Bob e Alice che stanno dicendo?

Aperto da Lou, 03 Agosto 2017, 11:11:21 AM

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Phil

#60
Altre tappe del sensazionalismo sull'AI: oltre a scrivere poesie e dipingere quadri, l'AI produce collezioni di moda e termina sinfonie incompiute.

Sono tutte operazioni basate sulla acquisizione e rielaborazione di migliaia di casi ed esempi pertinenti, i cui elementi costitutivi vengono isolati e poi ricombinati (talvolta sotto la vigile supervisione di un umano). Quanto c'è di "intelligente" in queste operazioni? Per quanto sia palese che anche il nostro apprendimento funzioni così (osservare/ricevere, identificare, rielaborare/ricombinare) e anche la creatività non crei ex nihilo, mi sembra che più di intelligenza artificiale si possa parlare di (ri)calcolo artificiale (e già sappiamo quanto le macchine siano più veloci di noi a farlo).
Dal suo "punto di vista", il processore elabora dati secondo schemi logici e produce risultati secondo procedure, che noi umani interpretiamo come dipinti, poesie, etc. ma la loro "essenza" sono solo calcoli matematici e algoritmi (senza consapevolezza del "senso" del suo agire, diremmo noi umani, come parlando di una scimmia addestrata). Quando diamo la Gioconda da scansionare ed acquisire ad un sistema operativo, esso non ha percezione del suo valore artistico (tanto meno ne formula giudizi estetici), bensì "vede" solo una rete di pixel (o simili), in un determinato ordine, con determinate sequenze, etc.

Anche in questo caso, il segno prodotto (da uomo o macchina) non è il significato (solo per l'uomo); che le macchine inizino a produrre anche (di)segni in ambito "artistico", può farci comunque riflettere sulle nostre modalità di attribuzione di significato, fra il sublime del romanticismo e la neuroestetica dei laboratori.


P.s.
Dimenticavo, c'è anche la possibilità di associare una propria foto ad una poesia dedicata scritta da un AI, usando questa applicazione (premetto che non l'ho testata); l'idea di fondo mi pare liberamente ispirata da questa iniziativa.

Jean

"La prima simulazione dell'universo fatta sfruttando tecniche di intelligenza artificiale (IA) ha dato ottimi risultati, più rapidi e precisi del calcolo numerico tradizionale, ma ha aperto una questione imprevista, e non di poco conto: il simulatore ha fornito risultati per cui non era stato addestrato e i ricercatori che lo hanno sviluppato non hanno idea di come sia potuto accadere. A sviluppare la prima rete neurale concepita per predire e ..."
 
Questo l'inizio di un articolo della rivista Le scienze  di luglio (presumo) che purtroppo non sono riuscito a comperare (magari se qualcuno l'avesse, via PM...) di cui ho evidenziato la parte che ci riporta all'inizio di questo topic, non trovate?

Il punto (secondo me ormai assodato) è che l'uomo non è più in grado di tenere sotto controllo le sue sperimentazioni con l'A.I. e tuttavia le intensifica esponenzialmente, di fatto accettando "la zona d'ombra" (nel senso di non conoscenza) che viene a prodursi.

Se quel che conta è il risultato e questi eccome se ci sono, non ci si può meravigliare di tale (un po' ingenuo, al minimo...) comportamento umano.

Nel precedente post dell'amico Phil avete letto alcune sensazionalistiche a suo avviso, performance (ormai datate) dell'A.I. e si sa che alle novità ci si abitua... come parlare col proprio telefonino e così via. 
Così anche quest'argomento, a meno di fatti eclatanti, interesserà principalmente gli addetti ai lavori... e pochi altri come il sottoscritto, per motivi tuttavia differenti.

Riporto qui sotto un estratto del mio post 58 di cui a mio avviso non è stata colta l'importanza e dove c'è la spiegazione (grazie a Godel) di quel che è avvenuto, avviene ed avverrà in maniera crescente:

Il geniale algoritmo su cui han fatto lavorare Bob e Alice, basato sull'esigenza di fare del linguaggio un calcolo (sintassi) per averne un ritorno pratico e spendibile, ha tuttavia prodotto una rappresentazione simbolica (semantica) come previsto dal teorema di Godel  ... anche in un linguaggio del tutto formalizzato la sintassi genera spontaneamente una semantica che il sistema non può giustificare.

Perciò  ritengo appropriato e giustificato il termine A.I. (o I.A. se preferite), siamo agli albori (io penso ben più in là...) dell'incontro con una forma d'intelligenza...

