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Inflazione cosmica

Aperto da Jacopus, 24 Aprile 2020, 18:47:39 PM

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giopap

giopap:
Nel tuo precedente intervento sei tu che hai definito "infinito" e non "illimitato" l' universo, credo rifrendoti all' ipotesi che la sua curvatura sia "zero", ovvero che sia piatto, ipotesi piuttosto "forte" fra i cultori della materia.
Un simile universo, se in esso ogni e qualsiasi punto ne é il centro, come da te affermato, allora proprio come quello di Giordano Bruno (al di là di differenze ovvie a quattro secolo di distanza) non solo é illimitato ma anche infinitamente esteso nello spazio.

bobmax:
Non mi pare di aver scritto che l'universo è infinito, non è questo ciò che penso, posso comunque essermi sbagliato a scrivere.
Se è così ti prego di dirmi dove, in modo che possa verificare e stare più attento a quanto scrivo.
Se mi si attribuisce un'affermazione che contraddice quanto invece vorrei dire, mi si fa un favore così posso correggermi, ma devo poterlo verificare..
Concorderai con me che la chiarezza di intenti è indispensabile per un autentico dialogo.


giopap:

Ho ricontrollato (e mi corre l' obbligo inderogabile di ammettere fermamente che) hai proprio ragione tu.
Chissà perché mi ero erroneamente convinta che avessi scritto che l' universo é infinito (cosa che invece hai inequivocabilmente negato! Sic!) e ogni suo punto ne é il centro ...sorry!




bobmax:

Non c'è bisogno di scomodare Giordano Bruno. Ogni punto è il centro non perché l'universo è infinito, difatti è finito, ma in quanto appunto non vi è alcun vuoto preesistente.
Questo è quanto dice la teoria del Big Bang originale, proprio in quanto la radiazione cosmica di fondo è isotropa.
Poi uno può inventarsi quello che vuole. Ma in questo caso si discute sul niente.


giopap:

Beh, si può discutere certamente anche sul Big bang "originale".
E mi sembra che la teoria del vuoto preesistente ne possa superare l' assurdità costituita dalla successione al nulla di reale dell' universo.





giopap:

Quindi (si può pensare che) l' universo é un "qualcosa" perché si può pensare anche ad altro (il nulla) malgrado il fatto che questo altro ("il nulla") non sia reale.
Quello di "infinito" é un concetto astratto avente una precisa connotazione o intensione cogitativa (la definizione nei vocabolari); la sua eventuale estensione o denotazione reale (come caratteristica astratta; del "tutto", l' universo in toto o di sue parti) é inverificabile di fatto da noi umani, ma pensabile.

bobmax:

Che il nulla e l'infinito possano essere pensati è solo un'illusione.
Infatti il pensiero o è determinato o non è.
Si può pensare solo ciò che è un "qualcosa"

L'infinito non è un qualcosa e quindi non può essere pensato.
E allora come mai compare questa idea dell'infinito?
Semplicemente in quanto negazione del finito.


Penso a ciò che è finito e poi provo a negarne la finitezza. Ci provo soltanto... perché il pensiero inevitabilmente si arresta.
Se poi qualcuno dichiara di riuscirci, chapeau! Ma non mi convince.

L'infinito è perciò una necessità logica. Trae la sua essenza nella negazione del finito, da nient'altro. Ed essendo esclusivamente una negazione... non c'è!

giopap:

Infatti, "omnis determinatio est negatio" (Spinoza): infinito é ciò che non é finito (e viceversa), e in quanto tale é una entità concettuale, la connotazione o intensione ben reale (in quanto tale!) di un sensatissimo concetto; ovviamente non é verificabile empiricamente di alcun aspetto della realtà (e in questo modo non é provabile che il concetto abbia anche una denotazione o estensione reale), essendo qualsiasi osservatore umano finito, vivendo tutti noi per un tempo finito (inattingibilità empirica dell' infinito in atto?).

Tuttavia può essere logicamente dimostrato del tempo della realtà in toto per il fatto che essa non potrebbe essere preceduta dal nulla, al quale non può succedere alcunché (realtà e conoscibilità dell' infinito in potenza? Non conosco a sufficienza Aristotele per rispondere?.






bobmax:

Lo stesso dicasi del nulla: Non può essere pensato.
Se ci provo, è solo perché sto negando la possibilità di ciò che potrebbe esserci.
Ma sto pensando al non esserci di qualcosa, non al Nulla!

