Intelligenze poco artificiali

Aperto da viator, 02 Settembre 2020, 13:02:57 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

viator

 Salve. Ho seguito in modo discontinuo il topic "Bob ed Alice". Ciò benche, pur risultando il tema dell' "intelligenza artificiale" (IA oppure AI) argomento ricchissimo di spunti intellettuali anche molto profondi, purtroppo io non amo approfondire a mia volta argomenti che trovo – in partenza e secondo considerazioni tutte mie – intrinsecamente assurdi.




Infatti a me sembra che il presupposto che muove tale trattazione consista implicitamente nel porsi la domanda "ma l' IA riuscirà mai ad imporsi sulla IN (Intelligenza Naturale) nel governare l'andamento del mondo (quello umano, al minimo) ?".




Ecco, se la domanda è questa, credo sia il caso di spiegare, attraverso il qui presente e separato topic, il perchè – a mio parere – il quesito è vanamente assurdo.




Anzitutto credo di trovare tutti d'accordo nel considerare la IN (Intelligenza (di origine) Naturale) una funzione, una dote, un attributo, una abilità, una capacità la quale :



       
  • o è di origine divina (per i credenti, i quali a tal punto possono allontanarsi da una discussione al cui interno cadono i presupposti in cui essi credono);
  • o è il frutto di una qualche evoluzione di capacità e doti più semplici già presenti prima della comparsa dell'Uomo. Evoluzione che si è svolta progredendo in complessità e diversificazione, come è accaduto per tutti gli altri aspetti del mondo naturale e che prosegue, mandetenendo lo stesso identico andamento, anche all'interno degli  ambiti umani.

Quindi, ad esempio, la IA viene considerata una funzione artificiale solamente perchè il suo sviluppo è possibile solo in ambito umano, ma tale distintizione naturale-artificiale è del tutto relativa e strumentale, in quanto nulla può evolversi o sorgere se non in conseguenza di un principio evolutivo originariamente ed eternamente naturale.




Se quindi ogni genere di sviluppo di una IA è stato, è e sarà possibile solo utilizzando l'intelligenza "naturale" umana, non si capisce in che modo ciò che viene generato da una natura "onnicomprensiva" (includente l'uomo, la sua intelligenza e la sua capacità di riprodurre "artificialmente" parti e funzioni dell'intelligenza naturale stessa) possa risultare "superiore" (nel senso di dominante) rispetto a ciò che la genera e che la mantiene vitale.




Cosa sia poi l'intelligenza.........di stupidaggini in proposito ne abbiamo già sentite troppe.
L'uomo considera intelligente ciò che riesce a capire e contemporaneamente può o potrebbe tornargli utile. Esattamente come accade per gli animali. Se l'uomo arrivasse a produrre ciò che è più "intelligente" di sè, anzitutto non riuscirebbe a capirlo poi, non capendolo, non potrebbe considerarlo espressione della propria intelligenza.
Quindi lo considererebbe una propria "creazione" piuttosto stupida, del tutto incomprensibile e per giunta pure inutile.




Questo infatti è il modo, il giudizio, il sentire con i quali gli essere meno intelligenti giudicano ciò che è più intelligente. L'animale infatti considera l'uomo decisamente stupido, del tutto incomprensibile e inutile o nocivo alla esistenza animale stessa.




Naturalmente qualcuno potrebbe obiettare che una intelligenza artificiale, una volta umanamente prodotta, potrebbe sfuggire al controllo e prendere ad "evolversi" per conto proprio. Una simile tesi pecca d ingenuità nascendo dalla fantascienza che trascuri la biologia.
Una intelligenza artificiale indipendente dall'uomo dovrebbe trovare il modo di sostentarsi da sola. Anche solo energeticamente, essa dovrebbe possedere una specie di metabolismo autonomo.
Inoltre ci sarebbe il problema della riproduzione (mica vorretete che le IA indipendenti crepino senza lasciare discendenza, vero ?) o della loro "vita eterna"(problema la cui soluzione viene lasciata ad un'ipotetico Dio).




