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Inflazione cosmica

Aperto da Jacopus, 24 Aprile 2020, 18:47:39 PM

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bobmax

La realtà è semplice, talmente semplice che è davvero difficile avvicinarvisi.

Lo sforzo dei ricercatori animati dalla fede nella Verità è ammirevole.
Ma un grave errore sarebbe il considerare gli scienziati come dei necessari intermediari tra noi e la Verità.

Un errore non dissimile dalla pretesa della Chiesa di essere l'intermediario tra l'uomo e Dio...

Che la realtà sia semplice, lo si può avvertire studiando a fondo un argomento qualsiasi, per coglierne l'essenza.
L'essenza è sempre semplice, ma quanta fatica per coglierla...

Le equazioni di Maxwell, per esempio, sono straordinariamente semplici. Una semplicità, tuttavia, davvero difficile da cogliere.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#16
Il nulla da un senso a ciò che è da un punto di vista filosofico.
Il vuoto da un senso a ciò che è da un punto di vista fisico.
La scienza è un viaggio dal nulla al vuoto.

Paradossalmente la fisica attuale apparirebbe più solidamente fondata se postulasse il nulla invece del caso.
Mi pare di saper dire meglio cosa sia il nulla ,infatti , che non il caso.
Il nulla è dato una volta per tutte e parimenti è dato una volta per tutte ciò che il nulla definisce , l'essere.
Gli enti della fisica però sono definiti dal vuoto ereditando tutte le possibilità di cui esso è  pieno ,ma non così pieno da non lasciare nulla al caso.
Prima del big bang c'era il vuoto , che è cosa ben diversa dal nulla , dal punto di vista della fisica.
Sembra inevitabile che qualunque cosmologia abbia basi filosofiche.
Quelle antiche erano basate sul nulla.
Quelle attuali sul vuoto.
Erano più solide quelle basate sul nulla? 😊
Da un punto di vista operativo , quello della fisica , nulla sembra più ingessato è rigido del nulla.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#17
Nel  passaggio dal nulla al vuoto il concetto dell'essere solido si è frantumato rendendo mobile il confine dell'essere nello spazio e nel tempo.
Forse una interessante riflessione filosofica è la seguente.
Non è possibile intaccare il confine spaziale dell'essere senza intaccare quello temporale.
Mi pare si possano così caratterizzare le evoluzioni della cosmologia da un punto di vista filosofico.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Citazione di: iano il 25 Aprile 2020, 13:48:26 PM
Sembra inevitabile che qualunque cosmologia abbia basi filosofiche.
Quelle antiche erano basate sul nulla.
Quelle attuali sul vuoto.
Erano più solide quelle basate sul nulla? 😊
Da un punto di vista operativo , quello della fisica , nulla sembra più ingessato è rigido del nulla.

Manco per il cavolo. Quelle antiche erano basate su elementi, animali, dei. Quelle moderne su "qualcosa". Il nulla/vuoto è una congettura umana, alla quale vedo che Bobmax e una miriade di metafisici (ma non di filosofi della natura) prima di lui hanno bruciato incenso dopo che del qualcosa si è appropriata la scienza, conservando e rilanciando il cammino delle antiche cosmogonie. Il nulla/vuoto resta lo sfondo epistemico della nostra ignoranza e la sua consistenza ontologica finisce qua.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

