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La "velocità" del tempo

Aperto da Donalduck, 21 Dicembre 2019, 17:59:37 PM

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Donalduck

#30
Citazione di: Ipazia il 28 Dicembre 2019, 15:00:30 PM
Velleitario è pretendere che la scienza si occupi di cose che non la riguardano come, ad esempio, il significato della chiusura temporale della vita individuale umana: il tempo antropologico. Il tempo fisico funziona perfettamente nella relazione che si converte in una multa per eccesso di velocità. In tal caso la sua ontologia fenomenologica funziona così bene che si può perfino addestrare una macchina a calcolarla.  Così come funziona perfettamente nella determinazione del campo di esistenza del battito cardiaco e del soggetto di quel battito. Inclusi i fenomeni fisiologici correlati. Ontologia purissima.

No, no, la scienza non dovrebbe proprio occuparsi di questioni che riguardano la filosofia, ma purtroppo a volte alcuni lo fanno e, incuranti dello sconfinamento, pretendono di imporre ontologicamente il punto di vista della scienza (o meglio quello che spacciano per tale, cioè un loro personale punto di vista fondato unicamente sulle loro conoscenze e speculazioni scientifiche). Come quelli che parlano di "inizio del tempo" o sostengono che "il tempo non esiste" o considerano lo spaziotempo come se fosse un oggetto.
E' ovvio che il tempo fisico funziona, nella scienza sopravvive solo quello che funziona, ma funzionare ed illuminarci sulle questioni fondamentali di questo mistero inintaccato dalla scienza che è l'esistenza sono cose assai diverse.
Se uno è interessato solo al funzionare o non funzionare, niente da dire, ma l'ontologia non è lo studio del funzionamento delle cose. E comunque a me interessa anche altro, anche restando soltanto nel campo della razionalità.
E non confondiamo le diverse accezioni del termine "ontologia", che indica anche un'entità informatica oltre che, se vogliamo (ma è la prima volta che lo vedo usato in questo modo), cose come il "campo di esistenza del battito cardiaco", ma che in filosofia è altra cosa, riguarda i fondamenti di tutto il nostro sistema di pensiero.

Apeiron

#31
Citazione di: Donalduck il 28 Dicembre 2019, 13:06:27 PM
Citazione di: Apeiron il 26 Dicembre 2019, 15:44:17 PMSe vuoi, c'è una spiegazione relativamente semplice della risoluzione del 'paradosso dei gemelli' (in inglese), qui: https://www.cpp.edu/~ajm/materials/twinparadox.html. Il caso trattato nella spiegazione è esso stesso piuttosto ideale. Però, spero che renda l'idea (due giorni fa non mi è venuto in mente che con i diagrammi di Minkowski, in effetti, la spiegazione non è troppo complessa...).
Grazie per il link. Il fatto è che anche questa "spiegazione" non mi sembra rispondere alla mia obiezione. L'articolo, in apparenza, prende in considerazioni i due punti di riferimento, quello del gemello che resta a terra (EBT) e quello del gemello che viaggia (TT), ma in realtà il sistema di riferimento è sempre quello di EBT.  

Ciao @Donalduck,

da quello che capisco io il problema che poni va oltre il caso specifico del 'tempo'. La vera questione che sollevi è, in realtà, sui sistemi di riferimento.
Nel mio post precedente, ho cercato di spiegare, come potevo, la differenza tra inerzialità e non-inerzialità a livello sperimentale.

Ho anche detto che, in realtà, il riferimento 'inerziale' è una idealizzazione in quanto il concetto di 'particella libera' è esso stesso una idealizzazione. Ti suggerisco di vedere la cosa in questi termini: è vero che la 'particella libera' (ovvero non soggetta a forze) è un'astrazione ma possiamo stabilire situazioni in cui ci sono più o meno 'forze' e, quindi, si è più o meno distanti dall'idealità. Riprendiamo il caso dei corpi carichi del mio post precedente. Poniamo che siano appoggiati su un supporto che ci permette di 'ignorare' il disturbo dato dalla gravità. Si vede sperimentalmente che all'aumentare della distanza, la velocità di entrambi i corpi cambia sempre di meno.

