meccanica quantistica rispetto alla realtà degli oggetti del mondo classico a noi familiare.
O, come mi sembra affermino le versioni indeterministiche ontologiche "danesi" correnti, le caratteristiche non (ancora) osservate: o non esistono realmente (ancora) tout court (ma eventualmente esistono solo come meri "ipotetici contenuti di pensiero indeterminati") prima del famoso (per me famigerato) collasso della funzione d' onda (per ironia della sorte, l' onda del determinista Scroedinger); oppure (già) esistono realmente (e non come meri eventuali "contenuti di pensiero") anche se non si possono (ancora) conoscere (pensare con certezza) non solo in pratica ma anche in linea puramente teorica, come invece sostengono i deterministi ontologici-indeterministi epistemici "delle variabili nascoste".
Se riesci a spiegarmi e a farmi (sensatamente) concepire un tertium ti sarò infinitamente grato.
 
Negli esperimenti "delle due fenditure" prima dell' osservazione empirica riesco a pensare sensatamente, in modo non contraddittorio, logicamente coerente con tutto ciò che ci é noto, che l' elettrone passi per l' una e anche in alternativa (cioè: oppure) che passi per l' altra fenditura (e che l' onda di probabilità che descrive la nostra conoscenza sulle potenzialità di trovarlo se "la facciamo collassare" subisce una diffrazione fra le due fenditure).
Pensare (o meglio: immaginare per assurdo di poter pensare) che passi in una certa percentuale di esistenza (di realtà) -???- in una fenditura e che contemporaneamente passi anche nella complementare percentuale di esistenza (di realtà) -???- nell' altra per me é esattamente come pensare (o meglio: immaginare per assurdo di poter pensare) che Dio (esiste ed) é uno e contemporaneamente sono tre o che Gesù Cristo (é esistito ed) é (per sempre) Dio (immortale, onnipotente, ecc.) e contemporaneamente era (per 33 anni) uomo (mortale, di potenza limitatissima, ecc.).
 
Nemmeno in fatto di logica sono un addetto ai lavori, ma credo che anche nelle possibilità/potenzialità (nel pensiero, e non solo nella realtà) valga il principio del terzo escluso: due affermazioni contrarie si possono pensare sensatamente come vere entrambe, ma in reciproca alternativa; ovvero sia la affermazione A che la contraria affermazione B, ma o l' una oppure l' altra, mai entrambe insieme.
In particolare le due affermazioni:
(1) è possibile che l'elettrone sia passato per A;
(2) è possibile che l'elettrone non siapassato per A;
pur essendo due affermazioni contrarie, è possibile dichiararle entrambe vere ma solo come alternative: é possibile dichiarare vera (1) ma a patto che allora non si dichiari vera anche (2); ed é anche possibile dichiarare vera (2) ma a patto che allora non si dichiari vera anche (1).
Altrimenti sarebbe anche possibile non solo ipotizzare una figura geometrica avente un unico perimetro che sia quadrata e anche (in alternativa: oppure) una figura geometrica avente un unico perimetro e che sia circolare, ma anche una figura geometrica avente un unico perimetro che sia quadrata e che sia anche circolare.
 
Nell' esempio di Tizio, Caio e Sempronio, in precedenza si può pensare (é reale ma solo come mera ipotesi mentale) che l' indomani T. e C. si prendano un caffè da S.; quando S. chiude il bar non lo si può più pensare (non é più reale nemmeno come mera ipotesi mentale, unitamente all' ipotesi della persistente chiusura del bar stesso anche all' indomani) che T. e C. si prendano colà il caffè.
A T. e C. non arriva nessun segnale istantaneamente, a velocità infinta al momento della chiusura del bar da parte di S., semplicemente perché allora non accade assolutamente nient' altro di (autenticamente) reale (ma tale casomai solo e unicamente come mero "contenuto di eventuale pensiero") oltre alla chiusura del bar da parte di S. (assolutamente nient' altro di in un qualche modo o senso pertinente ciò di cui stiamo parlando, ovviamente).