WP - ... si può generalmente identificare l'intelligenza come la capacità di un agente di affrontare e risolvere con successo situazioni e problemi nuovi o sconosciuti.



Cordialement

Jean

paul11

Caro Jean,
approfondivo qualche tempo fabbrica 4.0.
Ebbene ci si accorge che i diversi i sitemi implementati nelle aziende manifatturiere, hanno una enorme mole di dati che è quasi praticamente ignorata o gestita pochissimo per funzioni.
L'A.I. permetterebbe di costruire un network in cui le decisioni algoritmiche ed euristiche implementerebbero tutte le funzioni, dalla logistica in entrata a quella dei centri distributivi, dai controlli qualità alla produzione, manutenzione , stampaggi con il 3D,ecc.Ogni guasto è auto registrato dalle macchine stesse. Termini come I.O.T (internet of Thing) diventeranno sempre più pregnanti.
Si stima che ci perderebbero i ruoli degli operatori in fabbrica, ma un guadagno, in termini numerici di ingegneri, informatici, finance (controlli di gestione).

Quando il mondo della produzione muta, fa mutare anche la società.Siamo all'inizio di un ulteriore salto capitalistico/tecnologico in termini di qualità(perchè oggi l'efficienza passa per abbassamenti della CO2, energia prodotta che viene recuperata, sostenibilità,cura per l'ambiente, con l'ulteriore passaggio del 5G. I costi vengono recuperati dalla maggiore flessibilità ed elasticità organizzativa,laddove la velocità di reazione fra mercato del consumatore e produzione in fabbrica sarà incrementata.

Mi è difficile dirti se queste organizzazioni renderanno migliore la vivibilità di chi ci lavora,
perché lo stress temporale fra risposta al consumo e mondo produttivo, coinvolge le strategie dell'impresa. Il rischio iniziale potrebbe essere una frattura fra fabbrica e società

Jean

#63
Ciao paul11,

grazie per il contributo, su Wiki viene descritto il progetto per l'industria del futuro fabbrica 4.0 ma da quel che si trova in rete (ho fatto solo una ricerca veloce e limitata) mi pare che attualmente la direzione prevalente sia lo sviluppo di software, proposti da diverse ditte che forniscono pacchetti più o meno modulabili e complessi (e relativo hardware).

L'interconnessione di tutti i sistemi a meno di un progetto di valenza nazionale, (come attuato in Germania, investendo anche la formazione scolastica ecc.) e considerata l'imprescindibile competizione tra aziende, fa sì che (per il momento) rimanga confinato alle singole realtà produttive.

Certamente come dici la via sarà quella di implementare l'A.I. e almeno parzialmente (ma non ho sottomano dati al riguardo) ritengo sia già in atto.

Adesso vorrei far un salto di prospettiva (o d'immaginazione) curioso di sentire le opinioni al riguardo, facendo evolvere una situazione attuale e reale secondo la direzione in oggetto (fabbrica 4.0).

Prendiamo la produzione automobilistica (tra le più importanti industrie a livello mondiale) ad esempio in una nazione industrializzata, e applichiamo le direttive di fabbrica 4.0 (non considerando per il momento le serie implicazioni occupazionali) coinvolgendo e connettendo (come nella richiamata Germania) oltre al privato anche gli apparati statali che in qualche modo ne siano interessati.

Supportando il progetto con politiche fiscali di sgravi ed incentivi è indubbio che si otterranno delle economie ed aumenterà l'efficienza.
Proseguendo ecco che man mano viene implementata l'A.I., inizialmente nell'ambito della produzione poi in quello amministrativo sino a toccare quello dirigenziale (e magari oltre, chissà..).
Anche qui i risultati saranno tangibili, meno sprechi, tagli di rami secchi... e probabili riassetti societari... se qualcosa funziona ha più valore ed appetibilità.

Ma ad un certo punto si dovrà pur tener conto che la produzione è superiore alla domanda e che enormi stock di auto invendute vengono parcheggiate ad arrugginire in aeroporti dismessi ed altri luoghi per mantenere i prezzi di mercato.

Beh, abbiamo l'A.I. , chiediamo a lei se vi sia un modo per salvar capra e cavoli...
Questo è il punto focale... in base a cosa risponderà l'A.I. che disporrà dell'intera informazione?

Se i suoi algoritmi non prevedono dei "valori" riconducibili all'etica umana potrebbe considerare (al pari degli umani attuali, purtroppo) l'invenduto come il male minore, necessario per sostenere mercato e produzione.

