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Charles Darwin

Aperto da Jacopus, 13 Aprile 2020, 00:03:57 AM

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Ipazia

Impagabile (da WP) :D :

"Ancora prima, nel 1954 lo scrittore di fantascienza Fredric Brown, nel brevissimo racconto La risposta, anticipava il concetto di singolarità tecnologica immaginando la costruzione di un "supercomputer galattico" al quale viene chiesto come prima domanda, dopo l'accensione, se esiste Dio; il supercomputer rispondeva "Ora sì".
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jacopus

Ogni moneta ha il suo rovescio. L'uso delle scarpe ad esempio evita quei geloni ai piedi, piuttosto dolorosi, di cui mi parlava mia nonna. E la tecnologia ha sconfitto alcune malattie fastidiose come la poliomelite. Per non parlare della possibilità di trascorrere molto tempo a divagare, leggere, ascoltare musica, passeggiare, invece di essere ossessionati dalla ricerca di cibo o dalla paura di essere cibo per altre specie. Non esiste un'età dell'oro e quella degli ultimi ottanta anni e forse quella che le si avvicina di più (per il 10-20 per cento della popolazione, gli altri sono gli addetti al nostro benessere). Quello che dobbiamo domandarci è se per raggiungere questo livello di benessere non abbiamo dato fondo alle risorse del pianeta troppo sconsideratamente. Ovvero il problema non è tanto la tecnica in sè, ma l'uso esponenziale che se ne è fatto, sia per un bisogno di potenza, connaturato alla specie homo sapiens che i greci chiamvano hybris, sia per scaricare sulla natura ipersfruttata le contraddizioni sociali dovute al capitalismo.
Per Ipazia. In guida galattica per autostoppisti invece risponde "42".


https://it.wikipedia.org/wiki/Risposta_alla_domanda_fondamentale_sulla_vita,_l%27universo_e_tutto_quanto
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

Lotta di titani nella mitologia metatecnologica dell'avvenire tra il supercomputer scientista ("ora sì") e quello nichilistico-situazionista ("42")
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
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giopap

Citazione di: Jacopus il 18 Aprile 2020, 15:40:00 PM
Per Giopap. Quello che intendevo dire è che la nostra condizione umana attuale è tale che possiamo tranquillamente pensare di svincolarci da ipotetiche condizioni "naturali", ammesso e non concesso (come dici tu, e sono d'accordo) che queste ipotetiche precondizioni naturali siano tendenzialmente egoistiche.
Molto più realisticamente ci muoviamo in uno spazio dove egoismo e solidarietà convivono nella specie homo sapiens sia filogeneticamente che ontogeneticamente (ne' angeli ne' demoni). Ma questo non impedisce alla specie homo di restare impalata in questo guado, senza spostarci da questa fisionomia angelodemoniaca. Proprio il corredo culturale dell'uomo ci impone, eticamente, di aumentare il livello di corresponsabilità nei confronti dei nostri simili e dell'ambiente, perché anche se fosse vero, biologicamente, che "homo homini lupus", quell'homo ha il dovere etico di superare quella condizione, in quanto homo dotato di humanitas,  che in latino, non a caso, ha anche il significato di cultura.

Credo di concordare, nel senso che la natura non può essere negata (contraddetta) dalla cultura (per esempio non si possono ignorare nelle attività antropiche i limiti delle risorse naturali e delle possibilità di ripristino delle condizioni naturali necessarie alla nostra sopravvivenza come specie artificialmente alterate, pena l' autoestinzione umana; per l' appunto); ma invece la cultura la sviluppa ulteriormente e coerentemente in una sorta di "superamento dialettico" (che non é pura e sempllice negazione).

viator

Salve. Io non ci vedo nulla di titanico negli sforzi elaborativi producenti l' "Ora si" piuttosto che il 42, entrambi frutto (a proposito.......ma la bolletta della corrente per questi usi.....chi la paga ?) non di incapacità computazionale, ma di  incapacità formulativa umana. Son capaci tutti di fare domande del c...(tali sono i due quesiti dal punto di vista della logica computazionale) mettendosi a parlare in una lingua ignota ad uno strumento noto. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