Tu mi dirai: ma come faccio io, osservatore, a pensare di non essere in un riferimento accelerato? A rigore, in effetti, non lo so! Però, è chiaro che quando avevo davanti i due corpi carichi ravvicinati, essi erano, per così dire, accelerati in modo maggiore di me!
Se poi uno di essi lo faccio cadere dal supporto, mentre la sua traiettoria sembra essere modificata dall'influenza dell'altro, vedrò una nuova variazione della sua velocità. E così via.
Ergo, dall'osservazione sperimentale sembra che si possa stabilire che alcuni oggetti fisici siano soggetti a più, per così dire, variazioni del moto rispetto ad altri. Quindi, provo a fare la seguente approssimazione: l'accelerazione a cui è soggetto il mio laboratorio è 'trascurabile' rispetto a quella dei due corpi carichi quando essi sono vicini e/o quando sono sottoposti alla gravità. Siccome è 'trascurabile' rispetto alle altre, provo a porla uguale a zero. Certo, è una idealizzazione. Tuttavia, se io voglio 'fare fisica' sono costretto a fare 'idealizzazioni', a semplificare il problema.
Finché l'idealizzazione mi permette di fare buone predizioni che non si discostano dall'osservazione sperimentale, posso mantenerle. Non ho però 'garanzia' che esse siano, in effetti, che potrò sempre basarmi su di esse. Né, tantomeno, che tali idealizzazioni siano le uniche possibili. Ma a priori, non avrei alcuna 'garanzia' che il metodo scientifico 'funzioni'. Il fatto che noi riusciamo a predire così bene le osservazioni sperimentali non è per nulla 'garantito' - se vogliamo è una sorta di 'miracolo'! Perché i fenomeni dovrebbero 'presentare' regolarità che ci permettono di fare predizioni così accurate?
D'altra parte, però, sembrano ragionevoli in quanto sembrano in accordo con quanto viene osservato in laboratorio. Dove 'in accordo', alla fine, è un'espressione da intendersi sempre allo stesso modo: in accordo significa che esse permettono di fare buone predizioni di ciò che è osservato. Niente di più, niente di meno.

Per questo io dicevo che se non accetti almeno provvisoriamente le idealizzazioni, secondo me, nessuna risposta che ti darò ti soddisferà. 'Almeno provvisoriamente' perché non è necessario, per così dire, 'attaccarsi fortemente' ad esse.

Nello specifico, direi che l'evidenza sperimentale ci suggerisce che i due sistemi di riferimento non sono equivalenti. E mentre il gemello che rimane sulla Terra potrà osservare una 'buona' compatibilità tra le predizioni della relatività ristretta e quello che osserva, il gemello che compie il viaggio dovrà ammettere che la compatibilità con le predizioni di tale teoria nel suo riferimento non è 'buona'.
In modo analogo, per basse velocità, il gemello sulla Terra vedrà che le sue osservazioni sembrano compatibili con le predizioni delle tre leggi di Newton. D'altra parte, se il gemello sulla Terra vede un suo amico su una giostra rotante e gli chiede se le sue osservazioni sono compatibili con le tre leggi di Newton, dirà che non lo sono affatto.
Come dicevo, il principale banco di prova è sempre lo stesso: l'osservazione sperimentale.

Riguardo al tempo 'fisico' e alla sua relazione con il tempo 'soggettivo', qui si aprirebbe una questione assai complessa. Per quanto mi riguarda, concordo che sono diversi ma direi anche che sono legati.
In fin dei conti, l'osservazione sperimentale fatta in laboratorio, in realtà, 'deriva', per così dire, da una osservazione che ci riguarda ancora più da vicino: l'osservazione empirica dell'esperienza cosciente stessa. Concetti come 'distanza', 'durata' ecc in fin dei conti sono concetti che utilizziamo nella nostra esperienza cosciente.
Come dicevo, le due fenomenologie sono 'a priori' diverse ma quando si indaga, probabilmente, si trovano legami più profondi (ma al tempo stesso, è importante anche non dimenticarsi che 'a priori' sono diverse...) :)

Con tempo 'fisico', intendo il tempo come è definito nella pratica sperimentale... La mia posizione filosofica è che il tempo inteso come 'dimensione' 'in cui' avvengono gli eventi non esiste.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Donalduck

#32
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2019, 17:01:06 PMTi suggerisco di vedere la cosa in questi termini: è vero che la 'particella libera' (ovvero non soggetta a forze) è un'astrazione ma possiamo stabilire situazioni in cui ci sono più o meno 'forze' e, quindi, si è più o meno distanti dall'idealità.
Ma questo a che fare con una scelta arbitraria, dal punto di vista scientifico, del sistema di riferimento. Per ragioni di convenienza, come ragione e buonsenso suggeriscono, scegliamo il sistema di riferimento in cui la descrizione dei fenomeni risulta più semplice e agevole da elaborare. Ma buonsenso e necessità razionale o necessità scientifica non sono la stessa cosa. Quelle suggerite dal rasoio di Occam sono solo libere opzioni, non necessità, e solo le necessità ci illuminano sui fondamenti di ciò che è (se intuisci quel che voglio dire).
Citazionese non accetti almeno provvisoriamente le idealizzazioni, secondo me, nessuna risposta che ti darò ti soddisferà
Non è questione di accettare e o non accettare, ma di verificare fino a che punto e come si può giustificare, da un punto di vista ontologico, quello che il paradosso dei gemelli racconta.  Finora la mia ipotesi che i due punti di riferimento siano entrambi paritetici, anche se soggetti a diverse condizioni, non è stato smentita (da quello che so e ho capito, ovviamente). In particolare non vedo niente che metta in relazione, da un punto di vista formale (quindi matematico) le differenze di condizione dei due gemelli con la necessità di assumere il suo sistema di riferimento e considerarlo come "veritiero", mentre l'altro risulterebbe in qualche modo "fallace" o "illusorio".
CitazioneE mentre il gemello che rimane sulla Terra potrà osservare una 'buona' compatibilità tra le predizioni della relatività ristretta e quello che osserva, il gemello che compie il viaggio dovrà ammettere che la compatibilità con le predizioni di tale teoria nel suo riferimento non è 'buona'.
E' proprio questo il punto. Io non trovo niente che si opponga all'ipotesi che i due gemelli, ognuno dal suo sistema di riferimento, misurino esattamente le stesse cose, in disaccordo con quello che misura l'altro gemello ma in accordo con la teoria. Il che ovviamente è paradossale, ma è appunto di un paradosso che si parla.