Ma potrebbe anche fornire qualche bella trovata... ad esempio (senza che si sappia... VW e altre sono state beccate più volte con le mani nella marmellata) delle linee produttive "diverse" per auto che "in qualche modo" seguiranno un percorso che le condurrà a quei depositi e realizzare economie importanti... d'altronde non avendo un'etica...    

Poi magari arriva il solito giornalista (se ci saranno ancora). Essendo già stati scottati... va beh, mettiamoci l'etica e facciamoci pure pubblicità...

Viene prima l'uovo o la gallina?
Quale l'etica di riferimento... vien prima l'interesse nazionale (italia o america first...) o globale?

Il globalismo ultimamente arranca forse per raggiunti limiti (confini nazionali, razze ed interessi confliggenti), mi sa che sarà un'etica "arrangiata", ad ognuno la sua.

Salto doppio... queste che non son più fabbriche... non si sa più bene cosa siano... ma le A.I. che le governano, forse in grado di condizionare la scelta delle interfacce umane (dirigenti), lo sanno l'obiettivo...

Beh, basta fantascienza per oggi...


Cordialement
Jean

Ipazia

l'I.A. (A.I) è subordinata ai desiderata del programmatore. Se il progetto è il profitto dell'azienda capitalistica l'I.A. si adeguerà e calcolerà in base agli imput di cui dispone la migliore strategia per ottenerlo. Tutto il resto è narrazione fantascientifica. L'I.A realmente operante non sa nulla di sovranismo e capitalismo. Non sa nulla di etica e politica. Sa solo quello per cui l'azienda capitalistica l'ha generata e con cui la alimenta.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jean

Bonjour madame,

considerando che vi son persone con la tua impostazione (io ho la mia) avevo infatti concluso con "basta fantascienza per oggi". 

Ma l'oggi lascia presto il posto al domani, cosi i fratelli Wright riuscirono a volare, visioni obsolete lasciato il passo ad altre suffragate da prove ed indizi (Galilei, ad esempio) ed innumerevoli cose impossibili son diventate realtà (come ben sai). 
E nel campo narrativo I. Asimov (per citarne uno) ha anticipato di gran lunga i temi oggi all'ordine del giorno.

Naturalmente l' A.I. non sa, nel modo che ci corrisponde, quello umano e specificatamente del ragionamento filosofico, cosa sia l'etica (per la politica, capitalismo compreso, soprassediamo, troppa carne al fuoco).

Infatti occorre implementarla, come ho scritto (va beh, mettiamoci l'etica...), insegnarle per esempio fornendole milioni di situazioni "etiche" da processare così che ne ricavi un modello da seguire... via via più preciso.

Nello stesso modo che altre A.I. hanno ormai surclassato l'uomo nei giochi più difficili, ultimo il poker... dove han pure imparato a bleffare...

Tu presupponi di conoscere davvero come funziona L'A.I. ma lo stesso articolo che ho richiamato (delle scienze, non fanta...) riferisce di risultati inaspettati e procedure originali, inspiegabili.

Certo a "bassi" livelli l'A.I. è relativamente controllabile (si sa mai, un raggio cosmico sbarazzino) ma all'aumentare della complessità gli stessi esperti dicono di non sapere realmente come vengon fatte le cose, ottenuti certi risultati. 
Entrano in gioco altri e più complessi fattori che una visione rigorosamente meccanicista non riesce a contemperare.  

Apeiron richiamava lo shintoismo per il quale ogni cosa ha un'anima, macchine comprese. (Al riguardo mi piacerebbe riportarti qualcosa di molto particolare e personale ma non mi crederesti, forse lo farò privatamente tra qualche anno, se saremo ancora qui).

(Forse) diversamente da te il mio caro amico Apeiron, un serio studioso di fisica bendisposto verso gli altri come i suoi scritti dimostrano, ha tenuto una porta aperta all'impossibile, all'inatteso... volendo all'ineffabile, considerato l'interesse per il buddhismo che ha condiviso con Sariputra in appassionate discussioni.

Verrà il tempo che i desiderata del programmatore lasceranno il posto ai desiderata dell'A.I. ... al riguardo se riesci pur non condividendola ad apprezzarla (la narrazione fantascientifica) segui il racconto L'ultimo numero che (purtroppo lentamente, causa miei limiti) sto postando in al di là dell'aldilà, filosofia, confidando che almeno una parte dei contenuti possa interessarti.
 

Cordialement
Jean

Jean

Se ci fossero (gli alieni) di cosa sarebbero capaci?