D'altro canto, un qualche tipo di apertura a pensare a 'livelli di realtà' o di 'livelli di comprensione della realtà' è presente, secondo me, anche nel caso in cui uno accetta questo tipo di interpretazione della Meccanica Quantistica:

CitazioneAd ogni modo, anche nelle interpretazioni alla de-Broglie/Bohm (anche qui lo stesso discorso di prima sulla molteplicità delle sotto-interpretazioni) c'è una forma di dualismo. Anche in quella minimalista, dove la funzione d'onda è trattata alla stregua di una 'legge', comunque la posizione di una singola particella dipende dalle posizioni di tutte le altre (le 'interazioni' tra di esse non dipendono dalla distanza) - questo, certamente, è qualcosa di ben diverso dalla nostra usuale realtà dove le distanze contano.

(perdonate l'auto-citazione)
In questo caso direi che i 'livelli' sono epistemologici. D'altro canto, questa interpretazione ci dice che, mentre per noi le distanze spaziali sono importanti, in realtà non è vero. Di fatto, almeno che uno non abbracci il super-determinismo (ovvero, se uno non crede che ci sia una contro-intuitiva correlazione tra le varie cose che mi fa credere che ci siano 'interazioni' non-locali - in pratica, un pre-determinismo) deve comunque accettare la non-località quantistica se accetta che ci siano 'variabili nascoste' e che, quindi, il formalismo della Meccanica Quantistica (non-relativistica) debba essere per forza 'completato' in qualche modo (ad oggi, non percepisco una necessità di correggere il formalismo della Meccanica Quantistica (non-relativistica)). Se si accetta tale formalismo così come è, ad oggi, ritengo che l'interpretazione di cui parlavo prima è la 'migliore'... ovviamente, opinione mia.
Citazione
A questo proposito mi sembra che si ponga una questione.
Da profano di media cultura (potrei più o meno gravemente fraintendere), mi sembra di rilevare che da ormai poco meno di cent' anni (!), malgrado indubbie nuove scoperte "di dettaglio" (absit iniuria verbis) anche con conseguenti applicazioni tecniche-pratiche interessanti e utilissime (e pure pericolose, inevitabilmente), sulle "questioni fondamentali" la fisica si dibatta in una contraddizione al momento insuperata, sulla quale i migliori ricercatori continuano a "sbattere la testa" inutilmente, fra il determinismo (anche epistemico, in linea teorica o di principio) e la località (o finitezza delle velocità delle interazioni) della Relatività e l' indeterminismo (per lo meno epistemico) e la non-località (o infinitezza delle velocità delle interazioni) della Meccanica Quantistica.
Dato che un secolo di "crisi permanente" della fisica non mi sembra si sia mai avuto da Galileo in poi, mi chiedo se un atteggiamento euristico più ragionevole di quello corrente non dovrebbe indurre per lo meno ad affiancare ai continui (e finora inani) tentativi di superare queste contraddizioni la ricerca, attraverso osservazioni nuove, più precise, ecc., di eventuali "peli nell' uovo" teorici nelle due teorie attualmente accettate con "scarsa reciproca complementarità" (non potrebbe essere che almeno una non sia da rivedere profondamente o addirittura da superare "rivoluzionariamente"? Non vale la pena spendere risorse umane a materiali per appurare queste ipotesi?).
 

Apeiron

@sgiombo,

scusami ma ho scritto male la parte delle due proposizioni (o meglio, secondo me è scritta male anche nell'articolo...ma, comunque non è sbagliata)  :-[

CitazioneSGIOMBO

Da semplice persona di buon senso concordo che Non ha più senso, perciò, parlare di moto, oscillazioni, interazioni ecc perché tutto ciò quanto meno richiede che si possa utilizzare il 'tempo' (secondo me tutto ciò non può non accadere nel tempo per definizione).

Se Ciononostante, Rovelli dichiara che questo non implica che il mutamento non esista, allora secondo me dovrebbe chiarire (per lo meno a noi, se non anche a se stesso -!-)
....
 
