Nel nostro tempo consideriamo il paesaggio la fisionomia di una parte di territorio, determinata dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni.
Ma questo sostantivo ci arriva da lontano, dal latino "pagus" (= villaggio): dietro l'apparente semplicità si nasconde la stratificazione lessicale elaborata nei secoli fino a giungere al sostantivo "paese", da cui deriva "paesaggio": questa parola la troviamo per la prima volta attestata in una lettera scritta l'11 ottobre 1522 dal noto pittore Tiziano Vecellio e indirizzata a Filippo II di Spagna (1527 – 1598), figlio dell'imperatore Carlo V. Il neologismo entrò nell'uso della lingua italiana.
Nell'ambito artistico la diffusione del paesaggio nella pittura moderna cominciò con Giorgione (1478 circa – 1510). Non più sfondi monocromatici ma colline, case, alberi, ecc..
Precursori furono Leonardo da Vinci (con il disegno del 1473 titolato "Paesaggio con fiume") e gli acquerelli di Albrecht Dürer negli anni '90 del '400.
Adesso vi faccio vedere il dipinto di Giorgione titolato "Tempesta", considerato il primo esempio nella storia dell'arte occidentale moderna.
(https://i0.wp.com/www.ilgiardinodellacultura.com/wp-content/uploads/2021/06/Giorgione_La_Tempesta.jpg?resize=721%2C445&ssl=1)
Giorgione, Tempesta, tempera e olio, 1503 circa, Gallerie dell'Accademia, Venezia.
Questo dipinto ha suscitato varie ipotesi interpretative. Rappresenta un paesaggio con figure.
Sulla sinistra, in primo piano un uomo in piedi, con abito rinascimentale; con la mano destra regge un'asta di legno, il suo sguardo è diretto verso un albero. Dietro di lui ci sono arbusti, un alto muro ed uno più basso, di circa un metro, con sopra due tronchi di colonne petrose.
A destra, è raffigurata una donna seminuda, con la mantella sulle spalle, seduta su un lenzuolo sul prato, nell'atto di allattare il figlio. Lo sguardo della donna è rivolto verso un immaginario osservatore.
Al centro della scena c'è il fiume, sovrastato da un ponte. Sul fondo si vedono gli edifici di una città, alcune case-torre, un campanile e alberi.
Il plumbeo cielo che minaccia pioggia è attraversato da un fulmine.
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(https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/b/b6/Paisagem_do_Arno_-_Leonardo_da_Vinci.jpg/300px-Paisagem_do_Arno_-_Leonardo_da_Vinci.jpg)
Leonardo da Vinci, Paesaggio con fiume, disegno, 1473, Gabinetto dei disegni e delle stampe, Galleria degli Uffizi, Firenze.
In alto, sulla sinistra, c'è scritto: "Dì de Sta Maria della Neve/ Adì 5 daghosto 1473". E' la più antica opera datata di Leonardo. Sul disegno c'è anche il suo autografo con la mano sinistra, perché era mancino.
Nella moderna arte occidentale è considerato il primo disegno con paesaggio, senza il vincolo con un soggetto sacro o profano.
Sullo sfondo si vedono montagne, vicine colline, su una delle quali, sulla sinistra, c'è un castello; la parte valliva è attraversata da un fiume. Ci sono alberi, arbusti, campi coltivati.
Forse il disegno era lo schizzo preparatorio di un paesaggio in un'opera più complessa, oppure un esercizio del giovane artista, in quel periodo allievo di Andrea del Verrocchio.
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Albrecht Dürer. Nel suo diario scrisse: "Ogni parte deve essere eseguita con la massima diligenza possibile nelle cose più piccole come nelle più grandi. Perciò osserva scrupolosamente la natura, attieniti ad essa e non allontanartene arbitrariamente". Era il suo approccio estetico alla dimensione naturalistica.
Fu il primo ad usare la moderna tecnica pittorica dell'acquerello su carta. In particolare durante i suoi viaggi. Li considerava studi, da confluire in parte nei suoi dipinti.
In epoca rinascimentale oltre a Dürer anche Peter Paul Rubens, Rembrandt e Anthony Van Dick usarono gli acquerelli.
(https://www.analisidellopera.it/wp-content/uploads/2021/01/Albrecht_Durer_il_mulino-1536x1032.jpg)
Albrecht Dürer, Il mulino, acquerello e guazzo su carta, 1489, Staatlichen Museen, Berlino.
Per vedere bene alcuni particolari del paesaggio consiglio di cliccare sul link
https://www.analisidellopera.it/wp-content/uploads/2021/01/Albrecht_Durer_il_mulino-1536x1032.jpg
Questo acquerello è una delle prime immagini dell'arte europea interamente dedicata al paesaggio, ma si colloca in una dimensione ancora medievale: infatti, le singole costruzioni e i gruppi di alberi non sono disegnati prospetticamente, ma gli uni sopra gli altri. Della prospettiva il giovane Dürer, a quell'epoca, non aveva ancora sentito parlare.
Il paesaggio è a ovest di Norimberga, con il piccolo fiume Pegnitz che scorre attraverso la città.
Il disegnatore era in piedi sull'alta riva nord e guardava verso sud oltre il Pegnitz, dove l'orizzonte è segnato dalle cime delle montagne presso Schwabach.
Gli alberi in primo piano a sinistra appartengono al parco delle Hallerwiesen.
Le case con le travature a traliccio ai due lati del fiume, disegnate con precisione, costituivano il nucleo del "quartiere industriale", poiché ospitavano delle botteghe in cui si lavorava il metallo servendosi del Pegnitz come fonte di energia.