niko

#19

La cosmogenesi ha lo stesso problema della biogenesi: se si ipotizza un universo finito di spazio omogeneo e privo di materia in cui a un certo punto "avviene" il big bang, per postulare che il big bang sia un evento "unico", bisogna prima spiegare come l'avvento del big bang eroda, sempre di più, nello spazio precedente, la possibilità di un altro big bang, in modo tale che più il big bang si "consolida" come evento produttivo di conseguenze, più improbabile diventa l'eventuale "gemello" del big bang; esattamente come alcune teorie sulla biogenesi, che postulano che la biogenesi, come evento che si verifica a un certo punto sulla terra, eroda la probabilità stessa che la biogenesi avvenga ancora, in modo tale che la probabilità che la vita nasca da vita, "si mangia", con il suo stesso esistere e continuare, la probabilità che la vita nasca da materia inanimata, determinando così uno stato evoluto tardo e stabile, in cui è pressoché certo che una vita individuata nello stato tardo sia nata da vita, e pressoché impossibile che sia nata da materia inanimata. Il nostro ambiente terrestre è un ambiente in cui la vita non nasce dalla materia inerte, anche e soprattutto perché è un ambiente già modificato dalla vita: lo stato "antico" della terra, da cui la vita poteva sorgere spontaneamente, è stato definitivamente distrutto e trasformato da una serie di eventi, tra cui l'evento della vita stessa, per cui non ha senso chiedersi quanto le germinazione spontanea sia intrinsecamente probabile, ma quanto sia probabile in alcune condizioni date piuttosto che in altre.
Per quanto riguarda il discorso sulla ripetibilità o meno del big bang, ipotizzando che il big bang avvenga in un qualche tipo limitato di "spazio" precedente, è esattamente lo stesso: più il big bang ha prodotto conseguenze sullo stato omogeneo precedente, più è probabile che un secondo big bang non avvenga, determinando uno stato temporale tardo, in cui noi effettivamente siamo ed esistiamo (principio antropico, per cui questo stato tardo è un punto di osservazione privilegiato per noi), in cui è pressoché certo affermare che il big bang sia unico, è pressoché demenziale affermare che sia ripetibile, esattamente come le probabilità statistiche che adesso come adesso ci sono che un batterio dei giorni nostri, individuato nei giorni nostri, sia nato da un altro batterio, confrontate con quelle che lo stesso batterio sia nato a casaccio da un goccia d'acqua (certezza assoluta da una parte, contro impossibilità assoluta, dall'altra).


Se invece ipotizziamo uno spazio infinito, o molto più grande,  e un tempo infinito, o molto più grande, in cui possa a un certo momento e in un certo punto avvenire il big bang, abbiamo, grazie alla maggior grandezza di questo spazio e di questo tempo, la "non connessione" causale necessaria tra regioni ed ere lontanissime, perché il big bang possa ri-avvenire, o anche la biogenesi, possa       ri-avvenire; ovvero per quanto la probabilità di un big bang eroda la probabilità dell'altro big bang, e per quanto la vita eroda la probabilità dell'altra vita, ci sono sempre, alzando lo sguardo all'infinito, regioni distanti di spazio, ed ere distanti di tempo, "vergini", in cui questa erosione, di una probabilità sull'altra, che nasce da un punto preciso e si espande, non ha mai fatto, ne mai farà, alcun effetto, e allo stesso tempo quelle regioni possono essere "scosse", dalla loro "inerzia",  possono "vedere la luce", della vita o della cosmogenesi, solo da un'altra biogenesi spontanea, o da un altro big bang ulteriore ad uno già avvenuto, perché la vita meramente "portata in giro" da altra vita, o l'ordinamento dello spazio meramente "portato" dall'espansione decentrantesi a partire da un punto, non le raggiungerà mai. Pensare che il big bang possa riavvenire, è come pensare che un pianeta diverso dalla terra possa avere vita intelligente, cosciente ed evoluta, come conseguenza del suo stesso assetto come pianeta, e senza una colonizzazione aliena o terrestre a giustificare l'origine e/o l'evoluzione: altissimamente improbabile in uno spazio e in un tempo piccoli, con una quantità di materia presa in considerazione piccola, ma se pensiamo all'abisso dello spazio e del tempo, alla quantità inimmaginabile di pianeti, l'improbabilità si assottiglia, e diventa probabilità: ugualmente a seconda di quanto spazio e quanto tempo siamo disposti ad immaginare abbia a disposizione per esistere e per "essere", anche in senso filosofico, l'universo, o meglio il multiverso, il big bang può essere considerato un evento unico, o al contrario, ripetibile.


L'universo è una forma di vuoto, ma è immensamente differente dal vuoto (pensato come interno) che esso stesso come universo contiene, e dal vuoto (pensato come esterno) che lo contiene o lo potrebbe contenere (lo spazio prima del big bang, o lo spazio in cui si espande l'universo che si espande): il "resto" del vuoto, il vuoto non identico all'universo, non contiene, ovviamente, il nostro universo nella sua realtà e totalità, ma la generica probabilità, in quanto vuoto in cui possono "accadere" delle cose, di (ri)generare l'universo, o quantomeno un universo: quanto sia bassa questa probabilità, esprime quanto sia raro l'universo, o un universo, e più vuoto "c'è", e perdura nello spazio e nel tempo, più gli universi sono ripetibili.