Se mi é consentita una battutaccia (provocatoria ma che assolutamente non intende essere offensiva) che bene esprime il mio stato d' animo di sostanziale insoddisfazione, in queste tue parole il concetto di "qualche livello della realtà fondamentale (più o meno rispetto a quella esperibile empiricamente)" mi ricorda molto la conclusione cui portavo da bambino preti e catechisti quando discutevo con loro circa i "misteri della fede": l' intelligenza divina, essendo infinitamente superiore alla nostra umana, può capire (anche) cose che noi non capiremo mai.
 
(Non sono un 'ricercatore'...ho solo studiato fisica all'università e credo di non continuare la ricerca accademica)

Posso capire la frustrazione...ma pensa alla cosa in questo modo. Noi osserviamo i fenomeni nello spazio e nel tempo. La relatività ci avrebbe insegnato che, in realtà, spazio e tempo dovrebbero essere 'unificati' nello spazio-tempo. Tuttavia, lo spazio-tempo è legato alla gravità (Relatività Generale). In un contesto di gravità quantistica, si cerca di trattare la gravità alla pari delle altre tre forze fondamenti, che sono trattate dal modello standard (che però si basa sul 'back-ground' dello spazio-tempo quadri-dimensionale piatto della Relatività Stretta). Ora, se si fa così si deve anche 'rinunciare' al back-ground, visto che lo spazio-tempo stesso viene visto, in pratica, come il 'campo gravitazionale'. 


CitazioneSGIOMBO

Il determinista (o almeno quel determinista che sono io) non accetta l' illusione del libero arbitrio ma sa benissimo che le sue (e altrui) azioni non sono liberoarbitrarie ma determinate; non agisce come se fossero liberoarbitrarie, bensì ben sapendo che sono necessitate dal determinismo: non si illude di essere libero (da determinazioni intrinseche) nel fare ciò che fa ma sa benissimo di farlo necessariamente (e questo non gli fa né caldo né freddo, come si suol dire). Non ammette che "è evidente che le nostre azioni sono, in parte, libere", se non eventualmente in qualche misura da determinazioni estrinseche.

Se ha ragione Il negatore del tempo ognuno crede di agire (ma non agisce) come crede di agire illusoriamente indipendentemente da quanto crede in proposito (anche nell' ulteriore illusione della non illusorietà del mutamento nel caso di chi creda nella realtà del tempo), così come se ha ragione il determinista ognuno agisce come agisce non liberoarbirariamente (anche chi lo facesse nell' illusione del libero arbitrio).
Dunque mentre se é vero il determinismo, accorgersi dell' illusorietà del libero arbitrio non comporta (per lo meno non necessariamente) alcun mutamento nelle proprie scelte (comunque deterministiche, che lo si sappia o meno), invece nel caso dell' illusorietà del tempo e dunque del mutamento il sapere che non sono reali (se non alucinatoriamente) le proprie azioni, i propri scopi e aspirazioni, e dunque in particolare che esse, quali che siano, non lo sono più (o non più "fondamentalmente", se vogliamo) del vivere in un mondo onirico prodotto dall' uso di stupefacenti, dovrebbe secondo me comportare (deterministicamente come credo o anche indetrministicamente: non fa differenza) la messa sullo stesso piano delle (meramente apparenti, non reali) due opzioni fa le quali (deterministicamente oppure liberoarbitrariamente) illudersi di scegliere: sempre di (illudersi di) vivere nella mera illusione si tratterebbe.
 
Mi sembra che quanta importanza ciascuno dà alla (sua eventuale) credenza che il tempo é illusorio non possa che dipendere dalla convinzione con cui l' abbraccia, posto che, almeno per chi non viva alla giornata ma si ponga scopi (più o meno "elevati"), fa una bella differenza sapere che ci si batte contro donchisciotteschi mulini a vento (reali solo in qualche "livello più o meno fondamentale" -?- dell' esistente), oppure contro reali (nel mondo empiricamente praticabile) "storture del mondo empirico stesso da raddrizzare".


