Il parto nella specie homo sapiens

Aperto da Jacopus, 25 Febbraio 2022, 08:39:58 AM

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Jacopus

"Io moltiplicheró grandemente le tue pene, con dolore partorirai i figli e i tuoi desideri si volgeranno verso tuo marito ed egli dominerà su di te". In Genesi 3:16, così Dio si rivolge ad Eva.
Il dolore da parto è sempre stato ben visibile a tutti gli esseri umani ed è stato probabilmente anche una giustificazione della differenza fra umanità ed animali, i quali non davano segno di tutta questa sofferenza. In realtà la sofferenza del parto delle donne è una delle conseguenze del bipedismo. Per essere efficienti nella camminata su due arti, è stato necessario restringere il bacino (operazione che è durata qualche milione di anni) e questo ha comportato un restringimento delle ossa del circolo pelvico, che hanno iniziato a creare delle difficoltà. Difficoltà che comunque condividiamo con tutti i grandi primati come noi, bipedi e senza coda (scimpanzé,
Gorilla, orangu-tang). Poi, a partire d homo heidelbergensis, si è sommata una seconda causa di dolore, ovvero l'aumento del cranio, necessario per ospitare il correlativo aumento dimensionale del cervello, che i paleontologi chiamano "encefalizzazione". E a questo punto siamo rimasti soli. Solo la femmina di homo sapiens soffre dei dolori da parto così acuti dovuti al bipedismo e alla encefalizzazione. I limiti strutturali del bacino umano sono tali che il neonato nasce non ancora del tutto formato, al punto che si è teorizzato che una gravidanza completa dovrebbe in realtà durare almeno 15 mesi. Se ciò tutelerebbe di più il neonato è però reso impossibile dalla postura eretta di homo sapiens.
Tutto ciò lo scrivo per confutare una antica costruzione narrativa biblica, che parte da una errata spiegazione per giungere ad una impostazione di dominio.
Una situazione che si ripete nella storia dell'uomo innumerevoli volte.
A chi si lamenta della scienza provate a fare questo esempio, come modello dell' emancipazione che si sviluppa dalla scienza.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

ricercatore

ciao Jacopus,
sono entrato in contatto con il lavoro del prof. Jordan Peterson (psicologo e accademico canadese) e finora è stato quello che mi ha convinto di più riguardo la conciliazione tra i racconti biblici e le scoperte scientifiche.

Noi esseri umani prima abbiamo agito, poi abbiamo capito cosa stavamo facendo osservando le nostre stesse azioni e facendo delle deduzioni.
Gli animali ad oggi (a quanto ne sappiamo) agiscono soltanto, senza capire ciò che fanno.

Questo consente di leggere i racconti "sacri" con altri occhi.
Quelle storie sono i nostri tentativi di capirci qualcosa circa la realtà intorno a noi.

Credo anche io che la Scienza ci abbia aiutato in questo, rimuovendo la parola "sacro" da quei racconti.
Tuttavia sarebbe un grave errore ignorare quelle storie o considerarle inutili.
Queste infatti sono condensati di saggezza, raccolta e selezionata in centinaia di anni.

I 10 comandamenti sono l'emblema massimo.
Non è stato "Dio" a dettarli, ma siamo stati noi uomini, dopo millenni e millenni di osservazioni su noi stessi, a dedurre che alcuni comportamenti erano positivi (portavano vantaggi a noi stessi e alla nostra comunità), altri negativi (portavano svantaggio o dolore a noi stessi o alla nostra comunità).
Nascendo da una madre e da un padre, soggetti che vegliano su di noi, ci premiano o ci puniscono sulla base di ciò che facciamo, abbiamo dedotto che allo stesso modo doveva esserci Qualcuno in cielo che facesse la stessa cosa: ci punisse o ci premiasse sulla base del nostro comportamento.

Questo modello ha funzionato, ecco il motivo del suo successo.
Effettivamente seguendo i 10 comandamenti si può condurre una buona vita individuale e collettiva.

Credo che più che un'impostazione di dominio dovrebbero essere presentati in quest'altra forma.
Anziché mantenere attive credenze difficilmente sostenibili (ancora grazie alle scoperte scientifiche) sarebbe meglio tramandare questi racconti in un modo più affine ai tempi moderni.
Meno morale, più esistenziale.

niko

Pare che nascere in qualche modo prematuri sia anche la causa della superiore intelligenza dell'uomo, ovvero nascere prematuri permette l'associazione tra cellule cerebrali e non solo ancora in rapida e malleabile formazione perché neonatali, da una parte, ed esposizione prolungata del neonato ad un ambiente infinitamente più vario e potenzialmente più ostile di quello intrauterino, dall'altra, unione di condizioni a cui si può sopravvivere solo sviluppando "doti" ,che a questo punto risultano specificamente adattive, per il neonato umano a differenza del tipico neonato animale, come la plasticità e la situazionalità, più che la potenza di calcolo e l'acutezza in senso assoluto, dell'intelligenza.