La famosa domanda "Perché c'è qualcosa invece che il nulla?" non è affatto fondamentale come si è voluto far credere.
Perché il nulla non può proprio esserci! E' una questione di logica.
L'esserci è esserci di qualcosa. E il non esserci è il non esserci di qualcosa che avrebbe potuto esserci.
Il qualcosa è sempre indispensabile!
Mentre il Nulla non ha niente a che vedere con l'esserci o il non esserci (che alludono sempre a qualcosa).

Che il nulla sia impensabile lo si può cogliere vivendo l'horror vacui. Allora si può ben vedere che il pensiero non c'entra per niente.

Lo stesso "caso" non è pensabile. Però compare come possibilità in quanto negazione della necessità.


giopap:
Del nulla non può dirsi lo stesso che dell' infinito (che sia pensabile e anche reale).
Pensabile lo é: come negazione dell' esistenza reale di qualsiasi "cosa" (ente o evento), di tutto ciò che potrebbe essere pensato essere reale (oppure potrebbe essere pensato non essere reale): sensatissima connotazione o intensione cogitativa di un concetto effettivamente tale.
Invece che sia reale, stante la realtà di tutto ciò che realmente é/accade, di ogni ente o evento reale (che é constatata empiricamente), non può essere: il concetto di "nulla", contrariamente a quello di "infinito" non ha, oltre a una connotazione o intensione cogitativa, anche una denotazione o estensione reale.

Sulla questione per la quale la famosa domanda: "perché c' é quel che c' é anziché non esserci alcunché" non può avere risposta essendo malposta ho già ampiamente argomentato per parte mia che essa nasce dalla confusione fra la possibilità (necessitante di ragion sufficiente perché se ne dia denotato o estensione reale) propria del pensabile e la necessità propria del reale (non necessitante di alcuna ragion sufficiente oltre al fatto di accadere realmente -"esserci"- e al mero fondamentalissimo principio logico di non contraddizione).


Che il nulla non può proprio esserci (realmente; non cogitativamente, come oggetto di pensiero) é una questione empirica risolta sinteticamente a posteriori, dall' osservazione empirica dell' esserci di qualcosa; analiticamente a priori invece non é provabile per via logica, non essendo contraddittorio ma invece logicamente più che corretto, il pensiero, l' ipotesi che nulla sia.

Esso (il "nulla") allude al non esserci realmente o meno -di fatto meno- di qualsiasi cosa, al non darsi di alcuna denotazione o estensione cogitativa di tutti i connotati o intensioni cogitative di ogni e qualsiasi concetto si possa pensare, immaginare.
Perciò il "qualcosa di reale" (l' estensione o denotazione reale di qualche concetto; contrariamente alla sua intenzione o connotazione cogitativa, senza la quale non sarebbe un concetto per definizione) non é "sempre indispensabile" nel senso di "necessario a priori" (impensabile la sua negazione), essendo pensabilissimo il nulla, il non essere reale di alcunché, di tutto.

Poichè (mi sembra che tutti in questa discussione concordino su questo; però il clamoroso abbaglio di averti erroneamente attribuito l' infinità dell' universo mi impone qualche dubbio) il "vuoto" non é affatto "nulla" ma invece "qualcosa" credo che l' horror vacui" non sia (...per nulla!) rilevante in proposito.


Per tutte le considerazioni di semeiotica suddette il caso é altrettanto pensabile della necessità deterministica (per esempio, pur ritenendo errate e false le accezioni conformistiche ovvero maggioritarie, dell' indeterminazione quantistica, per parte mia non credo proprio se ne possa negare la sensatezza; contrariamente alla verità).

bobmax

@Giopap

Il vuoto preesistente renderebbe altamente improbabile un radiazione cosmica di fondo isotropa.

Se vi fosse stato un vuoto preesistente, per rilevare l'isotropia della radiazione dovremmo noi trovarci nel punto dove è avvenuto il Big bang, o in sua prossimità.
Cioè prossimi all'unico centro dell'universo materiale.

Un caso davvero improbabile!

Viceversa, non essendoci un vuoto preesistente, qualunque punto è il centro. Quindi anche dove noi siamo.

So che è difficile afferrarlo, perché siamo condizionati dai qualcosa.
Se lo si afferra però, non può che nascere la meraviglia! E il nulla ritorna a giocare il suo ruolo.