Al che potrei però risponderti in questo modo: se le mie azioni sono inevitabili, allora non sono altro che una 'marionetta' cosciente. Ho l'impressione di avere una certa autonomia rispetto ma al tempo stesso in realtà non la ho. Non penso che tu possa negare che, istintivamente, abbiamo 'l'impressione' (o illusione) di essere autonomi. E, in realtà, il determinismo va contro proprio tale 'impressione'. Inoltre, accettare il libero arbitrio non significa accettare che ci sia un completo caos ('disordine') nei fenomeni. Ma solo che, in realtà, qualcosa ha un limitato livello di autonomia rispetto al resto. Se, dunque, io credo profondamente al determinismo che conseguenza avrà tale credenza sulla mia 'impressione' di autonomia? E, dunque, che conseguenza avrà tale credenza profonda sulle azioni quotidiane? 

Dal mio punto di vista, la situazione è molto simile a quella di chi crede che il tempo è illusorio. Con la differenza, ovviamente, che per chi crede che il tempo illusorio noi abbiamo una impressione illusoria in più, quella del 'divenire'.   
Siccome io, invece, credo sia al 'divenire' sia a quella 'impressione' di autonomia (riconosco, ovviamente, che è limitata) non posso che ammettere che, se sbaglio in questa mia convinzione, tali 'impressioni' sembrano essere veramente reali. 


CitazioneSGIOMBO
Non riesco a concepire che due fondamentali "differenti modi di essere reale": quello della "realtà quale è/diviene indipendentemente dall' essere eventualmente pure pensata o meno" e quello della "realtà quale é/diviene unicamente in quanto oggetto o 'contenuto' di (reale) pensiero".

Per me queste sono le uniche e sole modalità in cui (in reciproca alternativa) le cose esistono. Altre non ne vedo.
...
O, come mi sembra affermino le versioni indeterministiche ontologiche "danesi" correnti, le caratteristiche non (ancora) osservate: o non esistono realmente (ancora) tout court (ma eventualmente esistono solo come meri "ipotetici contenuti di pensiero indeterminati") prima del famoso (per me famigerato) collasso della funzione d' onda (per ironia della sorte, l' onda del determinista Scroedinger); oppure (già) esistono realmente (e non come meri eventuali "contenuti di pensiero") anche se non si possono (ancora) conoscere (pensare con certezza) non solo in pratica ma anche in linea puramente teorica, come invece sostengono i deterministi ontologici-indeterministi epistemici "delle variabili nascoste".
Se riesci a spiegarmi e a farmi (sensatamente) concepire un tertium ti sarò infinitamente grato.
 

Direi di distinguere, nell'ambito delle interpretazioni di Copenaghen:
1) l'anti-realismo, secondo cui, prima della misura la funzione d'onda contiene dell'informazione ma tale informazione non ha un vero 'referente'. Ovvero, in pratica, gli oggetti quantistici prima di essere misurati non esistono. 
2) l'instrumentalismo, secondo cui, la funzione d'onda è essenzialmente l'informazione che noi abbiamo sul sistema quantistico. Tuttavia, non ci è dato sapere cosa sia 'la realtà quantistica' se vi è una tale cosa. 
3) il realismo della funzione d'onda - ovvero, la funzione d'onda è un oggetto reale come sedie, tavoli ecc

Tutte queste hanno i loro problemi. La (1) non riesce a spiegare, per esempio, cosa è la misura. In pratica, la misura diventa una sorta di 'atto di creazione' di qualcosa. La (3) ha il problema che la funzione d'onda non è localizzata e il 'collasso' la localizza istantaneamente. Tale 'evento' è chiaramente in conflitto con la Relatività. La (2), invece, pur avendo il merito di non andare in conflitto con la Relatività e di non cadere nei paradossi della (1) però nasce da un atteggiamento che potrebbe suonare troppo 'pessimista' - in pratica, si auto-limita la conoscenza scientifica. 