Se tutto il vuoto non è uniformemente la stessa "cosa", ma al contrario alcuni tipi di vuoto  sono diversi e diversamente probabili da alcuni altri, l'estensione del vuoto nello spazio e nel tempo, quanto "vuoto" inteso come cosa in comune a tutti i vuoti in assoluto c'è, determina il ritmo, ovvero la frequenza, finita o infinita, con cui le varie tipologie di vuoto si alternano e si sovrappongono tra di loro, tipologie di cui il nostro universo è solo una tra le tante; e questo ritmo e frequenza, determina la risposta alla domanda se l'universo sia o no unico, se ve ne siano in numero finito, o se siano infiniti.
Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

giopap

#20
Nel mio ultimo intervento, già fin troppo lungo (solo il mio sfrenato ottimismo mi consente di coltivare qualche barlume di speranza che almeno qualcuno l' abbia letto interamente), ho omesso di indicare una spiegazione al sorgere delle domande (di cui credo di aver dimostrato l' insensatezza) circa la spiegazione "ultima" della realtà (fisica materiale in particolare):

Le domande "da dove provengano le quattro interazioni fondamentali esistenti prima del big bang. Perché c'erano quelle forze (interazione gravitazionale, elettromagnetica, forte (atomica) e debole subatomica) e da dove scaturivano".

Secondo me la spiegazione é che queste domande nascono dalla confusione fra due reciprocamente ben diversi concetti; e cioé quello di "essere" nel senso di "essere realmente", di realmente accadere (che lo si pensi, che lo si sappia o meno) e invece quello "essere" nel senso di "essere concettualmente", di essere passibile di venir pensato, ipotizzato, postulato, ecc. (che ne esista una denotazione o estensione reale -oltre all' inevitabile; per la definizione di "concetto", di "oggetto o contenuto di pensiero", connotazione o intensione cogitativa).


La differenza é esemplificabile grossolanamente ma "illuminantemente" fra il modo in cui si può dire che é (realmente) un uomo oppure un cavallo effettivamente esistente, che lo si pensi o meno, e il ben diverso modo in cui si può dire che é (concettualmente) un centauro
non effettivamente esistente (come estensione o denotazione reale) ma solo come intensione o connotazione "cogitativa", immaginativa di una parola, di un dipinto, una scultura, ecc.

Ciò che é realmente semplicemente é (realmente; "e basta"), e per definizione in ambito reale (nella realtà) non può non essere realmente (per la definizione di "essere" e "non essere", ovvero di negazione, ovvero per il principio di non contraddizione: la "base più elementare in assoluto della logica"); può bensì essere pensato (falsamente) non essere realmente.

Invece ciò che é concettualmente, ciò che é pensato può sia essere (anche) realmente (avere un denotato o estensione reale: caso del cavallo oppure dell' uomo), sia (in altri casi, alternativamente) non essere (anche) realmente (caso del centauro).
Per questo motivo (il suo -del suo denotato o estensione- potere essere realmente oppure anche in alternativa non essere realmente) per ciò che é concettualmente, di ciò che é pensato si può porre la questione se e perché sia o non sia, ovvero si può sensatamente cercare un principio di ragion sufficiente (una spiegazione, una ragione per l' essere realmente anziché non essere realmente; o viceversa).
Invece, per il motivo che non può non essere realmente, per ciò che é realmente tale questione non si può porre (sensatamente).

Ora la realtà di fatto (in toto) é realmente; e dunque in quanto tale non ha senso
porsi la questione se e perché sia o non sia, ovvero non si può sensatamente cercarne un principio di ragion sufficiente.
Ma é anche passibile di essere concettualmente (di essere pensata); e in questo caso (in questo senso; e solo in questo senso) ha senso porsi la questione se e perché sia o non sia realmente, ovvero si può sensatamente cercarne un principio di ragion sufficiente.
Dunque ha senso porsi il problema del perché la realtà (in toto) sia realmente in quanto la si pensa, nel caso la si pensi, considerandola come ipotesi mentale; ma non indipendentemente dal pensarla o meno, non in quanto realmente é (e "basta").

In conclusione: ha senso chiedersi perché la realtà in quanto da noi considerata realmente é (ovvero perché si pensa, perché si considera teoricamente la realtà; e infatti il fatto che si consideri teoricamente, che si pensi la realtà -anche- in toto é una parte di ciò che realmente avviene, una parte della realtà stessa); ma invece non ha senso chiedersi perché
realmente é la realtà in quanto realmente é (non potendo "far altro che" realmente essere, senza bisogno di ragioni ulteriori rispetto al principio di non contraddizione, senza del quale non potremmo nemmeno ragionarci su; e infatti la realtà -in toto- é la totalità del reale, oltre alla quale altro non può essere reale che le possa fare da spiegazione).

giopap

Citazione di: Ipazia il 25 Aprile 2020, 17:21:53 PM
Citazione di: iano il 25 Aprile 2020, 13:48:26 PM
Sembra inevitabile che qualunque cosmologia abbia basi filosofiche.
Quelle antiche erano basate sul nulla.
Quelle attuali sul vuoto.
Erano più solide quelle basate sul nulla? 😊
Da un punto di vista operativo , quello della fisica , nulla sembra più ingessato è rigido del nulla.

Manco per il cavolo. Quelle antiche erano basate su elementi, animali, dei. Quelle moderne su "qualcosa". Il nulla/vuoto è una congettura umana, alla quale vedo che Bobmax e una miriade di metafisici (ma non di filosofi della natura) prima di lui hanno bruciato incenso dopo che del qualcosa si è appropriata la scienza, conservando e rilanciando il cammino delle antiche cosmogonie. Il nulla/vuoto resta lo sfondo epistemico della nostra ignoranza e la sua consistenza ontologica finisce qua.


Per la verità le teorie del Big bang "classiche", senza cicli, senza realtà preesistente (e inevitabilmente "metaleggi" del suo divenire nel caso non "vigessero" pur sempre le "ordinarie leggi" del divenire del "nostro universo" derivato dal Big bang), postulanti una realtà (pretesa essere) succeduta al nulla (ontologico, non lo strapienissimo "vuoto quantistico"!) sono letteralmente nient' altro che cosmogonie (teorie sulla nascita dell' universo, secondo lo schema delle antiche superstizioni e religioni).

Ma il (pretendere di) pensare che qualcosa di reale possa succedere al nulla di reale (assoluto, filosofico, non lo strapienissimo "vuoto quantistico") é semplicemente un' assurda successione di pretesi simboli verbali senza senso (autocontraddittoria), dal momento che, stante il nulla di reale, nemmeno il tempo può esserci, e dunque al nulla non può succedere (venire ad essere successivamente reale) alcunché: il nulla non può avere futuro, può solo essere eternamente presente per una necessità logica.

La "antica" (almeno relativamente) filosofia di Giordano Bruno mi sembra molto più solidamente basata (razionalmente), su fatti e proposizioni sensate circa i fatti che queste versioni "classiche" senza realtà preesistente del Big bang.

iano

#22
Citazione di: giopap il 25 Aprile 2020, 17:58:07 PM
Citazione di: Ipazia il 25 Aprile 2020, 17:21:53 PM
Citazione di: iano il 25 Aprile 2020, 13:48:26 PM
Sembra inevitabile che qualunque cosmologia abbia basi filosofiche.
Quelle antiche erano basate sul nulla.
Quelle attuali sul vuoto.
Erano più solide quelle basate sul nulla? 😊
Da un punto di vista operativo , quello della fisica , nulla sembra più ingessato è rigido del nulla.

Manco per il cavolo. Quelle antiche erano basate su elementi, animali, dei. Quelle moderne su "qualcosa". Il nulla/vuoto è una congettura umana, alla quale vedo che Bobmax e una miriade di metafisici (ma non di filosofi della natura) prima di lui hanno bruciato incenso dopo che del qualcosa si è appropriata la scienza, conservando e rilanciando il cammino delle antiche cosmogonie. Il nulla/vuoto resta lo sfondo epistemico della nostra ignoranza e la sua consistenza ontologica finisce qua.




Ma il (pretendere di) pensare che qualcosa di reale possa succedere al nulla di reale (assoluto, filosofico, non lo strapienissimo "vuoto quantistico") é semplicemente un' assurda successione di pretesi simboli verbali senza senso (autocontraddittoria), dal momento che, stante il nulla di reale, nemmeno il tempo può esserci, e dunque al nulla non può succedere (venire ad essere successivamente reale) alcunché: il nulla non può avere futuro, può solo essere eternamente presente per una necessità logica.


Concordo. Il nulla genera solo il nulla.
Rimane solo la possibilità che il nulla coesista con qualcosa di diverso dal nulla.
Qualcosa che allora confina col nulla , e quel confine definisce quel qualcosa e il nulla stesso.
Quel qualcosa e quel nulla condividono allora un qualcosa di solido e di rigido , immutabile ,secondo la mia intuizione .
Un quadro ingessato in cui sembra impossibile raccontare una qualunque evoluzione.
Mi pare infatti che quel nulla abbia iniziato a perdere consistenza nel momento che quel qualcosa , la materia , abbia iniziato a perdere solidità sotto la spinta della ricerca scientifica , che pure su quella solidità ha fondato la sua ricerca.
Anche la cosmologia , che vive della luce riflessa di quella esperienza , ne ha quindi risentito.
Il vuoto si addice meglio alla realtà di questa esperienza in quanto ad esso si addice anche concettualmente una origine operativa.
Esso nasce dall'operazione del levare , la quale porterebbe al nulla solo se conoscessimo e fossimo in grado di togliere tutto quanto sia da levare.
Sarebbe questa immotivata presunzione , che pure fino a un certo punto abbiamo coltivato.
Ma ciò alla fine rimanda alla madre di tutte le presunzioni che è quella di poter separate  la filosofia della fisica.
La presunzione di poter separare quel nulla , come appare a volte la filosofia , da quel qualcosa , come a volte appare essere la fisica.
Ma la filosofia non coincide col nulla come la fisica non coincide con quel qualcosa.
Sono come Peppone e Don Camillo. Litigano , ma quando uno ha bisogno l'altro è sempre pronto a soccorrerlo.


@Ipazia.
Si hai ragione.
Ho schematizzato troppo la questione nel parlare di cosmologie antiche e moderne .
In una di queste cosmologie comunque il tutto si origina dal nulla che in questo parto si "annichilisce".
La scienza ci dice che ciò è impossibile  ,  e col senno di poi ci appare anche cosa impensabile.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#23
Non c'è più il nulla di una volta , e neanche ciò che complicemente gli faceva da sponda  come solida materia.
Il vuoto non definisce in modo netto la materia , e viceversa.
In cambio abbiamo una situazione più fluida e meglio adattabile al racconto dei fatti della esperienza , e anche la cosmologia sembra trarne profitto.


@Giopap.
Tutti pecchiamo di lunghezza nei post.
Quando me ne ricordo a volte mi limito a un periodo.
Magari tu usi anche troppe parentesi per prevenire comprensibilmente  critiche.
Ma le critiche poi magari inizi a sospettare non arrivino per altri motivi.
Pace.
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Ipazia

Già il fatto che la temperatura del "vuoto" sia di 2 e rotti gradi K, dimostra che qualcosa c'è: una vibrazione fossile con un contenuto energetico non annichilito. E che forse non lo sarà mai. Un "mai" possibile nell'in(de)finito possibile che Anassimandro chiamava apeiron e i moderni chiamano universo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

La constatazione della isotropia della radiazione cosmica di fondo è a fondamento della teoria del Big bang.
Secondo la quale non vi era alcun vuoto preesistente. In quanto lo spazio è generato dallo stesso Big bang.

Se vi fosse stato un vuoto preesistente, noi ci troveremmo proprio nel punto, di quel vuoto, in cui è avvenuto il Big bang! In quanto la radiazione cosmica di fondo risulta isotropa.
Un caso davvero eccezionale! Di tutte la galassie e pianeti dell'universo proprio il nostro sarebbe nel suo centro!

Molto ma molto più probabile che non vi sia stato nessun vuoto. Più semplicemente, ogni punto dell'universo è il suo centro!
Quindi anche dove noi siamo.

Ma anche qui, per farsene una ragione occorrerebbe prima considerare che il vuoto non c'entra niente con il nulla.

Il vuoto c'è, il nulla non c'è.

Non c'è... perché è!
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

giopap

Citazione di: bobmax il 26 Aprile 2020, 17:05:53 PM
La constatazione della isotropia della radiazione cosmica di fondo è a fondamento della teoria del Big bang.
Secondo la quale non vi era alcun vuoto preesistente. In quanto lo spazio è generato dallo stesso Big bang.