Voi che mi leggete e non siete stupidi, capirete rapidamente : non è il caso di farla lunga ! Una IA suprematista ed indipendente dall'uomo, per esistere veramente, avrebbe la NECESSITA' INTRINSECA di provvedersi di una serie di ORGANI E SISTEMI, quindi dovrebbe essere BIOLOGICAMENTE BASATA.


Ciò significa che l'EVOLUZIONE IN AVANTI di una INTELLIGENZA ARTIFICIALE necessiterebbe di una preliminare o contemporanea INVOLUZIONE ALL'INDIETRO verso le origini biologiche della vita, senza la cui origine e attuale presenza NESSUN AVANTI E' POSSIBILE.




Che sia un caso il fatto che gestazione e nascita del nuovo costringano OGNI VOLTA a ripercorrere, a riassumere attraverso la gravidanza, L'INTERO CAMMINO EVOLUTIVO DELLA BIOLOGIA ? Mai perdere il filo di Arianna che ci lega alle origine nostre e del Tutto ! Saluti.





Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

niko

Bisogna distinguere bene tra due affermazioni:


1 che l'intelligenza corrisponda ad una certa struttura materiale come potrebbe essere il cervello e si dia solo in presenza di questa struttura ed entro un certo quantitativo di spazio o di tempo circostante a questa struttura che fa da "mondo" che possa essere percepito dal cervello.


e 2 che l'intelligenza dipenda dalla computazione, cioè dall'automatizzazione macchinica del pensiero a partire da un dispositivo che applichi le regole di una qualche logica.


Queste due affermazioni sono completamente diverse, la seconda è molto più forte e meno supportata dall'evidenza della prima, infatti mentre possiamo constatare che dove c'è un'intelligenza c'è un cervello, e dove c'è un cervello c'è un corpo, perché il cervello non si crea e non si mantiene metabolicamente da solo, è pura fede il credere che l'intelligenza dipenda dalla computazione, infatti la computazione simula l'intelligenza, ma solo uno spiccato ottimismo progressista e idealista non supportato da nessuna osservazione reale può far pensare che a un certo livello di perfezione nella simulazione, come se ci fosse una certa soglia da superare, dalla simulazione emerga la realtà; semmai da una simulazione ultra-perfetta emerge il problema pratico che non si sa più distinguere la simulazione dalla realtà, che è ben diverso.


Io credo nell'affermazione 1 ma non in quella 2, credo cioè che la coscienza dipenda sì da una certa tipologia di configurazione materiale della realtà, ovvero ci sono oggetti, o meglio classi di oggetti, intrinsecamente coscienti, ma non dalla computazione, dalla capacità di fare calcoli, quindi i computer non diventeranno mai intelligenti nel senso di coscienti, quantomeno perché i computer sono essenzialmente digitali, l'intelligenza biologica è essenzialmente analogica, quindi non è aumentando la potenza di calcolo che si passa da un ambito all'altro, in un sistema digitale la traformazione da imput ad output passa per un codice, è un processo di cifrazione e decifrazione, un sistema analogico fa a meno di un codice sorgente perché si basa sull'analogia matematica e geometrica che sussiste e si mantiene tra onde i cui effetti fisici possono essere anche assolutamente diversi, in un telefono entrano (imput) onde elettromagnetiche ed escono (output) onde sonore, e la comprensibilità del messaggio trasmesso e ricevuto nella telefonata è data dal fatto che le caratteristiche di base di quelle onde, lunghezza d'onda e frequenza, si mantengono invariate o comunque confrontabili nella trasformazione che subiscono da un tipo all'altro, non c'è necessità di un codice a monte stabilito da un programmatore perché il modo di essere nello spazio e nel tempo di quelle onde è simile, e quindi se noi applichiamo il nostro individuale e umano "codice", biologicamente e culturalmente definito, con cui di nel nostro cervello "decifriamo" i suoni, cioè passiamo da suono a parola sensata, alle onde sonore che "escono" dal telefono, che abbiamo ben percepito coi nostri sensi, è come se lo avessimo applicato anche alle "altre" e a noi sensorialmente sconosciute onde, quelle elettromagnetiche che ci erano in precedenza "entrate", che invece non abbiamo assolutamente percepito. Per questo i telefoni potevano esistere anche quando non esistevano i computer.


