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Abbasso le astrattezze

Aperto da Aumkaara, 29 Ottobre 2020, 21:36:12 PM

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Ipazia

Tutti gli enti della fisica per passare dall'ipotesi alla scienza necessitano di conferme sperimentali. Il bosone di Higgs, teorizzato nel 1964 è stato confermato quasi mezzo secolo dopo con un esperimento molto complesso. Quando l'etere sarà rilevato sperimentalmente sarò la prima a complimentarmi.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Aumkaara

#16
Citazione di: Ipazia il 05 Novembre 2020, 22:03:32 PM
Tutti gli enti della fisica per passare dall'ipotesi alla scienza necessitano di conferme sperimentali. Il bosone di Higgs, teorizzato nel 1964 è stato confermato quasi mezzo secolo dopo con un esperimento molto complesso. Quando l'etere sarà rilevato sperimentalmente sarò la prima a complimentarmi.
Ma se non lo cercano per partito preso o per (complottistici ma non per questo impossibili) freni esterni (attuali o mantenuti per abitudine), ne passerà di tempo, prima di poter ricevere complimenti (ma basterebbe vedere che è un concetto già introdotto implicitamente con tutte quelle distorsioni, compressioni, allargamenti, rugosità, ecc. dello spaziotempo... "vuoto").

niko

#17

Aumkaare ha scritto:


Mi è bastato provare a digitare "costanza velocità luce", e il secondo risultato (il primo diceva che tale costante è "un fatto", ovviamente scritto in grassetto...) mi dava il seguente articolo, in cui dicono praticamente quello che ho detto poco fa: la velocità potrebbe essere variabile, se i fotoni accumulano un ritardo a causa delle fluttuazioni del mezzo in cui viaggiano, fluttuazioni definite come una vera e propria rugosita di tale mezzo. Hanno solo sostituito l'espressione "mezzo fluido" o "mezzo eterico" con "mezzo gravitazionale". Dicendo anche un'altra cosa che avevo appena scritto, cioè che le fluttuazioni di tale mezzo sarebbero dell'ordine della lunghezza di Plank[/size]




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La velocità è una grandezza vettoriale, il campo elettromagnetico è un campo vettoriale, e sappiamo che la luce "devia" in presenza di gravità anche se non "rallenta", quindi io penso che quelli che tu vuoi vedere come "rallentamenti" o perdite di energia della luce dovute alla sua interazione con lo spazio che tu immagini come un mezzo rallentante, perché eterico, siano semplici deviazioni dovute come dice l'articolo che hai citato a un mezzo gravitazionale, e non a un mezzo eterico attraversato dalla luce che dallo spazio giunge fino a noi, nel senso che lo spazio può ben influire sull'angolazione del vettore velocità della luce e così complicarne il percorso, dando come risultato osservabile un percorso più lungo di quello matematicamente previsto supponendo un comportamento classico, e non relativistico, della luce, per fenomeni noti, come le lenti gravitazionali, i buchi neri eccetera, o ancora ignoti ma dello stesso tipi di quelli noti, insomma la prudenza suggerirebbe di suppore i fenomeni ignoti simili a quelli noti, e quindi tutti presunti i rallentamenti della luce nel vuoto, che sono incompatibili con la relatività generale, dovrebbero risolversi in mere deviazioni, che non lo sono, e anzi sono previste.

Quanto all'incorporazione del tempo nelle cose e alla scorporazione del tempo dallo spazio, il problema è sempre quello, ogni osservatore vede le cose per lui ferme "infuturarsi", cioè procedere verso la direzione futuro in un diagramma di Minkowsky, con la massima efficienza possibile, mentre le cose in movimento per quello stesso osservatore si muovono solo a spese dell'efficienza con cui si infuturano, per andare in qualunque posto "deviano" rispetto al loro progredire immediato e diretto verso il futuro e vi giungono tanto più lentamente quanto più veloci si muovono, questo non succede solo in condizioni estreme, succede sempre, solo che in condizioni non estreme è trascurabile, il muone progredisce più lentamente nel tempo perché la direzione "verso la terra", in cui sfreccia velocissimo, è parzialmente alternativa alla direzione "verso il futuro" nello spazio in cui esso realmente si muove, che è uno spaziotempo, è come sbagliare strada e andare a nord est quando la propria destinazione è perfettamente a nord, si arriva comunque all'altezza di un punto di riferimento a nord, come il punto di riferimento "Milano" se adesso siamo a Roma, ma ci si arriva più lentamente.

