Menu principale

Virgo lactans

Aperto da doxa, 02 Dicembre 2023, 19:46:08 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

doxa

A Genova, nel Palazzo Ducale,  fino al prossimo 1 aprile c'è la mostra dedicata alla nota pittrice Artemisia Gentileschi (1593 – 1652).

Vi consiglio di leggere la biografia  di questa pittrice. Pure lei fu vittima di violenza da parte maschile. Ne stiamo  discutendo in questi giorni nel forum.

Lei subì lo stupro, ma ebbe il coraggio di denunciarlo. Quel traumatico episodio  influenzò  la sue scelte nei temi pittorici, per esempio: "Giuditta e Abra con la testa di Oloferne".

Nell'esposizione pittorica a Genova ci sono anche due suoi quadri che raffigurano la Madonna che allatta il Bambino. E' una delle tipologie nelle varie posture mariane con il neonato.


Artemisia Gentileschi, Madonna col Bambino, olio su tela, 1610 – 1611, Galleria Spada, Roma

La Madonna è assisa sul suo mantello blu sopra la sedia. Sopra le tasta,  leggermente reclinata , c'è  l'aureola della santità. 
La donna è raffigurata  nel momento in cui la poppata ha avuto termine. E' leggermente assopita. La sua mano sinistra è "abbandonata" vicino al ginocchio della mano sinistra.

Il biondo Gesù Bambino guarda il viso della Madre e con la mano sinistra le carezza il collo, quasi a volerla svegliare.

In questo dipinto la Gentileschi illumina con una luce esterna le due figure nell'oscuro ambiente.

Bello il panneggio della veste color rosa che indossa la donna. Notare i suoi piedi scalzi.


Vi presento l'altro dipinto, attribuito ad Artemisia Gentileschi da alcuni storici dell'arte, ma non da altri.


dipinto ad olio su tela senza il nome dell'autore/trice. L'opera del 1618 circa è a Firenze, a Palazzo Pitti.

Come nel precedente dipinto, la Madre è assisa su una sedia ed è a piedi nudi.

E' raffigurata nell'atto di allattare il biondo Bambino. Con la mano destra regge la mammella destra, parzialmente coperta dal velo che le scende dal capo aureolato.

Bello il panneggio color ciclamino dell'abito. Il braccio destro è coperto dalla manica della bianca camicia. Il mantello blu  le copre il braccio sinistro, e dalla spalla le scende dietro la schiena fino al fianco destro.

Il Bambino guarda il seno materno;  nella mano destra regge un rametto con due ciliegie:  una simboleggia l'amore di Cristo, l'altra il suo sangue versato sulla croce.

doxa

Nel precedente post c'è un refuso nel sesto capoverso, che è da leggere in questo modo: 

La donna è raffigurata  nel momento in cui la poppata ha avuto termine. E' leggermente assopita. La sua mano sinistra è "abbandonata" vicino al ginocchio  sinistro.

Ipazia

Grande soddisfazione artistica reggere la testa recisa dello stupratore, pittore pure lui, come il padre, Orazio mi pare, di Artemisia. Caravaggesca, come il meglio della pittura del suo tempo. C'è un bel libro sulla sua vita: "Artemisia".
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

doxa

Buongiorno Ipazia. Stamane per colazione ti offro la "Grande Madre"  ??? ;D

Nell'arte l'immagine della donna che allatta ha radici lontane, nella preistoria, con la rappresentazione scultorea della "Grande Madre", divinità femminile  forse di epoca paleolitica, sicuramente neolitica, detta anche "Grande Dea" o "Dea Madre". La sua figura steatopigia evoca il simbolismo materno della fertilità,  della nascita, perciò spesso rappresentata con il bimbo in braccio o poggiato sul grembo, mentre è dedita alla lattazione del neonato.

E' presente in varie culture e civiltà. Esempi:  era conosciuta dai Fenici come "Ashtoreth", in Mesopotamia come Ishtar, dai Semiti come Astarte, dagli Egizi come Au Set, dai Greci come Cibele.

Nel tempo alle personificazioni della Grande Madre vennero attribuite varie connotazioni e mansioni.


scultura antropomorfa in pietra calcarea rinvenuta senza testa.  Rappresenta la Dea madre Astarte, la Grande Madre fenicia e cananea,  mentre allatta il figlio.

Astarte, venerata come protettrice della fertilità del suolo e delle donne,  è presente  anche nell'ebraico biblico col nome di  'Ašteret, plurale 'Aštērōt nel Libro dei Giudici (10, 6).