Molto ma molto più probabile che non vi sia stato nessun vuoto. Più semplicemente, ogni punto dell'universo è il suo centro!
Quindi anche dove noi siamo.

Ma anche qui, per farsene una ragione occorrerebbe prima considerare che il vuoto non c'entra niente con il nulla.

Il vuoto c'è, il nulla non c'è.

Non c'è... perché è!


Ma se il nulla é, nemmeno il cambiamento, nemmeno il tempo é (in ciò che "non c' é" rientrano anche queste cose, in quanto vi rientra ogni e qualsiasi cosa, nessuna esclusa); e allora il nulla non può mutarsi in alcunché di altro dal nulla, é eternamente il nulla.
E dunque nessun Big bang, nessun universo può succedergli.

Se ogni punto dell' universo é il suo centro, allora (in accordo con la cosmologia Giordano Bruno e contro le moderne la cosmogonia del Big bang come da te intesa) l' universo é infinito nello spazio(tempo).

bobmax


@Giopap

Dove tu sei, lì è il centro dell'universo.
Questo dice la teoria del Big bang.

L'universo si sta ampliando, ma non in un vuoto preesistente.
Di modo che l'universo è finito ma illimitato. Perché non c'è niente che lo limiti.
Non esiste un "fuori".

Non essendoci altro, l'universo non può neppure essere considerato un qualcosa.
Perché il qualcosa è tale solo perché vi è altro.

Perciò il Tutto non è un qualcosa!
Può sembrare assurdo, ma il Tutto è solo un'idea aperta.
Un'idea che si concretizza nel mondo fisico con l'universo.

L'infinito non c'è.
Attualizzarlo, renderlo presente, reale, è uno dei più gravi fraintendimenti della nostra epoca.
Dove si crede di poter usare l'infinito trattandolo come cosa tra le cose!
Mentre l'infinito non è affatto qualcosa. E ciò che non è qualcosa, non c'è.
Ed è in questo senso che secondo me va inteso Giordano Bruno.
L'infinito è un'idea di apertura, non un qualcosa.

Occorre tuttavia considerare che l'Essere non può esserci. Ossia non può apparire come qualcosa.
E ciò che non è qualcosa non esiste.
Di modo che l'Essere coincide con il Nulla.

Giustamente tu dici che nulla può venire dal nulla.
E infatti questa è l'essenza di ciò che c'è, di ogni possibile qualcosa: puro Nulla.

E questo è l'unico antidoto al nichilismo.
Perché il Nulla è la fonte di infinite possibilità.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

giopap

#28
bobmax:

@Giopap

Dove tu sei, lì è il centro dell'universo.
Questo dice la teoria del Big bang.

L'universo si sta ampliando, ma non in un vuoto preesistente.
Di modo che l'universo è finito ma illimitato. Perché non c'è niente che lo limiti.
Non esiste un "fuori".

giopap:


Nel tuo precedente intervento sei tu che hai definito "infinito" e non "illimitato" l' universo, credo rifrendoti all' ipotesi che la sua curvatura sia "zero", ovvero che sia piatto, ipotesi piuttosto "forte" fra i cultori della materia.

Un simile universo, se in esso ogni e qualsiasi punto ne é il centro, come da te affermato, allora proprio come quello di Giordano Bruno (al di là di differenze ovvie a quattro secolo di distanza) non solo é illimitato ma anche infinitamente esteso nello spazio.




bobmax:

Non essendoci altro, l'universo non può neppure essere considerato un qualcosa.
Perché il qualcosa è tale solo perché vi è altro.

Perciò il Tutto non è un qualcosa!
Può sembrare assurdo, ma il Tutto è solo un'idea aperta.
Un'idea che si concretizza nel mondo fisico con l'universo.

giopap:

Il tutto per definizione é la realtà (ciò che é reale) considerata complessivamente, senza distinguerne parti ed evitando di considerare solo parti di essa.
Dunque non é "qualcosa" solo se per "qualcosa" si intende "una parte del tutto". Non si può dire che il tutto sia qualcosa per definizione, per le regole o convenzioni semiotiche secondo le quali si parla; ma é ben reale; anzi é più "quantitativamente" reale di qualsiasi altra cosa che si potrebbe considerare, di cui si potrebbe parlare.
Il concetto di "tutto" ha una connotazione o intensione cogitativa, ma con ogni evidenza, indubbiamente ha anche una denotazione o estensione reale.
Mentre, dal momento che esiste "qualcosa di reale" (anche complessivamente considerabile "in toto", come "il tutto che é reale", il concetto di "nulla (senza ulteriori precisazioni o determinazioni) " ha solo una connotazione o intensione cogitativa ma nessuna denotazione o estensione reale.
Le connotazioni o intensioni cogitative dei due concetti sono definite (come lo sono tutte le connotazioni o intensioni di qualsiasi concetto) relativamente a quelle di altri concetti (per questo tutto ciò che può essere pensato, conosciuto, di cui si può parlare necessariamente é relativo; se anche fosse reale qualcosa di assoluto non se ne potrebbe pensare, non se ne potrebbe dire alcunché, non lo potremmo sapere).
Questo ci consente di parlare sensatissimamente, oltre che di ciò che é reale (tutto o sue parti), che é reale oltre che pensato, anche del nulla, pur essendo questo solo pensato e non reale (esattamente come si può parlare sensatissimamente di realissimi uomini e cavalli, ma anche di irrealissimi centauri).

Quindi (si può pensare che) l' universo é un "qualcosa" perché si può pensare anche ad altro (il nulla) malgrado il fatto che questo altro ("il nulla") non sia reale.





bobmax:

L'infinito non c'è.
Attualizzarlo, renderlo presente, reale, è uno dei più gravi fraintendimenti della nostra epoca.
Dove si crede di poter usare l'infinito trattandolo come cosa tra le cose!
Mentre l'infinito non è affatto qualcosa. E ciò che non è qualcosa, non c'è.
Ed è in questo senso che secondo me va inteso Giordano Bruno.
L'infinito è un'idea di apertura, non un qualcosa.

giopap:

Quello di "infinito" é un concetto astratto avente una precisa connotazione o intensione cogitativa (la definizione nei vocabolari); la sua eventuale estensione o denotazione reale (come caratteristica astratta; del "tutto", l' universo in toto o di sue parti) é inverificabile di fatto da noi umani, ma pensabile.
E con Giordano Bruno e con altre cosmologie, comprese alcune versioni del Big bang come mi sembra evidente vadano intese quelle implicanti un preesistente "pienissimo", realissimo, assolutamente diverso dal nulla vuoto quantistico (non con alcuna cosmogonia, comprese altre varianti del Big bang) ritengo presenti anche una (anzi più; anzi infinite, dal momento che é un concetto astratto) denotazione o estensione reale.

E le cosmologie mi sembrano ipotesi sensate, contrariamente alle cosmogonie che secondo me, implicando un "nulla" precedente un "qualcosa" e pure il "tutto" che comprende ogni qualcosa), sono autocontraddittorie: mere sequenze di insignificanti pretesi simboli verbali che tali in realtà non sono in quanto complessivamente privi di qualsiasi connotazione o intensione cogitativa.





bobmax:

Occorre tuttavia considerare che l'Essere non può esserci. Ossia non può apparire come qualcosa.
E ciò che non è qualcosa non esiste.
Di modo che l'Essere coincide con il Nulla.

Giustamente tu dici che nulla può venire dal nulla.
E infatti questa è l'essenza di ciò che c'è, di ogni possibile qualcosa: puro Nulla.

E questo è l'unico antidoto al nichilismo.
Perché il Nulla è la fonte di infinite possibilità.

giopap:

"Essere" é con "non essere" il concetto più generale in assoluto considerabile (pensabile), in quanto essi (la loro intensione o connotazione cogitativa) sono definiti mettendo in relazione il minimo "sindacale" possibile di altri concetti (ciascuno dei due l' altro dei due: come ben sapeva Spinoza, "omnis determinatio est negatio").
Come ogni concetto sensato possono essere pensati (in quanto tali), possono esserci in quanto connotazioni o intensioni cogitative di concetti.
Per le loro definizioni non possono essere reali entrambi contemporaneamente, non possono esserci le denotazioni o estensioni reali di entrambi contemporaneamente; ma deve necessariamente esserci alternativamente quella dell' uno oppure quella dell' altro.