Insomma incorporando lo spazio nel tempo, l'infuturarsi è concepibile come movimento tra vari movimenti possibili e tutto ha una traiettoria lungo cui è lanciato non solo nello spazio ma anche nel tempo, gli enti nel loro destino sono linee e gli eventi punti, non è possibile che le cose abbiano dimensioni e lo spazio no, la ragione dell'esistenza di una cosa è l'occupazione e la concentrazione di spazio in proporzione diversa dalle altre cose, incorporando il tempo nelle cose una cosa trascorrerebbe nel tempo anche isolata dal contesto e non in relazione ad altre cose, il tempo è movimento, e il movimento è relazione; anche intuitivamente il concetto di spazio pone il problema che una cosa che lo occupa o è lì da sempre o viene da altrove, quindi sia l'occupazione eterna che l'occupazione temporanea di un punto nello spazio presuppongono il tempo, l'unico spazio senza tempo è quello vuoto, che non ha punti occupati nel raggio di un'estensione infinita, ma sarebbe indiscernibile e impensabile.
Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Aumkaara

Citazione di: niko il 06 Novembre 2020, 13:01:57 PM
[...] io penso che quelli che tu vuoi vedere come "rallentamenti" o perdite di energia della luce dovute alla sua interazione con lo spazio che tu immagini come un mezzo rallentante, perché eterico, siano semplici deviazioni dovute come dice l'articolo che hai citato a un mezzo gravitazionale, e non a un mezzo eterico attraversato dalla luce che dallo spazio giunge fino a noi, nel senso che lo spazio può ben influire sull'angolazione del vettore velocità della luce e così complicarne il percorso [...]
Ovviamente le mie non sono delle tesi scientifiche, quindi non voglio insistere per dimostrare una qualche ragione, anche perché molto può dipendere da aspetti che semplicemente non capisco, e quindi al massimo insisto sulla mia incapacità di non vedere certe sottigliezze, e infatti ho citato solo questo frammento perché qui sta il punto: per me possiamo anche abolire la parola "etere", ma continuo a vedere come rimanga il concetto di mezzo, che può far deviare, influire, ecc. ciò che lo attraversa. Cambia il nome ("gravitazionale", "vuoto ma non veramente vuoto", "campo", ecc.), ma il risultato non cambia: si sta descrivendo, anche nell'articolo di cui ho messo il collegamento, un mezzo che ha una sua "sostanzialità" di cui tenere conto.

CitazioneQuanto all'incorporazione del tempo nelle cose e alla scorporazione del tempo dallo spazio, il problema è sempre quello, ogni osservatore vede le cose per lui ferme "infuturarsi", cioè procedere verso la direzione futuro in un diagramma di Minkowsky, con la massima efficienza possibile, mentre le cose in movimento per quello stesso osservatore si muovono solo a spese dell'efficienza con cui si infuturano, per andare in qualunque posto "deviano" rispetto al loro progredire immediato e diretto verso il futuro e vi giungono tanto più lentamente quanto più veloci si muovono, questo non succede solo in condizioni estreme, succede sempre, solo che in condizioni non estreme è trascurabile, il muone progredisce più lentamente nel tempo perché la direzione "verso la terra", in cui sfreccia velocissimo, è parzialmente alternativa alla direzione "verso il futuro" nello spazio in cui esso realmente si muove, che è uno spaziotempo, è come sbagliare strada e andare a nord est quando la propria destinazione è perfettamente a nord, si arriva comunque all'altezza di un punto di riferimento a nord, come il punto di riferimento "Milano" se adesso siamo a Roma, ma ci si arriva più lentamente.

