quattro righe di tanto in tanto

Aperto da Alberto Knox, 18 Maggio 2022, 12:59:37 PM

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Alberto Knox

Traffico.

Nel traffico distratto del mattino mi fermo al primo rosso
mi suonano dietro, quei clacson
no, non era un semaforo quel rosso
solo un papavero sbucato dall asfalto
e che mi ha fermato il cuore
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Alberto Knox

L'ESSERE DELLA CASA LUNGO IL VIALE

Noi ragazzi la vedevamo da sempre poichè stava sul viale alberato che porta alle scuole medie e poco più avanti , per inronia della sorte, al cimitero del paese. In più uno dei nostri luoghi di ritrovo erano le panchine del viale , dove ci posizionavamo presso l'unica vietta che interseca con il viale all altezza del fioraio. Quando io giunsi al paese la casa era già disabitata da alcuni anni e i ragazzi del paese dicevano che l'uomo che ci viveva era un mezzo matto ciucatone, e lo potevi vedere andare in giro vestito come un barbone con la sua bicicletta sgangherata quanto lui. Ricordo che durante alcune serate lì al viale i ragazzi raccontavano strane storie su quella casa, che si sentivano rumori e così cominciò la leggenda che fosse abitata da un fantasma. A quella giovane età questi resoconti mi affascinavano e incuriosivano parecchio , e col tempo salivano a galla nuovi fatti, nuove rivelazioni che non facevano altro che alimentare la mia immaginazione e le mie paure. si diceva infatti che l'uomo era solo e morì solo, in quella casa. Trovarono diverse milioni di lire all interno del materasso , gli avevano dato anche un soprannome quando era in vita ma non mi ricordo quale sia. Questi discorsi fatte nelle sere di estate favorivano la mia immaginazione e presi così ad osservare la casetta del viale con occhi sempre più analitici. Se ne stava lì indisturbata da anni, coi suoi muri sbiaditi e austeri e quelle finestre dalle inferriate nere e le persiane perennemente chiuse. Ogni volta che ci passavi di fronte, incuteva un vago senso di disagio, di solitudine, abbandonata e avara ed il giardino disadorno, oltre il recinto, fatto da colonnette di cemento e mattoni sbeccati e una rada e incolta siepe di alloro, rendeva ancora più viva quell'idea di desolazione. Il cancelletto sverniciato con la pesante catena con un lucchetto arrugginito, a rimarcarne lo scarso utilizzo; la scalinata che saliva al portone d'ingresso, in legno massiccio e scrostato, era coperta dalle foglie secche che il vento vi aveva accumulato, nei suoi indolenti e disordinati mulinelli; in alto, sul tetto una vecchia antenna TV, testimoniava che, una volta, chissà quando..., qualcuno doveva pur averla vissuta ed abitata. Le sere d'inverno poi, quando c'era nebbia , la luce dei lampioni lungo il viale giocavano strani giochi e ombre storte e te la ritrovavi se passavi da lì soprapensiero, all'improvviso, come una apparizione minacciosa che sbucasse dal niente e allora... tiravi su il bavero del cappotto ed allungavi frettoloso il passo lasciandola al suo buio. Oggi quella casa non esiste più, ci hanno fatto un condominio da parecchi anni ormai. Quindi racconterò le cose successe in quegli anni, quando andavi al viale in bicicletta aspettandoti che vi fosse qualcuno dei tuoi, della combricola , con cui passare il pomeriggio. Un giorno era estate e arrivai alle panchine prima del solito , non c'era ancora nessuno ma sapevo che bastava aspettare e prima o poi avresti visto qualcuno dei tuoi arrivare da in fondo al viale. Posai la bicicletta ad un albero sedendomi alla maniera dei giovani su una panchina. Aspettando inevitabilmente finii col guardare la casa e desideroso di sapere di più sul conto mi avvicinai al cancelletto, volevo cogliere indizi che mi parlassero di quell anziano signore che un tempo ci abitava e la viveva, non c'era molto di più di quanto già detto anche se mi soffermai su uno di quelle tettoie fatte da 4 pali e un odolus arrugginito messo inclinato in cima come copertura . Il vecchio doveva avere una stufa a legna, cercai il comignolo in cima al tetto per osservarne l'usura , la fuliggine che sfiammava sui bordi testimoniava che un tempo fumava e così collegai che sotto quella tettoia doveva esserci della legna. Sulle pareti della casa vi erano alcune firme fatte con delle bombolette ; "Ago", "Crack", "Bodo" , "TNT" , " koma" ...sorrisi guardandole perchè sapevo esattamente le facce corrispondenti di ogni firma sul muro. I ragazzi dovevano essere entrati e per testimoniarlo avevano lasciato le loro firme da graffitari . Probabilmente ci sarei andato anch'io se fossi stato presente.
Ma non sentivo l'esigenza di entrare, quasi come se entrare fosse stato un violare la propietà privata di quell uomo esattamente come se fosse stato ancora in vita, infatti guardando la casa sentivo che qualcosa di lui era ancora lì, fra quelle mura, in quelle mure..lo potevo vedere seduto a guardare la TV su una vecchia poltrona , La cena era là, sopra il tavolo spoglio dove l'aveva lasciata, il pane smangiucchiato, un piatto semivuoto con i resti del tonno ed un pò di cipolla, il bicchiere di vino ed il fiasco sempre pronto alla bisogna.
 Nella stanza disadorna, l'uomo solo sapeva muoversi quasi a memoria, sapeva le ombre e le pieghe del muro, le crepe e l'odore stantio della solita polvere , era diventa cosa sua che ne rispecchiava carettere a anima; non serviva una donna a riempire la stanza, tra i suoi pensieri e le tante cartacce, bastava da sola, la sua vecchia amica "malinconia" , no, non sentii rumori di passi o di mobili spostarsi e là, in quella casa, non c'era propio nessuno...soltanto il vuoto.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Alberto Knox