In entrambi i casi (e pure nel pregevole manualetto di Floridi) i supercomputer ci fanno capire l'importanza di fare domande corrette, che possono anche dipendere dalla differenza di linguaggio, ma più radicalmente a livello filosofico derivano  dall'inadeguatezza della domanda, dalla carenza di elementi che la rendano una buona domanda filosofica. Anche nel costruire una buona domanda filosofica bisogna sapere molto, pur conservando l'impostazione mentale socratica dei sapere di non sapere. Il cui alter ego implica anche il sapere sapiente di ciò che si sa. Sapere sapiente che consiste nella chiarezza del piano onto- ed epistemo- logico della domanda.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

baylham

#51
Ritorno al caso.
Einstein riteneva che Dio non giocasse a dadi, per me la realtà è un gioco a dadi. Gioco che ha delle regole, ma le stesse regole, a loro volta casuali, garantiscono che l'esito sia casuale.
Per me la realtà è un miscuglio di caso e necessità, di determinismo e indeterminismo. Anche per questo motivo, la combinazione di caso a livello genetico e necessità a livello ambientale, apprezzo Darwin e il darwinismo. Darwinismo che a differenza dell'intervento divino e del disegno intelligente, spiega benissimo non soltanto la complessità e l'intelligenza, ma anche e soprattutto la semplicità e la stupidità del disegno, mi riferisco in particolare alle mostruosità genetiche.
Miscuglio che si applica alla stessa conoscenza, a maggior ragione se si apprezza la teoria della selezione dei gruppi  neuronali di Edelman come spiegazione della mente, altra teoria di derivazione darwiniana.
Proprio per questo ritengo che il caso preceda la conoscenza e che perciò il caso non sia frutto dell'ignoranza ma il contrario.
Il caso si rivela in due modi strettamente correlati: il primo è l'emergere del nuovo, il cambiamento, l'innovazione. Il secondo modo è l'individuo, il singolo, il caso appunto, contrapposto al generale, all'universale.

giopap

Ritengo seria e fondata e molto interessante sul piano scientifico la teoria della selezione neuronale di Edelman, anche se sono convinta sul piano filosofico che non riguardi la conoscenza (e più in generale la coscienza) ma invece quell' altra ben diversa cosa, anche se necessariamente con la coscienza coesistente, che é il funzionamento cerebrale.


Ritengo le mutazioni genetiche casuali solo in senso epistemologico soggettivo e deterministiche in senso ontologico oggettivo: il loro determinismo c' é realmente, solo non lo consociamo (e forse non lo conosceremo mai).


E credo che nell' eterno divenire naturale nulla mai di realmente nuovo accada (evito una nota citazione biblica influenzata dalla contemporanea discussione sul "citazionismo intimidatorio"), ma si ripetano sempre gli stessi eventi particolari concreti, "individuali", singolari estremamente numerosi (forse in numero infinito) secondo sempre le stesse modalità o leggi universali astratte.
Questa tesi, esattamente come la contraria, non é dimostrabile, ma se così non fosse non se ne potrebbe dare (del mondo naturale materiale; che a mio parere non esaurisce la realtà in toto) conoscenza scientifica. 

Ipazia

Non capisco questo horror casus epistemologico.

E' evidente che tanto una mutazione genetica che le variazioni ambientali hanno una filogenesi determinabile, ma l'incontro dei due eventi può essere, considerato a livello del processo evolutivo cui dà origine, del tutto casuale. L'idea di una quadra del Tutto è ponibile solo metafisicamente, ma a livello scientifico ed epistemologico è un "falso prezzo" della ricerca. Una sterilità inutile.
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baylham

Come c'è la differenza, la variabilità genetica, c'è la differenza, la variabilità culturale (e, in tema col forum, filosofica). Ecco un richiamo ai memi di Dawkins. Per me la differenza è necessaria e, contemporaneamente, è un caso.
Sono d'accordo che non ci sia possibilità di dimostrazione di questa mia preferenza: la dimostrazione contiene già negli assiomi la tesi.