E' come se una crescita armoniosamente e completamente intrauterina avesse una e una sola linea di sviluppo possibile unidirezionale per il corpo e per la mente del soggetto, una crescita che esce prematuramente, e quindi traumaticamente, dall'utero nel gande mondo esterno, un fascio di linee di sviluppo potenziali tutte altrettanto possibili variabili a 360 gradi; tutto questo sviluppa la cosiddetta "intelligenza", da intendersi come "plasticità" e relativa "informità" del materiale cerebrale "di partenza" del neonato, che si rende disponibile a subire un completamento, o per meglio dire, un supplemento, di plasmazione del suo stesso sviluppo, mentale ma finanche fisico, specificamente culturale e interattivo con gli stimoli percettivi e con gli altri, proprio perché quello anatomico e fisiologico, di sviluppo, che idealmente conseguirebbe alla normale linea di sviluppo uterina, si è troppo bruscamente interrotto.

In sintesi, nascendo prematuramente, si è fetali in una condizione esterna non fetale, e quindi si è infinitamente reattivi all'ambiente e malleabili a seconda dell'ambiente, apparendo così dei grandi  "intelligentoni", o meglio "furboni",  specificamente nel senso multiforme e plastico del termine.

Un po' come la differenza tra l'essere fatti per uscire da una matrice di forma definita, quindi essere efficienti ma rigidi, funzionali a pochi e ben definiti ambienti, e l'essere abbastanza morbidi e fluidi da poter uscire ugualmente formati da un insieme possibile di matrici tutte di forma varia, quindi performare meno come efficienza assoluta nel singolo ambiente, ma per contro non patire affatto l'estrema variabilità degli ambienti possibili in natura e nella storia e anzi sfruttarla a proprio vantaggio, rispetto alla media degli altri esseri.

Da questo deriverebbe, se si accetta la tesi, la buona notizia che l'intelligenza "fredda" e "di calcolo", in un cervello umano o di esseri simili all'umano,  intrinsecamente non può in nessun modo crescere e svilupparsi se non cresce e non si sviluppa parallelamente anche  l'intelligenza empatica, sociale e collaborativa; e questo perché, ha una ben che minima possibilità di essere adattiva, e quindi selezionata, e quindi sempre più frequente,  la condizione di essere nati prematuri e non completamente formati, solo ed esclusivamente se il "branco" di tutti gli altri esseri intorno già forti e formati è disposto ad accettare di fare dei sacrifici per mantenere in vita e far prosperare degli esseri prematuri, e dunque indifesi, inadatti di loro e con le loro stesse risorse a sopravvivere, la cui esistenza vede e riscontra intorno a sé.

Al venir meno dell'empatia, il processo si invertirebbe e si selezionerebbe al contrario una linea di sviluppo intrauterina completa e duratura per garantire l'obbiettivo primario di sfornare degli esseri esposti alle difficoltà del mondo già in una condizione di più perfetta possibile autosufficienza: dato che il branco, al decrescere dell'empatia e delle facoltà collaborative, tenderebbe a diventare più menefreghista e meno solidale, gli esseri informi e indefiniti perché prematuri non avrebbero più il vantaggio di potersi formare nell'interazione costruttiva con gli altri, ma semplicemente sarebbero esposti ad un ambiente ostile al di sopra delle loro possibilità, e morirebbero, e la loro caratteristica di essere malleabili e prematuri non sarebbe selezionata, e quindi nemmeno la loro potenziale "intelligenza", né emotiva né di qualsiasi altro tipo.



Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

iano

#3
Citazione di: Jacopus il 25 Febbraio 2022, 08:39:58 AM"Io moltiplicheró grandemente le tue pene, con dolore partorirai i figli e i tuoi desideri si volgeranno verso tuo marito ed egli dominerà su di te". In Genesi 3:16, così Dio si rivolge ad Eva.
.......
Tutto ciò lo scrivo per confutare una antica costruzione narrativa biblica, che parte da una errata spiegazione per giungere ad una impostazione di dominio.
Una situazione che si ripete nella storia dell'uomo innumerevoli volte.
A chi si lamenta della scienza provate a fare questo esempio, come modello dell' emancipazione che si sviluppa dalla scienza.
Non vedo però consequenzialità fra i dolori del parto, il desiderio della moglie, e la dominazione del marito.
Ma a parte questo tendo a non vedere discontinuità nel susseguirsi dei modelli di conoscenza  a partire dagli stessi  testi sacri, forse anche perché la sacralità è comunque un grado di riconosciuta autorevolezza, che in diverso grado anche la cosiddetta scienza di oggi possiede, come la possedeva quella di ieri.
Magari è solo che ogni ogni volta ci si illude di potersi affrancare dal principio di autorità, ma ogni volta ci si ricade.
Tanto vale allora ammetterlo come necessità, provando a razionalizzarlo.
Il motivo per cui ad esempio nell'arena del covid si tifasse per un gladiatore o per l'altro non mi è per niente chiaro.
In che modo attribuiamo autorità?
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Jacopus