Dalla XVIII dinastia egizia  la dea fenicia entrò a far parte  anche del pantheon egizio, col nome di "Au Set". I Greci che conquistarono l'Egitto la chiamarono Iside, la grande dea della  fertilità e della maternità.


Iside: la "Grande Madre" dell'antico Egitto. 



Iside  mentre allatta il figlio  Horus.

Questa immagine evoca quella di Maria con Il Bambino nel cristianesimo.

doxa

Oggi, 3 dicembre 2023, comincia il periodo dell'Avvento, che termina il 24 dicembre.

Il sostantivo "avvento" deriva dal latino adventus,  da advenire = arrivare.

"Adventus" traduce la parola greca "parousia" (= presenza), che nei culti pagani simboleggiava l'arrivo annuale della divinità nei templi a lei/lui dedicati; ma nell'antichità il termine "parusia" (senza la o)  era utilizzato  anche per indicare l'arrivo o la presenza di un sovrano in un luogo.

Nella religione cristiana è il tempo liturgico di preparazione al Natale: commemora  la prima venuta del Figlio di Dio sulla Terra,  ma è anche tempo di attesa  della seconda venuta del Cristo, la parusia alla fine dei tempi.

Nelle Chiese cattolica, luterana e anglicana il periodo dell'avvento dura quattro settimane, e comprende le quattro domeniche precedenti il Natale. Ad ogni domenica corrisponde un diverso inno e specifiche preghiere. I paramenti del sacerdote officiante cambiano: la prima e la seconda domenica sono di colore rosso, la terza domenica è possibile utilizzare paramenti di  colore rosa, mentre l'ultima domenica sono bianchi, in segno di purificazione e preparazione alla venuta di Cristo.

Nel rito ambrosiano l'Avvento contiene 6 domeniche e può durare 6 settimane. Inizia la prima domenica dopo il "giorno di San Martino", l'11 novembre. Quando il 24 dicembre cade di domenica è prevista la celebrazione di una domenica prenatalizia. I paramenti del sacerdote officiante sono color morello, tranne nell'ultima domenica, nella quale si usa il bianco.

All'inizio del post ho scritto che il periodo dell'Avvento termina il 24 dicembre. E cominciano le funzioni religiose per celebrare la nascita di Gesù, che ha nell'arte l'ideale cassa di risonanza.

Ne è esempio Il tema artistico cristiano-cattolico della Madonna del latte (in latino Virgo Lactans, o Maria lactans), presente anche in ambito ortodosso con la definizione di "Panaghia Galaktotrophousa": in lingua greca,  Panaghia (=  Santissima o tutta santa),  Galaktotrophousa (= colei che nutre  con il latte). 

La Vergine è di solito  rappresentata  con un  seno  fuori dal vestito mentre allatta il Figlio o è  in procinto di farlo oppure mentre un singolo getto di latte o delle gocce  di latte scendono dal suo seno direttamente nella bocca di Gesù.


Icona della Panaghia Galaktotrophousa: Madre e Figlio guardano verso l'osservatore.

Questa immagine è custodita  a Betlemme nella cosiddetta "grotta del latte", in arabo "Magharet Sitti Mariam", la" grotta della Signora Maria", nell'eremo di Sant'Alberico.

doxa

Buongiorno Jean,
per la pazienza che hai nel leggere i miei post, e per rimanere in tema, stamane ti offro come colazione un virtuale bicchiere di latte: la lettura di un articolo titolato: "Il latte ed il suo valore simbolico nella Bibbia". Lo scrisse il cardinale Gianfranco Ravasi, biblista, per la rivista "Jesus", pubblicata nel gennaio 2007, che ho conservato tra i miei documenti virtuali.

Il testo è lungo e lo divido in tre parti per non renderlo indigesto.

Antico Testamento.

Nella lingua ebraica il latte si dice "halab" (in arabo "leben" = bianco), ed è presente in numerose pagine dell'Antico Testamento come simbolo di fecondità e di purezza.

Alcuni esempi.

Come segno di ospitalità il patriarca Abramo offre una tazza di latte fresco agli ospiti che entrano nella sua tenda sotto le querce di Mamre (Genesi 18, 8.

Terra promessa: è la "terra dove scorre latte e miele", questa frase è presente nell'Antico Testamento circa 20 volte.

Il capo tribù Giuda, secondo le parole della benedizione del patriarca Giacobbe, ha "i denti bianchi come latte" (Genesi 49, 12).