Ritorno al tema, ampliando il mio primo commento, brevemente perché sto meditando da tempo di aprire un apposito argomento sul potere.
L'uomo è responsabile verso la natura, verso gli equilibri naturali; l'uomo può prendere in mano il proprio destino?
Proprio il modello darwiniano toglie alla radice la possibilità che l'uomo abbia quel potere. In primo luogo per il caso che è il motore dell'evoluzione darwiniana e che per definizione è fuori dal controllo umano. In secondo luogo perché l'uomo al massimo è corresponsabile con la natura del processo evolutivo, processo in cui la responsabilità individuale dell'uomo e della natura non è distinguibile, separabile.

Ipazia

Citazione di: baylham il 19 Aprile 2020, 10:52:28 AM
...In secondo luogo perché l'uomo al massimo è corresponsabile con la natura del processo evolutivo, processo in cui la responsabilità individuale dell'uomo e della natura non è distinguibile, separabile.

E' il solito argomento aporetico booleano: sì-no. Invece la realtà antropologica è: ni.

Lo dimostra, fresca fresca, empiricamente, la diversa gestione di un evento naturale, come l'epidemia, tra i diversi paesi con esiti e strategie assai diversi tra loro.
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giopap

Citazione di: Ipazia il 19 Aprile 2020, 09:25:55 AM
Non capisco questo horror casus epistemologico.

E' evidente che tanto una mutazione genetica che le variazioni ambientali hanno una filogenesi determinabile, ma l'incontro dei due eventi può essere, considerato a livello del processo evolutivo cui dà origine, del tutto casuale. L'idea di una quadra del Tutto è ponibile solo metafisicamente, ma a livello scientifico ed epistemologico è un "falso prezzo" della ricerca. Una sterilità inutile.


Scienza ed epistemologia sono diverse cose.
"A livello scientifico", cioé se si fa della ricerca scientifica, la questione caso-ordine ovvero determinismo si può (e non: si deve!) ignorare come non pertinente.
A livello filosofico, compresa in particolare la filosofia della scienza o epistemologia, non si può, il divenire naturale ordinato, deterministico per o meno in senso debole o probabilistico - statistico, essendo fondante della conoscenza scientifica stessa: una sua ineludibile conditio sine qua non.


Ergo, se la conoscenza scientifica é possibile e vera, allora necessariamente le interazioni fra mutazioni genetiche e selezione naturale possono non essere note di fatto (a livello gnoseologico soggettivo) nei loro complessi e molteplici intrecci causali deterministici, ma devono necessartiamente darsi deterministicamente, per lo meno in senso debole, in realtà (a livello ontologico oggettivo).

giopap

Citazione di: Ipazia il 19 Aprile 2020, 11:44:18 AM
Citazione di: baylham il 19 Aprile 2020, 10:52:28 AM
Baylham:
...In secondo luogo perché l'uomo al massimo è corresponsabile con la natura del processo evolutivo, processo in cui la responsabilità individuale dell'uomo e della natura non è distinguibile, separabile.

Ipazia:
E' il solito argomento aporetico booleano: sì-no. Invece la realtà antropologica è: ni.

Lo dimostra, fresca fresca, empiricamente, la diversa gestione di un evento naturale, come l'epidemia, tra i diversi paesi con esiti e strategie assai diversi tra loro.

giopap:
Concordo.

In particolare mi sembra benissimo distinguibile (anche se ovviamente tutt' altro che "abissalmente, incolmabilmente separata", ma interagente) la responsabilità individuale e sociale dell'uomo da quella "della natura" per esempio nell' effetto serra e nei cambiamenti climatici, fra l' altro da combustione di materiali energetici fossili e deforestazione, o nella diffusione di radioattività letale per esempio dai reattori nucleari di Fukushima" (responsabilità umana), o viceversa ("responsabilità della natura") cicli solari, variazioni nell' orientamento dell' asse terreste, incendi non antropogeni, eruzioni vulcaniche, presenza di elementi radioattivi naturali, ecc..