CitazioneRiguardo al tempo 'fisico' e alla sua relazione con il tempo 'soggettivo', qui si aprirebbe una questione assai complessa. Per quanto mi riguarda, concordo che sono diversi ma direi anche che sono legati.
E' esattamente quello che ho affermato: sono in relazione ma non sono la stessa cosa.

Donalduck

Apeiron:
CitazioneLa mia posizione filosofica è che il tempo inteso come 'dimensione' 'in cui' avvengono gli eventi non esiste.
Questa asserzione merita una trattazione a parte, essendo fuori dal tema iniziale, anche perché, detta così, è alquanto sibillina.
Cosa vuoi dire? Qual è la tua concezione del tempo?

Ipazia

Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2019, 17:01:06 PM
Riguardo al tempo 'fisico' e alla sua relazione con il tempo 'soggettivo', qui si aprirebbe una questione assai complessa. Per quanto mi riguarda, concordo che sono diversi ma direi anche che sono legati.
In fin dei conti, l'osservazione sperimentale fatta in laboratorio, in realtà, 'deriva', per così dire, da una osservazione che ci riguarda ancora più da vicino: l'osservazione empirica dell'esperienza cosciente stessa. Concetti come 'distanza', 'durata' ecc in fin dei conti sono concetti che utilizziamo nella nostra esperienza cosciente.
Come dicevo, le due fenomenologie sono 'a priori' diverse ma quando si indaga, probabilmente, si trovano legami più profondi (ma al tempo stesso, è importante anche non dimenticarsi che 'a priori' sono diverse...) :)

Certamente sono legati e non è certo la differenza relativistica ad influenzare il tempo di vita degli umani quanto le condizioni del sistema sanitario. Tutto ciò che è filtrato dalla mente è profondamente radicato nella natura ma ha peculiarità derivanti dall'autocoscienza di ciò che sta accadendo, per cui ...

CitazioneCon tempo 'fisico', intendo il tempo come è definito nella pratica sperimentale... La mia posizione filosofica è che il tempo inteso come 'dimensione' 'in cui' avvengono gli eventi non esiste.

... a differenza del tempo fisico il tempo antropologico una sua "dimensione" in cui avvengono gli eventi (storia) ce l'ha. Ma anche quello fisico, secondo Einstein, mi pare ...

Citazione di: Donalduck il 28 Dicembre 2019, 15:35:22 PM
Se uno è interessato solo al funzionare o non funzionare, niente da dire, ma l'ontologia non è lo studio del funzionamento delle cose. E comunque a me interessa anche altro, anche restando soltanto nel campo della razionalità.
E non confondiamo le diverse accezioni del termine "ontologia", che indica anche un'entità informatica oltre che, se vogliamo (ma è la prima volta che lo vedo usato in questo modo), cose come il "campo di esistenza del battito cardiaco", ma che in filosofia è altra cosa, riguarda i fondamenti di tutto il nostro sistema di pensiero.

Mi spiace ma l'ontologia delle cose reali è da un bel po' che è transitata armi e bagagli nel campo della scienza. Alla filosofia restano neppure tutti i "fondamenti di tutto il nostro sistema di pensiero" ma quelli su cui le neuro e psicoscienze non hanno nulla da dire. Praticamente soltanto l'etica a livello professionale (e non è mica poca cosa). Mettiamoci pure la logica, l'estetica e tutta la sfera del desiderio e delle sue invenzioni, fuori dal'ontologia scientifica. Ma oltre questa peculiare ontologia antropologica la scienza è l'unico sapere ontologico affidabile.

Si può continuare ad avvitarsi nei vortici dell'Essere metafisico, ma non si va oltre un livello velleitario, per non dire hobbistico, di speculazione filosofica. Rimestando riflessioni antiquarie che hanno fatto il loro tempo, la cui "velocità" continua a segnare il passo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve. Il tempo è dimensione quantitativa. Non posssiede alcuna qualità diversa da quelle che caratterizzano gli eventi che ne generano - appunto - l'esistenza. Nessun evento, nessuna qualità "eventuale", nessun tempo. Tanti eventi, tanto tempo. L'insieme di tutti gli eventi altro non è che l'eternità. Cioè la totalità del tempo.
Essendo grandezza quantitativa, esso si presta meravigliosamente ad ogni genere di di soggettività e di manipolabilità, come infatti di esso avviene in campo scientifico. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Donalduck

Citazione di: Ipazia il 28 Dicembre 2019, 19:56:24 PM
Mi spiace ma l'ontologia delle cose reali è da un bel po' che è transitata armi e bagagli nel campo della scienza. Alla filosofia restano neppure tutti i "fondamenti di tutto il nostro sistema di pensiero" ma quelli su cui le neuro e psicoscienze non hanno nulla da dire. Praticamente soltanto l'etica a livello professionale (e non è mica poca cosa). Mettiamoci pure la logica, l'estetica e tutta la sfera del desiderio e delle sue invenzioni, fuori dal'ontologia scientifica. Ma oltre questa peculiare ontologia antropologica la scienza è l'unico sapere ontologico affidabile.

Si può continuare ad avvitarsi nei vortici dell'Essere metafisico, ma non si va oltre un livello velleitario, per non dire hobbistico, di speculazione filosofica. Rimestando riflessioni antiquarie che hanno fatto il loro tempo, la cui "velocità" continua a segnare il passo.
Certo se uno usa i termini a suo piacimento, se ad esempio in per ontologia intendo mio cugino, potrò speculare quanto voglio, ma sarà difficile il confronto con qualsiasi altrui pensiero.
Ho verificato che anche le più diffuse fonti online danno al termine alcune solo il significato filosofico, le più aggiornate aggiungono il significato nel senso informatico. Ma forse fai parte di un'avanguardia e le tue concezioni non sono ancora giunte al grande pubblico, bisogna solo pazientare.

Resta il fatto che anche le tue presunte "ontologie" in sensi per quanto mi riguarda tutti da chiarire, sarebbero comunque tutt'altra cosa dell'ontologia in senso filosofico e no, non sono intercambiabili: non puoi sostituire il lavandino con un bidet. E' soprattutto questo tipo di mancanza di discernimento che distingue la filosofia saccente da salotto dalla sincera curiosità del ricercatore.

Ipazia

Ta onta, ovvero "le cose che sono" è l'origine dell'esperienza conoscitiva qualunque essa sia. In origine la conoscenza si identificava col la philo-sofia e la conoscenza degli onta naturali era oggetto di studio della filosofia naturale.

Il dilatarsi del significato degli enti naturali e della loro fenomenologia ha occupato via via sempre più l'ambito di studio degli onta (onto-logia), lasciando alla filosofia moderna solo il dominio della riflessione metodologica (logica, epistemologia), dell'etologia umana (per la parte etica) e della fede religiosa (teologia). Tutto il resto -  piaccia o non piaccia - se lo è pappato la filosofia naturale divenuta scienza.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Donalduck

Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2019, 09:36:02 AM
Ta onta, ovvero "le cose che sono" è l'origine dell'esperienza conoscitiva qualunque essa sia. In origine la conoscenza si identificava col la philo-sofia e la conoscenza degli onta naturali era oggetto di studio della filosofia naturale.

Il dilatarsi del significato degli enti naturali e della loro fenomenologia ha occupato via via sempre più l'ambito di studio degli onta (onto-logia), lasciando alla filosofia moderna solo il dominio della riflessione metodologica (logica, epistemologia), dell'etologia umana (per la parte etica) e della fede religiosa (teologia). Tutto il resto -  piaccia o non piaccia - se lo è pappato la filosofia naturale divenuta scienza.

La scienza ha assai poco da dire sui fondamenti dell'essere e della conoscenza, in sostanza sul mistero dell'esistenza che, pur essendo impenetrabile alla razionalità, ha molto da insegnare nel cammino che si compie nel cercare di svelarlo. E' chiaro che non si può arrivare a "fondamenti ultimi" perché non possiamo concepire nulla che non richieda a sua volta una spiegazione (quindi anche le "teorie del tutto" non possono che essere velleitarie). Ma una cosa che si può fare in questo cammino è sbarazzarsi di tutti i miti e i pregiudizi che riguardano tali fondamenti. Come che la scienza abbia qualche risposta in proposito. Non ce l'ha. La scienza si occupa di costruire modelli e applicarli al mondo dell'esperienza. Ma stabilire le relazioni tra i modelli e il mondo dell'esperienza è affar suo solo per quanto riguarda le applicazioni pratiche, la tecnologia. Stabilire le relazioni concettuali è compito della filosofia, ossia richiede lo spostamento su un altro piano, su un altro contesto, un'altra dimensione del pensiero. Inoltre la scienza è sostanzialmente intrinsecamente incapace di sondare e indagare il mondo della psiche (e parlo di mondo perché è vissuto come tale dalla coscienza, unico nostro sicuro e ineliminabile punto di riferimento), che rappresenta la metà dell'esperienza umana. Pensieri, sensazioni, sentimenti sono scatole nere per la scienza, che può solo indagare sulle tracce lasciate da tali fenomeni nel mondo fisico. La scienza, che ha bisogno sempre di qualcosa di misurabile, non ha i mezzi per addentrarsi nel mondo della psiche . Quindi non posso che dissentire totalmente: da un punto di vista ontologico la scienza è autoreferenziale. Può fornire informazioni utili alla speculazione ontologica, ma non può sostituirla in alcun modo.

Ipazia

Citazione di: Donalduck il 29 Dicembre 2019, 10:26:35 AM
La scienza ha assai poco da dire sui fondamenti dell'essere e della conoscenza, in sostanza sul mistero dell'esistenza che, pur essendo impenetrabile alla razionalità, ha molto da insegnare nel cammino che si compie nel cercare di svelarlo.

Opinabile. Le scienze cognitive hanno molto da dire sulla conoscenza e la conoscenza stessa è sinonimo di scienza. Per quanto riguarda i "fondamenti" ...

CitazioneE' chiaro che non si può arrivare a "fondamenti ultimi" perché non possiamo concepire nulla che non richieda a sua volta una spiegazione (quindi anche le "teorie del tutto" non possono che essere velleitarie). Ma una cosa che si può fare in questo cammino è sbarazzarsi di tutti i miti e i pregiudizi che riguardano tali fondamenti. Come che la scienza abbia qualche risposta in proposito. Non ce l'ha. La scienza si occupa di costruire modelli e applicarli al mondo dell'esperienza.

... la filosofia ha tentato una resistenza da parte dell'ultimo giapponese della metafisica ontologica che teorizzò la cosa in sè (das Ding an sich), il noumeno, contrapponendola alla sua manifestazione fenomenica. Tale strategia si è rivelata fallace e già Schopenauer si rese conto che tutto il nostro sapere, e non solo quello della scienza naturale, "si occupa di costruire modelli e applicarli al mondo dell'esperienza"

CitazioneMa stabilire le relazioni tra i modelli e il mondo dell'esperienza è affar suo solo per quanto riguarda le applicazioni pratiche, la tecnologia. Stabilire le relazioni concettuali è compito della filosofia, ossia richiede lo spostamento su un altro piano, su un altro contesto, un'altra dimensione del pensiero.

Anche qui direi che le scienze umane hanno eroso non poco del terreno filosofico puro: logica e semantica sono discipline già abbondantemente emancipate dall'approccio metafisico classico al loro oggetto di studio. Nella cui pertinenza e vicinanza si trovano pure le scienze della psiche:

CitazioneInoltre la scienza è sostanzialmente intrinsecamente incapace di sondare e indagare il mondo della psiche (e parlo di mondo perché è vissuto come tale dalla coscienza, unico nostro sicuro e ineliminabile punto di riferimento), che rappresenta la metà dell'esperienza umana. Pensieri, sensazioni, sentimenti sono scatole nere per la scienza, che può solo indagare sulle tracce lasciate da tali fenomeni nel mondo fisico.

"Pensieri, sensazioni, sentimenti" sono scatole nere anche per la filosofia classica ormai frustrata da millenni di lotte serrate con un concetto particolare, l'Essere. Frustrazione ben contenuta nello "stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus". Ultimo frammento ontologico duramente conteso nella sostanza dalla botanica, nell'essenza odorosa dalla chimica e nella simbologia e iconografia dall'ispirazione artistica

CitazioneLa scienza, che ha bisogno sempre di qualcosa di misurabile, non ha i mezzi per addentrarsi nel mondo della psiche

Neppure questa proposizione è vera. Esiste un coacervo di scienze descrittive che si occupano di fenomeni qualitativi non misurabili. O semimisurabili attraverso algoritmi di tipo logico-probabilistico.

CitazioneQuindi non posso che dissentire totalmente: da un punto di vista ontologico la scienza è autoreferenziale. Può fornire informazioni utili alla speculazione ontologica, ma non può sostituirla in alcun modo.

Dire "referenziale" non significa nulla se non si delimita il campo di esistenza del referente. Anche la filosofia è autoreferenziale. Il suo problema è che ha dovuto cedere sovranità sul suo campo applicativo che, come dicevo sopra, rimane comunque importante nel manipolare quelle scatole nere ontologiche di cui la scienza non si è (ancora) impossessata. E su alcune forse non lo farà mai. Ma non riguardano l'ontologia, bensì la teleologia. La causa finale. E il significato, piuttsto che la natura, delle cose.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Apeiron

Ciao @Donalduck,

Citazione di: Donalduck il 28 Dicembre 2019, 18:24:34 PM
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2019, 17:01:06 PMTi suggerisco di vedere la cosa in questi termini: è vero che la 'particella libera' (ovvero non soggetta a forze) è un'astrazione ma possiamo stabilire situazioni in cui ci sono più o meno 'forze' e, quindi, si è più o meno distanti dall'idealità.
Ma questo a che fare con una scelta arbitraria, dal punto di vista scientifico, del sistema di riferimento. Per ragioni di convenienza, come ragione e buonsenso suggeriscono, scegliamo il sistema di riferimento in cui la descrizione dei fenomeni risulta più semplice e agevole da elaborare. Ma buonsenso e necessità razionale o necessità scientifica non sono la stessa cosa. Quelle suggerite dal rasoio di Occam sono solo libere opzioni, non necessità, e solo le necessità ci illuminano sui fondamenti di ciò che è (se intuisci quel che voglio dire).