Insomma incorporando lo spazio nel tempo, l'infuturarsi è concepibile come movimento tra vari movimenti possibili e tutto ha una traiettoria lungo cui è lanciato non solo nello spazio ma anche nel tempo, gli enti nel loro destino sono linee e gli eventi punti, non è possibile che le cose abbiano dimensioni e lo spazio no, la ragione dell'esistenza di una cosa è l'occupazione e la concentrazione di spazio in proporzione diversa dalle altre cose, incorporando il tempo nelle cose una cosa trascorrerebbe nel tempo anche isolata dal contesto e non in relazione ad altre cose, il tempo è movimento, e il movimento è relazione; anche intuitivamente il concetto di spazio pone il problema che una cosa che lo occupa o è lì da sempre o viene da altrove, quindi sia l'occupazione eterna che l'occupazione temporanea di un punto nello spazio presuppongono il tempo, l'unico spazio senza tempo è quello vuoto, che non ha punti occupati nel raggio di un'estensione infinita, ma sarebbe indiscernibile e impensabile.
Sapevo già, e sapevo che la stessa scienza lo ammette, che il rallentamento "temporale" avviene a qualunque velocità, anche se a quelle basse non è facilmente rilevabile. Infatti anche nella "mia tesi" avviene sempre un rallentamento, perché c'è sempre un attrito tra il mezzo e i costituenti più fondamentali (qualunque siano quelli veramente più fondamentali) degli oggetti (costituenti che sarebbero in realtà delle piccole conformazioni, dei piccoli "vortici" del mezzo stesso).
Il problema è invece ragionare in termini dimensionali nonostante anche tu dica che spazio e tempo hanno senso solo come relazioni; anzi, io li considero esattamente solo come sinonimi della parola "relazione". Chiamo spazio quell'astrazione che possiamo fare idealmente tra due punti del mezzo, e chiamo tempo quell'astrazione che possiamo fare idealmente tra una configurazione del mezzo ed un'altra configurazione successiva legata causalmente. Non mi aspetto che un'astrazione si distorga o che influisca su degli oggetti, mi aspetto invece che lo faccia un mezzo in qualche modo fluido; così come non mi aspetto che un'astrazione rallenti, mi aspetto invece che siano le varie configurazioni di un oggetto a procedere più lentamente.

Aumkaara

PS ai primi due messaggi di apertura: visto che l'argomento sta durando da due pagine e non è caduto subito nel dimenticatoio, faccio una precisazione, al di là che sia di interesse. Quando ho fatto l'esempio del paradosso dei gemelli, ho scritto che il gemello ad alta velocità/in orbita invecchia più lentamente (fa tutto più lentamente, anche pensare). Scritto così, con la barra trasversale "/", sembra che gli basti stare in orbita sulla Terra per avere il rallentamento. In realtà è al contrario: più ti allontani dall'influenza della gravità terrestre, più i tuoi processi psicofisici vanno veloci, anche se impercettibilmente (e molto più evidentemente, se ti allontani da una gravità elevatissima, come nel caso di un oggetto estremamente massiccio, ad esempio un classico buco nero).
Questo è dovuto (ovviamente secondo la teoria di un campo "sostanziale", quindi senza bisogno di scomodare un rallentamento del tempo stesso, ma solo dei processi psicofisici) al fatto che la massa di un pianeta, di una stella, ecc. (quindi l'enorme quantità di piccoli "vortici subatomici" di cui è composta) comprime talmente tanto il mezzo in cui si trova, proprio come farebbe un veloce e concentrato insieme di vortici, da rendere letteralmente più densa la regione intorno ad esso. Ogni cosa che viene attirata verso tale oggetto (proprio a causa della perturbazione stile "ciclone" compiuta dalle "particelle" che compongono l'oggetto massiccio) si trova a fare più "fatica" a compiere i propri processi interni (atomici, subatomici, e delle sue stesse "particelle elementari", anche in questo caso altrettanti piccoli vortici), perché si trovano in una regione appunto più addensata. Lo stesso effetto che avrebbero se andassero estremamente veloci tanto da trovare la resistenza del mezzo in cui si muovono.