E per definizione, se il reale diviene ordinatamente e non caoticamente (quindi se é scientificamente conoscibile; e se ha senso qualsiasi eventuale considerazione etica sull' operato di agenti intenzionali), allora per definizione il nulla (di reale) non può essere la fonte di alcunché (di reale).
Quindi men che meno potrebbe essere un antidoto al nichilismo, per lo meno se per "antidoto del nichilismo" si intende qualcosa di non meramente possibile, ma invece di sicuramente reale.

bobmax

Citazione di: giopap il 27 Aprile 2020, 08:55:13 AM
Nel tuo precedente intervento sei tu che hai definito "infinito" e non "illimitato" l' universo, credo rifrendoti all' ipotesi che la sua curvatura sia "zero", ovvero che sia piatto, ipotesi piuttosto "forte" fra i cultori della materia.
Un simile universo, se in esso ogni e qualsiasi punto ne é il centro, come da te affermato, allora proprio come quello di Giordano Bruno (al di là di differenze ovvie a quattro secolo di distanza) non solo é illimitato ma anche infinitamente esteso nello spazio.

Non mi pare di aver scritto che l'universo è infinito, non è questo ciò che penso, posso comunque essermi sbagliato a scrivere.
Se è così ti prego di dirmi dove, in modo che possa verificare e stare più attento a quanto scrivo.
Se mi si attribuisce un'affermazione che contraddice quanto invece vorrei dire, mi si fa un favore così posso correggermi, ma devo poterlo verificare..
Concorderai con me che la chiarezza di intenti è indispensabile per un autentico dialogo.

Non c'è bisogno di scomodare Giordano Bruno. Ogni punto è il centro non perché l'universo è infinito, difatti è finito, ma in quanto appunto non vi è alcun vuoto preesistente.
Questo è quanto dice la teoria del Big Bang originale, proprio in quanto la radiazione cosmica di fondo è isotropa.
Poi uno può inventarsi quello che vuole. Ma in questo caso si discute sul niente.

Citazione di: giopap
Quindi (si può pensare che) l' universo é un "qualcosa" perché si può pensare anche ad altro (il nulla) malgrado il fatto che questo altro ("il nulla") non sia reale
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Quello di "infinito" é un concetto astratto avente una precisa connotazione o intensione cogitativa (la definizione nei vocabolari); la sua eventuale estensione o denotazione reale (come caratteristica astratta; del "tutto", l' universo in toto o di sue parti) é inverificabile di fatto da noi umani, ma pensabile.

Che il nulla e l'infinito possano essere pensati è solo un'illusione.
Infatti il pensiero o è determinato o non è.
Si può pensare solo ciò che è un "qualcosa"

L'infinito non è un qualcosa e quindi non può essere pensato.
E allora come mai compare questa idea dell'infinito?
Semplicemente in quanto negazione del finito.

Penso a ciò che è finito e poi provo a negarne la finitezza. Ci provo soltanto... perché il pensiero inevitabilmente si arresta.
Se poi qualcuno dichiara di riuscirci, chapeau! Ma non mi convince.

L'infinito è perciò una necessità logica. Trae la sua essenza nella negazione del finito, da nient'altro. Ed essendo esclusivamente una negazione... non c'è!

Lo stesso dicasi del nulla: Non può essere pensato.
Se ci provo, è solo perché sto negando la possibilità di ciò che potrebbe esserci.
Ma sto pensando al non esserci di qualcosa, non al Nulla!

La famosa domanda "Perché c'è qualcosa invece che il nulla?" non è affatto fondamentale come si è voluto far credere.
Perché il nulla non può proprio esserci! E' una questione di logica.
L'esserci è esserci di qualcosa. E il non esserci è il non esserci di qualcosa che avrebbe potuto esserci.
Il qualcosa è sempre indispensabile!
Mentre il Nulla non ha niente a che vedere con l'esserci o il non esserci (che alludono sempre a qualcosa).

Che il nulla sia impensabile lo si può cogliere vivendo l'horror vacui. Allora si può ben vedere che il pensiero non c'entra per niente.

Lo stesso "caso" non è pensabile. Però compare come possibilità in quanto negazione della necessità.
Provare a pensare un evento davvero casuale... fa venire le vertigini! Il Caos si avventa sulla nostra mente che a stento fugge terrorizzata.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.