Nel "Cantico dei Cantici" l'uomo amato ha i "denti bagnati nel latte" (5, 12).

Ancora nel Cantico, il latte evoca la dolcezza: le parole e i baci della donna che ha "miele e latte sotto la sua bocca" (4, 11) e il suo amato baciandola dice di "suggerne il latte" (5, 1).

La carnagione dei giovani di Gerusalemme è "più candida del latte" (libro delle"Lamentazioni" 4, 7), e questa caratteristica è un indizio di bellezza.

Gerusalemme viene immaginata personificata come città-madre che ha il seno turgido e generoso: "Voi succhierete al suo petto, succhierete deliziandovi all'abbondanza del suo seno" (Isaia 66, 11).

Il latte è anche simbolo dell'era messianica quando l'umanità sarà invitata ad accorrere e a dissetarsi con acqua, vino e latte "senza spesa" (Isaia 55, 1).

segue

doxa

Nel Nuovo Testamento il latte (in greco "gàla) è citato con varie metafore e simboleggia il nutrimento spirituale.

Dal Vangelo di Luca: "Una donna alzò la voce in mezzo alla folla e disse: Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui sei stato allattato !" (11, 27). E' l'ammirazione di una donna nei confronti di Gesù per le parole da lui dette.

L'evangelista Luca per indicare il latte non usa il termine greco "gàla" ma il verbo femminile "ethélasas", da "thelàzein" (= allattare), che è generato da "thèlys" (= donna, femmina).
Tale verbo è presente altre quattro volte nel Nuovo Testamento: nell'acclamazione della Domenica delle Palme, allorché (sulla base di una citazione del Salmo 8, 3) Gesù accoglie gli "osanna" dei fanciulli, ricordando che "dalla bocca dei bambini e dei lattanti (thelazònton)" Dio riceve la lode più cara (Mt 21, 16).

Le altre tre presenze del vocabolo sono parallele e identiche nei tre evangelisti sinottici: nel giorno del giudizio finale "guai alle donne incinte e a quelle che allatteranno (thelazoùsais) in quei giorni !" (Mt 24, 19; Mc 13, 17; Lc 21, 23).

Paolo di Tarso nella prima Lettera ai Corinzi (9, 7) si domanda in modo retorico: "Chi fa pascolare un gregge senza cibarsi del latte del gregge ?". Il latte diventa il cibo degli immaturi, di coloro che sono ancora "carnali", incapaci di un alimento migliore, proprio come accade ai Corinzi "neonati" nella fede ed imperfetti nella loro vita spirituale: "Vi ho dato da bere latte", dice l'apostolo tarsita, "non un nutrimento solido perché non ne eravate capaci" (1 Corinzi 3, 1 – 2).

Analoga è l'applicazione nell'omelia o trattato teologico che è la Lettera di Paolo agli Ebrei: l'autore si rivolge ai suoi interlocutori con queste parole esplicite: "Siete diventati bisognosi di latte e non di cibo solido: chi si nutre ancora di latte è ignaro della dottrina della giustizia perché è ancora un bambino. Il nutrimento solido è per gli uomini maturi" (t5, 12 – 14). Siamo in presenza di un'inversione di tendenza, destinata a trasformare questo cibo vitale in un'immagine di limite, di imperfezione, di "infantilismo".

Sulla stessa base simbolica l'apostolo Pietro nella sua prima Lettera ribalta il significato. Introduce il tema della nascita battesimale come evento nell'esistenza cristiana, invita i neo battezzati "come bambini appena nati, a bramare il puro latte spirituale, per crescere con esso verso la salvezza" (2, 2).

segue

doxa

Nell'antica arte cristiana catacombale (ad esempio la cappella di San Pietro nella catacomba romana "ad duas lauros" della seconda metà del III secolo) e dei sarcofagi, Cristo è raffigurato come buon pastore che regge tra le mani una coppa di latte, destinata al gregge dei fedeli. Il latte, trasfigurato in un emblema della beatitudine perfetta della vita eterna riservata al cristiano.

La successiva tradizione cristiana abbandonò la simbologia biblica finora delineata e mirò verso l'immagine centrale della Natività di Cristo.

Una madre che allatta suo figlio neonato è un'immagine che appartiene a tutte le culture, soprattutto come simbolo di fecondità.

Nell'arte della miniatura il "libro delle ore" (libro devozionale cristiano medievale) veniva ornato con la rappresentazione di vari personaggi biblici. Maria veniva spesso raffigurata in stato di gravidanza.

