La coscienza una categoria evolutiva?

Aperto da Jacopus, 28 Marzo 2020, 21:24:10 PM

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Jacopus

CitazioneSarebbe interessante (per me) approfondire la questione (in debita sede), anche perché secondo me il pensiero é già coscienza e dunque non capisco in che senso dalla sua evoluzione potrebbe nascere la coscienza (intesa in quanto "fenomenologia" o esperienza cosciente; a meno che non la intenda come "rettitudine, onestà o imperativi morali da seguire").


Prendo spunto da questo passo in una diversa discussione. Si può pensare alla coscienza in termini evolutivi? Intendo con coscienza non l'essere coscienziosi e moralmente ineccepibili e neppure nel senso di essere vigili e in possesso delle proprie capacità fisiche.
La coscienza qui è intesa nel senso di consapevolezza del proprio essere nel mondo, distinto e differenziato rispetto alla natura e agli altri umani. La coscienza come individuazione e come capacità di azione progettuale.
Questa coscienza è legata al cervello ab origine e quindi ha seguito una curva di tipo organico oppure c'è qualcos'altro?
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Davide

Ciao,
La mia opinione è che la coscienza sia una cosa primordiale e che quindi non si è evoluta ma ciò che cambia è la consapevolezza. Io intendo per coscienza quel Uno che ha dato origine all'universo secondo alcuni. Ci sono teorie molto interessanti in fisica quantistica. Vivendo si acquisisce consapevolezza di sé e della realtà in cui viviamo. Non credo che segua un evoluzione ma in un certo senso la coscienza è già il tutto ed è dentro di noi ma non ne siamo consapevoli. Quello che si evolve è la nostra visione del territorio che però è legata alla consapevolezza e quindi a quante domande ti fai e a quante sai dare risposta. È un argomento interessante e spero in un bel dialogo 😄[/font]

giopap

Secondo me il problema (eminentemente filosofico) é proprio quello della natura del legame ab origine della coscienza al cervello (molto bene studiato e conosciuto, nel senso di "descritto", dalle neuroscienze).


Per me la coscienza non é nel cranio né nel cervello (ma casomai viceversa).
E l' evoluzione biologica, determinando (fra il molto altro, anche) la storia naturale dei cervelli dei vari animali, può avere conseguenze sulla coscienza unicamente indirette (non propriamente effetti in quanto causa), per il fatto che non si dà coscienza senza (ma non: dentro un) cervello e per diverso cervello si dà diversa coscienza.

viator

 Salve Jacopus. Circa l'argomento da te proposto, decido – dopo aver indossato i panni della Casalinga di Voghera – di intervenire illustrando la mia balzana visione di questo tema.Anzitutto sono convinto che la coscienza, intesa sia come percezione interiore (consapevolezza) del sè che (simultaneamente) dell'alterità, sia certamente uno dei passi della evoluzione biologica più o meno darwiniana degli organismi che la possiedono (per evitare interminabili discussioni, stabiliamo che solo gli umani possiedano una coscienza, anche se non sono affatto convinto che ciò sia letterelmente ed approfonditamente vero). Evitiamo poi quindi, come giustamente suggerito da te, ogni genere di considerazione legata al ruolo etico o morale della coscienza stessa.Mi sento però costretto a parlare anzitutto della memoria, poichè secondo me è proprio tale funzione che sta alla base della superiore funzione coscenziale, la quale a sua volta rappresenta il "ponte" tra la psiche e la mente.
La memoria – di per sè, cioè indipendentemente dall'uso che se ne può fare – è semplicemente uno spazio-dati. Un serbatoio, un magazzino. Non è che essa risulti simile alle attuali memorie artificiali digitali. Ovvero...sì....è proprio così, nel senso che la realtà consiste proprio nel ribaltamento di tale similitudine : sono in fatti le memorie artificiali ad essere strutturate (per ora del tutto rozzamente) come la memoria biologica naturale. Il creatore (noi stessi) delle succursali esterne del nostro cervello (i calcolatori) può trarre solo da sè ed a propria similitudine, ovviamente.A seconda dell'utilizzo che il nostro cervello deve fare dei dati-informazioni contenuti nella propria memoria, secondo me lo spazio totale (benchè virtuale) di essa risulta suddiviso in tre diversi ambienti :

       
  • La memoria istintiva o genetica; uno "spazio" gestito in esclusiva dalla psiche, nel quale vengono "inoculate" alla nascita e per via appunto genetica le informazioni necessarie a produrre le nostre reazioni automatiche ed istintive a fronte di stimoli esterni potenzialmente lesivi della nostra integrità corporale e sopravvivenza. In pratica, l'istinto di sopravvivenza, appunto, il quale costituisce L'UNICO, SINGOLO contenuto originario della memoria e della psiche presente alla nascita dell'individuo.
  • La memoria interiore od emozionale; si tratta di uno spazio condivisibile tra psiche (i ricordi emotivi inconsci o subconsci) e mente (i ricordi emotivi consapevoli) che è destinato a cominciare a riempirsi dopo la nascita attraverso l'esperienza vitale, facendo confluire in esso gli aspetti passivi delle esperienze di relazione con il mondo esterno (emozioni, sentimenti, eventi interiori) che abbiano una rilevanza ai fini della nostra maturazione e/o benessere psichico. In pratica dovrebbe trattarsi di tutti quei dati, quelle informazioni utilizzabili da psiche e mente per tutelare l'equilibrio e la "autosopravvivenza" di entrambe.
  • La memoria esteriore o cognitiva; terzo ed ultimo "spazio" e di esclusiva pertinenza mentale. Destinata anch'essa a venir riempita dall'esperienza, i suoi contenuti saranno quelli provenienti dall'esterno del nostro corpo e consisteranno in dati ed informazioni di carattere appunto esteriore, concreto, razionalizzabile, utilizzabili per relazionarsi utilmente con l'altrerità (con tale termine io intendo sia i nostri "simili" che tutto il resto del mondo fisico al di fuori delle nostre psiche e mente).
Dato tale preambolo, secondo me emerge che la coscienza non sarebbe altro che la funzione evolutivamente posteriore allo psichismo nonchè quella evolutivamente anteriore al mentalismo (raziocinio).
La funzione quindi che permette di realizzare il collegamento tra psiche e mente, provvedendo ad organizzare le informazioni delle tre diverse memorie dando loro la più opportuna gerarchia richiesta di volta in volta dalle circostanze che stiamo vivendo.
Ciò dovrebbe venir intuitivamente confermato dal fatto che, in carenza di coscienza (sonno, coma, effetto di droghe, amnesie) viene a cadere la nostra capacità di "coordinare"(dando risposte comportamentali efficaci) le nostre reazioni nei confronti delle situazioni esterne.
La "perdita di coscienza" non consiste forse nel DIMENTICARE chi noi siamo e cosa dovremmo fare per poter vivere o sopravvivere ?.
E' la coscienza, prima della mente, che stabilisce cosa è importante per noi, analizzando e confrontando tra loro i diversi tipi di contenuto delle nostre tre memorie.Se dobbiamo affrontare le fiamme i nostri sensi comunicheranno alla psiche le nostre percezioni circa l'incendio. La psiche mobiliterà la propria memoria istintiva e, utilizzando la coscienza come "motore di ricerca", controllerà se in essa memoria (cioè all'interno delle istruzioni di comportamento automatico, riflesso, consistenti nell'istinto di sopravvivenza) esistano dati che permettano al corpo di reagire. Naturalmente i dati ci sono (si chiamano "atavismi"), e sono quelli che innescano immediatamente la nostra reazione di fuga od autoprotezione.
Il tutto senza coinvolgere minimamente la nostra mente, la quale verrà informata di quanto sta accadendo solo dopo che ci sia messi a correre.
In questo caso psiche, memoria e coscienza hanno interrotto il percorso che li collega alla mente ed alle posteriori "facoltà superiori", impedendo a tali funzioni cerebrali di operare scelte eventualmente diverse da quella istintiva, la quale – se prevista dall'istinto di sopravvivenza – avrà sempre la precedenza (anche per via della maggior velocità di reazione di tale istinto.Se dobbiamo invece guadare un modesto torrentello, anche i questo caso verranno coinvolti per primi i sensi e la psiche. Solamente, psiche e coscienza non troveranno istruzioni istintive riguardanti una situazione così poco stimolante. La coscienza quindi passerà ad esaminare i contenuti della memoria nr.2, quella interiore-emozionale. Probabilmente troverà qualche più o meno lontano ricordo d'infanzia circa la sgradevole sensazione di gelo (emozione negativa) provata in passato nel bagnarsi i piedi. Ma la psiche, ora informata di ciò, non si metterà in allarme per così poco : fornirà certo il permesso alla coscienza di passare i dati (sia le percezioni che il ricordo del torrente) al superiore livello decisionale : quello della mente.............la quale potrà decidere o meno la traversata, eventualmente ingegnandosi nel selezionare i sassi sui quali poggiare il piede.Ci sarebbe ora da descrivere il meccanismo della memoria nr.3 (esteriore o cognitiva), ma a questo punto il gioco è troppo semplice. Dovremmo sapere tutti benissimo qual'è il rapporto tra la coscienza e le decisioni "liberamente razionali" che una mente in possesso di dati espliciti, informazioni pratiche, nozioni, può prendere.La Casalinga di Voghera credo stia esaurendo il (troppo) spazio concesso alla sua scarsa originalità e comunque deve lasciarVi per preparare la cena, omettendo quindi per ora la descrizione della intrinseca natura della Coscienza (sinora Vi ha parlato solo della funzione della coscienza, non della sua essenza). Poi semmai mi rileggerete. Salutoni a tutti.



Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

iano

#4
Coscienza come azione progettuale di cui l'evoluzione dota le specie in vario grado lsecondo contingenti necessità.
Essa comporta una risposta lenta alle sollecitazioni esterne , ma in cambio non pone limiti alle possibili "domande" cui dare risposta , il che comporta una nicchia ecologica potenzialmente allargata ,il che serve quando ti cacciano dalla tua.
Quando perdi la nicchia sei fregato , ma se ti salvi nessuno ti ferma più.
Siamo così bravi a dare risposte , che ci facciamo le domande da soli , senza aspettare che sia la natura ad interrogarci , che è un po' come giocare di anticipo , sfruttando i tempi morti. Vista la lentezza di risposta è saggio immaginare i problemi prima che arrivino.
Non è tanto che attraverso la coscienza ci individuiamo , ma tanto ne siamo dotati da identificarci con essa considerandola un bene in se'.
Ma in se' non è nulla di desiderabile , necessario e indispensabile , anche se a noi sembra.
Si accompagna a un grande cervello perché occorre una enorme capacità di calcolo per risolvere sempre nuovi problemi che derivano dalla mancanza di una nicchia ecologica.
Avevamo una nicchia ,  e una vita incosciente e spensierata ,ma ci hanno cacciati fuori.
Peccato.😊
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

giopap

CitazioneIano

Coscienza come azione progettuale di cui l'evoluzione dota le specie in vario grado.[/size]
(Omissis)
Si accompagna a un grande cervello perché occorre una enorme capacità di calcolo per risolvere sempre nuovi problemi
Citazione

Secondo me vanno ben distinte due diverse "cose":

a) la complessa interazione fra cervello e ambiente, che nel caso umano, conseguentemente all' evoluzione biologica dell' uomo, é estremamente plasmabile o "creativamente" modificabile in dipendenza dalle esperienze, della memoria
acquisita ("memoria" intesa in senso materiale, analogo a quello delle "memorie" dei computer), esplicantesi in un comportamento "intelligente", in grado di "opportunamente" modificarsi in seguito all' apprendimento, correlato alla massa e alla complessa "architettura" del cervello ed evolutivamente rilevante; e

b) la consapevolezza soggettiva che di fatto la accompagna ma che é del tutto irrilevante ai fini del comportamento (come sostenevano anche gli epifenomenisti, dai quale pure dissento; uso un tempo passato dato l' immeritato ampio discredito di cui soffre attualmente questa concezione).