Aumkaara

#20
Più o meno quello che cercavo di spiegare, visto da un punto di vista quantistico: https://scienzeeteriche.blogspot.com/2018/03/quando-la-dinamica-dei-fluidi-imita-la.html?m=1
Anche se, per la precisione, ci sono ancora dubbi, che però potrebbero essere dovuti alla qualità del liquido usato come analogia sperimentale, o alle difficoltà di impostare efficacemente l'esperimento:
https://www.lescienze.it/news/2018/10/13/news/famoso_esperimento_alternativa_stranezza_quantistica-4152761/
In ogni caso, in modo più complicato, nel seguente terzo articolo il discorso va oltre quello che dicevamo, ma lo trovo anche più interessante, parlando non tanto del comportamento fluido (anche se parte dalle teorie degli scienziati che descrivono gli eventi delle particelle come se queste cavalcassero "onde pilota"), ma di una vera e propria struttura caUSale, dinamica e sottostante, su cui si modellerebbero, influenzandola a loro volta, gli "strani e casuali" eventi subatomici.
Il che, se anche tali eventi (e quelli relativistici) potessero essere descritti come se fossero in un fluido, vorrebbe dire che comunque il tutto dipende da un dinamico ordine intrinseco ancora più sottile e fondamentale:
https://www.scienzaeconoscenza.it/blog/scienza_e_fisica_quantistica/entropia-quantistica-nella-teoria-bohm

iano

Ciao.
Mai dire mai. Ma direi che l'idea dell'etere sia stata abbandonata definitivamente , perché non là si è abbandonata con leggerezza, ma semmai con dispiacere e disappunto.
Alla fine occorre piegarsi ai fatti , spesso con dispiacere e disappunto , appunto, specie quando questi nuovi fatti diminuiscono la nostra comprensione delle cose.
Ciò sembra paradossale perché una maggiore conoscenza dovrebbe portare a una maggiore comprensione.
Perché? Perché sembra ovvio, o meglio fino a un certo punto ci è sembrato ovvio.
Ma a pensarci bene non è per nulla ovvio.
Abbiamo dato per scontato ciò che scontato non è.
Quindi più che cercare di recuperare e riabilitare vecchie ipotesi , più convenienti alle nostre capacità di comprensione, avvierei una riflessione sul rapporto fra comprensione e conoscenza delle quali sappiamo ben dire cosa sia la seconda , e della prima solo possiamo dire  che inizia a difettarci spiacevolmente , e possiamo dirlo perché sappiamo bene cosa sia,ma senza saper dire bene cosa sia.


Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#22
Mi sembra significativo il tuo amore odio per l'astrattezza.
Le lamentele per una aumentata astrattezza e invadenza della matematica sono comuni anche in campo scientifico , a dimostrazione del fatto che gli scienziati hanno difetti e mancanze non diverse nella sostanza dai nostri difetti e mancanze , seppur declinati su diversa scala.
Più che un etere, o campo elettro magnetico, che , hai ben ragione , è solo un diverso nome che Maxwell ha dato all'etere, o in genere un nuovo fluido o un vecchio substrato con nuovo nome potrebbe esserci di conforto un nuovo quadro filosofico.
Nel quadro che mi faccio io tutto è astratto.
Detto ciò, da cosa scaturisce l'idea di concretezza?
Concreto è un quadro astratto col quale giungo a tale confidenza che mi sembra di viverci dentro.
Realmente dentro. Di toccare se non con mano almeno col pensiero. Di averne cioè completa comprensione.
Però tutto ciò sembra essere cosa solo desiderabile ma non necessaria.
Gli atomi non sono palline , ma scommetto che Ipazia trovi ancora utile pensarli così .
Lo spazio non è etere e non è neanche utile pensarlo così, se mai lo sia stato.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Aumkaara