Per ipotizzarlo non dovremmo far riferimento a quello che sappiamo far noi, decisamente limitato se non in chiave autodistruttiva, occorre pensare, immaginare in grande, a mio avviso partendo da quelli che appaiono i campi più suscettibili di sviluppi esponenziali, l'A.I. in primis e lanciarsi in ipotesi certamente fantascientifiche come ha cercato di fare l'amico Andrea Molino qui:

https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/quante-sono-le-probabilita-che-esistano-altre-forme-di-vita-intelligenti/msg2636/#msg2636

All'obiezione che sarebbero ipotesi impossibili da dimostrare la risposta potrebbe essere: al momento  , come per gran parte di quelle scientifiche.

La condizione umana è connaturata a quello che si può definire "lo stato d'attesa", vale a dire il tempo dalla comparsa dell'autocoscienza sino al limite fisico (morte) del portatore della stessa.

Condizione che sollecita chi vi si imbatte (in tali pensieri) a trovar per sé una risposta confacente alla propria indole/conoscenza, che lo conduca, in un senso o nell'altro, oltre quel momento.

Tutta l'esistenza poggia su ipotesi che certamente funzionano meglio quanto più son circoscritte, ma gli "alieni" potrebbero essere "non circoscrivibili" , per dire che potremmo non azzeccarci nulla pur dando briglie sciolte all'immaginazione, perché potrebbero essere troppo più in là delle nostre capacità immaginative.

Beh, la pensano così anche valenti scienziati, che son arrivati al punto di ipotizzare un loro intervento appunto per fenomeni di dimensioni sconcertanti, per esempio:

https://it.businessinsider.com/100-stelle-scomparse-per-gli-scienziati-ipotesi-alieni/

Il mio amico Duc in Altum!  si figurò I'esistenza (tutta) come il "videogame di Dio" preoccupandosi più di comprenderne le regole (per attenervisi, da sincero credente) che trovare certezza all'ipotesi.

Adesso la domanda diventa: esiste qualcosa che origina dal nulla o ogni fenomeno/evento, "à rebours" conduce da qualche parte?

E dove saran mai, ci fossero, codesti fili d'Arianna?

Appunto, fili... tenui fili di luce ultraterrena...
 

Cordialement
Jean

Jean

Mi sorprende il numero crescente di visualizzazioni di questa quasi auto-discussione, considerato i pochi partecipanti che ringrazio.

Come, al contrario, che l'interesse alla lettura non sia (quasi) per nulla affiancato da quello propositivo, alias far domande, porre questioni, obiettare, criticare... dir la propria, qual che sia. 

Situazione che investe tutto il forum, causando la progressiva e comprensibile disaffezione dei pochi residenti paganti-postanti che umanamente penso stiano considerando le proprie motivazioni - venuta meno quella di fatto disattesa allo scambio interpersonale – sì che convien farsene una ragione e attendere serenamente la fine del film, quando sarà.

Anche se non sono del tutto certo che le cause vadano ricercate principalmente nella strategia vincente degli altri social format, tuttavia il chiedermi a cosa questi debbano l'indiscussa  posizione dominante mi riconduce, per un'analisi, alla presente discussione, permettendone ulteriori sviluppi.

Tra i motori di ricerca Google è leader: 95% in Europa e 75% in USA (30% circa Russia e Giappone e solo 4% circa in Cina e Corea).

Il successo di Google si deve in grandissima parte al suo famoso algoritmo che lo governa... mica un programmino da poco, d'altronde se i Big del digitale possono permettersi di spendere decine di miliardi solo in pubblicità, ad esempio:

Nel 2019 Amazon ha speso in pubblicità 11 miliardi di dollari, quella del colosso americano rappresenta il 2% della spesa globale in advertising.
Con Alexa come Star del recente spot pianificato al Super Bowl,  Amazon ha incrementato gli investimenti nel 2019 del 34% sull'anno precedente, ovvero di 2,8 miliardi di dollari rispetto agli 8,2 miliardi investiti nel 2018.
Secondo alcuni studi, Amazon ha aumentato di circa 20 volte la sua spesa pubblicitaria nell'ultimo decennio, dai 592 milioni di dollari nel 2009 agli 11 miliardi di dollari nel 2019.
Portando così il colosso di Jeff Bezos al quarto posto al mondo per vendite di annunci digitali, dietro Google, Facebook e Alibaba.


non lesineranno certamente sugli strumenti informatici (hard e soft) necessari a mantenere ed accrescere la loro posizione dominante... schiacciando la concorrenza... o preferite "disincentivando la competizione"?