Che la realtà sia nulla è lo scotto che bisogna pagare per superare il nichilismo.

Il nichilismo consiste nel convincimento che nulla ha valore.

La risposta, è nella constatazione che è invece il mondo fisico ad essere puro nulla!
Con questa constatazione, il gioco che il nichilismo chiudeva si riapre!
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#32
Citazione di: bobmax il 27 Aprile 2020, 18:36:41 PM

Infatti il pensiero o è determinato o non è.
Si può pensare solo ciò che è un "qualcosa"

L'infinito non è un qualcosa e quindi non può essere pensato.
E allora come mai compare questa idea dell'infinito?
Semplicemente in quanto negazione del finito.

Penso a ciò che è finito e poi provo a negarne la finitezza. Ci provo soltanto... perché il pensiero inevitabilmente si arresta.
Se poi qualcuno dichiara di riuscirci, chapeau! Ma non mi convince.

L'infinito è perciò una necessità logica. Trae la sua essenza nella negazione del finito, da nient'altro. Ed essendo esclusivamente una negazione... non c'è!

Lo stesso dicasi del nulla: Non può essere pensato.
Se ci provo, è solo perché sto negando la possibilità di ciò che potrebbe esserci.
Ma sto pensando al non esserci di qualcosa, non al Nulla!
"............."
Lo stesso "caso" non è pensabile. Però compare come possibilità in quanto negazione della necessità.
Provare a pensare un evento davvero casuale... fa venire le vertigini! Il Caos si avventa sulla nostra mente che a stento fugge terrorizzata.
Sono sostanzialmente d'accordo , ma....


Se l'universo fosse infinito potremmo associare ad esso il numero uno.
Un universo infinito.
Ma se l'universo è finito che numero possiamo associargli ?
Si potrebbe pensare che non occorra conoscere questo numero.Basti sapere che è un numero.
Il non saperlo però comporta che quando parliamo di finito stiamo sempre escludendo qualcosa.
Quindi mi pare che il finito non sia adatto a descrivere quell'universo che tutto include., non meno dell'infinito .
Dovremmo parlare di finiti più che di finito , perché i finiti sono tanti mentre solo l'infinito è singolare.

Dire che esiste qualcosa giustifica la sua negazione , che esiste nulla.
Suggerisco però di considerare che il nulla non si opponga all'essere , in quanto esso stesso è, ma al qualcosa.
Il nulla e l'infinito sono figli della genericità.
La realtà ci appare come multipla , come l'insieme di tanti finiti , e quell'insieme è uno come uno è l'infinito.
Sarà un caso?
L'infinito è singolare ,mentre il "finito è plurale" .
Forse da ciò si comprende meglio la sua natura che non da una negazione.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Citazione di: iano il 28 Aprile 2020, 02:17:13 AM
Citazione di: bobmax il 27 Aprile 2020, 18:36:41 PM

Infatti il pensiero o è determinato o non è.
Si può pensare solo ciò che è un "qualcosa"

L'infinito non è un qualcosa e quindi non può essere pensato.
E allora come mai compare questa idea dell'infinito?
Semplicemente in quanto negazione del finito.

Penso a ciò che è finito e poi provo a negarne la finitezza. Ci provo soltanto... perché il pensiero inevitabilmente si arresta.
Se poi qualcuno dichiara di riuscirci, chapeau! Ma non mi convince.

L'infinito è perciò una necessità logica. Trae la sua essenza nella negazione del finito, da nient'altro. Ed essendo esclusivamente una negazione... non c'è!

Lo stesso dicasi del nulla: Non può essere pensato.
Se ci provo, è solo perché sto negando la possibilità di ciò che potrebbe esserci.
Ma sto pensando al non esserci di qualcosa, non al Nulla!
"............."
Lo stesso "caso" non è pensabile. Però compare come possibilità in quanto negazione della necessità.
Provare a pensare un evento davvero casuale... fa venire le vertigini! Il Caos si avventa sulla nostra mente che a stento fugge terrorizzata.
Sono sostanzialmente d'accordo , ma....


