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Rainbow

Aperto da doxa, 16 Febbraio 2023, 09:09:37 AM

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Da domani, 17 febbraio, al "Mudec" (= Museo delle Culture) di Milano (Via Tortona 56), si può vedere la mostra titolata: "Rainbow. Colori e meraviglie fra miti, arti e scienza", visitabile fino al 2 luglio.

L'esposizione è basata su diverse narrazioni collegate all'arcobaleno, considerato fenomeno naturale, ma anche scientifico, antropologico e storico-artistico.

In Asia, Australia, Africa e nelle Ande l'arcobaleno viene rappresentato come un serpente, anche bicefalo, che regola le acque cosmiche.

Nella mitologia norrena e in altre culture l'effimero arcobaleno era considerato ponte di collegamento tra la Terra e il cielo, tra la materialità e la spiritualità.

Anche per la mitologia greca l'arcobaleno è un ponte: Iride (in greco Iris) è la messaggera degli dei e personificazione dell'arcobaleno, che la dea crea come sentiero per spostarsi fra cielo e Terra. E' vestita di "iridescenti" gocce di rugiada.

Iris è citata nell'Iliade e nel quinto libro dell'Eneide.

Per la luminosità di colore variabile la membrana dell'occhio fu denominata "iride".
 

Pierre-Narcisse Guérin, Morfeo e Iris, olio su tela, 1811, Museo dell'Ermitage, San Pietroburgo.

Questo dipinto del francese Guérin rappresenta Morfeo, il dio dei sogni, addormentato, con le braccia distese sopra la testa; è sorpreso nel sonno da Iris, accompagnata dal piccolo Eros.

Morfeo, nelle sue apparizioni notturne, prendeva le forme delle persone o delle cose sognate dall'umanità. Quando inviava sogni portava con sé un mazzo di papaveri con il quale sfiorava le palpebre dei dormienti e donava loro realistiche illusioni.

Esiodo nella sua "Teogonia" dice che i sogni erano personificati dagli "Oneiroi", deità minori e figli della Notte, in greco antico "Nyx", nella mitologia romana "Nox".

Nell'Iliade e nell'Odissea la divinità che personificava il sogno era "Oniro", figlio di Hypnos, dio del sonno.


 

William-Adolphe Bouguereau: "La Notte", dipinto a olio, 1883, Hillwood Museum and Gardens, Washington DC, U.S. A.

Nox, la dea che personifica la notte terrestre, è descritta con ali nere e drappeggi neri. Ma in questo dipinto il pittore francese Bouguereau l'ha raffigurata senza ali, semicoperta da un drappeggio nero, mentre fugge dai corvi che la vogliono assalire.

Nox era contrapposta ai suoi figli: Etere (la luce), ed Emera (il giorno).

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L'arcobaleno è un fenomeno naturale di rifrazione e riflessione della luce in rapporto alla posizione del Sole e alla dimensione delle gocce d'acqua; appare solo con determinate condizioni meteorologiche.

E' raffigurato con sette colori, e con significati culturali diversi: in Italia è simbolo di pace, negli U.S.A simboleggia la rivendicazione alla diversità sessuale.

In ebraico arcobaleno si dice qesher ed anche qesèt.

Nella Genesi, (9, 12 – 17) dopo la fine del "diluvio universale", Dio come segno di alleanza con l'umanità fa apparire l'arcobaleno.
 


Da quel mitico evento, venne assegnato all'arcobaleno un significato simbolico-religioso, anzi teologico: è il segno della riconciliazione divina con la terra, non solo con l'umanità ma con tutta la creazione. Ecco perché nella tradizione ebraica questo fenomeno naturale viene salutato recitando una speciale preghiera che benedice Dio perché "si ricorda del patto, è fedele e mantiene la Sua parola".

Per il profeta Ezechiele l'arcobaleno è il termine di paragone della luminosità che emana dalla gloria divina, che gli appare in una visione straordinaria tra fiamme di fuoco e creature angeliche, tra pietre preziose e lampi.

Ezechiele vide che Dio "Era circondato da uno splendore simile a quello dell'arcobaleno fra le nubi in un giorno di pioggia. Così percepii in visione la gloria del Signore" ( Ez 1, 27 – 28).

Nel Siracide, testo che fa parte della Bibbia cattolica (LXX e Vulgata) ma non di quella ebraica (Tanakh) né di quella protestante perché considerato apocrifo, ci sono due riferimenti all'arcobaleno:

1."Osserva l'arcobaleno e benedici colui che lo ha fatto: quanto è bello nel suo splendore !. Avvolge il cielo con un cerchio di gloria, lo hanno teso le mani dell'Altissimo" (43, 11 – 12).