La cugina Elisabetta, anch'essa incinta del bambino che poi diverrà il Battista (Giovanni il battezzatore), veniva rappresentata mentre toccava l'addome di Maria durante la visitazione alla sua parente, quasi per sentire i movimenti del piccolo Gesù in gestazione, mentre una sorta di fumetto citava le parole del Vangelo di Luca: "Benedetta tu tra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!" (1, 42).

Le immagini di Maria che allatta Gesù versando latte su quelle labbra si diffonde nei primi secoli dell'era cristiana nella convinzione che quelle "mammelle hanno nutrito col loro latte Dio", come scrisse nell'VIII secolo Giovanni Damasceno.

Nel II secolo Clemente Alessandrino nel suo "Pedagogo" (1, 6) aveva già stabilito un parallelo tra la Vergine Madre che allatta Gesù e la Chiesa che allatta e nutri i fedeli con il "santo latte" della parola e del corpo di Cristo.

Questo filo poetico e spirituale procederà nei secoli patristici con intensità e passione, come testimonia ad esempio un discorso del V secolo del monaco inglese Fausto di Riez (in latino Faustus Rhegiensis episcopus, 408 circa – 495 circa, che divenne abate e poi nominato vescovo), che vogliamo idealmente porre a suggello di questa analisi: "O Maria, allatta il tuo Creatore ! Allatta il pane del cielo, il riscatto del mondo: offri la mammella a lui che la succhia... Il piccolo bambino si nutra con il latte del tuo seno...".

doxa

Le raffigurazioni della Virgo lactans cominciarono ad essere diffuse dopo il Concilio di Efeso del 431, convocato dall'imperatore d'Oriente Teodosio II.

Vi parteciparono circa 200 vescovi e si occupò in particolare  del "nestorianesimo": la dottrina cristologica attribuita al vescovo di Costantinopoli Nestorio (381 – 451). La sua dottrina afferma la totale separazione delle due nature di Gesù Cristo, quella divina e quella umana, ne nega l'unione ipostatica. 

Afferma pure che Maria ha generato Gesù come uomo e non come Dio, perciò non le spetta il titolo di "Madre di Dio" (= Theotòkos). La considera soltanto come "Madre di Cristo" (= Christotòkos). Colui che nacque da Maria era solo un uomo, sul quale "discese" Dio.

Tale dottrina fu condannata da quel Concilio. Gesù Cristo, pur essendo nel contempo Dio e uomo  (come aveva affermato in precedenza il Concilio di Nicea, nel 325) è un'unica persona: le due nature, divina e umana, sono inseparabili, perciò Maria può essere detta "Theotòkos" (significa "Genitrice di Dio", in italiano "Madre di Dio").

Tra il VI e VII secolo i cristiano-copti egizi  come variante della tipologia Madonna col Bambino cominciarono  a diffondere le immagini della "Virgo lactans", raffigurata mentre allatta Gesù Bambino o si accinge ad allattarlo. Tale peculiarità fu anche  ispirata da un episodio nel Vangelo di Luca. Nella folla una donna alzò la voce e disse a Gesù: "Beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte" (11, 27).

Secondo la tradizione copta il cristianesimo  arrivò in Egitto  con l'evangelista Marco e venne diffuso tra le comunità urbane di lingua greca, poi in quelle rurali.

La rappresentazione della Madonna galattifera si propagò  nelle Chiese orientali con l'arte bizantina e conosciuta col nome greco di Galaktotrophousa,  invece in Occidente col nome di "Maria Lactans" o "Virgo lactans":  Maria ha sul grembo il Bambino, di solito lo sorregge col braccio sinistro mentre con la mano destra gli porge il seno scoperto, oppure è rappresentata a seno scoperto, colta nell'atto di allattare il figlio.  Altra modalità, seduta in trono, simbolo della sua regalità, accompagnata da angeli e santi.


Scomparto centrale del polittico di Gregorio di Cecco di Luca: rappresenta la Madonna con il Bambino circondata da sei angeli musicanti e sovrastata dalla colomba dello Spirito Santo.
In questa immagine ci sono due modelli iconografici: quello della Madonna dell'umiltà e quello della Madonna del latte, intenta ad allattare l'infante.
Pittura ad olio su tavola, 1423, Museo dell'Opera, cattedrale di Siena


In Italia la tipologia "Virgo lactans" cominciò ad essere diffusa dal XII secolo, dopo la prima crociata (1096-1099) per la conquista di Gerusalemme e della Terra Santa (= Palestina). 