Se l'universo fosse infinito potremmo associare ad esso il numero uno.
Un universo infinito. Si , ma infinito quanto? Ovviamente questa domanda non ha senso.
Ma se l'universo è finito che numero possiamo associargli ?
Finito quanto , è lecito chiedersi.
Si potrebbe pensare che non occorra conoscere questo numero.Basti sapere che è un numero.
Il non saperlo però comporta che quando parliamo di finito stiamo sempre escludendo qualcosa.
Quindi mi pare che il finito non sia adatto a descrivere quell'universo che tutto include., non meno dell'infinito .
Dovremmo parlare di finiti più che di finito , perché i finiti sono tanti mentre solo l'infinito è singolare.

Dire che esiste qualcosa giustifica la sua negazione , che esiste nulla.
Suggerisco però di considerare che il nulla non si opponga all'essere , in quanto esso stesso è, ma al qualcosa.
Il nulla e l'infinito sono figli della genericità.
La realtà ci appare come multipla , come l'insieme di tanti finiti , e quell'insieme è uno come uno è l'infinito.
Sarà un caso?
L'infinito è singolare ,mentre il "finito è plurale" .
Forse da ciò si comprende meglio la sua natura che non da una negazione.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

#34
@Iano

Il ritenere che l'infinito sia singolare, sia uno, è la trappola in cui cade il pensiero razionale!
Per il quale esiste solo ciò che è qualcosa.
E così riduce ogni idea a qualcosa, anche ciò che è pura negazione.

L'infinito non è singolare, non ce n'è uno. Perché l'uno indica qualcosa. Non ce n'è né uno né molti. E qui la mente razionale si perde, perché non ha a che fare con qualcosa.

Se volessi tagliare una linea infinita, non vi riuscirei. Provandoci, le mie forbici svanirebbero!

La considerazione che ogni punto dell'universo finito sia il suo centro, ci conduce al limite del pensiero razionale.
Dove occorre resistere alla tentazione di risolvere l'enigma forzando il gioco, ipotizzando un qualcos'altro. Non vi è alcun qualcosa!

En passant, il finito che tanto ci rassicura, se lo guardiamo da vicino... sfuma nell'infinito!
Finito e infinito sono necessari per il nostro inoltrarci nel mondo, ma sono solo due fantasmi. Uno rimanda all'altro in un gioco senza fine. Ma di per sé stessi non esistono.
Sono due scogli tra i quali dobbiamo navigare, per andare oltre, ma su cui non possiamo approdare perché non ci sono.

Quindi concordo con te. Ciò che occorre mettere in discussione è proprio il qualcosa.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

bobmax

@Giopap

Riguardo all'horror vacui... mi sa che non ci intendiamo.
Nonostante il nome, poco ha a che vedere con il vuoto. Non si tratta di una agorafobia...
Ma ben altro!

Solo provandolo si può averne un'idea.
Non so se augurarlo comunque, sebbene sia, mi sa, necessario.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

giopap

Citazione di: bobmax il 27 Aprile 2020, 23:05:14 PM
@Giopap

Il vuoto preesistente renderebbe altamente improbabile un radiazione cosmica di fondo isotropa.

Se vi fosse stato un vuoto preesistente, per rilevare l'isotropia della radiazione dovremmo noi trovarci nel punto dove è avvenuto il Big bang, o in sua prossimità.
Cioè prossimi all'unico centro dell'universo materiale.

Un caso davvero improbabile!

Viceversa, non essendoci un vuoto preesistente, qualunque punto è il centro. Quindi anche dove noi siamo.

So che è difficile afferrarlo, perché siamo condizionati dai qualcosa.
Se lo si afferra però, non può che nascere la meraviglia! E il nulla ritorna a giocare il suo ruolo.

Che la realtà sia nulla è lo scotto che bisogna pagare per superare il nichilismo.

Il nichilismo consiste nel convincimento che nulla ha valore.

La risposta, è nella constatazione che è invece il mondo fisico ad essere puro nulla!
Con questa constatazione, il gioco che il nichilismo chiudeva si riapre!


Cominciando dalla fine, credo che il nichilismo conoscitivo si superi con considerazioni logiche e gnoseologiche razionali.
Le quali portano a mio avviso allo scetticismo.
Il quale, contrariamente alla confusione che alcuni ingenuamente ne fanno, é l' esatto contrario del relativismo gnoseologico: quest' ultimo essendo la pretesa che tutte le possibili e reali teorie sono altrettanto sicuramente vere (anche quelle che sono reciprocamente contraddittorie: le tante "verità di questo e di quello", i tanti "saperi", al plurale, tutti ugualmente buoni...); quello invece é la consapevolezza che nessuna teoria é certamente vera, che nessuna conoscenza di come é o non é la realtà é esente dal possibile dubbio (teorico; dovendoci così accontentare di credere, se vogliamo, e comunque di agire in pratica per lo meno "come se lo credessimo", a quelle che siano certe soltanto "al di là di ogni ragionevole dubbio" pratico).