Dunque, nell'ambito dell'interpretazione di Copenaghen, la proposta è che, forse, è necessario accettare qualcosa di simile alla (3)  (negli scritti di Heisenberg, forse, c'è il 'seme' di questa idea). In sostanza, la (3) viene accettata nel senso che la funzione d'onda è un oggetto fisico. Tuttavia, a differenza di tavoli e sedie, l'oggetto quantistico non ha valori definiti di grandezze fisiche ma solo 'potenzialità' di assumere valori definiti di grandezze fisiche. Nel caso dell'interpretazione realistica, invece, si ritiene che la funzione d'onda sia estesa nello spazio e, quindi, abbia, di fatto, una vera e propria estensione. In questa interpretazione, l'oggetto quantistico ha solo una 'potenzialità' estesa - in altri termini, mentre nel primo caso, puoi dire che 'qui c'è la funzione d'onda', nel secondo puoi dire 'l'oggetto quantistico è potenzialmente in questo punto'.

D'altronde, un problema simile lo trovi se prendi sul serio la realtà dello spazio-tempo. I fenomeni che vediamo sono nello spazio e nel tempo. Eppure, la gravità, nella Relatività Generale, è legata alla curvatura dello spazio-tempo. Se, dunque, ritieni che lo spazio-tempo è qualcosa di reale, beh hai un 'livello di realtà' diverso da quello 'ordinario', no?

Non so se sia abbastanza 'soddisfacente' questa spiegazione  ;D 


Sulla parte delle proposizioni credo che era formulata male anche nell'articolo. Ora, provo a proporre una nuova versione che, secondo me, è meno problematica.  ;) Scusami se non rispondo a quella parte, ma era scritta male...

  
CitazioneSGIOMBO
Nell' esempio di Tizio, Caio e Sempronio...
Esatto, non c'è alcuna trasmissione di segnali istantanea. Quando avviene la chiusura, la possibilità di andare da Sempronio svanisce. 


CitazioneSGIOMBO
A questo proposito mi sembra che si ponga una questione.
Da profano di media cultura (potrei più o meno gravemente fraintendere), mi sembra di rilevare che da ormai poco meno di cent' anni (!), malgrado indubbie nuove scoperte "di dettaglio" (absit iniuria verbis) anche con conseguenti applicazioni tecniche-pratiche interessanti e utilissime (e pure pericolose, inevitabilmente), sulle "questioni fondamentali" la fisica si dibatta in una contraddizione al momento insuperata, sulla quale i migliori ricercatori continuano a "sbattere la testa" inutilmente, fra il determinismo (anche epistemico, in linea teorica o di principio) e la località (o finitezza delle velocità delle interazioni) della Relatività e l' indeterminismo (per lo meno epistemico) e la non-località (o infinitezza delle velocità delle interazioni) della Meccanica Quantistica.
Dato che un secolo di "crisi permanente" della fisica non mi sembra si sia mai avuto da Galileo in poi, mi chiedo se un atteggiamento euristico più ragionevole di quello corrente non dovrebbe indurre per lo meno ad affiancare ai continui (e finora inani) tentativi di superare queste contraddizioni la ricerca, attraverso osservazioni nuove, più precise, ecc., di eventuali "peli nell' uovo" teorici nelle due teorie attualmente accettate con "scarsa reciproca complementarità" (non potrebbe essere che almeno una non sia da rivedere profondamente o addirittura da superare "rivoluzionariamente"? Non vale la pena spendere risorse umane a materiali per appurare queste ipotesi?).

Guarda, per certi versi concordo  :)