2. "Come un astro mattutino fra le nubi, / come la luna nei giorni in cui è piena, / come il sole sfolgorante sul tempio dell'Altissimo, / come l'arcobaleno splendente fra nubi di gloria,[...]" (50, 6 – 7).

L'evangelista Giovanni nell'Apocalisse dice che "Un arcobaleno simile nell'aspetto a smeraldo avvolgeva il trono" di Dio (4, 3). In seguito aggiunge: "Poi vidi un altro angelo potente, discendere dal cielo avvolto in una nube; sopra il suo capo c'era l'arcobaleno" (10, 1).
 


un solo arcobaleno rappresenta simbolicamente la realtà fisica, il secondo arcobaleno, invece, simboleggia la spiritualità:
i due arcobaleni insieme alludono alla fusione e l'equilibrio di Cielo e Terra, materiale e spirituale.

Il filosofo greco Alessandro di Afrodisia, vissuto tra la fine del II secolo d. C. e i primi decenni del III sec. d.C., descrisse il fenomeno che appare quando ci sono due archi di arcobaleno: la zona di cielo al di sotto dell'arco principale, l'inferiore, appare più luminosa di quella al di sopra.

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Negli anni 1912 – 1913 il pittore futurista Giacomo Balla, durante il suo soggiorno in Germania, a Dusseldorf, frequentò l'ambiente artistico tedesco e fece degli esperimenti con la rifrazione della luce, il cui archetipo è il "prisma di Newton": un disco composto da sette comparti colorati secondo i colori dell'arcobaleno. Facendolo ruotare, il disco mescola la luce riflessa da diversi colori e si ottiene l'illusione che tendano alla "fusione" tra loro e generare un'unica luce bianca.

Quel disco prende il nome dal suo inventore: Isaac Newton: il 16 febbraio 1672 scrisse un articolo sugli esperimenti che stava conducendo dal 1666 con la rifrazione della luce attraverso prismi di vetro. Riuscì a individuare i sette colori primari: rosso, arancione, giallo, verde, blu, viola e indaco. Sono detti primari perché non possono essere modificati da ulteriori rifrazioni.



Un prisma separa per rifrazione la luce nei colori che compongono lo "spettro visibile": è lo spettro elettromagnetico, compreso tra il rosso e il violetto ed include i colori percepibili dall'occhio umano.

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Arcobaleno: parola composta da "arco" + "baleno".
Il sostantivo baleno deriva dal verbo balenare,  sinonimo di lampeggiare; in questo caso si riferisce al fenomeno luminoso che accompagna le scariche elettriche nell'atmosfera, cioè alla breve e rapida emissione di luce intensa che accompagna il fulmine.

Fin dall'antichità l'arcobaleno è  fonte d'ispirazione per poeti, narratori e pittori, nell'antichità fu oggetto di  miti e leggende.

L'antico scrittore greco Esiodo (VIII – VII sec. a. C.) nel suo poema mitologico "Teogonia" dice che la dea Iris è messaggera degli dei e personificazione dell'arcobaleno. Come abito indossa il chitone con gocce iridescenti di rugiada, ha calzari alati ed ali d'oro. Suo attributo,  il bastone araldico. La mansione: annunciare all'umanità messaggi funesti;  per quelli propizi da parte degli dei era addetto il dio Hermes.



La dea Iris è citata nell'Iliade: Zeus ..."Subito spediva con un messaggio Iris dalle ali d'oro: / 'Vai, Iris! Falle tornare indietro, non lasciare / che mi vengano davanti! Non sarebbe bello, se combattessimo! ... (VIII, 397 e segg.).

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Marco Tullio Cicerone nella teologica "De natura deorum" (= La natura degli dei):
"... Perché allora non porre fra gli dèi anche la figura dell'arcobaleno; bello è il suo aspetto e appunto per questo, quasi a significare ch'esso è provocato da una causa che desta stupore, è detto figlio di Taumante. Ora, se l'arcobaleno è un dio, che farai con le nubi; è un fatto che l'arcobaleno è costituito dalle nubi assumenti determinati colori; e si dice che una di esse abbia generato i centauri. Ma divinizzare le nubi significa divinizzare i fenomeni meteorologici consacrati nei rituali del Popolo Romano. Di conseguenza le piogge, le bufere, le tempeste, gli uragani saranno da considerarsi alla stregua di altrettante divinità: del resto i nostri comandanti quando si mettono in mare sono soliti immolare una vittima ai flutti. ..." (3, 51)

Virgilio nel suo poema epico "Eneide": "... come sulle nuvole l'arco (arcobaleno) mille colori diversi proietta contro il sole..." (5, 88).