Invece il relativismo etico non si supera con ragionamenti (dato che dall' "essere" non é possibile ricavare i "dover essere", dal come é la realtà (la cui conoscenza é comunque in linea teorica di principio sempre dubitabile) non é possibile dimostrare come debba essere (cosa fare in essa); ma invece irrazionalmente avvertendo "dentro di sé" imperativi morali che di fatto (e non di "diritto", non perché li si possa dimostrare) in una certa misura (nei loro aspetti più generale astratti), in conseguenza della storia naturale o evoluzione biologica, sono universalmente presenti in ogni uomo (e per qualche embrionale, limitatissimo aspetto anche in altri animali), mentre in altra misura (più particolare e concreta), in conseguenza della cultura o storia umana, sono limitati a gruppi e settori sociali più o meno grandi, variando col tempo e nello spazio.

Secondo le teorie cosmogoniche e/o cosmologiche correnti la radiazione di fondo, isotropa, si é originata "un bel po' dopo" il Big bang, mentre il vuoto quantistico, per quelle che negano il nulla precedente il B. b stesso, ci sarebbe sempre stato, sarebbe sempre divenuto secondo le leggi "eterne" della meccanica quantistica.

Peraltro devo dire (cosa che non ho fatto, forse per timidezza, nei precedenti interventi) che per parte mia trovo per lo meno problematica se non decisamente assurda l' ipotesi che un vuoto quantistico ("pienissimo" di enti ed eventi, per quanto "virtuali", ma comunque in quanto tali realissimi), contrariamente al nulla (autenticamente "vuotissimo" -per parlare metaforicamente, sia ben chiaro!- di qualsiasi ente o evento, di qualsiasi cosa), possa esistere (possa essere esistito prima del B.b.) in assenza di "circostanti e più o meno distanti" enti ed eventi reali (e non "virtualmente tali"!) che vi generino campi di forza.

Quindi nemmeno le versioni "infinitistiche" nel tempo e nello spazio" delle cosmologie correnti mi convincono.
Ma ancor meno quelle cosmogoniche correnti che ritengo inficiate dal paradosso, anzi alla contraddizione insanabile di postulare un nulla a cui segua qualcosa di reale.
Da razionalista conseguente, piuttosto di accordare la mia fede a teorie che conducono a palesi contraddizioni logiche, ovvero insensate, preferisco sospendere il giudizio: come sia stato l' universo fisico materiale in un passato che non sia alquanto "prossimo" non lo so, ma tributo la mia credenza soltanto a ciò che la scienza mi dice (ragionevolmente, senza contraddizioni e nonsensi) del divenire della natura in un passato "non troppo remoto" e per il futuro. Altro non so (e non credo).
Nella consapevolezza che ciò é vero solo alla condizione (indimostrabile) che il divenire naturale stesso sia ordinato, regolare, che segua modalità generali astratte (astraibili da parte del pensiero dagli eventi particolari concreti) universali e costanti.

Non sarebbe la prima volta che teorie sostenute "quasi all' unanimità" dalla "comunità scientifica", magari per secoli, si rivelassero prima o poi errate e false.

bobmax

@Giopap

Le teorie scientifiche non possono mai essere considerate Verità.
Il considerarle tali è superstizione. Superstizione scientifica non dissimile da ogni altra superstizione.

Di modo che pure il Nulla non può essere considerato un punto d'arrivo, una conclusione. Piuttosto il Nulla rappresenta il "limite" di fronte al quale occorre fermarsi e... resistere!

Il relativismo, a maggior ragione se etico, è indispensabile.
Perché il relativismo, se tenuto fermo, resistendo alla tentazione di abbracciare una "verità" che lo liberi dall'angoscia  e allo stesso tempo evitando di piombare nel nichilismo (che è comunque anch'esso una "verità"), ci fornisce un'occasione unica.