Il guerriero si perse in un sogno di stelle impossibili e da allora, tutti i dati trasmessi sono diventati illeggibili, ogni tanto ci arrivano segnali che il cuore soltanto registra e capisce: forse non è mai esistito, forse non è mai partito, forse... sono tutte storie inventate...

Il guerriero di latta

Era stato realizzato grazie all ingenieria genetica e tessutale  in collaborazione con la biomeccatronica , gli scienziati erano riusciti ad accedere alla camera del Gap e trarre vita attraverso le anime che vi risiedevano. Ognuno di loro venne spedito nello spazio, con un'arca denominata Luna per combattere contro l'invasione di strani esseri dalle sembianze non umane. IL guerriero era composto da 21 parti di tessuti umani su cento parti di tessuti circuitali biomeccanci e risiedeva in lui l'anima di una persona un tempo stata in vita . Sono passati più di 100 anni da allora , e lui, rimasto sulla luna , uno dei pochi sopravvissuti del suo genere cerca di comunicare con nui da lassù . Solo e abbandonato a se stesso . La pesante cappa della sera, calò sulle sue spalle, con tutto il suo peso, ed ad avvolgere le sue membra un arrugginita armatura, mai smessa, ben saputa; ogni sera più pesante e cigolante e arrugginita. Non riparava dal freddo quel vestito di latta e ferro, così come non nascondeva nulla, quell'oscurità, quella solitdine  tutti i fantasmi e la paure sciamarono famelici, nascosti dalle ombre, a mordere carne e pensiero. Come una visiera senza 'grata', abbassò la mente e spense i pensieri. Avrebbe atteso un'altra volta, facesse giorno.
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seconda parte:
Non sento più alcun dolore, adesso. Non so da che parte è il cielo, se "l'alto" è sopra o è quì, in basso; ho perso ogni senso d'orientamento, quì su Luna.
Sto avanzando in una pastosa nebbia che mi ingolfa vista e polmoni, (se polmoni si possono chiamare) ricordo ricordi che non so di chi ne di quale vita appartenevano. A volte sento una melodia nella mente, qualcosa , non so bene cosa sia , a volte  sembra una voce che danza lontana, mentre avanzo in questa nebbia colorata , mi avvolge, mi droga ..non so pensare, non saprei cosa pensare, neppure chi sono e se sono, poi...
Sono solo, quì dentro questa cosa che non so se sia una corazza o ciò che costituisce il mio corpo come parte intergrante  fra ciò che  è dentro come questo sangue?.... e ciò che vi è fuori di ferro...Vorrei uscire da quì,  da questa prigione meccanica che non so "dov'è" e che non so dove mi farebbe uscire, su che scena, palcoscenico, realtà...e che aspetto avrei ...senza..
Aspetto, insensibile, effimero, aspetto: forse un dolore. L'unica emozione che mi è stata data da provare...