#4
Buonasera Iano. L'autorevolezza della scienza deriva da un metodo. L'autorevolezza della religione dalla tradizione, non importa se tradizione di una rivelazione o di una genealogia o di un mito. La scienza si può confutare e lo fa ampiamente da Galileo in poi, ed anzi la confutazione viene incoraggiata come passaggio verso una conoscenza migliore. La religione quando confuta crea scismi e guerre, non essendo modificabile, se non a prezzo della perdita della sua tradizione, ovvero della sua identità. La religione è un racconto del mondo non modificabile, la scienza è un metodo che promuove il cambiamento di interpretazioni e spiegazioni, per raccontare il mondo e per creare il mondo. Mi sembrano due livelli di autorevolezza diversi.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

Ci credevo anch'io, finché non ho visto di cosa è capace la $cienza. Direi che la differenza tra religione e scienza si è molto assottigliata operando sul terreno antropologico comune dell'ideologia. Così come non esiste una religione divina, non esiste neppure una scienza pura. E Thomas Kuhn lo ha efficacemente spiegato.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jacopus

Kuhn a mio giudizio si muove esattamente nel solco della scienza, visto che evidenzia come ogni momento della storia condiziona "potenzialmente" lo stesso discorso scientifico. Il che deriva dal nostro essere finiti. La scienza infatti non può dispiegarsi verso ogni campo dello scibile. Già la stessa selezione di ciò che è importante modella il paradigma. Ma questo non diminuisce certo la potenza del metodo scientifico. Lo pone correttamente in un'ottica umana, mettendo in guardia dalle possibili divinizzazioni della scienza. Anche in questo caso siamo ben lontani dalla religione (se non addirittura agli antipodi).
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

Finché i paradigmi non diventano verità di stato e si scomunicano gli eretici. Il che accade sovente laddove l'accademia fagocita il sapere e l'ignoranza si bypassa col dogma che impesta i testi sacri della scienza vigente.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#8
Citazione di: Jacopus il 01 Marzo 2022, 21:10:20 PMBuonasera Iano. L'autorevolezza della scienza deriva da un metodo. L'autorevolezza della religione dalla tradizione, non importa se tradizione di una rivelazione o di una genealogia o di un mito. La scienza si può confutare e lo fa ampiamente da Galileo in poi, ed anzi la confutazione viene incoraggiata come passaggio verso una conoscenza migliore. La religione quando confuta crea scismi e guerre, non essendo modificabile, se non a prezzo della perdita della sua tradizione, ovvero della sua identità. La religione è un racconto del mondo non modificabile, la scienza è un metodo che promuove il cambiamento di interpretazioni e spiegazioni, per raccontare il mondo e per creare il mondo. Mi sembrano due livelli di autorevolezza diversi.
Buonasera Jacopus.
In effetti io concordo su questo, ma sto cercando di dirlo in altro modo.
Non mi sembra infatti plausibile che prima della scienza non vi fosse metodo.
Ciò che caratterizza la scienza è l'averlo esplicitato.
La confutazione quando il metodo è reso in chiaro, prima che incoraggiata, viene resa possibile, e siccome è resa possibile sistematicamente arriva.
Non mi riferivo comunque all'autorevolezza del metodo, ma delle persone.
La scelta del metodo è libera, e tanto più libera quanto è ben esplicitato, e tanto libera che la si può cambiare.
Attribuire autorevolezza alle persone è invece una necessità nella misura in cui non possiamo controllare da soli l'intero processo che si sviluppa a partire dal metodo dato.
Siccome però non è chiaro come facciamo ad attribuire autorità è di fatto impossibile che qualcuno riesca a farci recedere dalla nostra attribuzione di autorità.
Credo ci sia un errore di fondo nel pensare che si possa applicare un metodo solo se lo si abbia chiaro.
Ciò che è vero è che è tanto più difficile confutare i risultati di un metodo quanto più questo è meno esplicitato, e un esempio estremo di ciò è la religione.
i dogmi non si possono criticare perché non è chiaro come facciano a nascere, ma non possono non avere una genesi che parta dai fatti.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Jacopus

Iano. L'autorevolezza delle persone non è minimizzato dal metodo scientifico, ma è democratizzato e fondato sui fatti. Affinché una teoria scientifica venga validata occorrono diversi passaggi, uno dei quali è l'esame "peer rewiewed", ovvero il giudizio degli esperti riconosciuti in quel campo. Non è detto che la loro risposta sia unanime nè che sia esatta, ma è un dato che riconduce inevitabilmente all'autorevolezza delle persone. Autorevolezza che si è costituita tramite "fatti", ovvero esperimenti, scoperte, o semplicemente divulgazione di quel campo. L'autorevolezza delle persone, quando il metodo scientifico non era ancora in auge, dipendeva esclusivamente dall'ortodossia della tradizione, al punto di cancellare i fatti se questi contraddicevano l'ipse dixit.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

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