Perché il relativista autentico, che non deflette costi quello che costi dal proprio relativismo, si ritrova inevitabilmente ad affrontare il Nulla.
Questo Nulla non è un qualcosa, se lo fosse sarebbe infatti un'altra "verità".
E' invece il limite.

E il limite, quando avvertito come tale, quando accettato come Nulla, ha un effetto prodigioso sullo stesso relativista.
Respingendo infatti ogni sua possibilità di aggrapparsi a qualcosa, lo costringe a rivolgersi a se stesso.

"Conosci te stesso!"
E' l'invito che il limite inevitabilmente rivolge a chi cerca la Verità.

In questo modo, il relativista si ritrova a dover essere proprio lui! In perfetta solitudine a cercare in se stesso, a cercare se stesso!
Per affermare se il Bene davvero è.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

giopap

Citazione di: bobmax il 28 Aprile 2020, 12:54:01 PM
@Giopap

Le teorie scientifiche non possono mai essere considerate Verità.
Il considerarle tali è superstizione. Superstizione scientifica non dissimile da ogni altra superstizione.

Di modo che pure il Nulla non può essere considerato un punto d'arrivo, una conclusione. Piuttosto il Nulla rappresenta il "limite" di fronte al quale occorre fermarsi e... resistere!

Il relativismo, a maggior ragione se etico, è indispensabile.
Perché il relativismo, se tenuto fermo, resistendo alla tentazione di abbracciare una "verità" che lo liberi dall'angoscia  e allo stesso tempo evitando di piombare nel nichilismo (che è comunque anch'esso una "verità"), ci fornisce un'occasione unica.

Perché il relativista autentico, che non deflette costi quello che costi dal proprio relativismo, si ritrova inevitabilmente ad affrontare il Nulla.
Questo Nulla non è un qualcosa, se lo fosse sarebbe infatti un'altra "verità".
E' invece il limite.

E il limite, quando avvertito come tale, quando accettato come Nulla, ha un effetto prodigioso sullo stesso relativista.
Respingendo infatti ogni sua possibilità di aggrapparsi a qualcosa, lo costringe a rivolgersi a se stesso.

"Conosci te stesso!"
E' l'invito che il limite inevitabilmente rivolge a chi cerca la Verità.

In questo modo, il relativista si ritrova a dover essere proprio lui! In perfetta solitudine a cercare in se stesso, a cercare se stesso!
Per affermare se il Bene davvero è.


Dissento su tutta la linea.


Dal nichilismo gnoseologico, in quanto, da razionalista (per una scelta inevitabilmente irrazionale; rendersi conto della qual cosa significa essere più conseguentemente razionalista che ignorarlo illudendosi di esserlo per una scelta razionale), credo che la verità, la conoscenza vera in generale sia possibile, anche se non certa; e che la conoscenza scientifica in particolare sia possibile alla condizione della verità di un "minimo sindacale" di condizioni indimostrabili (essere vere, ma pure essere false); in particolare l' intersoggettività del mondo fenomenico materiale naturale, la sua misurabilità secondo proporzioni quantitative espresse da numeri e il suo divenire ordinato secondo modalità astratte (astraibili mentalmente dai fatti particolari concreti) universali e costanti esprimibile mediante equazioni algebriche.
Invece superstizione é per me credere acriticamente vero non solo questo "minimo sindacale" di indimostrabile (che coincide fra l' altro con ciò cui a quanto pare qualsiasi persona comunemente ritenuta sana di mente di fatto per lo meno si comporta come se lo credesse), e inoltre nella chiara consapevolezza della suddetta indimostrabilità (e delle condizioni se fosse dimostrata la verità delle quali sarebbe dimostrata la verità di tutte le conoscenze credute); ma invece credere acriticamente "di tutto e di più" senza preoccuparsi circa la sua dimostrabilità in quanto verità (o magari in alternativa falsità) o meno.

Dal nichilismo etico in quanto ritengo che, malgrado dall' "essere" non sia possibile ricavare il "dover essere", dal come é la realtà non sia possibile dimostrare come debba essere (che cosa si debba fare in essa), tuttavia tutti avvertono "dentro di sé" imperativi morali che di fatto (e non di "diritto", non perché li si possa dimostrare) in una certa misura (nei loro aspetti più generale astratti), in conseguenza della storia naturale o evoluzione biologica, sono universalmente presenti in ogni uomo (e per qualche embrionale, limitatissimo aspetto anche in altri animali), mentre in altra misura (più particolare e concreta), in conseguenza della cultura o storia umana, sono limitati a gruppi e settori sociali più o meno grandi, variando col tempo e nello spazio.