Nei secoli successivi affettività e tenerezza tra Madre e Figlio permisero agli artisti di evolvere nella raffigurazione distaccandosi dai modelli bizantini rigidi e stilizzati.

Nel passato l'icona della Madonna che allatta suscitava  la devozione femminile, in particolare  delle partorienti: durante l'esperienza cruciale del parto e durante i tristi periodi di povertà, queste si rivolgevano alla Vergine pregando di avere il latte necessario per poter sfamare le loro creature.

doxa

#9
Ora passo  ad esporre e commentare alcuni dipinti che raffigurano la Madonna del latte, dividendoli per secoli.

La maggior parte furono realizzati da anonimi artisti, artigiani dotati spesso più di buona volontà che di talento. Ovviamente ci sono anche dipinti firmati da grandi maestri, come Ambrogio Lorenzetti, Leonardo da Vinci, Raffaello Sanzio, Lorenzo Lotto, Tiziano, ecc..


XII secolo

Nel santuario di Montevergine (prov. di Avellino),  c'è un'opera pittorica  del XII secolo circa che raffigura la Madonna del latte, detta anche "Madonna di San Guglielmo da Vercelli", fondatore di questa abbazia benedettina, costruita nel 1126.

Fu la prima icona ad essere venerata in quella chiesa. E' un dipinto a tempera su tavola  realizzato da un maestro campano. E' su due tavole di legno di pino, tenute insieme da alcune barre  di ferro nel retro. Il quadro è alto 4 metri e 30 cm e largo 2 metri e 10 cm..

In origine questo dipinto era solo un ritratto. Nei secoli successivi subì rifacimenti  e restauri, che ne hanno alterato l'originaria immagine.



La Madonna è  assisa in trono in posa ieratica. Ha la fissità nello sguardo. Indossa il maphorion, il mantello femminile usato a Bisanzio, che le copre il capo e la tunica. Notare la lunghezza della dita delle mani.

Con le sue braccia sorregge il piccolo Gesù, seduto sulla gamba sinistra della madre.

La mano destra del bambino tiene il panneggio del manto della madre all'altezza del seno, come se volesse sollecitarla a dargli la poppata.

Sopra la testa di Maria e  in quella di Gesù ci sono le aureole.

Due angeli sono nella parte superiore della spalliera del trono, invece in basso  sono raffigurati dei santi in preghiera.

doxa

XIII secolo


Maestro della Maddalena, Madonna del Latte tra San Leonardo del Limosino (guardando l'immagine è quello a sinistra del trono) e San Pietro (sulla destra, con barba e capelli grigi);

nei piccoli riquadri ci sono altre scene,  non bene visibili e comprensibili, tempera e oro su tavola, 1270 circa, Yale University Art Gallery.

Il cosiddetto Maestro della Maddalena è un anonimo pittore fiorentino, attivo nella seconda metà del '200. Il nome gli è stato assegnato dopo aver dipinto su tavola la "Maddalena penitente e otto storie della sua vita". Il quadro è conservato alla Galleria dell'Accademia di Firenze.

La Mater sopra la tunica indossa il maphorion di colore blu. Sul mantello ci sono tre stelle: una sulla parte frontale del copricapo, un'altra sulla spalla destra ed un'altra ancora sulla spalla sinistra, non visibile perché coperta dal Bambino.

Le tre stelle alludono al mistero della Trinità ma simboleggiano anche la castità di Maria (Aeiparthenos), la sua verginità perpetua: prima, durante e dopo il parto.

doxa

XIV secolo

La "Madonna del latte" nel Trecento


Nel '300  la rappresentazione iconografica della "Madonna del latte" perde le caratteristiche stilizzate  per assumerne una più realistica. 


Ambrogio Lorenzetti: "Madonna del latte", 1325 circa, tempera su tavola,  Museo Diocesano di Arte Sacra, Siena

Questo dipinto è  considerato un capolavoro della pittura italiana ed europea del '300. 

Nell'immagine la Virgo lactans non ha la frontalità tipica delle icone bizantine. La donna ha le  sopracciglia sottili, gli  occhi a mandorla, e  sembra osservare con malinconia il Figlio tra le sue braccia,  perché consapevole del suo destino.

Il neonato è semicoperto con un panno di colore rosa. Con la mano sinistra sorregge il seno della madre e nel contempo volge lo sguardo verso l'osservatore.

Maria indossa una tunica rossa, e sopra il maphorion blu che copre  il bianco foulard sulla testa. 
I tre colori hanno significati simbolici, ciascuno dei quali rivela un diverso attributo della Madre di Dio. Il colore rosso rappresenta la maternità divina, connessa con il sacrificio di Cristo sulla croce, il blu evoca la trascendenza, il bianco è il simbolo della purezza.

Lo sfondo dorato nel quadro esprime la realtà spirituale e divina  della Madre e del Figlio.

La forma cuspidata della tavola fa pensare che Maria sia seduta su un trono.

doxa

Segue XIV secolo
 


Andrea Pisano, Madonna del latte, statua a tutto tondo in marmo,  1346 circa, Museo nazionale di San Matteo, Pisa. 

La figura è rappresentata fino alle anche; è drappeggiata e velata; sostiene il bambino con il braccio sinistro.

Questa scultura viene considerata un capolavoro del Trecento italiano, per la sua espressività e l'innovativo stile.

Le linee curve del maphorion della Vergine sembrano unirsi  a quelle del panno che parzialmente avvolge il Bambino.

Il pargolo è colto nell'atto di suggere il latte; la sua mano sinistra è poggiata sul seno materno;  guarda verso la madre, che corrisponde con il lieve sorriso.

La dimensione della scultura fa pensare  ad una statua progettata per essere inserita in una nicchia.

Infatti in origine era collocata in un incavo della basilica in stile gotico di Santa Maria della Spina, a Pisa. 

Ipazia

   
«Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.» (Genesi, 1,27)

Maschio: etim.gr.lat. pensante, la mente
Femmina: etim.gr.lat. allattante, la tetta

Pillole di patriarcato, coerentemente rappresentato in questa tematica teologica e artistica.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

doxa

Ciao Ipazia.

Ora ti offro come aperitivo serale questo lavoro artistico 

XV secolo

La "Madonna del Latte" nel Quattrocento



Jean Fouquet, Madonna del latte in trono col Bambino,1452-55, dal "dittico di Melun"

Il nome del dittico deriva dalla sua sede originaria nella Collegiata di Notre-Dame, nella città di Melun (Francia).

Il pittore e miniatore rinascimentale francese Jean Fouquet (1420 circa – 1480 circa) fu artista di corte per  Carlo  VII di Valois, re di Francia dal 1422 al 1461, anno della morte del sovrano. 




Nello scomparto di sinistra di quel che in origine era un dittico, poi diviso,  è raffigurato il committente: "Etienne Chevalier, presentato da Santo Stefano"; il pannello è custodito nella Gemäldegalerie di Berlino.

Etienne Chevalier (tesoriere del re Carlo VII)  indossa l'abito rosso, è in ginocchio, con le mani giunte in segno di preghiera; vicino c'è il patrono, santo Stefano, che indossa i paramenti del diacono; la dalmatica è blu con finiture dorate,  nella mano sinistra sorregge il libro dei Vangeli con sopra una pietra: simbolico attributo perché fu lapidato a morte con le pietre. 

Dietro la testa di Chevalier si vede sul muro la scritta " "IER ESTIEN" (sapete cosa significa ?). 



Nello scomparto di destra la "Madonna del latte in trono col Bambino", conservato al Koninklijk Museum voor Schone Kunsten di Anversa, Belgio.  = Museo Reale di Belle Arti, Anversa.




Del dittico faceva parte anche un medaglione a smalto con l'autoritratto di Jean Fouquet.


Autoritratto di Jean Fouquet, miniatura in rame, smalto e oro (diam. 7,5 cm);  questo medaglione (è a Parigi al Museo del Louvre) costituiva la "firma" del dittico. 


"Madonna del latte  in trono col Bambino".



La Vergine è seduta su un trono arricchito con perle.

La donna, più che alla Madre di Dio somiglia ad un'algida regina nordica.

Sul  capo anziché avere il velo o il copricapo del maphorion ha, come una regina, una corona ornata con pietre preziose.

E' senza capelli (li ha rasati secondo la moda del tempo ?)

Ha il  volto ovale, il seno sferico.

Indossa un abito azzurro e un mantello bianco a pois. 

Ha un seno scoperto per allattare il Bambino, che è su un bianco lenzuolo ed è  seduto  sulla gamba sinistra della madre; il pargolo col dito indice della mano sinistra segnala i due personaggi sull'altro pannello.

Tra madre e figlio non c'è il reciproco sguardo affettuoso  ma  entrambi hanno compostezza surreale.

Le due figure sono circondate da angeli cherubini di colore blu e angeli serafini di colore rosso:  i loro colori evocano rispettivamente la sapienza e l'amore di Dio.