terza parte:
Sto camminando lungo i bastioni della fortezza di Aminos , tutto ciò che resta sono cumuli di macerie e queste colonne portanti ancora in piedi a testimoniare la grandiosa roccaforte che era e che avrebbe dovuto fermare l'avanzata degli alieni denominati "Titan" per via delle loro dimensioni e l'aspetto grottesco. gli esseri umani non sapevano, non potevano sapere delle terribili armi a cui eravo esposti ed impotenti . La sciagura che ci travolse era del tutto imprevista , come imprevista è stata la comparsa dell astronave che stravolse ogni speranza di resistenza. Il raggio verde che ne uscì falciò come fili d'erba la prima e la seconda divisone  e dopo..dopo arrivò un suono intenso, penetrante, quasi fosse uscito direttamente dalla bocca di Dio e il bagliore ineguagliabili e il rovente calore a cui nemmeno gli angeli del cielo sanno dare un nome bruciò l'intera supefice lunare in una sorta di intensa fiammata. Così che tutto ebbe fine.
Lascio vagare lo sguardo oltre la massiccia catasta di cumuli e macerie.. la' su quel deserto che pare non avere fine e quei suoi lontani monti. Presto scorgero' nubi di polvere alzarsi verso il cielo. Sono le ceneri che per lungo tempo son piovute incessantemente dopo la catastrofe...ne è Passato di tempo, non lo saprei contare...ed anche oggi sono qui', sul cammino ad osservarmi quel deserto inanimato e senza colore, a scrutare, con un senso di quieta attesa, di immobile certezza, quella linea di orizzonte e quei frastagliati monti, da cui quei Titani dovranno, prima o poi, sbucare e ancora avro' la forza per lottare?  non lo so , come non so ora che anno sia e quanti i miei o quanti me ne restino ancora, mentre stanco, appoggiato a un 'merlo' dei bastioni, mi scivola lo sguardo sul mio deserto; e' una vita forse che me lo ingoio e ormai e' cosa mia, ne so le pieghe e i fumi lontani che si levano pigri al cielo, ne so le attese e quel silenzio.
Non scorgero' piu' Titani in distanza: forse senza che me ne accorgessi, nel mio guardare, sono penetrati dentro da anni e hanno scavato .. dentro.. senza battaglie... hanno gia' vinto... e a nulla sono serviti gli intatti bastioni, per fermare quell'avanzata inesorabile che cavalcava il tempo...
Usciro' ..tra poco, dal mio deserto... a cercarne confini... senza piu' attese ne' rimpianti.

Il guerrierò si lasciò sdraiare a terra , con lo sguardo rivolto verso il cielo. E per la prima volta riuscì a vedere delle stelle oltre le nubi di polvere ...Così, com'era giunto, un giorno, ....così, placò di colpo, come fa il vento, all'improvviso, furtivo e muto.. si spense.. sciolse, svanì nella sua nebbia.
Di lui, soltanto spurie, andate tracce, rimaste a sporcar fogli e mente: restò un pensiero solamente, sospeso, in bilico ..."è uno spettacolo meraviglioso" . seguendo il movimento di una piccola cometa che passava lentamente propio in quel momento e che passa...che passa....che passa...

Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Alberto Knox

l giullare del Paese di mai più
 
Forse è già tardi, quì nel "Paese di mai più", forse è già ieri e sarà ormai stato anche domani; ci passa il fiume, poco più in là e ci corrono le erbacce ed i ramarri, su per il fosso: e l'acqua,ferma, immobile, si beve quegli argini che scorrono silenziosi e spogli, in quel silenzio che fa l'Inverno nel suo camminare greve. Puoi perderti  lungo quei sentieri ripidi ed inesistenti, che non avevano un nome, né mai portavano da qualche parte, ma che non avevano , al contempo, né limiti né fine; senza una direzione o un verso, ma capaci di sbucare all'improvviso, proprio in cima alle  colline e che ti facevano trovare, di colpo, a dominare tutta la pianura....o proprio in faccia al mare, tanto che, per un momento, credevi di poter tenere tutto in uno sguardo o dentro il pugno, ed esserne tu il sole..oppure puoi fermarti lungo la via del fosso che porta al ponte del molino vecchio, fermandoti,  guardando giù ci leggi i gorghi che traccia la corrente ed in quei cerchi disegnati, ci leggi un infinito che si attorciglia al cuore..
chissà se mai ci andrai e andondici avrai la fortuna di incontrare  l'engigmatico giullare che di tanto in tanto appare in quel paese. lo si  può sentire vagare scampanellando furtivo e guardingo  fra gli alberi del bosco o sdraiato su una pianta preso e indaffarato a non far niente, confuso ed affogato tra fumi d'aria fritta e vorticare insulso di scontrosi mulinelli di vento, assorto e intento, come spesso accadeva,ad inventarsi fantasmi e tirar su di muri e scavar di fossi dove andare a sbattere e ad incartarsi, distratto e un po' sorpreso, come sempre, d'essere lì, ancora oggi.. e incontrandolo, al solito "per caso"  guardandoti negli occhi con quel suo vestito giallo a rombi neri e facendo un bell inchino ti ripeterà  l'enigma..."chi siamo noi?..da dove veniamo?"..per poi sparire dietro una pianta lasciando di sè.. il suono di campanelli che si allontano nel nulla.
https://digilander.libero.it/isry/clip1891.jpg
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Alberto Knox

il cieco che sapeva vedere

Due uomini, entrambi molto malati , occupavano la stessa stanza d'ospedale . A uno dei due fu permesso di sedersi sul suo letto per un'ora ogni pomeriggio per aiutare il drenaggio dei fluidi dai suoi polmoni . Il suo letto era vicino all'unica finestra della stanza mentre l'altro uomo doveva passare tutto il suo tempo sdraiato sulla schiena. Gli uomini parlavano per ore e ore. Parlarono delle loro mogli e famiglie, della loro casa , del loro lavoro , il loro coinvolgimento nella servizio militare , dove erano stati in vacanza .. Ogni pomeriggio , quando l' uomo nel letto vicino alla finestra poteva sedersi,passava il tempo a raccontare al suo compagno di stanza tutte le cose che poteva vedere fuori della finestra . L'uomo nell'altro letto cominciò a vivere per quelle ore in cui il suo mondo si sarebbe allargato e ravvivato da tutta l'attività e dal colore del mondo esterno . La finestra dava su un parco con un bel lago.Anatre e cigni giocavano nell'acqua mentre bambini facevano navigare le loro barchette giocattolo. Giovani innamorati sottobraccio tra fiori di ogni colore e una bella vista sul panorama della città. Quando l' uomo della finestra descriveva tutto questo con squisiti dettagli , l'uomo dall'altra parte della stanza chiudeva gli occhi e immaginava ... Un caldo pomeriggio , l'uomo vicino alla finestra descrisse una parata di passaggio. Sebbene l'altro uomo non potesse sentire la banda poteva vedere con gli occhi della sua mente ciò che il suo compagno di stanza descriveva. Passarono giorni, settimane e mesi. Una mattina , l'infermiera di giorno trovò il corpo senza vita dell'uomo vicino alla finestra , morto pacificamente nel sonno . Non appena gli sembrò appropriato , l'altro uomo chiese se poteva essere spostato vicino alla finestra . L'infermiera fu felice di fare il cambio, e dopo essersi assicurata che stesse bene ,lo lasciò solo. Lentamente , dolorosamente , si sollevò su un gomito per guardare al mondo reale esterno . Si sforzò girandosi lentamente per guardare fuori dalla finestra, oltre il letto . E di fronte vide un muro bianco . L' uomo chiese all'infermiera che cosa poteva avere spinto il suo amico morto a descrivere tali cose meravigliose al di fuori di quella finestra. L'infermiera rispose che l'uomo era cieco e non poteva nemmeno vedere il muro . Disse "forse voleva solo infonderle coraggio".
(scrittore sconosciuto)
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.