Nessuno più e meglio del razionalista (negando il relativismo gnoseologico) avverte i limiti del conoscere (compresa l' indimostrabilità in ultima analisi della sua verità e i motivi di questa indimostrabilità di principio; men che meno il relativista gnoseologico per il quale qualsiasi pretesa "verità" (comprese quelle reciprocamente contraddittorie) sarebbe comunque ugualmente certa, ugualmente valida per l' appunto relativamente a ciascuno dei diversi soggetti di diversa credenza.

Nessuno più e meglio del razionalista (negando il relativismo etico) coglie i limiti dell' agire, in relazione (e non nella relativistica pretesa di ignorare le relazioni) con l' agire degli altri.

Nessuno più e meglio del razionalista può conoscere il senso del limite in generale, confrontarsi con il concetto del nulla e con la realtà della morte e conoscere se stesso, come qualsiasi altra cosa, riducendo in proposito al "minimo sindacale" le credenze in ciò che é degno di dubbio e dunque potrebbe benissimo essere falso.


A tratti mi é venuto peraltro il dubbio che tu per "relativismo" intenda quello che secondo me comunemente si intende per "razionalismo (secondo la definizione che ne ho dato all' inizio di questo intervento), che stiamo dicendo el stesse cose con diverse parole.
Ma probabilmente così non é, dal momento che affermi che il limite, in quanto avvertito come tale, sia da accettarsi come Nulla (avendo così un effetto prodigioso sullo stesso relativista).
Infatti il negare il limite (= avvertirlo come nulla; mi perdonerai, ma non conosco il concetto di "Nulla" con l' iniziale maiuscola; che così "a prima vista" mi sembrerebbe peraltro alquanto poco relativista) é effettivamente relativismo in generale.
E in particolare negare il limite della certezza delle conoscenze é relativismo gnoseologico, negare il limite della soddisfacibilità, della "liceità" dei desideri e dei diritti propri (talora detto "volontà di potenza") é relativismo etico.

bobmax

@Giopap

Il relativismo in realtà è uno solo: è sempre etico.

Il Nulla non è "negazione del limite" ma suo riconoscimento. Appunto, in quanto limite invalicabile.
Ed è invalicabile razionalmente.

E' emblematico come le implicazioni della teoria del Big bang vengano costantemente ignorate dal pensiero che si dichiara razionalista. Così come qualsiasi prospettiva, scientifica, etica, spirituale, che porti ad affrontare il limite.
E' infatti tipico del razionalista scartare tutto quello che non può comprendere in quanto non razionalizzabile.

Ritengo di parlare a ragion veduta riguardo al pensiero logico/razionale, avendo guadagnato il pane per una vita proprio nell'uso della logica. Cioè sul campo, dove le soluzioni devono poi funzionare davvero. Diversamente da quanti che ne vantano la competenza, acquisita però soltanto teoricamente...

Ho già spiegato il significato che do ai termini che scrivo in maiuscolo.
Immagino che per te, in quanto dichiarata razionalista, questo significato sia oscuro, proprio in quanto il razionalista non può cogliere le implicazioni del limite, ma non ci posso far niente.

D'altronde, da parte mia incontro difficoltà a seguire le tue argomentazioni. Che mi ritrovo a dover leggere più volte per non perdere il filo. Senza riuscire a giungere ad una soddisfacente chiarezza.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

Citazione di: bobmax il 28 Aprile 2020, 18:20:29 PM
D'altronde, da parte mia incontro difficoltà a seguire le tue argomentazioni. Che mi ritrovo a dover leggere più volte per non perdere il filo. Senza riuscire a giungere ad una soddisfacente chiarezza.

Condivido. @giopap mi ricorda un altro utente, peraltro della mia stessa fede politica, con un avatar, diciamo "ingombrante", a cui io stessa raccomandai di non eccedere in parentesi e digressioni. In un forum di una mia precedente vita in rete c'era uno strumento utilissimo denominato spoiler, in cui uno poteva chiudere le sue parentesi e digressioni, lasciando all'interlocutore la facoltà di accedervi o no.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve bobmax. Citandoti : "E' infatti tipico del razionalista scartare tutto quello che non può comprendere in quanto non razionalizzabile".

