La coscienza di sé da un punto di vista neurologico

Aperto da maral, 19 Maggio 2016, 10:09:01 AM

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maral

Citazione di: sgiombo il 11 Giugno 2016, 11:08:27 AM
Secondo me non si tratta della stessa cosa detta con parole diverse ma di due diverse cose, reciprocamente altre, anche se non può esistere/accedere l' una se non esiste/accade l' altra e viceversa (sono reciprocamente conditiones sine qua non l' una adell' altra).
Ma questo pensarle come 2 cose distinte ripropone quel dualismo cartesiano che Damasio vuole superare in quanto irrisolvibile nella concezione unitaria della realtà (che è una). Se sono due cose diverse non è sufficiente dire che sono diverse ma si implicano, occorre dire in quali termini si implicano, dove e come vengono a implicarsi e in questo, la scienza, come la filosofia trova irrisolvibili difficoltà. Il mito (cristiano) risolve la cosa rappresentandole in una sorta di rapporto tra contenitore e contenuto, ma questa rappresentazione mostra tutta la sua debolezza quando si va a cercare scientificamente il contenuto che non si mostra, poiché tutto ciò che si mostra nel soggetto oggettivamente preso è sempre e solo il contenitore, un contenitore che si può dunque ritenere senza altro contenuto che se stesso, ovvero i propri oggettivi processi neurofisiologici.
Quando però dici che sono in un certo senso la stessa cosa viste da due prospettive diverse, ripristini quell'unità, ponendo il "certo senso" in una soggettività diversa che comunque partecipa di un'unità che va oltre le nostre prospettive di osservazione (un "noumeno" trascendentale non altrimenti definibile che corrisponde all'unità sovrastante che determina la molteplicità esperita).
Però non capisco a questo punto la differenza che poni con il rapporto tra la liquidità dell'acqua come comunemente descrivibile sulla base della percezione e la sua rappresentazione in termini fisico chimici. Qui ritieni che l'unità sarebbe garantita dalla natura fisica dell'acqua, quella che c'è sempre anche in assenza di qualsiasi osservatore, ma quella quale? Il problema è che, esattamente come per la coscienza, anche l'acqua è sempre una descrizione data dall'osservatore, sia che la descriva nei termini in cui la percezione ne dà conto, sia che la descriva nei termini in cui la chimica ne dà conto, ossia nei termini in cui colloca la sua prospettiva il noumeno "acqua". Questo non significa assolutamente che l'acqua è solo ciò che vede l'osservatore, ma che, al pari della coscienza, i modi in cui si manifesta (come appare) dipendono dalla prospettiva in cui si colloca l'osservatore e quindi dai linguaggi che a queste prospettive risultano appropriati per darne conto, l'uno che considera primario l'aspetto sensibile diretto e soggettivo, l'altro che considera primario ciò che la strumentazione e il metodo scientifico consentono a tutti oggettivamente di vedere nel momento in cui li si è imparati a usare. Il primo è diretto e immediato, l'altro è indiretto e mediato. La stessa tecnica di imaging che Damasio presenta è questa mediazione, ne più né meno che se usassi uno spettrofotometro per riconoscere la presenza di molecole di acqua.
   
Citazione di: Loris BagnaraSupponiamo così che io-maral si trasferisca in corpo-hollyfabius, e io-hollyfabius in corpo-maral: ciascuno di voi due sentirà di essere sempre se stesso, soggettivamente, ma si troverà in una condizione differente da prima, oggettivamente. Non so dirlo altrimenti. Cercate di cogliere il fatto che il vostro io-sono avrebbe potuto manifestarsi entro condizioni differenti da quelle attuali, pur voi restando voi stessi. E attenzione alla parola "manifestarsi", perché ci tornerò sopra in seguito.
Ma questo è diverso rispetto alla questione posta da Hollyfabius. Qui l'io-maral (ossia la mente di Maral per come si era venuta determinando dalle tracce lasciate nel cervello dal corpo senziente di Maral) e l'io-hollyfabius pre esistevano prima dello scambio e per questo il problema identitario ha senso, poiché un pre esistente si trova improvvisamente in un corpo che determina tracce diverse e in cui le precedenti mappe non funzionano più. E' probabile una crisi di rigetto. Il discorso invece non ha più senso se riferito a una coscienza pensata come qualcosa che può nascere in un corpo anziché in un altro, perché è chiaro che è quel corpo in cui essa nasce che a determinarla come tale, non un io già esistente che gli viene trapiantato da fuori.
CitazioneNon c'è bisogno di descrivere la coscienza universale, che ovviamente resta inaccessibile ad ogni coscienza limitata come siamo noi esseri umani. Ma è sufficiente sapere che esiste, che essa è la sorgente di ogni coscienza particolare, perché se non postulassi una coscienza universale ed eterna non vi sarebbe alcuna possibile spiegazione per la mia (vostra) presenza qui, ora.
E' già una grandissima differenza, rispetto al non-senso che deriva dal non postularla.
E' la differenza che vi è fra sapere che la risposta non esiste, oppure sapere che la risposta invece esiste, anche se non la conosciamo.
Però questa posizione corrisponde a una soluzione ad hoc: ossia mi serve una coscienza universale per risolvere il problema dell'esistenza delle coscienze particolari che altrimenti resterebbe irrisolvibile, quindi la postulo. Da un punto di vista logico le soluzioni ad hoc (che postulano ciò che risolve il problema) sono una fallacia, per quanto comode e largamente impiegate (spesso anche nel discorso scientifico, mantenute in attesa di verificarle).

Per quanto riguarda il discorso di una coscienza che non può nascere dal nulla né tramontare nel nulla sono perfettamente d'accordo (è del tutto illogico pensare che qualcosa esca dal nulla e vi ritorni, ossia torni a essere quel nulla che era prima di essere ciò che è, ed è illogico in quanto nessuna cosa può mai essere il nulla di quella cosa, né prima né dopo). Ma è anche illogico che la coscienza individuale entra ed esca in una coscienza universale, perché per farlo sarebbe la sua individualità a dover sorgere dal nulla e finire nel nulla, dunque il paradosso resta lo stesso: se si conviene che nulla può nascere dal nulla e finire nel nulla (ossia se solo il nulla può farlo) nemmeno l'individualità della coscienza può sorgere dal nulla e tramontare nel nulla. Ma qui il discorso (di sapore severiniano) si fa troppo filosofico per l'ambito di questa sezione.

sgiombo

Citazione di: maral il 11 Giugno 2016, 22:48:43 PM
Citazione di: sgiombo il 11 Giugno 2016, 11:08:27 AM
Secondo me non si tratta della stessa cosa detta con parole diverse ma di due diverse cose, reciprocamente altre, anche se non può esistere/accedere l' una se non esiste/accade l' altra e viceversa (sono reciprocamente conditiones sine qua non l' una adell' altra).
Ma questo pensarle come 2 cose distinte ripropone quel dualismo cartesiano che Damasio vuole superare in quanto irrisolvibile nella concezione unitaria della realtà (che è una). Se sono due cose diverse non è sufficiente dire che sono diverse ma si implicano, occorre dire in quali termini si implicano, dove e come vengono a implicarsi e in questo, la scienza, come la filosofia trova irrisolvibili difficoltà. Il mito (cristiano) risolve la cosa rappresentandole in una sorta di rapporto tra contenitore e contenuto, ma questa rappresentazione mostra tutta la sua debolezza quando si va a cercare scientificamente il contenuto che non si mostra, poiché tutto ciò che si mostra nel soggetto oggettivamente preso è sempre e solo il contenitore, un contenitore che si può dunque ritenere senza altro contenuto che se stesso, ovvero i propri oggettivi processi neurofisiologici.
Quando però dici che sono in un certo senso la stessa cosa viste da due prospettive diverse, ripristini quell'unità, ponendo il "certo senso" in una soggettività diversa che comunque partecipa di un'unità che va oltre le nostre prospettive di osservazione (un "noumeno" trascendentale non altrimenti definibile che corrisponde all'unità sovrastante che determina la molteplicità esperita).
Però non capisco a questo punto la differenza che poni con il rapporto tra la liquidità dell'acqua come comunemente descrivibile sulla base della percezione e la sua rappresentazione in termini fisico chimici. Qui ritieni che l'unità sarebbe garantita dalla natura fisica dell'acqua, quella che c'è sempre anche in assenza di qualsiasi osservatore, ma quella quale? Il problema è che, esattamente come per la coscienza, anche l'acqua è sempre una descrizione data dall'osservatore, sia che la descriva nei termini in cui la percezione ne dà conto, sia che la descriva nei termini in cui la chimica ne dà conto, ossia nei termini in cui colloca la sua prospettiva il noumeno "acqua". Questo non significa assolutamente che l'acqua è solo ciò che vede l'osservatore, ma che, al pari della coscienza, i modi in cui si manifesta (come appare) dipendono dalla prospettiva in cui si colloca l'osservatore e quindi dai linguaggi che a queste prospettive risultano appropriati per darne conto, l'uno che considera primario l'aspetto sensibile diretto e soggettivo, l'altro che considera primario ciò che la strumentazione e il metodo scientifico consentono a tutti oggettivamente di vedere nel momento in cui li si è imparati a usare. Il primo è diretto e immediato, l'altro è indiretto e mediato. La stessa tecnica di imaging che Damasio presenta è questa mediazione, ne più né meno che se usassi uno spettrofotometro per riconoscere la presenza di molecole di acqua.
 