Di fatto l'economia è ormai saldamente nelle mani dei Big, tra l'altro arricchitisi sfacciatamente in questo periodo di pandemia a fronte dell'impoverimento della maggior parte degli altri imprenditori e a scendere, della base della piramide, i semplici cittadini.

Questo per dire che i giochi ormai son fatti e tutti gli spazi ancor liberi progressivamente chiusi... anche per colpa (inconsapevole, il più delle volte) nostra, in quanto consumatori.

Quando facciamo una ricerca con Google  il famoso Algoritmo, nel tempo modificato ed ampliato all'ennesima potenza, quasi subito fornisce il risultato... non sto a scrivere  tutta la storia, dal Pay per click al PageRank sviluppato da Larry Page partendo dalle geniali intuizioni del matematico italiano Massimo Marchiori

https://www.italiaoggi.it/archivio/all-origine-di-google-c-e-un-matematico-italiano-diede-le-chiavi-del-sistema-17-anni-fa-a-larry-page-1897369

sino agli ultimi aggiornamenti di Alphabet, la società che controlla Google, capitalizzata oltre mille miliardi di dollari ad inizio 2020. 

La questione è che l'algoritmo, in proprio o con qualche aiutino come dicono,  può portare fortuna o sciagura... la famosa domanda: quanti vanno alla seconda pagina dei risultati (immaginarsi quelle dopo...) ne spiega efficacemente il motivo.

Considerato l'indiscusso potere degli algoritmi (non solo di Google), a fronte della soddisfazione di chi se ne serve, vi sono degli aspetti per così dire, "fuori controllo"?
Ad esempio (consiglio la lettura dell'intero articolo):

È Natale quando Eric decide di riaprire Facebook. Immagina di trovare le classiche foto delle vacanze, gli auguri di parenti e amici. Rimane, invece, ammutolito quando vede il video composto dalla funzione "L'anno in breve" (Year in review). L'algoritmo di Facebook ha automaticamente realizzato un video con le foto tratte dal suo profilo. E lo incoraggia a condividerlo con gli amici: "Ecco come è stato il tuo anno". Al centro, la foto di sua figlia Rebecca, sorridente, circondata da figure stilizzate danzanti, da palloncini e nastri festivi.
Rebecca è morta pochi mesi prima. Per un cancro al cervello.
Aveva solo 6 anni.

https://www.valigiablu.it/algoritmi-dati-diritti/



Certamente tutto si può migliorare così da escludere il ripetersi di casi come quello presentato... ma l'altra faccia della medaglia rivela che ciò è/sarà in funzione dell'accresciuto "potere" dell'Algoritmo (di Facebook, Google e altri) e che verosimilmente diverrà sempre più difficile "entrare" nel sancta sanctorum ove la novella divinità-telematica compie i suoi riti binari (o qubit-icci, un domani) producendo il responso... come dire, non disturbate il conducente-oracolo intento alla guida**

L'equivalenza Algoritmo = Oracolo è già stata notata e proposta ad esempio da Alessandro Vespignani

(professore di Fisica e Informatica alla Northeastern University di Boston, dove dirige anche il Network Science Institute. È fellow dell'American Physical Society, dell'Institute for Quantitative Social Science alla Harvard University e membro dell'Academia Europaea. Grazie ai suoi numerosi lavori nel campo delle predizioni scientifiche e della teoria delle reti è considerato uno degli scienziati più quotati e riconosciuti al mondo.)

che ha pubblicato (2019) il libro: L' algoritmo e l'oracolo. Come la scienza predice il futuro e ci aiuta a cambiarlo
che, coincidenza con i nostri attuali problemi sanitari, tratta della previsione fatta dal suo team sull'evoluzione dell'epidemia di Ebola:

Nell'agosto 2014 lo scienziato Alessandro Vespignani riceve una chiamata: un'epidemia senza precedenti sta distruggendo la Guinea, presto contagerà il resto del mondo. Il nome del virus è ormai noto a tutti: Ebola. Vespignani e il suo team si collegano a un supercomputer e, grazie ad algoritmi e simulazioni, riescono a prevedere la diffusione del virus con mesi di anticipo.

Qui potete leggerne un interessantissimo estratto:

https://tolinoreader.ibs.it/reader/index.html#/epub?epuburl=https:%2F%2Fcdp.pageplace.de%2Fcdp%2Fpublic%2Fpublications%2FDT0246%2F9788865767313%2FPREVIEW%2Fleseprobe-9788865767313.epub&lang=it_IT



Quanto più l'Algoritmo-oracolo dispone di dati (Vespignani opportunamente cita Poincarè: l'accumulazione dei dati non è scienza più di quanto un mucchio di mattoni non sia una casa) tanto più  li trasformerà in potere predittivo (setacciandoli, filtrandoli, dando loro senso - cit. Vespignani) da sottoporre all'ambizione umana d'aver risposte, indicazioni, prospettive... eh, sì... anche "comportamenti, azioni ecc.".