Ciao Iano,
non si tratta di amore-odio, ma di mettere al giusto posto le cose, e lo dico senza essere un grande amante dell'ordine. Le astrattezze sono essenziali (in tutti i sensi): nel caso in esame, servono a riflettere e, dove necessario, a calcolare e misurare. Io, che ho poca propensione per la pratica e molta per la riflessione (poca per il calcolo però), non sono certo d'accordo alla lettera con il titolo che ho messo all'argomento: un certo grado (grande tra l'altro, secondo) di astrattezza ci vuole.
Il problema però sorge quando le astrattezze vengono applicate alla lettera, o peggio ancora surclassano ciò a cui dovrebbero riferirsi: se io ad esempio ho bisogno di astrarre le conformazioni generali degli oggetti tridimensionali figurandomele in un diagramma x, y, z, va benissimo. Non va altrettanto bene se però poi mi metto a credere che lo spazio sia davvero formato da dimensioni, da direzioni, tra l'altro vuote ma deformabili.

iano

#24
Ciao.
Capisco il tuo ragionamento. Tu parti dalla realtà concreta e giungi, se dovesse servire, all'astratto.
E questo in effetti è l'iter classico storico  , da cui traiamo l'etimologia stessa del termine astratto.
Ma chi ci impedisce di provare a cambiargli il verso a questo iter, come ti suggerivo in un mio post precedente, per vedere l'effetto che fa', cercando di far derivare il concreto dall'astratto?

Quindi tu argomenti che, se può essere utile astrarre qualcosa dalla realtà concreta , qualcos'altro non sembra invece quadrare se questa astrazione tende poi a sostituirsi alla realtà, fino a piegarsi elasticamente  ,vedi lo spazio tempo di Einstein ,come se avesse gli  attributi del concreto, pur non essendo tale.
E , ironia della sorte, questa astrazione usurpatrice della realtà sembra funzionare a meraviglia., Ma pur considerando ciò...siccome il concetto di astrazione  sembra esser chiaro, non è chiaro perché travalichi e non se ne stia al suo posto , e , non sembra soddisfacente invocare a giustificare ciò una motivazione di utilita' e di convenienza.

Si, in effetti il concetto sarebbe chiaro, se fosse chiaro il concetto da cui deriva, quello di concretezza.
Ma da cosa deriva esso. Da nulla? Lo consideriamo come concetto primitivo.
Come ciò che è evidente e non va' spiegato?
Questo in fondo ci suggerisce la geometria di Euclide, che è una geometria che non travalica, e se ne sta al suo posto.
Il suo posto però coincideva con la realtà, o quella che noi percepiamo come realtà'.
Sembra una coincidenza fortunata, Fin troppo.
Tanto da farci sospettare che non vi sia alcuna coincidenza, e che geometrie Euclidee e non possano costruirsi a piacere e con quelle provare a vestire la realtà .
L' astratta matematica oggi non ammette più che vi siano punti di partenza evidenti, veri di per se', .ma solo punti di partenza arbitrari . a partire dai quali provare ad agganciare la realtà
Finora il nostro,aggancio è stato Euclide. Non è più il solo e che non si parli più di verità in se' evidente , cavolo sotto cui nasce il concreto.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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Aumkaara