Si è scoperto che è possibile, anche senza veramente capire bene i 'fondamenti' della Meccanica Quantistica, unificare Relatività Ristretta e Meccanica Quantistica. Come? Secondo me, con un approccio fin troppo pragmatico. Per esempio, come ben dici, la Relatività è deterministica e locale mentre la Meccanica Quantistica invece è probabilistica e/o non-locale. Però, visto che si è potuto scrivere una teoria relativistica che nel limite di basse velocità riproduceva la Meccanica Quantistica, si è, in pratica, ignorato il problema. Tanto funzionava. Di fatto, la fisica delle particelle si basa su questo.
Tuttavia, il problema del (presunto?) contrasto tra Meccanica Quantistica e Relatività Ristretta è rimasto sempre lì. Negli anni recenti, l'interpretazione a Molti Mondi (MWI dall'inglese Many-worlds interpretation) ha avuto un successone perché pare essere locale. Forse è vero anche per l'Interpretazione Relazionale di Rovelli (uso parole come 'pare' e 'forse' perché non sono un esperto). Nel caso di quella di Rovelli, però, il collasso c'è il probabilismo. 
Dunque, se uno non accetta la MWI con i suoi 'mondi', uno è costretto ad andare avanti senza avere fondamenta solide. 
Passa un po' di tempo e... non si riesce a quantizzare la gravità, ovvero a mettere assieme Gravità e Modello Standard. E, quindi, ora più che mai, secondo me, è necessario spendere delle energie per fare un po' quello che è successo all'inizio del novecento. Ovvero, un nuovo grosso 'salto'...
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

Riformulerei la questione delle proposizioni delle 'potenzialità'/possibilità nell'ambito dell'esperimento della doppia fenditura (fenditure A e B) in questo modo, quando non si effettua una misura:


CitazioneProposizione P: l'elettrone è passato attraverso la fenditura A.

Se applichiamo l'operatore 'NOT', ovvero se neghiamo P, otteniamo:

CitazioneNOT-P: l'elettrone non è passato attraverso la fenditura A
(quindi è passato per B)

Tuttavia, se non si effettua la misura non possiamo dire che 'P' è vera. Ma che, in realtà, è possibile. Quindi diciamo che è "possibile che l'elettrone sia passato attraverso la fenditura A". Dobbiamo, perciò, aggiungere un terzo valore logico, il possibile (oltre al vero e al falso).
Questo, ovviamente, violerebbe il Principio del Terzo Escluso che non ammette un terzo valore oltre a vero e falso.

Inoltre, possiamo anche dire "P AND NOT-P" (usando l'operatore logico 'AND') senza contraddizione: Se P è possibile, e NOT-P è possibile allora "P e NOT-P" non è una contraddizione anche se la seconda proposizione è una negazione della prima.

Se, invece, avviene la misura abbiamo che P diventa o vero o falso. Se osserviamo che l'elettrone è passato attraverso la fenditura A allora P diventa vera e NOT-P falsa. Quindi se si fa la misura, la proposizione  "P AND NOT-P" diventa a tutti gli effetti una contraddizione.  

La prima è la logica delle possibilità e si applica al 'mondo quantistico' dove i valori delle grandezze non sono definiti. La seconda è la familiare logica classica, che, invece, si applica quando i valori delle grandezze sono definiti.

(in pratica, in questa logica oltre ai valori 'vero' e 'falso' c'è anche il valore 'possibile' che si applica nel caso in cui non si fanno misure...)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

Riguardo a Rovelli e il tempo... Ora che ci ripenso, lui crede che il fatto che le equazioni fondamentali siano esprimibili senza la variabile temporale significa che è possibile pensare che il tempo come dimensione non esista.

Lui fa l'esempio per cui invece di parlare di orari come se fossero coordinate temporali, possiamo usare gli eventi stessi come riferimenti. Ovvero, che non esiste una coordinata temporale in cui ordinare gli eventi. In questo modo, non c'è una 'dimesione tempo' indipendente dagli eventi (e quindi dal divenire). Ovvero invece di dire che gli eventi succedono nel tempo, si dice che essi avvengono.

Quindi Rovelli sembra propendere per la 'C', se ho ragione. E sarei d'accordo con lui se ritiene il tempo non è una realtà indipendente dagli eventi e dal cambiamento. 

Tuttavia, non sono sicuro che l'implicazione della 'sparizione' della variabile 't' (temporale) dalle equazioni fondamentali porti solo a quanto detto prima (come pare dire Rovelli) e non ad una totale impossibilità del divenire.
E infatti questo è il mio dubbio.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

#12
Devo chiedere scusa ai ricercatori. Nell'articolo (il cui pdf è scaricabile gratuitamente) che avevo 'linkato' in precedenza nella risposta #2, si arriva a dire che (all'inizio della sezione 3 dell'articolo):

Citazione
Consider the following proposition concerning a two-slit experiment:
X. "The photon possibly went through slit A."
Note that one can say of X: "X is true AND 'not X' is true" without contradiction.