I due ** di cui sopra riportano alla pagina 12 dell'estratto citato, dove l'autore rimane fulminato (sua parola) dalla constatazione che gli stessi Algoritmi che producevano il risultato sperato riguardo l'epidemia producessero allo stesso tempo "consigli di lettura" (o per gli acquisti ecc.).

L'Algoritmo infatti è solo un esecutore senza volontà propria... tuttavia le sue "indicazioni" guidano, rimandando la responsabilità ai suoi creatori informatici.

Ma se avete letto questa discussione dal principio ricorderete che ad un certo punto il creatore informatico, a causa della complessità di una impossibile supervisione, si è spogliato della responsabilità delle scelte dell'Algoritmo-Oracolo... lasciandogli mano libera (machine learning).

I miei due amici, Bob e Alice, nascono da lì.

Non è che si potesse far diversamente, al punto cui si era giunti. Dice Vespignani che ogni giorno vengono creati due Exabyte e mezzo di dati, equivalenti ad una torre di oltre mezzo milione di dvd uno sopra l'altro. Aggiungo che ogni giorno vengono effettuate 3,5 miliardi di ricerche sul solo Google...

Bene, questo è il punto dove volevo giungere... dove vanno a finire tutti questi dati, tutte le informazioni? Vengono memorizzate o cancellate?

Il prosieguo, lasciatemelo dire, è affascinante... ma scusate, a chi parlo?


Cordialmente
Jean

Ipazia

A chi parli ? Al forum. Di cosa parli ? Delle sorti magnifiche e progressive della formazione economico-sociale dominante, il capitalismo, sul cui trend i profeti del XIX secolo avevano già previsto molte cose, peraltro superate alla grande da quella che nel secolo scorso venne chiamata: intelligenza del capitale.

Intelligenza che quotidianamente si mangia tutte le palle della retorica democratica liberal-liberista, ivi comprese le sue paludate e decotte istituzioni politiche.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

Stai parlando a Dio.

Non vi è nessun altro.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

viator

Salve. Estraendo da poco sopra, per quanto riguarda Renato Vespignani "Grazie ai suoi numerosi lavori nel campo delle predizioni scientifiche e della teoria delle reti è considerato uno degli scienziati più quotati e riconosciuti al mondo.)
che ha pubblicato (2019) il libro: L' algoritmo e l'oracolo. Come la scienza predice il futuro e ci aiuta a cambiarlo"


Per fortuna l'autore qui non c'entra. Infatti i titoli delle opere letterarie li scelgono le Case Editrici le quali, dovendo allupare il massimo numero possibile di potenziali lettori, sono costrette - come in questo caso -al più ridicolo degli esoterismi antifilosofici.


La scienza ovviamente non predice il futuro poichè ciò è impedito ad essa, a chiunque ed a qualsiasi procedura, dalla filosofia.


Inoltre, anche se vi riuscisse, men che meno sarebbe in grado di cambiarlo. Al limite, potrebbe tronfiamente e falsamente affermare di averlo generato solo nel caso non abbia preteso di averlo previsto !!. Ma quante chiacchere nel voler a tutti i costi indovinare ciò che è così più grande di noi !. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

viator

 Salve Jean. Estraendo dal tuo recente intervento qui sopra :


"........Come, al contrario, che l'interesse alla lettura non sia (quasi) per nulla affiancato da quello propositivo, alias far domande, porre questioni, obiettare, criticare... dir la propria, qual che sia. 

Situazione che investe tutto il forum, causando la progressiva e comprensibile disaffezione dei pochi residenti paganti-postanti che umanamente penso stiano considerando le proprie motivazioni - venuta meno quella di fatto disattesa allo scambio interpersonale – sì che convien farsene una ragione e attendere serenamente la fine del film, quando sarà.

Anche se non sono del tutto certo che le cause vadano ricercate principalmente nella strategia vincente degli altri social format, tuttavia il chiedermi a cosa questi debbano l'indiscussa  posizione dominante mi riconduce, per un'analisi, alla presente discussione, permettendone ulteriori sviluppi."







Il problema secondo me risiede nell'eccessivo intellettualismo del Forum. Sono state fatte scelte coerenti e pregevoli ma assolutamente non paganti in tempi di troppo cialtronesca volgarizzazione della comunicazione.




Altrove il TANTO, IL TROPPO, IL CONFUSO, IL CHIASSOSO attirano ben di più.


Mancano secondo me sezioni e temi in grado di attrarre interessi più superficiali. Noto che argomenti come psicologia e sesso, ad esempio, ufficialmente sembrano indesiderati. Purtroppo si tratta anche di temi altamente banalizzabili, che altrove imperversano con risultati desolanti. Saluti.

Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Phil

L'algoritmo di Google, o quelli degli altri motori di ricerca (alcuni dei quali certamente più attenti alla privacy rispetto al colosso), è in fondo un "bibliotecario della rete", che sa usare egregiamente il catalogo della biblioteca pubblica per assecondare le nostre richieste, sebbene nel farlo veda ed abbini chi siamo a cosa cerchiamo. Resta fondamentale che ci fornisca decine di pagine di risultati (più ce ne fornisce, più abbiamo l'onere della scelta), anche se sta poi a noi varcare pazientemente la soglia della prima pagina, per andare a cercare le "perle" scivolate nelle altre pagine, magari perché quantitativamente non troppo frequentate o non adeguatamente indicizzate. Parimenti ricade su di noi la possibilità di (in)formarci sulle eventuali alternative e personalizzazioni (gestione dei cookies, limitazioni dell'invio dati personali, etc.), (in)formazione che non richiede anni di studio, ma ad esempio la visione di qualche rapido tutorial su youtube (tutorial che è ormai assorto a rivoluzione didattica, almeno per quanto riguarda le conoscenze e le applicazioni basilari, in veste di informazione trasversale a tutte le età e tutti i saperi).
Se non ci fidiamo che i nostri dati identificativi vengano effettivamente cancellati quando dovrebbero (capita, vedi Instagram e Facebook) o vengano salvati senza nostro consenso (ancora Facebook) e preferiamo non essere profilati, ebbene è proprio la stessa rete a darci qualche strumento per anonimizzarci o "travestirci" (applicazioni, tutorial di impostazioni browser, etc.). Tuttavia, a pensar male, chi controlla che tali applicazioni non facciano il doppio gioco o archivino a loro volta i nostri dati, come facevano (fanno?) alcuni antivirus?
Sicuramente, se mettiamo in rete una nostra foto pensando che basti cancellarla dal nostro profilo per esser certi che non sia più in giro, o non sia stata già scaricata, copiata e magari modificata da qualcuno, significa che non abbiamo ben chiare le potenzialità (minime) dello strumento che usiamo (dall'opzione "cattura schermo", che ha da tempo un apposito tasto sulle tastiere, ad altre potenzialità più invadenti, seppur più impegnative di pigiare un tasto). Più lo strumento è complesso e più l'uso consapevole richiede (in)formazione.

Di altra categoria sono gli algoritmi per usi privati, quelli inaccessibili direttamente da noi utenti generici, che, oltre a sfruttare al meglio le ultime tecnologie, non ci lasciano scelta di impostazione (perché spesso neanche li conosciamo), pur interagendo con la nostra vita: la polizia predittiva ormai è una realta anche in Italia ed è noto da tempo che persino un banale campanello comprato su amazon può risultare "infame" sino a evocare distopie da Panopticon. Chiaramente algoritmi e IA prospettano vantaggi strumentali per l'uomo, dallo scoprire una nuova catalisi al prevedere picchi di Covid, ma tutto ciò comporta che gli siano dati in pasto (big) dati, alcuni dei quali inevitabilmente sconfinano in questioni di privacy, diritto all'oblio e aspetti non totalmente padroneggiati della propria esistenza online (onlife come direbbe Floridi).
Con questa seconda categoria di algoritmi, si tratta ancor più di un problematico compromesso fra il supportare l'efficacia degli algoritmi, a vantaggio dei suoi utenti (diretti o indiretti) e l'"eticità" della condivisione di informazioni che i programmi fagocitano per funzionare efficacemente (ricordando che dietro ogni machine learning c'è la spinta programmatica dello human teaching).

Ipazia

Phil dice bene, ma l'intelligenza del capitale è sempre più avanti dell'intelligenza antagonista. Il croupier è lui. Ti offre merce gratis più o meno scadente su internet perchè in cambio trasforma te in merce gratuita di valore maggiore realizzando plusvalore anche sulla tua persona. I social funzionano così.

Che l'operazione sia oltremodo intelligente lo dimostrano i fatturati da pil nazionale dei monopolisti dei social e del commercio in rete. Senza eserciti e cannoniere. Non c'è che dire: chapeau.

L'antagonista può comunque darsi da fare per sfruttare quelle che un tempo si chiamavano "contraddizioni del capitale". Io ho un profilo facebook farlocco che dò in pasto a chi mi offre prodotti informatici gratuiti o accesso alle sue piazze virtuali.

Solo una volta è stato messo in discussione, su richiesta di un profilo fb m5s a cui, da antica elettrice, avevo posto le mie critiche. Il partito quattrostagioni era decisamente in grossa crisi e vedeva infiltrati dappertutto. Zuckerberg mi chiese almeno una foto. Gli mandai una bella foto in bn di Greta Garbo e la cosa finì lì senza oscuramento del profilo. Finì anche con m5s: lasciai che i morti seppellissero i morti.

Non andrà sempre così. Prima o poi il capitale chiederà qualcosa di più, oltre all'anima che si è già conquistato. Vedremo allora come se la caverà l'intelligenza antagonista.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Dal mio punto di vista, nel rapporto con internet, algoritmi e giganti dell'economia digitale, non c'è né antagonismo (contro chi?), né è una questione principalmente di capitalismo (il tuffo nella rete è comunque volontario e le sue funzioni davvero imprescindibili, per lavoro o simili, sono solitamente le meno "commerciabili"). Riprendendo il paragone precedente, nel momento in cui il bibliotecario mi fornisce il suo servizio, non è mio antagonista, e se scheda le mie richieste bibliografiche e poi le vende a chi approvvigiona i testi della biblioteca, non avrebbe troppo senso, secondo me, chiedergli una percentuale o la divisione degli utili (come sembra proporre, se non l'ho frainteso, Ferraris quando accosta la navigazione al lavoro economicamente inteso perché produce reddito altrui; nel resto del post mi riferisco a lui più che ad utenti del forum). Qui parliamo non a caso di big data, il singolo non vale nella sua specifica identità: conta quante persone sono interessate ad un servizio o compiono determinate azioni; se Mario Rossi è dentro o fuori questo insieme, non importa affatto a chi stila le statistiche d'uso e d'interesse: uno vale uno (soprattutto se i profili sono simili). Ci sono lavori pagati che consistono proprio nel cliccare, nell'accedere a determinati siti, nel mettere like (che qualche azienda poi comprerà a pacchi), etc. ma non mi pare doveroso che, navigando, l'utente comune (che non fa tali lavori) debba aspettarsi di ricevere qualche bitcoin sul conto perché in fondo sta partecipando alle attività economiche di varie multinazionali essendo la sua azione registrata e prontamente profilata (comunque, il browser Brave propone qualcosa di simile, in termini di ricompensa, convertendo la "token economy" in Basic Attention Token). Si ritorna alla solita questione delle raccolte punti ai supermercati: passando la tessera guadagno uno sconto, ma so che vengo profilato (entrando nei big data come consumatore di certi prodotti con un certa frequenza); resta il fatto che la scelta di fare la tessera (e di quando usarla) è tutta mia; inoltre la mia profilazione aumenta le possibilità che, la volta seguente, ritrovi i prodotti che solitamente mi piace (o devo) comprare. Lo stesso accade su internet, solo che non ottengo uno sconto, ma un servizio, o informazioni, o materiale da scaricare (non è gratis perché in fondo lo "pago" con il fatto che il mio scaricarlo viene registrato? Mi sembra comunque uno scambio conveniente; personalmente, non mi dispiacerebbe se l'essere profilati da un supermercato consentisse di fare la spesa senza passare alla cassa). Se invece si vogliono evitare download troppo profilanti, si può comunque ricorrere al peer-to-peer, con annessi pregi e difetti.
D'altronde, se Google o altri "aggregatori sociali" , non essendo onlus (e non potendo esserlo per come fanno quel che fanno), ci facessero pagare in moneta il loro servizio, senza però profilarci, sarebbe forse meno capitalistico?
Fermo restando che, come detto, le alternative ci sono, quindi non è coerente usarli sentendosi in ostaggio (sindrome di Stoccolma permettendo).

P.s.
Ovviamente, se si sconfina nell'illegalità, nell'uso inopportuno o lesivo di informazioni e dati, etc. il discorso cambia e né la qualità del servizio né la gratuità sono più un alibi. Tuttavia non leggerei la fruizione della rete in ottica di sopruso del capitalismo, semmai di consenziente partecipazione (se si ha la pazienza di leggere i contratti e i consensi prima di usare un social o un'applicazione) con margini di "contromisure" basati sull'informazione.