Credo di aver afferrato quello che intendi dire. Il punto è che nella scienza, secondo me, non si segue una vera e propria 'certezza' (intendo 'certezza matematica'). D'altra parte, si segue comunque la ragione. Visto che la scienza ha una natura empirica e si muove secondo quanto viene scoperto empiricamente, non si può applicare ad essa il criterio della 'necessità logica'. A mio giudizio, inoltre, sembra difficile 'affrancarsi' completamente del fatto che si è in una precisa 'prospettiva' (che siamo 'situati' usando un'espressione del filosofo Bitbol).
Inoltre, un'altra possibile limitazione è data dal fatto che i nostri sistemi concettuali potrebbero non fornirci una 'mappatura' completamente fedele, e così via (si potrebbe andare avanti parlando delle limitazioni tecnologiche dei nostri strumenti di misura, potrei inoltre argomentare che vi è una somiglianza tra percezione e osservazione sperimentale e così via...).
Certo, tutto questo ci porta a dire che la conoscenza scientifica è limitata ecc.

D'altra parte, però, funziona. La posizione per cui la scienza ci descrive in modo approssimato la 'realtà così come è' e che tale 'realtà così come è' abbia regolarità comunque ha il vantaggio di rendere più 'naturale' il fatto che la scienza funzioni ecc.

Difficile, secondo me, è arrivare ad una conclusione nel tentativo di stabilire la relazione tra la conoscenza scientifica e la 'realtà'. Certo,  la posizione per cui la conoscenza scientifica potrà darci una 'esatta' descrizione della realtà sembra molto difficile da sostenere. Ma se si rigetta ciò, ci sono varie posizioni che si possono prendere.
Per esempio, la corrente filosofica per cui la conoscenza scientifica non rispecchia la 'realtà così come è' ma è 'utile' ha certamente il 'pregio' di essere 'liberante' di rendere i loro sostenitori meno 'attaccati' alle teorie e così via, ma ha anche il 'difetto' di non saper giustificare il 'funzionamento' della scienza stessa.

Il problema di cui parli è estremamente generale. Apprezzo il tuo spirito d'indagine, ma non credo che sia facile trovare una risposta davvero soddisfacente a tale domanda. Questo, ovviamente, non significa che devi smettere d'indagare! Però, ti dico solo che, per quanto mi riguarda, il problema mi sembra assai complesso e trovare una soluzione mi pare assai difficile.  :)


Nel caso specifico, concordo che l''arbitrarietà' di cui parli c'è. Ma d'altra parte, è anche vero che è innegabile l'incredibile 'funzionamento' della relatività e delle altre teorie.

Citazione di: Donalduck il 28 Dicembre 2019, 18:24:34 PM

Citazionese non accetti almeno provvisoriamente le idealizzazioni, secondo me, nessuna risposta che ti darò ti soddisferà
Non è questione di accettare e o non accettare, ma di verificare fino a che punto e come si può giustificare, da un punto di vista ontologico, quello che il paradosso dei gemelli racconta. Finora la mia ipotesi che i due punti di riferimento siano entrambi paritetici, anche se soggetti a diverse condizioni, non è stato smentita (da quello che so e ho capito, ovviamente). In particolare non vedo niente che metta in relazione, da un punto di vista formale (quindi matematico) le differenze di condizione dei due gemelli con la necessità di assumere il suo sistema di riferimento e considerarlo come "veritiero", mentre l'altro risulterebbe in qualche modo "fallace" o "illusorio".

Come dicevo prima, posso concordare con te su questo punto. Però, d'altra parte, è innegabile il fatto che la relatività ristretta funzioni estremamente bene e la relatività ristretta si basa sulla distinzione tra sistema di riferimento inerziale e non-inerziale e basandosi su tale teoria si è 'costretti' a pensare ad uno dei gemelli come 'approssimativamente inerziale' e l'altro no.

Citazione di: Donalduck il 28 Dicembre 2019, 18:24:34 PM

CitazioneE mentre il gemello che rimane sulla Terra potrà osservare una 'buona' compatibilità tra le predizioni della relatività ristretta e quello che osserva, il gemello che compie il viaggio dovrà ammettere che la compatibilità con le predizioni di tale teoria nel suo riferimento non è 'buona'.
E' proprio questo il punto. Io non trovo niente che si opponga all'ipotesi che i due gemelli, ognuno dal suo sistema di riferimento, misurino esattamente le stesse cose, in disaccordo con quello che misura l'altro gemello ma in accordo con la teoria. Il che ovviamente è paradossale, ma è appunto di un paradosso che si parla.

Qui però mi permetto di dissentire. Nella relatività ristretta, vi è una asimmetria nella situazione dei due gemelli che segue dagli assiomi della teoria (assiomi che, come dicevo, sono costruiti da considerazioni empiriche, non puramente 'razionalistiche'*- ovviamente non solo empiriche, ma la parte empirica è ineliminabile). Ognuno è liberissimo di criticare gli assiomi di una teoria. Ma nel contesto della teoria, la situazione è asimmetrica.  

*Con 'razionalistiche' intendo considerazioni basate sul 'puro ragionamento'.


Citazione di: Donalduck il 28 Dicembre 2019, 18:24:34 PM

CitazioneRiguardo al tempo 'fisico' e alla sua relazione con il tempo 'soggettivo', qui si aprirebbe una questione assai complessa. Per quanto mi riguarda, concordo che sono diversi ma direi anche che sono legati.
E' esattamente quello che ho affermato: sono in relazione ma non sono la stessa cosa.

Nuovamente, si può dire che il tempo 'soggettivo' è quello di cui abbiamo 'esperienza diretta' (in quanto, direi che il 'tempo soggettivo' è parte della nostra 'esperienza vissuta'). Considerando che, in ultima analisi, sembra che siamo 'costretti' a partire dall''esperienza vissuta', sembra che, in ultima analisi, ogni concetto che utilizziamo nell'ambito scientifico sia in qualche modo 'legato' ad essa.
Su come siano legati, non lo so :)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

Citazione di: Donalduck il 28 Dicembre 2019, 18:29:47 PM
Apeiron:
CitazioneLa mia posizione filosofica è che il tempo inteso come 'dimensione' 'in cui' avvengono gli eventi non esiste.
Questa asserzione merita una trattazione a parte, essendo fuori dal tema iniziale, anche perché, detta così, è alquanto sibillina.
Cosa vuoi dire? Qual è la tua concezione del tempo?

Riguardo alla questione della 'dimensione' (qui spero di rispondere anche all'osservazione di @Ipazia che richiamava il fatto che anche per Einstein il tempo è una 'dimensione'), intendo dire al tempo pensato in modo analogo a come si pensa, solitamente, alle dimensioni spaziali.

L'intuizione sembra farci pensare allo spazio* come una sorta di 'contenitore' (analogia ovviamente limitata ma spero chiara) nel quale ci sono gli 'oggetti'. Questa era più o meno l'immagine dello spazio 'assoluto' pre-relativistico.
Nella relatività, lo spazio e il tempo 'assoluti' vengono sostituiti dallo 'spazio-tempo' e la 'divisione' in spazio e tempo dipende (in parte) dal riferimento (in modo descritto dalla struttura della teoria, quindi non 'a caso'...). Visto che il formalismo sembra suggerirci che ciò che è 'reale' sia lo 'spazio-tempo' quadri-dimensionale, c'è una innegabile tendenza a pensare allo 'spazio-tempo' in modo analogo allo 'spazio assoluto' e, quindi, si pensa che l'universo sia un 'blocco' quadridimensionale, dove ogni evento è equamente reale e, quindi, la distinzione tra passato, presente e futuro è totalmente illusoria (leggevo che lo stesso Einstein sembra aver sostenuto questa ipotesi, tant'è che, se non ricordo male l'aneddoto, il filosofo Popper lo chiamava 'Parmenide').

Ritengo che vedere il tempo 'spazializzato' in questo modo sia dovuto ad una errata 'reificazione'. Il tempo non è una 'dimensione' 'dove' 'avvengono' gli eventi. E l'universo non è un 'blocco' quadridimensionale.

Ritengo, invece, che il tempo sia estremamente legato al 'mutamento'. Non ritengo che in assenza di mutamento che il tempo sia 'qualcosa' che esisterebbe comunque.
Inoltre, ritengo l'ordinamento temporale (prima, poi ecc) come espressione delle relazioni tra gli eventi.
*Simili considerazioni, secondo me, valgono anche per lo spazio. Leggiti, se ti va, le considerazioni del fisico David Bohm che ritengo, per così dire, sulla 'strada giusta' citate in questo post: https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/fisica-e-tempo/msg37587/#msg37587. Anche il fisico Carlo Rovelli sembra avere una idea simile di spazio e tempo.  

Ad ogni modo, tempo e spazio sono per me qualcosa di molto misterioso...

Detto questo, colgo l'occasione per augurare a tutto l'Hotel Logos un buon 2020  :)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