In realtà faccio il contrario, rispetto a quello che è sembrato che io avessi fatto e che è il percorso storico della scienza degli ultimi secoli: io non parto dal concreto, o meglio, non credo che le cose siano intrinsecamente concrete. Però credo che esse ci appaiono tramite configurazioni che seguono e dipendono da relazioni e interazioni che ci danno un'apparenza di concretezza. E tale apparenza di concretezza deve essere tenuta di conto.
Quindi, nell'esempio di queste pagine, non importa se l'eventuale essenza dei fenomeni (noumeno) non è concreta: nel modo in cui tali fenomeni si configurano, cioè tramite molteplicità e relazionabilità, quello che appare da essi sarà una moltitudine di enti microscopici che interagiranno, e questo dovrà essere tenuto di conto: se quindi un'onda appare nello spazio, essa sarà un'increspatura che avviene nel suddetto mare di molteplici enti microscopici, che costituiranno il suo mezzo: varrà tanto per le onde sonore che per la luce. E se la luce sembrerà avere velocità costante a prescindere dalla velocità della sua sorgente, sarà perché quest'ultima comprime o distende il mezzo in cui è immersa, cambiandone la densità e di conseguenza cambiando la velocità dell'onda che attraversa il mezzo: questa variazione, sommata alla velocità della sorgente luminosa, dà l'impressione che la luce abbia complessivamente sempre la stessa velocità.
Oppure: se aumentiamo la velocità di un oggetto, dobbiamo tenere conto delle interazioni con il mare ribollente dei suddetti molteplici enti microscopici, ed ecco perché i processi subatomici, atomici, ecc. rallentano all'aumentare della velocità.
Se invece classifichiamo astrattamente come "virtuali" quegli enti che costantemente si configurano e deconfigurano in ogni angolo di spazio; se ci accontentiamo di constatare la "costanza" della velocità della luce, accettando che essa sia un onda di... nulla; se intromettiamo il concetto di "dimensione temporale", per quanto utile di per sé, in quello che è semplicemente il rallentamento di processi sottoposti ad un maggior attrito; se facciamo tutto questo, portiamo le utili astrattezze mentali e la possibile non concretezza del noumeno a mescolarsi con le apparenti concretezze dei fenomeni. Il fatto che i fenomeni possano essere intrinsecamente apparenti, non significa che li si debba trattare come se avessero le caratteristiche dell'astratto e l'essenzialità intangibile del noumeno.