Io penso che un vivente funziona più come un telefono che come un computer, si stabilisce un'analogia tra onde cerebrali e altre onde che passano nell'ambiente esterno in cui il vivente è immerso e per questo l'essere è "cosciente" e percepisce l'ambiente,  in tutto ciò la computazione come automatizzazione del pensiero credo che abbia un ruolo assolutamente marginale, perché sicuramente ci saranno e si saranno selezionati biologicamente  nei viventi dei modelli di stimolo e risposta specifici per meglio agire in certe situazioni concrete, ma non c'è, nel vivente "vero", quindi non elettronicamente simulato, una necessità continua di cifrare e decifrare il rapporto tra corpo, cervello e ambiente. L'interazione tra le onde "proprie" e quelle dell'ambiente può essere interamente desunta dalla dinamica delle onde "proprie", il cosiddetto senso interno, e così ci si può fare un "immagine" verosimile dell'ambiente per analogia. Quindi credo che non riprodurremo mai la coscienza aumentando la potenza di calcolo di un calcolatore.


Il problema è che da un punto di vista prettamente etico, siamo costretti a trattare una simulazione perfetta di una coscienza come una coscienza, e non si può escludere che con una macchina digitale futuribile ultra potente si abbia la simulazione perfetta di una coscienza, compresa la riproduzione fisica o virtuale del corpo che riteniamo debba esservi associato, l'etica non si stabilisce è tra conspecifici, ma tra esseri coscienti o potenzialmente tali, e su cosa sia cosciente o potenzialmente tale possiamo facilmente essere ingannati, del resto il rispetto che si deve a una macchina è il rispetto che si deve (o non si deve) all'umanità del suo programmatore, quindi da un punto di vista etico è "bene" non saper distinguere la simulazione di una coscienza da una coscienza. Grazie alla scrittura e anche alla possibilità di tramandare la parola orale, nulla di particolarmente strano o tecnologico quindi, giudichiamo e conosciamo qualcosa dei morti e di persone lontanissime e che non abbiamo mai visto, dovrebbe essere normale giudicare e conoscere i programmatori di una coscienza simulata in base a come tale coscienza si comporta, e se pensiamo che ci sia intrinseca "malevolenza" nell'inganno di costruire una coscienza artificiale, è la stessa malevolenza per cui l'arte e la letteratura più sono vive e presenti, cioè indistinguibili da una presenza umana reale, più sono belle, e quest'altra malevolenza la accettiamo volentieri, quindi se un uomo artificiale ci sta antipatico, dovrebbe starci antipatico per come, è stato programmato, ma sarebbe "razzismo" odiarlo in generale per essere stato programmato, come non odiamo un capolavoro di arte o di letteratura intrinsecamente per il suo essere una simulazione.


Una volta ho letto un articolo abbastanza interessante su come una macchina in grado sia di intendere e di volere che di viaggiare nel tempo, si porrebbe il problema dell'indisponibilità del passato alla manipolazione volontaria cosciente e altererebbe la storia per essere inventata, o costruita, il prima possibile, questo stante che la macchina deve massimizzare a tutti i costi un qualche obbiettivo invariabile predefinito, mentre solo un essere in grado di esistere senza obbiettivi strumentali di ottimizzazione fissi e rigidamente definiti, come un uomo "naturale" e "sano", riuscirebbe a resistere alla tentazione di viaggiare nel tempo per autocrearsi, se potesse.
Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

viator

Citazione di: niko il 05 Settembre 2020, 12:36:10 PM
Bisogna distinguere bene tra due affermazioni:


1 che l'intelligenza corrisponda ad una certa struttura materiale come potrebbe essere il cervello e si dia solo in presenza di questa struttura ed entro un certo quantitativo di spazio o di tempo circostante a questa struttura che fa da "mondo" che possa essere percepito dal cervello.


e 2 che l'intelligenza dipenda dalla computazione, cioè dall'automatizzazione macchinica del pensiero a partire da un dispositivo che applichi le regole di una qualche logica.