Come dimostrano alcuni filosofi della mente (tra gli altri Nagel e Chalmers), fra gli animali e gli uomini, dal "comportamento cosciente" (= che si può ritenere sia accompagnato da consapevolezza soggettiva) potrebbero benissimo trovarsi anche degli zombi che si comportano esattamente, indistinguibilmente (per lo meno da parte degli altri) come tutti gli altri uomini e animali (dunque in maniera altrettanto adattiva, ugualmente sviluppatasi secondo le modalità dell' evoluzione biologica) ma che non sono dotati di coscienza.
L' evoluzione biologica é rilevantissima circa la comparsa e lo sviluppo del comportamento intelligente animale e umano ("diretto, regolato" dai rispettivi cervelli), ma del tutto irrilevante circa il fatto che determinati processi neurofisiologici cerebrali implicati nel complesso e sofisticato comportamento animale e soprattutto umano (intelligente) siano inoltre "accompagnati" o meno dalla consapevolezza o esperienza cosciente (l' ipotetica assenza della quale non ne altererebbe minimamente le interazioni con l' ambiente, e dunque non ne muterebbe minimamente la fitness).

Una cosa é la consapevolezza, un' altra l' intelligenza (concetto, quest' ultimo, applicabile anche alla "intelligenza artificiale" delle macchine di fatto costruite - teoricamente costruibili dall' uomo, ma che é per lo meno assai dubbio siano accompagnate dalla consapevolezza). 

iano

#6
@Giopap.
In natura ciò che non serve si atrofizza.
Ma la consapevolezza di se' permane.
Quindi , ameno che non siamo speciali....
Che poi ogni specie ne faccia diverso uso , non essendo indispensabile , ci sta pure.
Ma se vuoi progettare devi considerarti perte del progetto.
Quindi la consapevolezza di se' è la parte iniziale di ogni progetto.
Non osta a ciò una consapevolezza di se' che è sempre approssimativa.
O, se vogliamo , scomponibile e ricomponibile alla bisogna , perché, sempre in un ottica economica , ne usiamo quanto serve.
Così a volte la tecnologia è considerata parte , altre no.
Non sappiamo bene cosa sia l'intelligenza , ma le macchine da noi costruite , e quindi di fatto considerabili nostre parti , promettono di spiegarcela.
Non sembra sensato , ma solo perché non lo abbiamo detto bene.
Dalla consapevolezza di se' parte il progetto di scoprire se stessi , esplicitandoci.
Questo è l'effetto di lungo corso dell'uso della coscienza.
Ci consente di portare tutto fuori di "noi" , per poterlo meglio osservare , col rischio però di consideralo non più nostra parte di noi.
Così possiamo dire , se siamo catastrofici , che la tecnologia ci porta alla rovina , e non noi.
Forse è vero forse no , ma la rovina certa e' sopprimere la tecnologia , perché vale come suicidarsi .
Stiamo cercando di esplicitare anche l'intelligenza e credo ci riusciremo.
Potremo allora parlarne con cognizione di causa.
Un esempio lo hai citato tu.
La memoria di un computer non vale la nostra , ma ci spiega bene cosa sia.

La memoria del computer è parte della nostra memoria , e così sarà per l' IA.
Ci si lamenta , e mi unisco al lamento , che gli algoritmi intelligenti che sempre più governano le nostre esistenza , sembrano prendere vita propria , sfuggendo al nostro controllo , e ci sembra vivere sotto la loro dittatura.
Ma in effetti molte sono le dittature sotto cui viviamo da sempre , esplicite e non.
La coscienza per sua natura , è malata di protagonismo.
E comunque ogni esplicitazione non è mai completa , e quindi nell'uso che ne faccciamo dovremmo usare sempre prudenza .
Parte di noi rimane sempre oscura , e parte di quella oscurità passa nel processo di esplicitazione nelle nostre macchine.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

giopap

@ Iano

Non capisco in che senso quanto scrivi sia obiezione a quanto da me affermato.
E cioé che la consapevolezza non c' entra con la selezione naturale e la fitness che riguardano i comportamenti animali (in molti casi di fatto accompagnati da consapevolezza, ma in modo del tutto irrilevante al proposito); compresi i comportamenti intelligenti e nel loro ambito il ruolo della memoria (non nel senso dei consapevoli ricordi soggettivi ma in quello di accumulo di dati utilizzabili alla bisogna, come può benissimo fare un computer di quelli già oggi esistenti, ai quali sarebbe molto difficile attribuire una consapevolezza).

Comunque la natura (per fortuna!) é piena di cose superflue non eliminate dalla selezione naturale.
Fra l' altro quelle solitamente attribuite alla selezione sessuale, che se per assurdo la selezione naturale preservasse solo ciò che serve (alla sopravvivenza - riproduzione) non avrebbe luogo (la selezione naturale, così erroneamente intessa come necessariamente atrofizzante tutto ciò che non serve, avrebbe selezionato solo femmine di cervi alle quali non piacciono le corna dei maschi e femmine dei pavoni alle quali piacciono code maschili sobriamente funzionali al volo).

iano

#8


Contesto il fatto che la consapevolezza di se' sia irrilevante.
Se intendi in generale concordo.
Ma è ciò che caratterizza la nostra specie.
Più in generale lo smodato uso di coscienza.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Postare "coscienza" in scienza e tecnologia dovrebbe chiamare in causa le neuropsicoscienze a cui mi risulta non appartenga la "consapevolezza" che è un tratto squisitamente culturale o tutt'al più filosofico.

Quando ho posto il carattere di evolutività della coscienza dalla cui risposta è nata questa discussione non intendevo di certo qualcosa di biologico, darwiniano. Volendolo fare si dovrebbe attingere a questioni quali la teoria dei memi e ai neuroni specchio. Di quello si dovrebbe parlare.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jacopus

#10
Ipazia. Una precisazione attinente ma non esaustiva della complessità della materia. Esiste (ma probabilmente ne sei già a conoscenza) anche la neurofilosofia, termine adottato per la prima volta da P. Churchland in una visione molto riduzionista (esiste solo il corpo e non la mente), ma che in seguito è stata ripresa anche da altri filosofi proprio per la ricerca del nesso fra ciò che è filosofia e ciò che è neuroscienza (Kandel). Ma il primo a cercare di connettere neurofisiologia e filosofia è Sigmund Freud, con il quale si può essere in disaccordo, ma che ormai è considerato uno dei più importanti filosofi del novecento, se non si vuole dare importanza alla psicoanalisi.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

Infatto ho parlato di neuropsicoscienze. Gli esempi citati sono solo indicativi. In questa sezione in ogni caso ci si dovrebbe focalizzare su un approccio sperimentale alla materia di studio.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

giopap

iano:
Contesto il fatto che la consapevolezza di se' sia irrilevante.[/size]Se intendi in generale concordo.Ma è ciò che caratterizza la nostra specie.Più in generale lo smodato uso di coscienza.


giopap:
Sostengo non che la consapevolezza (delle altre persone e cose e di sé) sia irrilevante in assoluto per noi (é anzi forse la cosa più rilevante), ma invece che é irrilevante a proposito della evoluzione biologica (c
oncordo che l' autocoscienza é ciò che é ciò che caratterizza la nostra specie ed é per questo che é molto rilevante i assoluto per noi, ritenendo le altre specie animali solo coscienti, ma non di sé).

Ciò che rileva per l' evoluzione biologica é infatti un po' quello che si proponeva di studiare e studiava la psicologia comportamentistica, da parecchi decenni ampiamente superata, dopo essere andata per la maggiore nella prima metà del XX° secolo. E cioé il comportamento umano (e animale) nella sua oggettiva osservabilità e nel suo oggettivo interagire più o meno adattivo con l' ambiente; e non invece minimamente la consapevolezza soggettiva, le sensazioni coscienti, l' esperienza dei qualia che inevitabilmente accompagna determinati processi neurofisiologici cerebrali i quali "dirigono" il comportamento umano e animale inteso così come precisato nel suo interagire con l' ambiente (a "dirigerlo" sono unicamente i processi neurofisiologici e non la consapevolezza soggettiva che li accompagna; un po' come sostenevano gli epifenomenisti).

Come fanno notare Nagel e Chalmers, se per caso qualche uomo e/o animale fosse una specie di zombi che fa esattamente quello che fa (si comporta esattamente come si comporta) ma non ha coscienza soggettiva o consapevolezza alcuna, ciò non farebbe alcuna differenza nelle sue relazioni oggettive con l' ambiente e nessuno, nemmeno la selezione naturale, avrebbe la possibilità di accorgersene.

Il comportamento cosciente (e il comportamento anche intelligente) é diversa cosa dall' esperienza cosciente (dal "vissuto personale", dalla consapevolezza dei qualia) che lo accompagna. Il primo é rilevante circa le vicende dell' evoluzione biologica, la seconda per nulla.






Ipazia:
Postare "coscienza" in scienza e tecnologia dovrebbe chiamare in causa le neuropsicoscienze a cui mi risulta non appartenga la "consapevolezza" che è un tratto squisitamente culturale o tutt'al più filosofico.Quando ho posto il carattere di evolutività della coscienza dalla cui risposta è nata questa discussione non intendevo di certo qualcosa di biologico, darwiniano. Volendolo fare si dovrebbe attingere a questioni quali la teoria dei memi e ai neuroni specchio. Di quello si dovrebbe parlare.


giopap:
Ho usato il termine "consapevolezza" (credo del tutto correttamente, stante il lessico della lingua italiana) come sinonimo di "coscienza" soggettiva" (il "vissuto personale", l' esperienza dei qualia), per distinguere quest' ultima dal "comportamento cosciente" oggettivamente rilevabile e rilevante nell' ambito dell' evoluzione biologica (contrariamente alla coscienza soggettiva stessa).


A me sembra evidente, fin dal titolo che vi ha apposto, che Jacopus nel lanciare questa discussione in sede separata da quella da te iniziata da cui ha pur preso spunto, intendesse parlare della consapevolezza (come sopra precisata) e dei suoi eventuali (forma interrogativa del titolo del post) rapporti e rilevanza circa l' evoluzione biologica.
Cito dal suo intervento introduttivo:


"Intendo con coscienza non l'essere coscienziosi e moralmente ineccepibili e neppure nel senso di essere vigili e in possesso delle proprie capacità fisiche.La coscienza qui è intesa nel senso di consapevolezza del proprio essere nel mondo, distinto e differenziato rispetto alla natura e agli altri umani. La coscienza come individuazione e come capacità di azione progettuale.Questa coscienza è legata al cervello ab origine e quindi ha seguito una curva di tipo organico oppure c'è qualcos'altro?".

Lou

Citazione di: giopap il 29 Marzo 2020, 17:36:07 PM
Secondo me il problema (eminentemente filosofico) é proprio quello della natura del legame ab origine della coscienza al cervello (molto bene studiato e conosciuto, nel senso di "descritto", dalle neuroscienze).


Per me la coscienza non é nel cranio né nel cervello (ma casomai viceversa).
E l' evoluzione biologica, determinando (fra il molto altro, anche) la storia naturale dei cervelli dei vari animali, può avere conseguenze sulla coscienza unicamente indirette (non propriamente effetti in quanto causa), per il fatto che non si dà coscienza senza (ma non: dentro un) cervello e per diverso cervello si dà diversa coscienza.
Effettivamente concordo, non si da cranio nè cervello se non per una coscienza(-di). Questi ultimi e il loro studio infatti presuppongono una coscienza indagatrice, quindi ritengo che, almeno dal punto di vista del metodo, il fatto che non si dia coscienza senza cervello, sancisca il primato della prima rispetto al secondo, di fatto aggiungo. Poichè questo saper essere di questa relazione coscienza/cervello, in qualsiasi modo la si intenda e ci si domandi su una eventuale origine o primate ricade all'interno della coscienza essendone un contenuto di saper-(si). Del resto, come introdotto da Jacopus, è il sapere-essere a fare l'esistenza di una una persona e non il semplice essere persona a determinarla.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

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