iano

#26
Non ho scalfito di un millimetro le tue convinzioni, e in fondo ne sono contento, anche perché ciò che espongo non sono convinzioni mie solide, ma pensieri in corso.
Il quadro mentale da cui partono i miei ragionamenti però mi è chiaro, ed è semplice da esporre.
Comprendere il mondo, in senso letterale, significa portarlo dentro se'.
Questo , per ovvi limiti , è possibile farlo solo semplificando.
La scienza , pur senza poter addurre giustificazioni univoche, adotta il rasoio di Occam, in armonia col mio quadro mentale.
Che la velocità della luce sia costante e' un fatto, e prima di essere stata tale costanza verificata sperimentalmente , la sua costanza poteva essere dedotta dalle equazioni di Maxwell.
A partire da questo fatto la teoria della relatività là si può raccontare in tanti modi, ed alcuni di questi sembrano complicazioni utili solo a soccorrere la nostra intuizione , ma del tutto inutili per il resto.
Un altro fatto dimostrato e' l'assenza di ogni etere, alla cui mancanza Einstein, che non digeriva le azioni a distanza di Newton, sopperì con il suo spazio tempo.
Non c'era più bisogno di azioni a distanza, perché non c'erano più azioni.
Le masse si limitavano a percorrere la geometria dello spazio tempo.
Ma ciò non vuol dire che lo spazio tempo sia reale,e per quel che mi riguarda non lo sono neanche le masse che quello spazio disegnano.
Sono solo espedienti percettivi di livello superiore a quelli della percezione sensoriale, attuate grazie al metodo ed scientifico, la cui natura sostanziale, almeno fino a prova contraria, conviene considerare come la stessa.
L'unica differenza lampante , ma che non incide a io parere sulla sostanza, è che le prime non sappiamo come si sono costruite, mentre le seconde lo sappiamo , perché le abbiamo costruite in piena coscienza.
Questi nuovi "mezzi percettivi" hanno potenzialità ancora non del tutto espresse a io parere, e uno dei motivi non è la mancanza di mezzi tecnologici, ma la zavorra psicologica che ci portiamo dietro, di cui forse è arrivato il momento di liberarci. Per,far ciò dobbiamo ricostruire il nostro concetto di "comprensione del mondo".
Tutti ammettiamo di avere dei limiti, ma poi non traiamo con sistematicità le conseguenze di questi limiti.
Non è che dobbiamo abbandonare il paradigma della percezione sensoriale, ma dobbiamo fare in modo che esso continui a fare la sua insostituibile parte senza che diventi un bastone fra le ruote.
Non è facile, Ma così è.
Quello che ho deliziato è un quadro semplicistico , ma la semplicità è la strada della comprensione, nei limiti che ci sono possibili, i quali non sono comunque fissi, ma si spostano, seppur con fatica.
Fatica dovuta a una resistenza psicologica, che però ha anche la sua funzione positiva, perché essa ci garantisce che quando finalmente decidiamo con sicurezza di fare un passo avanti , questo sia fermo e sicuro.
Le resistenze al progresso non sono solo un intoppo , ma hanno la loro funzione .
Si presentano sistematicamente è quasi sistematicamente vengono superate.
E questo è un ulteriore fatto semplice da rilevare.
Che le azioni avvengano a distanza oppure no non ha a che vedere con la vera sostanza del mondo, la quale ci resterà sempre inaccessibile ( lei è il mare e noi un secchiello) , ma solo col modo di raccontare il mondo, e non c'è un solo modo di farlo, e diversi sono i termini che si possono usare.
Storicamente l'etere è quel termine inventato, come tutti gli altri, che ci preserva le azioni a distanza ,e che ci è venuto in soccorso psicologico quando Newton , con coraggio intellettuale che ammiro, ha deciso che le azioni potessero avvenire a distanza.
Le onde non hanno nessun bisogno di mezzi in cui propagarsi ,perché sono solo una delle tante nostre invenzioni.
La meccanica quantistica , come la relatività là si può raccontare in tanti modi coi quali si cerca a volte di soccorrere la nostra intuizione in difficoltà.
La cosa meno peggiore che si racconta a tale scopo è che esiste una natura duplice.
C'è qualcosa che è al contempo onda e particella.
Lo scoop non detto, a mio parere ,di questo,racconto, è di salvare la realtà delle onde e delle particelle, a costo di rendere contraddittoria questa esistenza.
Un modo più traumatico, ma più semplice da dire , e quindi per me più "vero", è che quel qualcosa non è ne' un onda ne' una particella.
Per questo motivo lo si può raccontare come un onda, come una particella, o come le due cose insieme.
Come diceva quel campione di onestà intellettuale che era Einstein :
l'unica cosa che rimane incomprensibile è che il mondo sia comprensibile.
Frase meravigliosa nella sua stringatezza.
Tutto sta a mettersi d'accordo su cosa intendiamo per comprendere.
Io nel mio piccolo ho provetto a dire la mia.
Inmeffetti ammetterai che se togliamo al comprendere tutte le sue implicazioni metafisiche, non è difficile " comprendere come si comprende".
È tutto un artificio che si sposa con la realtà, senza esserlo, se non per quella piccola parte di realtà che la comprensione stessa, e noi con essa , occupiamo.
Riassumendo, se vogliamo fare un passo avanti nel mondo, dobbiamo prima fare un passo indietro su quel che pensiamo di essere e che possiamo.


Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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iano

Citazione di: Ipazia il 05 Novembre 2020, 22:03:32 PM
Tutti gli enti della fisica per passare dall'ipotesi alla scienza necessitano di conferme sperimentali. Il bosone di Higgs, teorizzato nel 1964 è stato confermato quasi mezzo secolo dopo con un esperimento molto complesso. Quando l'etere sarà rilevato sperimentalmente sarò la prima a complimentarmi.
In subordine io mi accontenterei, senza avere le prove della sua esistenza , che l'etere entrasse in un racconto della realtà che fosse più digeribile, perché in fondo la funzione dell'etere , finché è stato di moda e' stata quella.
Ma oggi raccontare una storia del mondo usando l'etere come termine , è come cucinare un piatto elaboratissimo, forse più appetitoso, se piace, ma non certo più digeribile.
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Aumkaara

#28
CitazioneIano: Che la velocità della luce sia costante e' un fatto, e prima di essere stata tale costanza verificata sperimentalmente , la sua costanza poteva essere dedotta dalle equazioni di Maxwell.A partire da questo fatto la teoria della relatività là si può raccontare in tanti modi, ed alcuni di questi sembrano complicazioni utili solo a soccorrere la nostra intuizione , ma del tutto inutili per il resto.