Hai ragione. Infatti tu che fai ?  Non scarti ciò che non comprendi ma ti affretti a farlo golosamente tuo ?. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

giopap

bobmax:

Il relativismo in realtà è uno solo: è sempre etico.

Il Nulla non è "negazione del limite" ma suo riconoscimento. Appunto, in quanto limite invalicabile.
Ed è invalicabile razionalmente.

giopap:

Stavolta credo proprio di non essermi sbagliata nell' attribuirti la negazione del limite; copio/incollo (scritto da te)

<<Questo Nulla non è un qualcosa, se lo fosse sarebbe infatti un'altra "verità". E' invece il limite. E il limite, quando avvertito come tale, quando accettato come Nulla, ha un effetto prodigioso sullo stesso relativista.">>

Dire che "nulla é il limite" e ribadire che (il) nulla "va accettato come limite" in italiano significa negare il limite, dire che il limite non esiste.




bobmax:
E' emblematico come le implicazioni della teoria del Big bang vengano costantemente ignorate dal pensiero che si dichiara razionalista. Così come qualsiasi prospettiva, scientifica, etica, spirituale, che porti ad affrontare il limite.
E' infatti tipico del razionalista scartare tutto quello che non può comprendere in quanto non razionalizzabile.

giopap:
Sempre in lingua italiana queste affermazioni mi sembrano con tutta evidenza negare la razionalità (= affermare l' irrazionalità) delle teorie cosmogoniche del Big bang con precedente nulla: su questo concordo convintamente!
Al contrario che su quella per cui il razionalismo escluderebbe il limite: al contrario!





bobmax:
Ritengo di parlare a ragion veduta riguardo al pensiero logico/razionale, avendo guadagnato il pane per una vita proprio nell'uso della logica. Cioè sul campo, dove le soluzioni devono poi funzionare davvero. Diversamente da quanti che ne vantano la competenza, acquisita però soltanto teoricamente...

giopap:
Immodestamente (senza falsa modestia) penso di non essere da meno.





bobmax:
Ho già spiegato il significato che do ai termini che scrivo in maiuscolo.
Immagino che per te, in quanto dichiarata razionalista, questo significato sia oscuro, proprio in quanto il razionalista non può cogliere le implicazioni del limite, ma non ci posso far niente.

giopap:
Tutto al contrario: proprio perché solo il razionalista può coglierle.




bobmax:
D'altronde, da parte mia incontro difficoltà a seguire le tue argomentazioni. Che mi ritrovo a dover leggere più volte per non perdere il filo. Senza riuscire a giungere ad una soddisfacente chiarezza.

giopap:
Purtroppo é il mio modo di argomentare (e in proposito chiedo scusa anche ad Ipazia, poiché a quanto pare con le parentesi ho gli stesse  problemi di quel suo vecchio compagno; di idee mi pare evidente).

bobmax

#43
No, Viator, non è così.

Qui non è questione di accettare o rifiutare.
Stiamo di fronte al limite!

Accettare cosa? Rifiutare cosa?
Occorre invece fare appello alla propria fede nella Verità.

E questo significa non forzare il gioco. E lo si forza ogni volta che si mente a se stessi.
Cioè ignorando volutamente che si tratta di un limite, oppure inventando soluzioni arbitrarie e quasi sempre contraddittorie (come il vuoto preesistente...).

La fede nella Verità ci obbliga invece a resistere!
A resistere di fronte al Nulla che pur abbiamo davanti.
Che non è certo limitato a considerazioni scientifiche, anzi...

Infatti, tipico caso di situazione in cui ci troviamo di fronte al limite è la morte. La morte della persona cara.
Se evitiamo di razionalizzare l'evento a tutti i costi, svuotandone in questo modo il pathos, così come non ci lasciamo andare alla disperazione dove tutto è perduto, ci possiamo trovare davanti il limite.

E il limite è lo sguardo della Medusa che ci interroga: "E adesso?"
E' il Nulla che ci vuole stanare.

Vedi che torniamo sempre alla fede nella Verità?
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

bobmax

@Giopap

Questo giochino che fai con il Nulla e il limite è voluto o semplicemente una tua svista, simile a quando mi attribuivi di aver detto che l'universo è infinito?

Il limite rimanda al Nulla!
Mi sembra lapalissiano.

Se non è una svista possiamo chiudere qui.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.