(grassetto mio)

che tradotto significa:

CitazioneSi consideri la seguente proposizione concernente l'esperimento a doppia fenditura:
X. "Il fotone possibilmente è passato attraverso la fenditura A"
Si noti che uno può dire di X: "X è vero E 'not X' è vero" senza contraddizione.
[n.d.t qui viene applicato l'operatore AND alle proposizioni X e 'not X']

[n.d.t: 'not X' = "The photon possibly did not go through slit A" - che tradotto significa "Il fotone possibilmente non è passato attraverso la fenditura A"]

In precedenza (nella risposta #5), avevo tradotto 'possibly' con 'è possibile che'. Semanticamente, non è sbagliato. Il problema è quando applico l'operatore logico 'NOT' alla frase "è possibile che il fotone sia passato attraverso la fenditura A", finisco per avere una ambiguità, visto che, con questa traduzione, ci sono due proposizioni e non una (in parole povere, non è più chiaro se si deve mettere il 'non' davanti ad 'è possibile' o a 'sia'). Nella formulazione originale, non c'era questo problema. Comunque il ragionamento fatto nella risposta #10 è anch'esso corretto (seppur implicitamente e non esplicitamente detto nell'articolo...ma non trovo errori in tale ragionamento).  Tuttavia, avevo letto un'ambiguità che non esisteva nella versione tradotta da me e l'ho attribuita erroneamente agli autori nella risposta #9 di questa discussione.

Chiedo perciò venia di questa mia errata traduzione. Nota a me stesso: è meglio preferire traduzioni che non siano troppo simili a 'parafrasi' quando si deve poi fare uno studio logico  ;D il nocciolo del discorso è che le proposizioni che esprimono possibilità non seguono la logica Aristotelica, che, invece, ben si applica altrove, nelle proposizioni categoriche, come ad esempio nell'articolo (subito dopo la proposizione precedente):

Citazione
Y. "The photon was detected at point P on the detection screen."


Tradotto: Y. "Il fotone è stato rilevato al punto P dello schermo di rivelazione."



questa proposizione, invece, è una proposizione che, chiaramente, segue le leggi della logica Aristotelica (questa è una 'attualità' e non una 'potenzialità' come la proposizione X...).

Riguardo alla non-località...pur essendo le potenzialità quantistiche non-locali, il collasso non viola il limite imposto dalla velocità della luce. Come nell'esempio di Tizio, Caio e Sempronio (vedere risposta #5) la misura fa svanire delle potenzialità allo stesso modo in cui la decisione di Sempronio di non aprire il bar il giorno dopo, rende impossibile l'incontro di Tizio e Caio al bar nel quale i due personaggi desideravano bere il caffè insieme. Seppur questa 'soppressione' della potenzialità risulta istantanea, nessun segnale è stato mandato in modo istantaneo e, quindi, il limite della velocità della luce imposto dalla relatività è preservato  :)  

Visto che ci sono vorrei anche un attimo espandere questo discorso, presente nella mia risposta #9:

CitazioneD'altronde, un problema simile lo trovi se prendi sul serio la realtà dello spazio-tempo. I fenomeni che vediamo sono nello spazio e nel tempo. Eppure, la gravità, nella Relatività Generale, è legata alla curvatura dello spazio-tempo. Se, dunque, ritieni che lo spazio-tempo è qualcosa di reale, beh hai un 'livello di realtà' diverso da quello 'ordinario', no?

Il significato è il seguente: se uno accetta che lo spazio-tempo sia reale deve pensare per forza a livelli diversi della realtà, almeno dal punto di vista epistemologico. Infatti, noi 'viviamo' in una realtà spaziale e temporale. Se accettiamo che questa 'realtà' sia anch'essa 'reale', allora dobbiamo accettare due livelli di realtà: quello nostro fenomenico, spaziale e temporale, e quello dello spazio-tempo. D'altro canto, uno potrebbe dire che è lo 'spazio-tempo' ad essere la 'vera realtà' mentre il nostro è 'mera apparenza' o addirittura 'mera illusione' (in tal caso, la 'dualità' è, invece, epistemologica e non ontologica). Quindi, non mi pare un'idea così assurda che le 'potenzialità quantistiche' possano essere 'reali' in modo diverso a quello delle 'realtà attuali classiche' se si è aperti, per esempio, all'idea che lo spazio-tempo sia in qualche modo reale...(un interessante aneddoto, se non erro, è il seguente: una volta Popper chiamò Einstein 'Parmenide'. Se è vero, è un altro indizio che Einstein davvero credeva nell'illusorietà del divenire...)

Ok, spero che di aver 'sistemato' tutti gli errori e i punti non chiari (anche se non ci credo molto  ;D  :-[ )
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Ipazia

Citazione di: Apeiron il 07 Gennaio 2019, 00:04:11 AM
Riguardo a Rovelli e il tempo... Ora che ci ripenso, lui crede che il fatto che le equazioni fondamentali siano esprimibili senza la variabile temporale significa che è possibile pensare che il tempo come dimensione non esista.

Lui fa l'esempio per cui invece di parlare di orari come se fossero coordinate temporali, possiamo usare gli eventi stessi come riferimenti. Ovvero, che non esiste una coordinata temporale in cui ordinare gli eventi. In questo modo, non c'è una 'dimesione tempo' indipendente dagli eventi (e quindi dal divenire). Ovvero invece di dire che gli eventi succedono nel tempo, si dice che essi avvengono.

Quindi Rovelli sembra propendere per la 'C', se ho ragione. E sarei d'accordo con lui se ritiene il tempo non è una realtà indipendente dagli eventi e dal cambiamento.

Tuttavia, non sono sicuro che l'implicazione della 'sparizione' della variabile 't' (temporale) dalle equazioni fondamentali porti solo a quanto detto prima (come pare dire Rovelli) e non ad una totale impossibilità del divenire.
E infatti questo è il mio dubbio.

Il precipitato filosofico della fisica moderna è l'inesistenza di una dimensione assoluta del tempo. Questo è il messaggio che veicola lo scienziato-filosofo Carlo Rovelli. La quantistica sta demolendo anche il corrispettivo concetto di spazio assoluto inteso come un vuoto che si riempie di eventi e permane tale anche in assenza di alcun evento. La quantistica si sta orientando verso una concezione atomistico-democritea anche dello spazio. Il paradosso della simultaneità, mediata da onde elettromagnetiche, di parti dell'universo che noi percepiamo presenti mentre non lo sono più, o sono assai mutate da come oggi ci si rivelano, da miliardi di anni, evidenzia la difficoltà di manipolare teoricamente la realtà utilizzando la grandezza assoluta tempo. Bypassando le complessità del calcolo matematico, il concetto di campo pare il più fecondo nella rappresentazione attuale del reale. In tale modellistica il divenire diventa il tempo quantizzato nel campo esistenziale dei viventi. Insomma, una questione tutta antropologica, fatta salva la nostra conoscenza ignoranza del campo esistenziale di altri viventi. Non soddisfacente per le necessità epistemiche della fisica.

Le quali, rispondendo a Pierini, e sostenuto prima di lui autorevolmente da Wittgenstein, anche una volta del tutto risolte non risponderebbero minimamente all'afflato mistico della nostra specie.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Freedom

Il tempo è sempre stato un argomento appassionante. Tuttavia non solo è di difficilissima definizione e comprensione (nessuno dei massimi pensatori di tutti i tempi c'è mai riuscito) ma, unendomi all'osservazione di sgiombo, mi chiedo quale sia l'utilità di porsi certi quesiti.

Ai quali, forte della mia prospettiva rozza e grezza ;D , rispondo: tutte queste domanda sulla realtà di ciò che appare vengono dissolti o risolti da un semplice pizzicotto sulla pelle. Modo di dire che ha una sua grandissima dignità e profondità.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

Discussioni simili (2)