Non è che non mi hai scalfito, è che quello che dici mi sembra che parli di astrazioni utilissime, e su questo siamo già d'accordo. Siamo d'accordo che anche quelle apparentemente più "concrete", persino antiquate, come l'etere (concetto da non riprendere di certo nello stesso modo in cui era concepito in passato), siano altrettante interiorizzazioni, altrettanti costrutti che non saranno mai perfettamente aderenti alle "cose".
Quello che "propongo" è soltanto di non perdere pezzi per strada. Visto che la scienza non "perde tutto sempre più fino a trovare il Tao", ma anzi colleziona sempre più schemi mentali, almeno lo faccia partendo sempre dal presupposto di non servirsi solo dei pezzi più utili.
Nonostante "l'utilitarismo" sia un po' il suo fine (tecnologico, tecnico, sociale, economico...), che sia un po' più di ampie vedute, un po' più onesta, almeno quando formula e teorizza (presupposti non da poco, visto che determinano quello che "scopre" ancor di più di quanto lo facciano i dati sperimentali, che sono altrettanto manipolati in vista di teorie e tendenze mentali preconcette). Potrebbe scoprire quello che essa stessa dice di base: che certe dimostrazioni già ottenute (come l'assenza di ogni etere) sono provvisorie, come sempre saranno quelle della scienza (l'etere ad esempio è dimostrato come assente solo secondo i parametri con cui lo si concepiva). Per quanto sia utile prendere solo alcuni pezzi, per semplificare, poi si deve guardare l'insieme, affinché essi non prendano il sopravvento.
Si usi pure il concetto di spazio-tempo, ma se poi lo si cerca tra le cose percepite come se esso fosse la spiegazione delle interazioni, saremo costretti ad ignorare aspetti che non sono in linea con tale ricerca, ad esempio l'interazione tra le particelle degli oggetti con quelle "virtuali" (altra astrazione pericolosa, se fatta solo su quest'ultime) presenti nel ribollente mare intorno a loro.
Si consideri pure costante la velocità della luce, ma se non si indaga ulteriormente sulle cause di ciò, la si trasforma in un dogma che spazza via ogni altro dato, tra cui la somma di velocità, che guarda caso è sempre valida in ogni altro ambito.
Astrarre e semplificare, poi applicare e sperimentare. Tra queste due fasi, e dopo queste due fasi, fare un passo indietro e guardare l'insieme reinserendo quello che si era tralasciato per semplificare.

Ipazia

Citazione di: iano il 18 Gennaio 2021, 03:20:46 AM
Citazione di: Ipazia il 05 Novembre 2020, 22:03:32 PM
Tutti gli enti della fisica per passare dall'ipotesi alla scienza necessitano di conferme sperimentali. Il bosone di Higgs, teorizzato nel 1964 è stato confermato quasi mezzo secolo dopo con un esperimento molto complesso. Quando l'etere sarà rilevato sperimentalmente sarò la prima a complimentarmi.
In subordine io mi accontenterei, senza avere le prove della sua esistenza , che l'etere entrasse in un racconto della realtà che fosse più digeribile, perché in fondo la funzione dell'etere , finché è stato di moda e' stata quella.
Ma oggi raccontare una storia del mondo usando l'etere come termine , è come cucinare un piatto elaboratissimo, forse più appetitoso, se piace, ma non certo più digeribile.

L'etere era digeribile per spiegare la trasmissione delle onde "hertziane" nelle radiocomunicazioni. Non lo è stato più quando si è scoperto che le onde elettromagnetiche non avevano bisogno di nessun vettore ma si diffondevano allegramente nel vuoto. Che esista un vettore più "sottile" del vuoto è possibile. Ma va dimostrato.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri