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La mappa e il mondo

Aperto da Jacopus, 12 Gennaio 2025, 22:53:36 PM

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Jacopus

Citazioneio credo che la mappa sia stata sempre il mondo, cioè ciò che ci ha fatto  apparire il mondo, ma solo finché  non abbiamo imparato a leggerla, o meglio finché non la abbiamo esplicitata a parole prendendone coscienza.
Prenderne coscienza però significa metterla in discussione, ed è sul possibile vantaggio di  metterla in discussione che la nostra evoluzione ha scommesso.
Quello che si è verificato è però che la mappa continua a stare per la realtà, anche quando messa in discussione, non perchè sia stata confermata la sua validità assoluta, ma anzi nonostante diventi sempre più evidente il suo essere relativa.
L'averla messa in discussione ha comportato invece che ad essa altre mappe si siano affiancate, desistendo dopo i primi tentativi di sostituirsi a quella originaria, ma affiancandosi ad essa.
Che l'evoluzione sia stata capace di costruire una mappa che ancora tendiamo a confondere con la realtà è qualcosa di meraviglioso, ma che non potremo più replicare.
Nessun nuovo mondo da confondere con la realtà potrà più apparirci in alternativa al vecchio, se non scimmiottandolo con una maggiorata replica virtuale, ciò che diventa indirettamente una dimostrazione della sua originaria virtualità.

Riprendo questo discorso di Iano per approfondirlo su un versante "relativamente" diverso rispetto alla discussione sulla "legge della parola". Iano ha ragioni da vendere quando dice che la mappa è il mondo. "Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus". Nominare il mondo crea il mondo, il mondo per noi umani. Ma il mondo sarebbe anche senza la nostra nominazione. Shakespeare a proposito di rose, diceva che La Rosa, anche chiamandola in altro nome, avrebbe avuto comunque quel profumo. Singolo/generale, concreto/astratto, unico/categorizzabile.
A questo duplice registro rispondono tutti gli esseri viventi. Bisogna stare contemporaneamente nel concreto della situazione ma sapere anche che genericamente il lupo è il mio predatore (ammesso che sia un agnello). Ma quel lupo magari ha già mangiato, oppure è alla ricerca di una compagna. Il lupo categoria è anche il lupo individuo. Ebbene, il nostro percorso evolutivo ha sempre più privilegiato la categorizzazione, la classificazione, la misurazione e l'inserimento in cartelle per argomenti. È un notevole strumento conoscitivo. Ci permette di semplificare il mondo, di fare ipotesi e verificarle. La scienza occidentale si fonda su questo meccanismo. Resta il problema che se l'equilibrio fra concreto/astratto si rompe, allora sorgono problemi ed oggi il problema principe è il dominio dell'astratto sul concreto, della classificazione rispetto allo sguardo che individua e singolarizza. E ciò comporta, oltre che alla manipolazione del mondo alla riduzione dell'Altro in oggetto da classificare, desoggettivandolo. Quindi la mappa è parzialmente il mondo, ma è comunque una tecnica, un artificio mirabile della connessione cultura+sistema nervoso centrale. Venire monopolizzati dalla mappa è in realtà venir monopolizzati dal dominio della tecnica. Se, sul lato opposto si vivesse esclusivamente di singolarità, allora non sarebbe possibile la conoscenza del mondo, ma si conoscerebbe meglio la più profonda natura di ogni essere umano. Il gioco quindi sta nella ricerca di un equilibrio fra La Rosa di Shakespeare e quella di B. Da Cluny (ripresa da Eco).
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

iano

#1
Citazione di: Jacopus il 12 Gennaio 2025, 22:53:36 PMQuindi la mappa è parzialmente il mondo, ma è comunque una tecnica, un artificio mirabile della connessione cultura+sistema nervoso centrale. Venire monopolizzati dalla mappa è in realtà venir monopolizzati dal dominio della tecnica.
La mappa non può confondersi più con la realtà, per quanto permanga l'illusione, nel momento in cui altre utilmente con essa concorrono, negando la sua unicità, più che la sua validità. Ogni mappa a suo modo è utile se abbiamo coscienza della loro natura, e non andiamo a cercare quella vera, riducendo ciò la nostra ricerca.
Se dobbiamo parlare di monopolio dobbiamo riferirlo alla mappa della realtà produttrice di evidenze, finché unica è rimasta, potendosi perciò confondere con l'unica realtà.
La percezione del pericolo che la tecnica ci monopolizzi paradossalmente deriva dal fatto che noi oggi possiamo ripudiarla, ormai consci delle nostre tecniche di sopravvivenza, mentre ieri non potevamo.
La tecnica secondo cui ''la realtà'' ci appare noi non possiamo ripudiarla, perchè la coscienza dell'illusione non la elimina, ma si limita a relativizzarla.
O se volgiamo la falsifica, accogliendola nel consesso delle teorie scientifiche, il che è lo stesso.



Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#2
Citazione di: Jacopus il 12 Gennaio 2025, 22:53:36 PMMa il mondo sarebbe anche senza la nostra nominazione. Shakespeare a proposito di rose, diceva che La Rosa, anche chiamandola in altro nome, avrebbe avuto comunque quel profumo.
Vero, ma non posso negare che ricordo chiaramente che per me da ragazzo il tavolo non potesse avere altro nome senza snaturarsi.
Forse è per questo motivo che, istruito da questa esperienza, ho sviluppato la convinzione che ad una credenza simile riadattata ad uso di me adulto io continui  a sottostare.
Che ce ne rendiamo conto oppure no, attribuiamo un grande potere al logos, non rendendogli con ciò onore, perchè sopravallutarlo ha lo stesso effetto di sottovalutarlo, che è quello di non lasciarne dispiegare tutte le potenzialità.
Quali siano le sue potenzialità in effetti è la scienza a dircelo, e perciò senza dover necessariamente farci scienziati, restando filosofi, se mai davvero lo siamo, dovremmo acquisire questa consapevolezza e farla fruttare.
Non è che dall'oggi al domani mi sia convinto di vivere dentro una mappa, e la cosa a dire il vero continua a suonarmi strana, ma è la crescente constazione di come ciò contribuisca a rendere semplice spiegare ogni cosa che mi impedisce di tornare indietro sui miei pensieri.
Allo stesso tempo, quando le discussioni sul forum si fanno accese personalizzandosi, mi aiuta ricordare che sotto al mio nome poteva starci quello che nei momenti accesi considero il mio avversario.
Così come io non sono Iano, Iano può non essere me.
Che ci si possa cullare nel pensiero di restare immortali per le nostre opere, quando di immortale resta solo eventualmente quel nome che noi non siamo, è un modo forse di rinnovare quell'illusione infantile di cui dicevo, adattata per gli adulti.
Le mie opere dovrebbero farmi sentire vivo adesso, e ciò non dipende da come mi chiamo, e conoscendoti sono certo che su questo ultimo punto tu converrai.
Se ciò che faccio, anche contro le mie aspettative mi fa star bene, allora posso ben mutare le mie aspettative. ma in ogni caso sarò io a godere del sentirmi realizzato, e non Iano.
A tutto ciò, cioè alla nostra felicità, purtroppo può nuocere a volte il volersi fare un buon nome, che sia da tramandare o meno.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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