Citazione
Il dualismo cartesiano (facile e comodo bersaglio polemico di tutti i monisti, soprattutto dei materialisti; con particolare enfasi da parte di Damasio) è un monismo "interazionista" che presuppone un interazione causale fra mondo fisico e coscienza (e in particolare nel suo ambito pensiero, mente), la quale è palesemente insostenibile per la chiusura causale del mondo fisico (non c' è ghiandola pineale che tenga).
Ma il dualismo che sostengo da parte mia è un dualismo "parallelista": materia e coscienza (e in particolare nel suo ambito pensiero, mente) divengono in maniera "correlata", biunivocamente corrispondente "su piani ontologici reciprocamente distinti, incomunicanti, trascendenti" (quando, con Searle, voglio alzare il mio braccio in realtà non è il mio pensiero cosciente costituito dalla "volontà di alzarlo" la causa del movimento, bensì i corrispondenti eventi neurofisiologici accadenti nell' ambito della mia corteccia cerebrale).
 
Lo sbaglio (ironicamente si potrebbe dire "l' errore"...) di Damasio come di tutti gli altri neurologi (e anche di non pochi filosofi della mente) è appunto quello di cercare la coscienza (e in particolare la mente, il pensiero) nel cervello (come suoi "contenuti"): nel cervello ci sono solo neuroni, assoni, sinapsi, ecc. a loro volta costituiti da molecole, atomi, particelle/onde subatomiche, campi di forza, ecc. (tutt' altro genere di cose della coscienza ad essi correlata, della coscienza del "titolare del cervello considerato": per esempio visioni di arcobaleni, sentimenti, ragionamenti).
Come ci ha insegnato George Berkeley, è invece il cervello (i cervelli) ad essere "contenuto" nella coscienza: sono convinto che fin che non ci si rende conto di ciò, fin che non si compie questa "rivoluzione copernicana" il problema dei rapporti mente-cervello o pensiero-materia non può essere efficacemente affrontato.
 
Quando dico che coscienza e cervello sono in un certo senso la stessa cosa dico che sono (possono essere considerate, e per poter avere una soddisfacente comprensione dei termini osservati del reale devono esserlo) diverse manifestazioni fenomeniche ("intrinseca" ed "estrinseca" rispettivamente) degli stessi enti ed eventi "in sé", dello stesso noumeno. Intendo dunque solo metaforicamente la loro "identità", letteralmente (in realtà) come necessaria corrispondenza biunivoca fra eventi (entrambi fenomenici, di coscienza: anche i processi neurofisiologici nell' ambito della materia cerebrale) differenti, reciprocamente altri in esperienze fenomeniche differenti, reciprocamente altre (in quanto manifestazioni fenomeniche diverse, sia pure degli stessi, medesimi, unici enti/eventi in sé).
 
Ciò che è denotato dall' espressione "una massa d' acqua (allo stato liquido)" è la stessa, medesima, identica cosa (materiale, intersoggettiva, rilevabile nell' ambito materiale – naturale delle esperienze fenomeniche coscienti) che è denotata dall' espressione "un insieme di molecole di H2O in determinati rapporti e interazioni fra loro".
Invece ciò che è denotato dall' espressione "il cervello di Sgiombo attualmente (nel quale sono in corso determinati eventi neurofisiologici: roba molliccia roseo-grigiastra costituita da neuroni a loro volta costituiti da particelle/onde e campi di forza)" è tutt' altra "cosa" da ciò che è denotato dall' espressione "l' attuale esperienza fenomenica cosciente di Sgiombo (pensieri filosofici in atto circa i rapporti mente-cervello, visione del computer, audizione dei ticchettii delle sue dita sui tasti della tastiera, ecc.)"; anche se la seconda ben diversa "cosa" è necessariamente con la prima biunivocamente correlata, divenendo entrambe "parallelamente su piani ontologici diversi e reciprocamente trascendenti", in quanto differenti manifestazioni fenomeniche dei medesimi eventi nell' ambito della realtà in sé o noumeno.
Solo in questo senso possono essere considerate "la stessa cosa osservata da punti di vista diversi" ("intrinseco" nel caso dell' esperienza fenomenica di Sgiombo: soggetto di percezione coincidente con oggetto di percezione; "estrinseco" nel caso del cervello di Sgiombo nell' ambito -almeno potenzialmente- dell' esperienza cosciente di "osservatori" di Sgiombo": soggetto di percezione diverso, altro dall' oggetto di percezione; ma in teoria anche nella stessa esperienza cosciente di Sgiombo, però solo indirettamente, cioè in qualità di eventi causati del cervello di Sgiombo: non sarebbe impossibile in linea di principio per me osservare la fRM del mio cervello o anche l' immagine del mio cervello riflessa in uno specchio; comunque non direttamente il mio cervello).
 
Poiché esse est percipi, non può esserci acqua (ovvero molecole di H2O) se non nell' ambito delle coscienze di osservatori.
L'acqua è sempre una descrizione della medesima "cosa" data dall'osservatore, sia che la descriva nei termini in cui la percezione ne dà immediatamente conto, sia che la descriva nei termini in cui la chimica ne dà conto più "sofisticatamente", mediatamente (sono lo stesso insieme di eventi fenomenici in entrambi i casi diversamente descritti, come il "fratello del padre" e "lo zio": connotazioni diverse del medesimo denotato).
Invece il mio cervello è un' altra, ben diversa "cosa" che la mia coscienza (diversi eventi entrambi fenomenici nell' ambito di diverse esperienze fenomeniche, per quanto corrispondenti al, in quanto "manifestazioni sensibili del", medesimo insieme di eventi in sé: diversi denotati fenomenici, per quanto correlati alle stesse cose in sé).

Loris Bagnara

#32
@Sgiombo:
CitazioneNon sono d' accordo che "Sarebbe come dire che il nostro universo è l'unico universo possibile. Ma è ovvio che questo non è l'unico universo possibile: oltre agli infiniti universi diversi che potremmo pensare, ci sarebbero ancora tutti quelli che nemmeno riusciamo a immaginare".
Tutti questi universi "ci sono", esistono unicamente nei nostri pensieri, nella nostra immaginazione.
Poiché per definizione (di "negazione", di "essere", "non essere", "accadere" e "non accadere") ciò che é reale (o accade realmente) non può non essere reale (o non accadere realmente) e ciò che non é reale non può non essere reale (o non accadere realmente), il contrario essendo autocontraddttorio, insensato, nulla é possibile (essere o accadere realmente o non essere o non accadere realmente), ma tutto é necessario (essere o accadere realmente o non essere o non accadere realmente: tutto é necessario in quanto é reale o in quanto non é reale.
Sintetizzato in una breve formula, tu in pratica sostieni:
Solo ciò che accade è reale | Solo ciò che è reale accade
Uno ha naturalmente tutto il diritto di ritenerla soddisfacente, ma io no: non solo per l'evidente circolarità (tautologicità), ma anche per il fatto che non getta luce né su cosa sia l'accadere né su cosa sia il reale.
E non solo è una posizione insoddisfacente da un punto di vista filosofico, ma è anche in contrasto con la visione offerta dalla scienza moderna.
Per la fisica quantistica, i fenomeni "possibili" sono reali quanto quelli osservati. Sappiamo infatti che ogni fenomeno fisico (e quindi al limite l'intero universo) resta in uno stato indefinito finché non avviene l'osservazione compiuta da un individuo cosciente: solo a quel punto, l'onda "collassa", le innumerevoli alternative possibili svaniscono e resta l'unica alternativa effettivamente osservata. A quest'ultima, diamo comunemente il nome di "realtà", ma la verità è che le alternative non osservate sono reali quanto quella osservata. Sono tutte reali, benché una sola si manifesti.
Se vogliamo fare un esempio più terra terra, potremmo immaginare di essere alla guida di un'auto, e a un bivio ci si propone la scelta se svoltare a destra o a sinistra. Svoltare a destra è lo scenario (universo) A, svoltare a sinistra è lo scenario (universo) B. Se in effetti poi svolto a destra e quindi si verifica lo scenario (universo) A, è assurdo per questo dire che lo scenario (universo) B non si è verificato perché "non reale". E' evidente che lo scenario (universo) B è reale quanto l'altro (o anche immaginario quanto l'altro, potremmo dire). Peraltro, se così non fosse, a quel bivio non ci sarebbe nemmeno scelta: avremmo solo l'illusione di scegliere liberamente la strada, quando invece sarebbe stato l'unico scenario (universo) reale a verificarsi da sé. Francamente trovo anche questo del tutto insoddisfacente.
Stephen Hawking è giunto ad affermare che l'intero universo si è trovato in uno stato indefinito (cioè una sovrapposizione di infiniti universi) fino a quando il primo essere cosciente non ha compiuto un'osservazione sull'universo stesso. Solo a quel punto, l'onda dell'universo è collassata, manifestando quell'universo che ora osserviamo, con tutta la sua storia dalle origini ad oggi. In altre parole, la storia dell'universo si è costruita a posteriori, al momento dell'osservazione cosciente. Questo poi significa che altri eventuali (probabili) esseri coscienti nell'universo, coi quali non siamo in comunicazione, potrebbero osservare un universo diverso da quello che osserviamo noi, perché il modo in cui collassa l'onda quantistica non è deterministico, ma probabilistico.
Insomma, esistono realmente, per la fisica moderna, infiniti universi; non sono solo nell'immaginazione.

@Sgiombo:
CitazioneMa ogni insieme "totale" di enti o eventi che si consideri, in qualto tale non può essere spiegato, dal momento che oltre ad esso per definizione non può darsi alcunché che lo possa spiegare.
C'è differenza fra una totalità e l'infinito vero e proprio. L'infinito non richiede di essere definito, ma una totalità si.
A meno che non si parli di infinito, ogni totalità è solo una delimitazione arbitraria all'interno di un insieme più ampio. Pertanto richiede una spiegazione. La totalità dei mammiferi, ad esempio, nasce da una definizione, come tale arbitraria; ed eccome se necessita di spiegazione...
Ma anche l'universo osservato non è un infinito, è solo una totalità, definibile arbitrariamente appunto come la totalità dei fenomeni osservati. Ma tale definizione è solo temporanea e contingente, tant'è vero che nuove teorie e nuovi strumenti potrebbero allargare il perimetro della totalità universale. Finché non siamo nemmeno certi del perimetro di questa totalità, come si può affermare che l'universo non necessita di qualcosa che lo spieghi? E d'altronde, se anche fossimo certi del perimetro di questa totalità, l'universo resterebbe un'entità finita, non un infinito. Seguendo a ritroso la catena delle cause ad un certo punto mi ritroverei necessariamente di fronte ad un fenomeno che non avrebbe una causa. Non sarebbe questo un motivo di forte perplessità? Perché tutti i fenomeni dell'universo avrebbero una causa, tranne uno? Allora dovrei pensare, piuttosto, che il principio di causalità è un'illusione, che i fenomeni avvengono per caso. Ma questo significa negare alla radice l'intelligibilità del mondo che ci circonda. Se uno si ritiene soddisfatto lo può fare, certo. Io, no.

@Sgiombo:
CitazioneInoltre mi sembra che le risposte che in concreto dai a queste domande siano fondate su un presupposto infondato e infondabile (indimostrabile logicamente, né mostrabile empiricamente), quello di un determinismo o causalismo per lo meno "debole": come genialmente rilevato da David Hume, nulla dimostra che le regolarità finora rilevate negli eventi non siano semplicemente apparenti, mere coincidenze fortuite, che i mutamenti della realtà non siano in verità casuali (e che questo non possa anche palesemente manifestarsi alla prossima osservazione empirica del reale: sempre alla "prossima", quante che siano state le precedenti che suggeriscano una invero apparente, fortuita regolarità causale dei mutamenti della realtà stessa).
Come detto sopra, uno deve scegliere fra intelligibilità e inintelligibilità del mondo che ci circonda. Io scelgo l'intelligibilità, e dunque il principio di causalità. E più ancora che causalità in senso fisico (spazio-temporale), la causalità in senso ontologico: cioé ogni cosa deve avere una spiegazione che la rende necessaria, ontologicamente. Questa è la mia posizione, che ho più volte ribadito.

@Sgiombo:

CitazioneParli inoltre di "principio unico, cioè quel principio che, rendendo innanzitutto conto di se stesso, è capace di rendere conto di tutte le leggi e caratteristiche dell'universo osservato", ma logicamente di ogni evento o sequenza di eventi si può trovare una spiegazione (una dimostrazione logica), e ontologicamente ogni concatenazione causale di eventi (indimostrabile) può essere fondata:
o su una circolarità (B spiega logicamente o causa ontologicamente A; C spiega o causa B; A spiega o causa C);
oppure su un regresso all' infinito.
Premetto il "principio unico" non è una mia invenzione, ma ci sono realmente numerosi scienziati che si trovano in imbarazzo di fronte all'arbitrarietà delle leggi fisiche e pertanto sono alla ricerca di una Teoria del Tutto, da cui appunto tutto possa discendere come necessità.
Detto questo, hai ragione: la soluzione secondo me sta proprio in una circolarità di cause, in cui l'ultima è effetto della prima, per così dire. Ovviamente ciò può essere vero se si ritiene, come io ritengo, il tempo un'illusione.
O meglio, secondo me, il TUTTO non manifestato contiene infinite sequenze (infinite) di questo genere, e la manifestazione di una di queste sequenze è la manifestazione di un universo.

@Sgiombo:
CitazioneLa soluzione del problema da te proposta, "L'universo osservabile è solo l'infinitesima parte di un TUTTO infinito. Perché solo l'infinito può includere tutte le cause, e dunque anche le cause di tutto. Viceversa, ciò che è finito è necessariamente contingente, incompleto incapace di rendere conto della propria esistenza" mi sembra identificarsi con quella del regresso all' infinito: l' infinito può effettivamente includere tutte le cause (e le spiegazioni e dimostrazioni logiche).
Ma regredendo all' infinito non si raggiunge mai alcun "fondamento causale" di quanto si postula essere causato (ovvero, sul piano logico, alcuna dimostrazione di quanto si pretenderebbe dedotto, dimostrato, spiegato ma invece é un ultima analisi arbitrariamente postulato).
L'assurdità del regresso all'infinito sparisce se ti poni nell'ottica del vero Infinito, quel TUTTO come sopra descritto, che è in un eterno presente senza tempo.

Loris Bagnara

@maral:
CitazioneIl discorso invece non ha più senso se riferito a una coscienza pensata come qualcosa che può nascere in un corpo anziché in un altro, perché è chiaro che è quel corpo in cui essa nasce che a determinarla come tale, non un io già esistente che gli viene trapiantato da fuori.
Provo a dire così. In ottica materialista, il corpo-maral appena nato comincia a dare vita ad una coscienza. così come il corpo-Loris appena nato comincia a dare vita ad un'altra coscienza. Poiché, in ottica materialista, né il mio io né il tuo io esisteva prima della nascita, non c'era alcun rapporto di necessità fra io-maral e la coscienza in formazione nel corpo-maral, tanto che nulla vieta di pensare che invece io-maral potesse "aprire gli occhi" nella coscienza formatasi dal corpo-Loris, e viceversa, io-Loris nella coscienza del corpo-maral.
Insomma, io avrei potuto aprire gli occhi trovandomi nel tuo corpo, e tu nel mio ( ??? ), perché non vi è nulla di necessario in ciò che invece si è effettivamente verificato: tu, là dove sei, e io, qui dove sono.
E' questa considerazione, la nascita di una coscienza dal nulla, a lasciarmi profondamente perplesso.

@maral:
CitazionePerò questa posizione corrisponde a una soluzione ad hoc: ossia mi serve una coscienza universale per risolvere il problema dell'esistenza delle coscienze particolari che altrimenti resterebbe irrisolvibile, quindi la postulo. Da un punto di vista logico le soluzioni ad hoc (che postulano ciò che risolve il problema) sono una fallacia, per quanto comode e largamente impiegate (spesso anche nel discorso scientifico, mantenute in attesa di verificarle).
Postulare qualcosa è inevitabile. Sappiamo forse cosa sono, in sé, la materia e l'energia? No, le postuliamo come entità, benché siano indimostrabili e inattingibili. Perché non fare altrettanto con la coscienza?

@maral:
CitazionePer quanto riguarda il discorso di una coscienza che non può nascere dal nulla né tramontare nel nulla sono perfettamente d'accordo (è del tutto illogico pensare che qualcosa esca dal nulla e vi ritorni, ossia torni a essere quel nulla che era prima di essere ciò che è, ed è illogico in quanto nessuna cosa può mai essere il nulla di quella cosa, né prima né dopo). Ma è anche illogico che la coscienza individuale entra ed esca in una coscienza universale, perché per farlo sarebbe la sua individualità a dover sorgere dal nulla e finire nel nulla, dunque il paradosso resta lo stesso: se si conviene che nulla può nascere dal nulla e finire nel nulla (ossia se solo il nulla può farlo) nemmeno l'individualità della coscienza può sorgere dal nulla e tramontare nel nulla. Ma qui il discorso (di sapore severiniano) si fa troppo filosofico per l'ambito di questa sezione.
Le coscienze particolari non entrano ed escono dalla coscienza universale. Potremmo dire che sono punti di vista all'interno della coscienza universale. In qualche modo, illusioni. Modi di esplorare se stessa, che la coscienza universale impiega, creando infiniti punti di vista all'interno di sé e ponendoli in un'illusoria cornice spazio-temporale. Lo spazio e il tempo in effetti non esisterebbero.
E' chiaro che una visione del genere si può solo tentare di intuirla, poiché un essere umano non può uscire dallo spazio-tempo in cui è "ingabbiato".

sgiombo

Rispondo a Loris Bagnara

Cerchiamo di non fermarci all' (esteticamente) soddisfacente o meno ma di avvicinarsi, se appena possibile al vero o falso.
 
***
 
"Solo ciò che accade è reale, solo ciò che è reale accade" è una banale tautologia.
Ma non è ciò che sostengo io.
Io sostengo che tutto ciò che accade non può non accadere = deve accadere = è necessario, mentre "possibile" può soltanto significare "pensabile (correttamente, non autocontraddittoriamente, sensatamente)".
E questo non empiricamente "a posteriori" ma logicamente "a priori".

Non confondiamo comunque le interpretazioni filosofiche irrazionalistiche, prevalenti fra gli scienziati, della meccanica quantistica con la scienza.
Esiste per lo meno una rispettabilissima e seria interpretazione (non da "ciarlatani new age" o da "dilettanti allo sbaraglio") della meccanica quantistica "a variabili nascoste" deterministica e realistica, oggettivistica circa gli enti ed eventi fisici, quella di David Boehm.

Se immaginiamo di essere alla guida di un'auto, e a un bivio ci si propone la scelta se svoltare a destra o a sinistra, se svoltare a destra è lo scenario (universo) A, svoltare a sinistra è lo scenario (universo) B e se in effetti poi svoltiamo a destra e quindi si verifica lo scenario (universo) A, allora è bensì pensabile ma non possibile che accada lo scenario (universo) B, affermazione, quest' ultima, contraddittoria -e dunque incompatibile- con l' altra che abbiamo assunto che si si verifica lo scenario (universo) A.
 
Hawking (ancor più di altri scienziati quando tentano di fare della filosofia) non è nuovo a farneticazioni irrazionalistiche, ciò che ne racconti non mi stupisce affatto.
 
***
 
Ogni totalità è per definizione (ovviamente arbitraria; e come tale non necessita di alcuna spiegazione) qualcosa oltre cui non esiste altro (tutt' altro che "qualcosa di esistente all'interno di un insieme più ampio").
Ergo: oltre a una totalità (che sia finita oppure infinita non fa alcuna differenza!) per definizione non può esistere altro, Ergo: non può esistere (fra l' altro anche) nulla che la possa spiegare, giustificare, che ne possa dare ragione (spiegazioni, giustificazioni, ragioni possono darsi unicamente "all' interno" di una totalità, di sue parti).
 
***
 
Dal fatto che uno si ritenga o meno soddisfatto della assenza (o presenza; veramente reale) dell' intelligibilità del mondo che ci circonda non ne consegue che ve ne sia (o rispettivamente non ve ne sia) una (posso anche essere insoddisfatto di non essere un grande tombeur de femmes, ma se non lo sono mi devo per forza accontentare di quel poco che riesco ad ottenere in materia).
L' intelligibilità o meno del mondo, la "causalità in senso fisico o in senso ontologico" (qualsiasi cosa siano), proprio come il saperci fare o meno con le donne, non è che si possa "scegliere" che sia reale (o meno) ad libitum, solo perché ci piacerebbe che lo fosse.

 
***                                                                                                                                         

Una "Teoria del Tutto, da cui appunto tutto possa discendere come necessità" è uno pseudoconcetto autocontraddittorio: "tutto" non può discendere da alcunché, non esistendo altro da cui possa discendere
 
***
 
"Una circolarità di cause, in cui l'ultima è effetto della prima" non spiega proprio nulla.
 
***
 
Mentre un "tutto" può essere benissimo finito e non infinito, un infinito non può che essere "tutto", ma ciò non toglie che anche una regressione all' infinito non spiega proprio nulla-
  
"Causalità" e "fissità senza tempo" sono concetti reciprocamente contraddittori, incompatibili l' uno con l' altro.

Loris Bagnara

@Sgiombo:
CitazioneNon confondiamo comunque le interpretazioni filosofiche irrazionalistiche, prevalenti fra gli scienziati, della meccanica quantistica con la scienza.
Esiste per lo meno una rispettabilissima e seria interpretazione (non da "ciarlatani new age" o da "dilettanti allo sbaraglio") della meccanica quantistica "a variabili nascoste" deterministica e realistica, oggettivistica circa gli enti ed eventi fisici, quella di David Boehm.
[...]
Hawking (ancor più di altri scienziati quando tentano di fare della filosofia) non è nuovo a farneticazioni irrazionalistiche, ciò che ne racconti non mi stupisce affatto.
Mi limito a replicare a questo, e tralascio tutto il resto, perché su questo proprio non se ne può fare a meno.
Quel che ho detto sul collasso della funzione d'onda è la più normale fra le interpretazioni date della meccanica quantistica: l'interpretazione di Copenaghen.
Invece, proprio l'interpretazione di David Bohm è una di quelle più originali ed "esotiche", e meno diffuse fra gli scienziati. Fra l'altro, David Bohm ha avuto un intenso rapporto intellettuale con Jiddu Krishnamurti, un grandissmo maestro spirituale e, in gioventù, teosofo. La teoria di Bohm nasce anche dalla sua conoscenza della visione orientale, e se la studi bene vedrai che difficilmente può portare, come si dice, "acqua al tuo mulino", ma molto più probabilmente al mio.
Quanto al qualificare "irrazionalista" Hawking, direi che la farneticazione, più che sua, è tua.
In ogni caso le interpretazioni della meccanica quantistica sono tante, nessuno sa quale sia quella giusta, ma ti assicuro che nessuna delle interpretazioni che conosco avalla la tua affermazione che
Citazione[...] ciò che accade non può non accadere = deve accadere = è necessario, mentre "possibile" può soltanto significare "pensabile (correttamente, non autocontraddittoriamente, sensatamente)".

sgiombo

Citazione di: Loris Bagnara il 12 Giugno 2016, 22:16:16 PM
@Sgiombo:
CitazioneSgiombo:
Non confondiamo comunque le interpretazioni filosofiche irrazionalistiche, prevalenti fra gli scienziati, della meccanica quantistica con la scienza.
Esiste per lo meno una rispettabilissima e seria interpretazione (non da "ciarlatani new age" o da "dilettanti allo sbaraglio") della meccanica quantistica "a variabili nascoste" deterministica e realistica, oggettivistica circa gli enti ed eventi fisici, quella di David Boehm.
[...]
Hawking (ancor più di altri scienziati quando tentano di fare della filosofia) non è nuovo a farneticazioni irrazionalistiche, ciò che ne racconti non mi stupisce affatto.
LORIS BAGNARA:
Mi limito a replicare a questo, e tralascio tutto il resto, perché su questo proprio non se ne può fare a meno.
Quel che ho detto sul collasso della funzione d'onda è la più normale fra le interpretazioni date della meccanica quantistica: l'interpretazione di Copenaghen.
Invece, proprio l'interpretazione di David Bohm è una di quelle più originali ed "esotiche", e meno diffuse fra gli scienziati. Fra l'altro, David Bohm ha avuto un intenso rapporto intellettuale con Jiddu Krishnamurti, un grandissmo maestro spirituale e, in gioventù, teosofo. La teoria di Bohm nasce anche dalla sua conoscenza della visione orientale, e se la studi bene vedrai che difficilmente può portare, come si dice, "acqua al tuo mulino", ma molto più probabilmente al mio.
Quanto al qualificare "irrazionalista" Hawking, direi che la farneticazione, più che sua, è tua.
In ogni caso le interpretazioni della meccanica quantistica sono tante, nessuno sa quale sia quella giusta, ma ti assicuro che nessuna delle interpretazioni che conosco avalla la tua affermazione che

Citazione[...] ciò che accade non può non accadere = deve accadere = è necessario, mentre "possibile" può soltanto significare "pensabile (correttamente, non autocontraddittoriamente, sensatamente)". (Sgiombo)
Citazione

RISPOSTA DI SGIOMBO:

Non ha senso qualificare come più o meno "normali" le interpretazioni (filosofiche) della meccanica quantistica.
Tutte sono lecite (più o meno fondate a seconda dei casi; questo é discutibile) ma quella di David Bohm é secondo me l' unica conseguentemente razionalistica.
So bene (avendone letto tutto ciò che ne ho trovato tradotto in italiano) che David Boehm a un certo punto ha subito un' involuzione irrazionalistica (per me inspiegabile; ma non assurda: può capitare "nelle migliori famiglie" come si suol dire); ma non vedo come questo possa portare acqua al tuo mulino: la sua interpretazione razionalistica della m. q. degli anni '40 -'50 (ben prima che aderisse a teosofia e filosofie orientali, dalle quali non credo proprio che nasca manco per nulla) non ne viene minimamente scalfita nel suo oggettivismo e determinismo, né nella sua perfetta "rispettabilità" filosofica e scientifica.

Prendo atto delle nostre profondamente diverse e direi contrarie valutazioni di Stephen Hawking.

Mi sembrava di avere chiaramente e inequivocabilmente precisato che la mia tesi che ciò che accade non può non accadere = deve accadere = è necessario, mentre "possibile" può soltanto significare "pensabile (correttamente, non autocontraddittoriamente, sensatamente) non deriva affatto dalla mia interpretazione della m. q. (che comunque non contraddice affatto, con la quale é perfettamente compatibile) bensì é puramente logica.

Loris Bagnara

#37
@Sgiombo:
CitazioneNon ha senso qualificare come più o meno "normali" le interpretazioni (filosofiche) della meccanica quantistica.
Il significato di "normale" era, ovviamente, quello di "opinione più diffusa". Io credo che il consensus abbia la sua importanza, quando non vi sono elementi per stabilire con sicurezza quale interpretazione sia la più valida. Non mi pare sia corretto, come fai tu, prendere una delle interpretazioni più originali e personali, come quella di Bohm, e di questa neppure tutto, perché di essa prendi (a tuo arbitrario) ciò che tu giudichi razionalista e scarti ciò che giudichi irrazionalista. Eppure il tardo Bohm è lo stesso pensatore di prima, e ciò che il tardo Bohm afferma non è che il compimento delle prime intuizioni colte in precedenza.

E cos'ha a che fare l'Universo, mente e materia descritto da Bohm, con il tuo universo? Piuttosto, la concezione di Bohm è ad un passo dalla coscienza universale, dal TUTTO di cui parlo io, non certo vicino alle rei extensa/cogitans più noumeno di cui parli tu.
Riporto un passo da Wikipedia:
CitazioneNel suo libro Universo, mente e materia[1], Bohm teorizza l'esistenza nell'universo di un ordine implicito (implicate order), che non siamo in grado di percepire, e di un ordine esplicito (explicate order), che percepiamo come risultato dell'interpretazione che il nostrocervellodà alleonde (o pattern) di interferenzache compongono l'universo.
Bohm paragona l'ordine implicito a un ologramma, la cui struttura complessiva è identificabile in quella di ogni sua singola parte: il principio di località risulterebbe perciò falso. Poiché Bohm riteneva che l'universo fosse un sistema dinamico in continuo movimento, mentre il termine ologramma solitamente si riferisce a un'immagine statica, Bohm preferiva descrivere l'universo utilizzando il termine, da lui creato, di Olomovimento.[2]
Dopo l'esperimento del 1982, in cui il teorema di John Stewart Bell viene confutato da Alain Aspect, rivelando una comunicazione istantanea fra fotoni a distanze infinitamente grandi, Bohm, che si era già confrontato con lo stesso problema durante la sua riformulazione del paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen, ribadì come non vi fosse alcuna propagazione di segnale a velocità superiori a quella della luce, bensì che si trattasse di un fenomeno non riconducibile a misurazione spaziotemporale.
Il legame tra fotoni generati da una medesima particella sarebbe dovuto all'ordine implicito, nel quale ogni particella non è separata o "autonoma", ma fa parte di un ordine atemporale e aspaziale universale, cioè l'Olomovimento, il cui modello matematico implica un insieme di variabili nascoste. Bohm scrisse che «dobbiamo imparare a osservare qualsiasi cosa come parte di un'Indivisa Interezza» (Undivided Wholeness),[3] cioè che tutto è uno.
Quanto alla tua affermazione "ciò che accade non può non accadere = deve accadere = è necessario", non è logica, come tu dici, ma tautologica, una pura banalità, se non la agganci alla realtà fisica:
"cio che accade deve accadere" - "perché deve accadere?" - "perché accade" - "ma perché accade" - "perché deve accadere" - ...
Invece, se la agganci alla realtà fisica, t'invito a riflettere, tale affermazione è valida solo in un'ottica di assoluto e rigido determinismo. Solo in questo caso è lecito qualificare il "possibile" come "pensabile", cioè come dici tu. Ma in un'ottica "probabilistica", non posso non considerare tutte le possibilità come altrettanto reali, se voglio essere coerente; altrimenti di che probabilità si parla? Si tratterebbe solo di un puro artificio matematico.

E poiché la m.q. è essenzialmente probabilistica (nell'opinione della stragrande maggioranze dei fisici), è assolutamente in contrasto con la tua affermazione di cui sopra, non vedo come le si possa conciliare.

A questo proposito, non mi è a ancora chiara la tua posizione riguardo alla causalità, perché spesso oscilli fra il metterla in dubbio (citando Hume) e il sostenerla (citando Bohm).

sgiombo

Citazione di: Loris Bagnara il 13 Giugno 2016, 09:46:49 AM
@Sgiombo:
CitazioneNon ha senso qualificare come più o meno "normali" le interpretazioni (filosofiche) della meccanica quantistica.
Il significato di "normale" era, ovviamente, quello di "opinione più diffusa". Io credo che il consensus abbia la sua importanza, quando non vi sono elementi per stabilire con sicurezza quale interpretazione sia la più valida. Non mi pare sia corretto, come fai tu, prendere una delle interpretazioni più originali e personali, come quella di Bohm, e di questa neppure tutto, perché di essa prendi (a tuo arbitrario) ciò che tu giudichi razionalista e scarti ciò che giudichi irrazionalista. Eppure il tardo Bohm è lo stesso pensatore di prima, e ciò che il tardo Bohm afferma non è che il compimento delle prime intuizioni colte in precedenza.

CitazioneLa verità non si stabilisce convenzionalmente per consenso e tantomeno "democraticamente a maggioranza".
 
E' perfettamente corretto e legittimo seguire qualsiasi interpretazione dei fatti che con i fatti sia compatibile.
 
Una stessa persona può nel corso della sua vita compiere scelte pratiche e aderire a teorie diversissime e contrarissime.
E' mia convinzione che il secondo sia il caso (fra gli altri) di David Bohm (mi scuso per il precedente ripetuto lapsus: non Boehm!).
Ripeto che di lui seguo -a mio legittimissimo arbitrio- le teorie razionalistiche (e anticonformistiche) degli anni '40 – '50 sulla meccanica quantistica ma per niente affatto quella che ho tutto il diritto di ritenere la deriva irrazionalistica successiva (che non mi sembra affatto il compimento di quelle).


E cos'ha a che fare l'Universo, mente e materia descritto da Bohm, con il tuo universo? Piuttosto, la concezione di Bohm è ad un passo dalla coscienza universale, dal TUTTO di cui parlo io, non certo vicino alle rei extensa/cogitans più noumeno di cui parli tu.

CitazioneInfattiUniverso, mente e materia  del "tardo Bohm" (per me) irrazionalista (al contrario delle teorie quantistiche degli anni '40 – '50) non ha nulla a che fare con le mie convinzioni razionalistiche.
Quanto alla tua affermazione "ciò che accade non può non accadere = deve accadere = è necessario", non è logica, come tu dici, ma tautologica, una pura banalità, se non la agganci alla realtà fisica:"cio che accade deve accadere" - "perché deve accadere?" - "perché accade" - "ma perché accade" - "perché deve accadere" - ...Invece, se la agganci alla realtà fisica, t'invito a riflettere, tale affermazione è valida solo in un'ottica di assoluto e rigido determinismo. Solo in questo caso è lecito qualificare il "possibile" come "pensabile", cioè come dici tu. Ma in un'ottica "probabilistica", non posso non considerare tutte le possibilità come altrettanto reali, se voglio essere coerente; altrimenti di che probabilità si parla? Si tratterebbe solo di un puro artificio matematico.


CitazioneLa deduzione logica è fatta di giudizi analitici a priori, dunque è esplicitazione di verità implicite nelle premesse (arbitrariamente assunte come assiomi o stabilite come definizioni); dunque in un certo senso non può che essere "tautologica" (nel senso di non dire nulla in più di quanto già compreso nelle premesse, però esplicitandolo).
 
Determinismo (di cui peraltro non ho affatto paura né tantomeno orrore o schifo!) significa che, date determinate condizioni iniziali particolari concrete e delle leggi generali astratte universali e costanti del divenire, non è possibile che (=non si può pensare correttamente che) un' unica evoluzione nel tempo (tutte le altre ipotizzabili risultando contraddittorie rispetto alle premesse costituite dalle condizioni iniziali e le leggi del divenire: questo significa che sono "impossibili". Mentre in caso di indeterminismo ne sarebbero possibili del tutto analogamente -id est: pensabili non contraddittoriamente rispetto alle premesse- più di una).

Ma ciò che realmente accade è necessario comunque, e lo sarebbe anche se fossero realmente pensabili correttamente (ma non realmente possibili) più future evoluzioni nel tempo reciprocamente alternative: "possibilità" = "(mera) pensabilità (logicamente corretta, sensata)".

E poiché la m.q. è essenzialmente probabilistica (nell'opinione della stragrande maggioranze dei fisici), è assolutamente in contrasto con la tua affermazione di cui sopra, non vedo come le si possa conciliare.

A questo proposito, non mi è a ancora chiara la tua posizione riguardo alla causalità, perché spesso oscilli fra il metterla in dubbio (citando Hume) e il sostenerla (citando Bohm).
CitazioneLa stragrande maggioranza dei fisici (ma negli ultimi tempi si fanno sempre più frequenti autorevoli interventi di ricercatori che vanno per la maggiore, fra gli altri l' ottimo Bricmont, quello del geniale "imposture intellettuali", che ripropongono l' interpretazione "alternativa" sulla scia di Plank, Einstein, Schroedinger e de Broglie e Bohm; il "primo Bohm") dovrebbe convincermi con argomenti (e non "a maggioranza" o per la loro pretesa "autorevolezza") della correttezza e della esclusiva compatibilità con i dati scientificamente confermati dell' interpretazione conformistica "di Copenhagen" e della scorrettezza e falsificazione empirica delle teorizzazioni del "primo Bohm".
 
La causalità non è dimostrabile (Hume!); ma per credere vera la conoscenza scientifica deve essere ritenuta ugualmente vera (letteralmente: per fede), essendone una conditio sine qua non; ed è compatibilissima con la meccanica quantistica (Bohm, 1952)

Loris Bagnara

Repliche a @Sgiombo:

CitazioneLa causalità non è dimostrabile (Hume!); ma per credere vera la conoscenza scientifica deve essere ritenuta ugualmente vera (letteralmente: per fede)
Mi era parso che criticassi la mia scelta in favore della intelligibilità dell'universo; ma vedo che anche tu fai lo stesso, e giustamente.

CitazioneLa deduzione logica è fatta di giudizi analitici a priori, dunque è esplicitazione di verità implicite nelle premesse (arbitrariamente assunte come assiomi o stabilite come definizioni); dunque in un certo senso non può che essere "tautologica" (nel senso di non dire nulla in più di quanto già compreso nelle premesse, però esplicitandolo).
Il problema del metodo deduttivo, come riconosci, è che non fa altro che esplicitare le verità contenute nelle premesse.
Ma le premesse le sceglie il pensatore, e a meno che non si tratti di premesse generalissime e irrinunciabili, il rischio con il metodo deduttivo è che il ragionamento finisca semplicemente per confermare il pre-giudizio del pensatore.
Nel caso specifico, non riesco a vedere da quale premessa generalissima e irrinunciabile possa discendere logicamente la verità dell'affermazione "cio che accade non può non accadere".

Ma faccio un passo oltre.
Chiarito che anche per te è valido il principio di causalità, ti prego di seguire questo ragionamento.

Una premessa. Suppongo che per te l'universo sia un insieme finito di fenomeni; lo suppongo perché ti sei espresso più volte contro il concetto di infinito. Se non è così, mi correggerai.

Quindi, assumo che per te l'universo sia finito nel tempo e nello spazio, e che pertanto abbia un'origine e una fine: prima dell'universo, non c'era nulla, e dopo l'universo, ci sarà il nulla.
Questa semplice considerazione mostra che l'universo esisterebbe in palese violazione di una delle sue leggi più fondamentali, quella della conservazione dell'energia e della materia. L'universo viola questa legge quando appare, la rispetta quando esiste, e la viola di nuovo quando scompare. A me questo pare insoddisfacente, e quando dico "insoddisfacente" non è per un mero senso estetico, ma perché si tratta di una colossale incongruenza che non si può semplicemente accettare per il semplice fatto che esiste.

Ma c'è altro da dire.
L'insieme dei fenomeni dell'universo si può allineare in una catena causale che regredisce nel tempo, fino ad un fenomeno primo (ad esempio il Big Bang, secondo la teoria prevalente) che, non avendo altri fenomeni precedenti, risulta necessariamente non-causato.
Anche questa è un'inaccettabile incongruenza: per quale motivo tutti i fenomeni dell'universo dovrebbero avere la loro causa, tranne uno?

E' il problema della causa incausata, del motore immobile di aristotelica memoria; ma nessun fenomeno finito, contingente, può essere ritenuto il motore immobile di un universo. Occorre altro. Conosci bene anche tu quali soluzioni ha proposto la filosofia, nella storia, per risolvere questo problema.

Si potrebbe ammettere una sequenza circolare di cause-effetti, dove la "prima" causa è effetto dell'ultima; ma tu hai detto di rifiutare le sequenze circolari (e anche a me non soddisferebbe l'idea di una singola catena causale finita).
Oppure ci vorrebbe un regresso all'infinito delle cause, ma ti sei espresso contro anche a questa idea.

Quindi, quale sarebbe per te la soluzione?

sgiombo

#40
Citazione di: Loris Bagnara il 13 Giugno 2016, 23:44:21 PM
Repliche a @Sgiombo:

CitazioneLa causalità non è dimostrabile (Hume!); ma per credere vera la conoscenza scientifica deve essere ritenuta ugualmente vera (letteralmente: per fede)
Mi era parso che criticassi la mia scelta in favore della intelligibilità dell'universo; ma vedo che anche tu fai lo stesso, e giustamente.

CitazioneNon so cosa si possa intendere per "intelligibilità dell' universo".
Comunque iI divenire ordinato (indimostrabile) é necessario per la sua conoscibilità scientifica.


CitazioneLa deduzione logica è fatta di giudizi analitici a priori, dunque è esplicitazione di verità implicite nelle premesse (arbitrariamente assunte come assiomi o stabilite come definizioni); dunque in un certo senso non può che essere "tautologica" (nel senso di non dire nulla in più di quanto già compreso nelle premesse, però esplicitandolo).
Il problema del metodo deduttivo, come riconosci, è che non fa altro che esplicitare le verità contenute nelle premesse.
Ma le premesse le sceglie il pensatore, e a meno che non si tratti di premesse generalissime e irrinunciabili, il rischio con il metodo deduttivo è che il ragionamento finisca semplicemente per confermare il pre-giudizio del pensatore.
Nel caso specifico, non riesco a vedere da quale premessa generalissima e irrinunciabile possa discendere logicamente la verità dell'affermazione "cio che accade non può non accadere".

CitazioneMi sembra che i concetti (arbitrariamente definiti) di "negazione", "essere reale" e "non essere reale", "essere pensato (pensabile)", "non essere pensato (pensabile)" "possibile", "impossibile", "necessario" siano premesse (più che) sufficientemente generalissime e necessarie per ragionare di ciò che accade e ciò che non accade (realmente).


Ma faccio un passo oltre.
Chiarito che anche per te è valido il principio di causalità, ti prego di seguire questo ragionamento.

Una premessa. Suppongo che per te l'universo sia un insieme finito di fenomeni; lo suppongo perché ti sei espresso più volte contro il concetto di infinito. Se non è così, mi correggerai.

Quindi, assumo che per te l'universo sia finito nel tempo e nello spazio, e che pertanto abbia un'origine e una fine: prima dell'universo, non c'era nulla, e dopo l'universo, ci sarà il nulla.

Citazione
Per me (con Kant) non é possibile stabilire se l' universo fisico sia finito o infinito.
Ma in quanto più razionalistica propendo (arbitrariamente) per l' ipotesi infinitistica.

Questa semplice considerazione mostra che l'universo esisterebbe in palese violazione di una delle sue leggi più fondamentali, quella della conservazione dell'energia e della materia. L'universo viola questa legge quando appare, la rispetta quando esiste, e la viola di nuovo quando scompare. A me questo pare insoddisfacente, e quando dico "insoddisfacente" non è per un mero senso estetico, ma perché si tratta di una colossale incongruenza che non si può semplicemente accettare per il semplice fatto che esiste.

CitazioneSu questo sono pefettamente e convintamente d' accordo!
E' in sostanza quanto intendevo affermare dicendo che l' ipotesi infinitistica (nel tempo e nello spazio) é più razionalistica di quella finitistica.

Ma c'è altro da dire.
L'insieme dei fenomeni dell'universo si può allineare in una catena causale che regredisce nel tempo, fino ad un fenomeno primo (ad esempio il Big Bang, secondo la teoria prevalente) che, non avendo altri fenomeni precedenti, risulta necessariamente non-causato.
Anche questa è un'inaccettabile incongruenza: per quale motivo tutti i fenomeni dell'universo dovrebbero avere la loro causa, tranne uno?

CitazioneAnche su questo sono pefettamente e convintamente d' accordo!


E' il problema della causa incausata, del motore immobile di aristotelica memoria; ma nessun fenomeno finito, contingente, può essere ritenuto il motore immobile di un universo. Occorre altro. Conosci bene anche tu quali soluzioni ha proposto la filosofia, nella storia, per risolvere questo problema.

Si potrebbe ammettere una sequenza circolare di cause-effetti, dove la "prima" causa è effetto dell'ultima; ma tu hai detto di rifiutare le sequenze circolari (e anche a me non soddisferebbe l'idea di una singola catena causale finita).
Oppure ci vorrebbe un regresso all'infinito delle cause, ma ti sei espresso contro anche a questa idea.

Quindi, quale sarebbe per te la soluzione?
CitazioneEvidentememnte mi hai frainteso: sono per la durata infinita (oltre che per l' estensione spaziale infinita) dell' universo fisico: c' é sempre stato e sempre ci sarà (ovvero gli eventi costituiscono una catena infinita sia verso il passato che verso il futuro (e in tutte le direzioni dello spazio) di cause - effetti.

Solo che in questo modo non si ha una impossibile spiegazione del tutto infinito (bisognerebbe autocontraddittoriamente inquadrarlo in qualcosa di più ampio in divenire ordinato); si possono solo sensatamente cercare (e magari trovare) nel suo ambito spiegazioni di "parti", singoli eventi o singoli insiemi di eventi.

Loris Bagnara

Repliche a Sgiombo:
CitazioneNon so cosa si possa intendere per "intelligibilità dell' universo".
Comunque iIl divenire ordinato (indimostrabile) é necessario per la sua conoscibilità scientifica.
Be' intendevo proprio quello: divenire ordinato, causalità, e quindi la possibilità per l'intelletto umano di descrivere l'universo.

CitazioneMi sembra che i concetti (arbitrariamente definiti) di "negazione", "essere reale" e "non essere reale", "essere pensato (pensabile)", "non essere pensato (pensabile)" "possibile", "impossibile", "necessario" siano premesse (più che) sufficientemente generalissime e necessarie per ragionare di ciò che accade e ciò che non accade (realmente).
Sì, certo, sono generalissimi e irrinunciabili, ma il loro significato non è per nulla scontato, altrimenti non staremmo qui a discuterne. Tu a quelle parole dai un significato; io un altro; e un'altra persona, un altro ancora. E cambiando il significato attribuito alle premesse, cambiano completamente le deduzioni che ne discendono.
Il significato di "essere reale" non è per nulla scontato: si pensi a Parmenide, a Epicuro, ad Aristotele, e poi ai Veda, al buddismo etc
Quel che intendevo, allora, era la necessità di premesse generali e il cui significato fosse il medesimo per tutti. Altrimenti, uno può porre le proprie premesse e tirare le proprie deduzioni, ma non può pretendere che la sua verità così ottenuta sia più razionale o più vera di altre. E' semplicemente la sua.

Citazione[...] sono per la durata infinita (oltre che per l' estensione spaziale infinita) dell' universo fisico: c' é sempre stato e sepre ci sarà (ovvero gli eventi costituiscono una catena infinita sia verso il passato che verso il futuro (e in tutte le direzioni dello spazio) di cause - effetti.

Solo che in questo modo non si ha una impossibile spiegazione del tutto infinito (bisognerebbe autocontraddittoriamente inquadrarlo in qualcosa di più ampio in divenire ordinato); si possono solo sensatamente cercare (e magari trovare) nel suo ambito spiegazioni di "parti", singoli eventi o singoli insiemi di eventi.
Ok, ora ci siamo capiti. Sul fatto che sia necessario postulare l'infinito, vedo che siamo d'accordo.
Ora, però, ti propongo quest'ulteriore considerazione.
Nulla garantisce che un osservatore abbia la facoltà di osservare la totalità di ciò che esiste. Ci potrebbero essere porzioni dell'esistente che non sono osservabili (e anzi pare che per la fisica sia proprio così). Quando dico "non osservabili" intendo dire "non causalmente legati" alla nostra porzione di esistente.
Chiamiamo allora l'"Esistente" l'insieme di ciò che è osservabile (cioè l'Universo comunemente detto) e di ciò che non è osservabile.
Non possiamo escludere che l'inosservabile esista, adducendo il fatto che non lo posso osservare, perché appunto, per definizione, l'inosservabile non può essere osservato, e pertanto non può essere né provato né escluso.
Dunque, non possiamo razionalmente escludere che l'Esistente sia un insieme maggiore dell'universo.
Ma allora non possiamo razionalmente escludere nemmeno che l'Esistente sia a sua volta infinito: cioè, un insieme infinito di universi infiniti, ciascuno nel loro tempo e nel loro spazio, ciascuno trascendente rispetto all'altro.
Questo, comincia ad avvicinarsi al TUTTO di cui ho più volte parlato, e che come vedi è una generalizzazione perfettamente razionale della visione che tu stesso hai del nostro universo.

Concludo però segnalando quello che è un grosso problema per la plausibilità di un universo infinito nel tempo e nello spazio (e omogeneo): il paradosso di Olbers, che appunto esclude questa possibilità in quanto incompatibile con l'osservazione.

sgiombo

Citazione di: Loris Bagnara il 14 Giugno 2016, 12:07:27 PM

Be' intendevo proprio quello: divenire ordinato, causalità, e quindi la possibilità per l'intelletto umano di descrivere l'universo.
CitazionePerò mi sembrava che all' inizio ponessi un alto problema, quello di una pretesa spiegazione dell' universo in toto e non di sue "parti" (eventi nel suo ambito spiegabili appunto mediante il divenire ordinato o causale che lo caratterizza).

CitazioneMi sembra che i concetti (arbitrariamente definiti) di "negazione", "essere reale" e "non essere reale", "essere pensato (pensabile)", "non essere pensato (pensabile)" "possibile", "impossibile", "necessario" siano premesse (più che) sufficientemente generalissime e necessarie per ragionare di ciò che accade e ciò che non accade (realmente).
Sì, certo, sono generalissimi e irrinunciabili, ma il loro significato non è per nulla scontato, altrimenti non staremmo qui a discuterne. Tu a quelle parole dai un significato; io un altro; e un'altra persona, un altro ancora. E cambiando il significato attribuito alle premesse, cambiano completamente le deduzioni che ne discendono.
Il significato di "essere reale" non è per nulla scontato: si pensi a Parmenide, a Epicuro, ad Aristotele, e poi ai Veda, al buddismo etc
Quel che intendevo, allora, era la necessità di premesse generali e il cui significato fosse il medesimo per tutti. Altrimenti, uno può porre le proprie premesse e tirare le proprie deduzioni, ma non può pretendere che la sua verità così ottenuta sia più razionale o più vera di altre. E' semplicemente la sua.

CitazionePersonalmente sono convinto che l'unico senso che può avere il concetto di "possibilità" sia quello di "pensabilità logicamente corretta, sensata", che sia una caratteristica unicamente del pensiero (circa la realtà), e che invece la realtà sia caratterizzata unicamente dalla necessità (che sia ciò che é o accade e non sia ciò che non é o non accade).
Se si accetta questo, allora non ha senso domandarsi perché si esiste anziché non esistere e perché si é così come si é e perché esiste tutto ciò che esiste e diviene e perché é o diviene così com' é o diviene e non altrimenti.
Semplicemente non può che essere e accadere tutto ciò che esiste ed accade ("per questo" esiste e accade) e null' altro; e altro può solo essere pensato, non realmente accadere (e dunque non ci si può sensatamente chiedere: "perché, potendo -e infatti non può!- realmente esistere/accadere anche altro, realmente esiste/accade proprio ciò che esiste/accade?".


Ok, ora ci siamo capiti. Sul fatto che sia necessario postulare l'infinito, vedo che siamo d'accordo.
Ora, però, ti propongo quest'ulteriore considerazione.
Nulla garantisce che un osservatore abbia la facoltà di osservare la totalità di ciò che esiste. Ci potrebbero essere porzioni dell'esistente che non sono osservabili (e anzi pare che per la fisica sia proprio così). Quando dico "non osservabili" intendo dire "non causalmente legati" alla nostra porzione di esistente.
Chiamiamo allora l'"Esistente" l'insieme di ciò che è osservabile (cioè l'Universo comunemente detto) e di ciò che non è osservabile.
Non possiamo escludere che l'inosservabile esista, adducendo il fatto che non lo posso osservare, perché appunto, per definizione, l'inosservabile non può essere osservato, e pertanto non può essere né provato né escluso.
Dunque, non possiamo razionalmente escludere che l'Esistente sia un insieme maggiore dell'universo.

CitazioneSono d' accordo.
Penso infatti che onde spiegare la corrispondenza poliunivoca intersoggettiva fra le componenti esteriori - materiali (reciprocamente trascendenti) delle diverse esperienze fenomeniche coscienti (indimostrabile ma necessaria come conditio sine qua non se si vuole credere alla conoscenza scientifica) e il divenire biunivocamente corrispondente fra materia (cerebrale) e coscienza (che sono cose ben diverse, reciprocamente trascendenti) sia necessario postulare l' esistenza di una "cosa in sé o noumeno" che fenomenicamente "si manifesta" (non sto a ripetere i dettagli di questa mia teoria filosofica che ho illustrato più volte nel frorum).


Ma allora non possiamo razionalmente escludere nemmeno che l'Esistente sia a sua volta infinito: cioè, un insieme infinito di universi infiniti, ciascuno nel loro tempo e nel loro spazio, ciascuno trascendente rispetto all'altro.
Questo, comincia ad avvicinarsi al TUTTO di cui ho più volte parlato, e che come vedi è una generalizzazione perfettamente razionale della visione che tu stesso hai del nostro universo.

CitazionePerò il noumeno é necessario per spiegare gi aspetti della realtà constatabile (e in parte postulabile arbitrariamente) di cui appena qui sopra.
Altro no.
E da razionalista applico il rasoio di Ockam: "entia non sunt multiplicanda praeter necesitatem" (quelli necessari per le spiegazioni di cui sopra li ammetto, su altri "gratuiti" sospendo il giudizio).

Concludo però segnalando quello che è un grosso problema per la plausibilità di un universo infinito nel tempo e nello spazio (e omogeneo): il paradosso di Olbers, che appunto esclude questa possibilità in quanto incompatibile con l'osservazione.

Citazionelo conosco bene e mi sembra un' obiezione facilmente superabile.

Innanzitutto se usando telescopi sempre più potenti si vedono sempre più stelle e galassie sempre più lontane che non davano alcun segno di sé nel firmamento senza questi mezzi artificiali, nulla vieta che aumentando le potenze dei telescopi all' infinito si continui all' infinito a vederne sempre di più (ergo che siano infinite): si vede che la loro densità media, potenza radiante media e il loro rapporto quantitativo medio con altra materia "opaca" (per esempio comunissima, ordinarissima "polvere cosmica" o comunissimi, ordinarissimi "gas interstellari e intergalattici, senza bisogno di postulare ad hoc la fantomatica "materia oscura" "esotica" delle teorie conformistiche) in grado di trasformare in diversa materia (massiva e/o energetica) la luce che la incontra provenendo verso di noi da regioni più lontane dell' universo é tale che solo in parte finita (tanto maggiormente rilevabile quanto più potenti sono i mezzi tecnici impiegati a coglierla) la radiazione luminosa infinita diretta verso di noi da tutte le direzioni riesce a superare gli ostacoli e a raggiungerci.

Inoltre la "radiazione cosmica di fondo", che secondo le teorie cosmologiche conformistiche sarebbe un residuo del "B.b", per me inspiegabilmente ancora in arrivo verso di noi da tutte le parti e isotropicamente, anziché essere ormai "in viaggio" lontanissimo da noi e da ogni altro corpo massivo (la cui velocità di allontanamento dal "sito del B.b" non può che essere di gran lunga minore di quella delle radiazioni elettromagnetiche (inoltre non vedo come potrebbe arrivarcene dalla parte "periferica" dell' universo verso la quale tutto -noi e a velocità molto maggiore la radiazione di fondo- dovrebbe essere diretta, e non provenirne), (questa radiazione cosmica di fondo) potrebbe benissimo essere ciò che resta, dopo un lunghissimo percorso e conseguente notevole perdita di energia, della luce proveniente da tutti i punti del firmamento: data la distanza percorsa e l' energia persa, la luce simile a quella del sole e delle stelle che secondo Olbers in caso di infinità dell' universo dovrebbe riempire senza discontinuità il firmamento in tutti i punti, in tutte le direzioni potrebbe benissimo esser (-si ridotta a-) -la radiazione di fondo a microonde.

Loris Bagnara

Citazione di: sgiombo il 14 Giugno 2016, 19:03:44 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 14 Giugno 2016, 12:07:27 PM
Citazionelo conosco bene e mi sembra un' obiezione facilmente superabile.

Innanzitutto se usando telescopi sempre più potenti si vedono sempre più stelle e galassie sempre più lontane che non davano alcun segno di sé nel firmamento senza questi mezzi artificiali, nulla vieta che aumentando le potenze dei telescopi all' infinito si continui all' infinito a vederne sempre di più (ergo che siano infinite): si vede che la loro densità media, potenza radiante media e il loro rapporto quantitativo medio con altra materia "opaca" (per esempio comunissima, ordinarissima "polvere cosmica" o comunissimi, ordinarissimi "gas interstellari e intergalattici, senza bisogno di postulare ad hoc la fantomatica "materia oscura" "esotica" delle teorie conformistiche) in grado di trasformare in diversa materia (massiva e/o energetica) la luce che la incontra provenendo verso di noi da regioni più lontane dell' universo é tale che solo in parte finita (tanto maggiormente rilevabile quanto più potenti sono i mezzi tecnici impiegati a coglierla) la radiazione luminosa infinita diretta verso di noi da tutte le direzioni riesce a superare gli ostacoli e a raggiungerci.

Inoltre la "radiazione cosmica di fondo", che secondo le teorie cosmologiche conformistiche sarebbe un residuo del "B.b", per me inspiegabilmente ancora in arrivo verso di noi da tutte le parti e isotropicamente, anziché essere ormai "in viaggio" lontanissimo da noi e da ogni altro corpo massivo (la cui velocità di allontanamento dal "sito del B.b" non può che essere di gran lunga minore di quella delle radiazioni elettromagnetiche (inoltre non vedo come potrebbe arrivarcene dalla parte "periferica" dell' universo verso la quale tutto -noi e a velocità molto maggiore la radiazione di fondo- dovrebbe essere diretta, e non provenirne), (questa radiazione cosmica di fondo) potrebbe benissimo essere ciò che resta, dopo un lunghissimo percorso e conseguente notevole perdita di energia, della luce proveniente da tutti i punti del firmamento: data la distanza percorsa e l' energia persa, la luce simile a quella del sole e delle stelle che secondo Olbers in caso di infinità dell' universo dovrebbe riempire senza discontinuità il firmamento in tutti i punti, in tutte le direzioni potrebbe benissimo esser (-si ridotta a-) -la radiazione di fondo a microonde.
Ti dico solo questo come contributo, se può esserti utile (e magari a altri), non voglio innescare una discussione cosmologica qui, che sarebbe anche fuori luogo.

Pare che la soluzione di ipotizzare l'assorbimento della luce da parte di materia opaca non funzioni, perché poi la materia opaca dovrebbe riemetterla come radiazione (non può trattenersela e accumularla). Inoltre, i calcoli danno che ogni punto dell'universo, come la Terra, dovrebbe essere investito da un flusso infinito di luce, e se la soluzione dell'assorbimento non funziona, quest'energia infinita in qualche modo o forma deve arrivare, in ogni punto dell'universo...

Riguardo alla radiazione di fondo e alla tua giusta obiezione che anche a me è venuta alla mente, io me la sono spiegata così.
La struttura dell'universo, come emerge dalla relatività, includendo la quarta dimensione, è uno spazio tridimensionale avvolto intorno alla quarta dimensione, come la superficie di una sfera è uno spazio bidimensionale avvolto intorno alla terza dimensione. Se allora pensi alla superficie di un pianeta coperto da un immenso mare, nessun punto della superficie è il centro di questo mare, e un meteorite caduto in un qualunque punto di questo mare produrrebbe delle onde che tornerebbero verso di sé (fatto il giro della terra). In poche parole, la radiazione di fondo viaggia sulla superficie di quello steso mare in cui siamo anche noi, e per questo non può oltrepassarci e uscire dalla sfera.

Questa, almeno, è l'immagine che mi sono fatta io per capirci qualcosa...

sgiombo

#44
Citazione di: Loris Bagnara il 14 Giugno 2016, 19:54:33 PM

Ti dico solo questo come contributo, se può esserti utile (e magari a altri), non voglio innescare una discussione cosmologica qui, che sarebbe anche fuori luogo.

Pare che la soluzione di ipotizzare l'assorbimento della luce da parte di materia opaca non funzioni, perché poi la materia opaca dovrebbe riemetterla come radiazione (non può trattenersela e accumularla). Inoltre, i calcoli danno che ogni punto dell'universo, come la Terra, dovrebbe essere investito da un flusso infinito di luce, e se la soluzione dell'assorbimento non funziona, quest'energia infinita in qualche modo o forma deve arrivare, in ogni punto dell'universo...

CitazioneMa non é detto che l' energia luminosa debba essere per forza riemessa come altra radiazione elettromagnetica e non possa invece essere trasformata (più o meno indirettamente, attraverso vari passaggi intermedi) in energia cinetica "macroscopica" (senza aumentare sensibilmente la temperatura) o addirittura in massa.

Inoltre la radiazione elettromagnetica diminuisce di intensità secondo il quadrato delle distanze percorse: basta che la densità media delle fonti sia inferiore a un determinato limite perché questa diminuzione risulti maggiore dell' incremento dovuto all' emissione da fonti più lontane.


Riguardo alla radiazione di fondo e alla tua giusta obiezione che anche a me è venuta alla mente, io me la sono spiegata così.
La struttura dell'universo, come emerge dalla relatività, includendo la quarta dimensione, è uno spazio tridimensionale avvolto intorno alla quarta dimensione, come la superficie di una sfera è uno spazio bidimensionale avvolto intorno alla terza dimensione. Se allora pensi alla superficie di un pianeta coperto da un immenso mare, nessun punto della superficie è il centro di questo mare, e un meteorite caduto in un qualunque punto di questo mare produrrebbe delle onde che tornerebbero verso di sé (fatto il giro della terra). In poche parole, la radiazione di fondo viaggia sulla superficie di quello steso mare in cui siamo anche noi, e per questo non può oltrepassarci e uscire dalla sfera.

Questa, almeno, è l'immagine che mi sono fatta io per capirci qualcosa...

CitazioneConstato tre dimensioni spaziali (e casomai una quarta temporale).
E che la radiazione di fondo ci perviene da tutte le direzioni quasi isotropicamente nello spazio tridimensionale direttamente constatabile intorno a noi.

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