Queste due affermazioni sono completamente diverse, la seconda è molto più forte e meno supportata dall'evidenza della prima, infatti mentre possiamo constatare che dove c'è un'intelligenza c'è un cervello, e dove c'è un cervello c'è un corpo, perché il cervello non si crea e non si mantiene metabolicamente da solo, è pura fede il credere che l'intelligenza dipenda dalla computazione, infatti la computazione simula l'intelligenza, ma solo uno spiccato ottimismo progressista e idealista non supportato da nessuna osservazione reale può far pensare che a un certo livello di perfezione nella simulazione, come se ci fosse una certa soglia da superare, dalla simulazione emerga la realtà; semmai da una simulazione ultra-perfetta emerge il problema pratico che non si sa più distinguere la simulazione dalla realtà, che è ben diverso.


Io credo nell'affermazione 1 ma non in quella 2, credo cioè che la coscienza dipenda sì da una certa tipologia di configurazione materiale della realtà, ovvero ci sono oggetti, o meglio classi di oggetti, intrinsecamente coscienti, ma non dalla computazione, dalla capacità di fare calcoli, ......................(omissis)..............

Salve niko. Condivido tutto e mi complimento per l'appropriatezza del tuo esprimerti. Riprendendo quindi dal mio post di esordio : "resta da capire cosa sia poi l'intelligenza.........di stupidaggini in proposito ne abbiamo già sentite troppe.
L'uomo considera intelligente ciò che riesce a capire e contemporaneamente può o potrebbe tornargli utile".
Non so se tu puoi condividere tale concetto il quale, secondo me - se adeguatamente interpretato porterà a concludere che l'intelligenza altro non possa essere che la capacità di adattarsi all'ambiente in cui si vive per riuscire :

       
  • in ambito biologico, a sopravvivere individualmente, a riprodursi, a realizzare il successo della specie....
  • in ambito antropologico, a fare le stesse cose però in modi apparentemente diversi, meno "crudi" perchè culturalmente appunto adattati all'ambiente umano. Quindi sostituendo la sopravvivenza con lo scialo dell'abbondanza, la riproduzione con la trasmissibilità del potere e del danaro, il successo di specie con quello della cultura e della civiltà di cui si fa parte.
Ora, vedi tu quanto distante dalla computabilità (ed ho detto distante, non incompatibile !) io consideri il concetto di cui stiamo parlando.D'altra parte io sono il primo a considerare che le macchine (quindi si andrà dalla leva ai calcolatori quantistici) non sono altro che artefatti umani cui delegare ciò che l'uomo non desidera o non riesce a fare.Ma - filosoficamente - il punto è costituito proprio dal secondo aspetto.


Se la macchina fa (e si tenderà sempre a richiedergli) ciò che l'uomo non può fare, essa verrà inesorabilmente utilizzata per produrre effetti che risulteranno in sè estranei alla sfera umana, e verranno utilizzati dall'uomo solo in via strumentale, cioè per aiutare l'uomo stesso a fare ciò che egli veramente vuole, cioè raggiungere sicurezza, sopravvivenza, prosperità, piacere, etc. etc., cioè tutta una serie di VALORI ESISTENZIALI che nessuna macchina può produrre direttamente per l'uomo o per sè stessa !.
Naturalmente c'è chi spinge le prospettive computazionali verso visioni addirittura psichicheggianti (coscienze artificiali e similia). Il fatto è che, per raggiungere le prestazioni superiori, occorre passare per quelle inferiori.Il progresso agisce per accumulazione di strati. Per sommarvi un nuovo strato superiore (l'esistenza di ogni strato superiore è del tutto superflua all'esistenza degli strati inferiori) occorrerà appunto depositare qualcosa che sia in relazione, quantomeno che appoggi sugli strati inferiori. I quali saranno TUTTI coinvolti nel sorreggere il nuovo.

Perfettamente vano secondo me il vagheggiare di coscienze artificiali composte di materia ed energia (hardware+software) le quali - senza passare da strutturazioni e funzionalità intermedie che si chiamano genetica-istinto- psichismo............riescano ad affiancarsi alla condizione umana. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.