Ed ancora nell'Eneide:  Giunone invia Iris verso la flotta iliaca. La messaggera scende veloce dall'arco multicolore per incitare le troiane a dare alle fiamme la flotta di Enea ((V, 604 – 610).

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La dea Iris della mitologia greca è denominata "Iridis" nella mitologia  di epoca romana,  e nella lingua italiana Iride: questo nome  è usato nell'oculistica per indicare la parte colorata dell'occhio con al centro la pupilla; nella fisica per definire lo spettro solare; nella botanica per designare le iridacee .


L'Iris è un bel fiore, che gli antichi Greci usavano piantare vicino le tombe perché l'omonima dea dell'Olimpo era connessa anche con la morte. Accompagnava le anime delle donne defunte  nel regno dei morti. Infatti fu lei a prendere l'anima della regina Didone di Cartagine, suicida per amore di Enea che l'aveva abbandonata, come racconta Virgilio nell'Eneide (versi 688-705). Perciò l'Iris nella simbologia dei fiori significa la fine di un amore. Ma può finire l'amore passionale ?

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Nel precedente post ho scritto
Citazione"L'Iris è un bel fiore, che gli antichi Greci usavano piantare vicino le tombe perché l'omonima dea dell'Olimpo era connessa anche con la morte. Accompagnava le anime delle donne defunte  nel regno dei morti. Infatti fu lei a prendere l'anima della regina Didone di Cartagine, suicida per amore di Enea che l'aveva abbandonata, come racconta Virgilio nell'Eneide (versi 688-705)

Di solito il suicidio causato dall'amore non corrisposto avviene nell'età adolescenziale.

Poi l'individuo matura, entro di sé riesce a creare la "corazza psicologica" ed affronta altre relazioni di coppia, altre delusioni, abbandoni, periodi di lutto psicologico, successivamente si apre di nuovo alla vita e a nuovi amori, senza pensare al suicidio.

Il mito e l'antica letteratura greca narrano che la fenicia Didone o Elissa (altro nome di quella sovrana) non era una pùbere quando incontrò il troiano, Enea.


Prima di diventare regina di Cartagine (fondata secondo il mito nell'814 a. C.), Didone era stata regina di Tiro (città nell'attuale Libano) ed aveva un marito, di nome Sicheo.

ll fratello di Elissa, Pigmalione, desideroso del trono di Tiro, fece uccidere Sicheo e prese il potere.

La donna, con altri fuggiaschi, dopo varie peripezie sulle coste del Nord Africa, dal re dei Getuli (popolo nomade nell'antica Libia), di nome Jarba o Giarba, ebbe il permesso di insediarsi nel territorio dove fondò la città di Cartagine.

Durante la propria vedovanza, Didone venne insistentemente richiesta in moglie da alcuni capi tribù della Numidia, ma scelse di sposare in seconde nozze Barca, uno dei suoi seguaci fuggiti con lei da Tiro.

Dopo aver finto di accettare le nozze, Didone si uccise con una spada, invocando il nome di Sicheo, il suo primo marito.

La mitologia riguardante Didone venne rielaborata da alcuni storiografi romani per dare la giustificazione all'origine delle guerre tra Roma e Cartagine. Successivamente il poeta Virgilio scrisse la sua versione del mito, diventato celebre nei secoli.

Nella versione virgiliana, Cupido istigato da Venere fa nascere l'amore tra Didone ed Enea, giunto naufrago a Cartagine con i suoi seguaci (I e IV libro dell'Eneide).

"Improbe amor, quid non mortalia pectora cogis! (= Amore ingiusto, a cosa non spingi i cuori dei mortali !)
(Virgilio, Eneide, IV, 412). Questo verso riassume il dramma raccontato nel IV libro dell'Eneide, che narra la triste vicenda dell'amore della regina Didone per Enea.




Enea e Didone, affresco nella "Casa del citarista", Pompei, III stile: 10 a. C. – 45 d. C..

Dopo un po' di tempo il fato volle l'interruzione di quel rapporto d'amore.

Giove, tramite Mercurio, impose all'eroe troiano la partenza da Cartagine per giungere con i suoi compagni sulla costa laziale.

Enea lascia Didone. Lei prima lo supplica, poi lo maledice ed infine, disperata, si trafigge con la spada che l'eroe troiano le aveva donato e si getta nel fuoco di una pira sacrificale, questa la versione dell'Eneide virgiliana.

atomista non pentito

Cio' che so con estrema certezza e' che alla base dell'arcobaleno si trova una pentola piena d'oro appartenente alla stirpe degli gnomi.
Trovarla rende appagati per tutta la vita.
Io la trovai.

Pensarbene

È un fenomeno bello e suggestivo, una poetica della natura, quando ne vedo uno mi soffermo a guardare e ne resto soddisfatto.