iano

#42
Apeiron scrive:
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Nuovamente, si può dire che il tempo 'soggettivo' è quello di cui abbiamo 'esperienza diretta' (in quanto, direi che il 'tempo soggettivo' è parte della nostra 'esperienza vissuta'). Considerando che, in ultima analisi, sembra che siamo 'costretti' a partire dall''esperienza vissuta', sembra che, in ultima analisi, ogni concetto che utilizziamo nell'ambito scientifico sia in qualche modo 'legato' ad essa.
Su come siano legati, non lo so :)
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Il tempo forse esiste e forse no  , ma esiste comunque la "percezione del tempo" e il processo che ha prodotto questa percezione ,per quanto a noi ignoto , penso faccia impallidire il più ardito processo di produzione scientifica di successo.
C'è quindi un legame di sudditanza , anche se si è soliti credere il contrario , della scienza rispetto alla percezione.
Il legame che c'e' fra allievo e maestro , dove il maestro pero' insegna solo con l'esempio.
E il "prodotto tempo" è l'esempio che ci da' il mondo percettivo di ciò che noi stiamo cercando nel mondo parallelo scientifico . Qualcosa che unifichi tutte le conoscenze in un solo "acchiappo" rendendole magicamente semplici , figlie di un solo ordine, proprio come avviene nel mondo della percezione grazie al tempo.
Ma il parallelo del tempo non credo sia il tempo.
La scienza cerca qualcosa di simile al tempo che non può essere il tempo.
Come sappiamo tale ricerca è tutto meno che semplice , e ciò indica il gap che la scienza deve ancora colmare nel comprendere il parallelo mondo della percezione.
Non è facile perché vogliamo portare a livello conscio un meccanismo che per funzionare non abbisogna in se' di coscienza.
Nel momento in cui riuscissimo nell'intento allora sapremmo come fare a costruire oggetti come il tempo , e che al pari del tempo sono specchio della realtà senza esserlo.
Forse non è un caso che Lee Smolin dopo aver collaborato con Rovelli cerchi adesso di riabilitare il tempo rimettendolo al centro della scienza.
Il centro della scienza al momento in effetti è vuoto , ma potrebbe essere occupato dal tempo solo se la scienza arrivasse a coincidere , avendone svelato tutti i meccanismi , con la percezione , andando così a convergere le due parallele.
Ma se così fosse a cosa ci sarebbe servito esplicitare i nostri processi di conoscenza , se non per portarli oltre ?
La strada però sembra ancora ben lunga.
La percezione è per noi , in quanto esseri senzienti ancora un mistero che stiamo solo iniziando a svelare .
Vogliamo impadronirci dei suoi meccanismi per capire come si fa' a produrre oggetti simili al tempo .
Non esiste ma nulla ci è più utile di esso .
Si comprende quindi come non sia facile abbandonarlo , anche quando per trovare di meglio.
E comunque sia .... buon anno nuovo a tutti.😄

PS
Non andrebbe dimenticato nel procedere parallelo dei due processi che il silente maestro ci mostra la condivisione come punto nodale del processo.
Perché nessuno sa dire cosa è il tempo , ma TUTTI sanno cos' è.
La novità del processo parallelo scienza è che tutti dovrebbero sapere cos'è che sia , sapendolo dire.
Che al centro di tutto ci sia l'utilita' sarà vero , ma l'utilita' in se' non necessita di semplicità, specie quando si può delegare i processi produttivi ai computer.
Se parliamo di utilita' allora forse la scienza è alla ricerca di qualcosa che non serve più?
Ci basterà poter accedere tutti a computer simili?
Ci basterà condividere questo comodato d'uso?
Il punto è qual'e' e quale vogliamo che sia il ruolo della coscienza.
La usiamo quando serve e quando non serve la mettiamo da parte?
La usiamo per costruire computer i cui processi non saranno parte della nostra coscienza?
A cercarli i paralleli non mancano e vanno in un senso e nell'altro.
In fondo a pensarci non sempre sappiamo bene cosa stiamo facendo , anche quando ci diciamo scienziati.
Un continuo rimando , non sempre cosciente , fra coscienza e incoscienza.
Ed è in questo continuo gioco delle parti che nel passato nacque il tempo , e nel puffuro  puffera' un puffo.😅

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#43
E comunque questo concetto di utilita' , che io spesso tiro in ballo , è bello puffoso pure lui , per non dire che lascia il tempo che trova , mentre forse noi stiamo cercando altro , senza sapere cosa , perché non ci è dato avere sempre piena coscienza del processo cui partecipiamo.
La coscienza è un mezzo o un fine?
Temo solo un mezzo.
Sarebbe bello poter dire che è un fine perché ci farebbe sentire al centro del processo , ma ovviamente questo non è un buon motivo per dirlo.
Ma se la scienza in qualcosa è stata maestra è stato proprio nell'insegnarci che i centri esistono solo per poterli abbandonare in piena coscienza , per poter andarne ad occupare in piena incoscienza un altro , e sembra che questo sia un progresso.
A cosa serve tutto ciò è forse improprio chiedersi , perché sarebbe utile a chi è a cosa?
A sentirsi sempre al centro?
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iano

#44
Citazione di: Donalduck il 26 Dicembre 2019, 11:17:31 AM
Citazione di: iano il 26 Dicembre 2019, 01:52:10 AMCredo nella realtà sulla fiducia...
Mmmm.... Hai fatto un lungo discorso sulla realtà, dimenticandoti di dire cosa intendi con questo termine, e neppure si capisce da quello che scrivi. E' proprio il problema che ho enunciato e risolto, per quanto mi riguarda, nel modo che ho descritto. Non trovo invece nulla di intelligibile e neppure intuibile nel tuo modo di presentare la tua visione di questa fantomatica "realtà". Purtroppo non possiamo affatto contare su una intuizione comune, dato che da parte mia trovo decisamente fuorviante e fallimentare il modo in cui si usa generalmente questo termine in filosofia.
Semplicemente non c'è modo di dimostrare che una realtà fuori di noi esista , quindi siamo liberi di crederci o meno e io scelgo di crederci.
Non possiamo contare su una intuizione comune come prova di esistenza.
Non possiamo dire che il rosso esiste perché tutti lo percepiamo. Sappiamo che esiste una frequenza che corrisponde al rosso , ma il rosso ,oggetto comune della nostra percezione non esiste.
E come percepiamo il rosso così percepiamo il tempo.

Hai ragione a criticarmi . Spesso metto sulla tastiera i pensieri come vengono.
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