In primo piano, in terra si vedono delle tavole e l'edificio del mulino ad acqua, che utilizza l'energia meccanica prodotta dalla corrente del fiume. Una mola o macina (la bianca ruota petrosa) è poggiata all'esterno dell'edificio.
Sulla destra ci sono le abitazioni; una passerella in legno traversa il canale. In prossimità del ponticello, un contadino a cavallo sembra pescare all'interno nell'acqua che scorre.
Da un sentiero sulla sinistra un uomo cammina con il sacco in spalla e il bordone. Forse è un contadino che porta il grano a macinare.
Oltre il canale, i prati sono recintati da bassi steccati in legno e si alternano ad abitazioni circondate da alberi.
In alto, a sinistra, si vede in lontananza un villaggio, la chiesa con il campanile. Un altro edificio religioso è sulla destra.
Due montagne chiudono l'orizzonte.
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I pittori Giovanni Bellini e Giorgione furono determinanti per la formazione artistica di Tiziano Vecellio negli anni giovanili.
Prima di Tiziano il paesaggio non aveva una propria connotazione, invece con lui diventa più di un semplice sfondo, può avere un ruolo di primo piano.
Dei tre pittori citati pongo alla vostra visione tre dipinti: la "Crocifissione in un cimitero ebraico", di Giovanni Bellini, 'La prova" di Giorgione, 'La sacra conversazione' di Tiziano.
Comincio con il pittore veneziano Giovanni Bellini (1430 circa – 1516), considerato l'iniziatore del Rinascimento a Venezia.
(https://c1.staticflickr.com/9/8037/8024703307_149545e1e8_b.jpg)
Giovanni Bellini, crocifissione in un cimitero ebraico, olio su tavola - 1501-1503 circa, collezione della Banca Popolare di Vicenza.
Fu realizzato in un periodo di controversie religiose, che indussero all'espulsione da Vicenza della comunità ebraica.
E' un'opera simbolica con numerosi dettagli.
La crocifissione di Gesù avviene in un cimitero ebraico, non ci sono i due ladroni né persone dolenti, costituisce un unicum iconografico; la croce occupa totalmente il centro della composizione.
Il primo piano, dietro la croce, ci sono teschi, lapidi con iscrizioni in ebraico disposte in un giardino brullo e roccioso.
(https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/4/4b/Giovanni_bellini%2C_crocifissione_in_un_cimitero_ebraico_%28crocifisso_niccolini_da_camugliano%29%2C_1480-85_ca._09_teschi.jpg/800px-Giovanni_bellini%2C_crocifissione_in_un_cimitero_ebraico_%28crocifisso_niccolini_da_camugliano%29%2C_1480-85_ca._09_teschi.jpg?20180924103103)
dettaglio
Al di là, il declivio con prato, l'alveo di un fiume che alimenta la ruota di un mulino, alcune case, e alberi; dietro la croce si vede un rigoglioso albero di alloro, simbolo di vittoria sulla morte e di resurrezione; un altro albero è il salice, su un ramo c'è una colomba, simbolo di pace.
(https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/8/8e/Giovanni_bellini%2C_crocifissione_in_un_cimitero_ebraico_%28crocifisso_niccolini_da_camugliano%29%2C_1480-85_ca._06.jpg/400px-Giovanni_bellini%2C_crocifissione_in_un_cimitero_ebraico_%28crocifisso_niccolini_da_camugliano%29%2C_1480-85_ca._06.jpg?20180924103047)
dettaglio
Il salice è una pianta molto cara agli ebrei. Ricorda loro l'esilio babilonese: "Sui fiumi di Babilonia, là sedevamo piangendo al ricordo di Sion. Ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre" (Sal 137, 1-2), come segno di tristezza, ma i salici diventano anche segno di ritorno in patria, di vittoria e di rinascita.
(https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/b/b2/Giovanni_bellini%2C_crocifissione_in_un_cimitero_ebraico_%28crocifisso_niccolini_da_camugliano%29%2C_1480-85_ca._04.jpg/800px-Giovanni_bellini%2C_crocifissione_in_un_cimitero_ebraico_%28crocifisso_niccolini_da_camugliano%29%2C_1480-85_ca._04.jpg?20180924103035)
Nel sentiero tangente il cimitero si vede un viandante che cammina verso la composita la città: le mura difensive merlate, le torri, le case; alcuni edifici sono identificabili: il duomo e la torre di piazza di Vicenza, il campanile di Santa Fosca a Venezia, la chiesa veronese di San Zeno: fu vescovo della città, è noto per aver combattuto l'eresia ariana ed è famoso per aver fermato le inondazioni causate dal fiume Adige; sul fondo si vede il campanile e la cupola della cattedrale di Ancona, dedicata a San Cirillo.
E' un assemblaggio di vari monumenti localizzati in luoghi diversi.
La sintetica visione include la natura: ci sono prati, alberi, le colline, l'azzurro cielo con le nuvole in arrivo.
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Giorgione.
(https://www.frammentiarte.it/wp-11-15/wp-content/uploads/2016/02/dal%20Gotico/Giorgione%20opere/1-giorgione-mose-alla-prova-del-fuoco.jpg)
Giorgione, Mosè alla prova del fuoco, olio su tavola, 1505 circa, Galleria degli Uffizi, Firenze
Questo dipinto fu realizzato dall'artista in età giovanile, ma ci sono discordanze sull'attribuzione dell'intera opera.
Furono da lui realizzati il paesaggio e le figure sulla sinistra, mentre le figure a destra sono di altra mano. Le differenze stilistiche rilevate sono da ascrivere a un suo collaboratore o forse ai restauri.
L'episodio raffigurato non è nell'Antico Testamento ma desunto dalle medievali bibbie rimate di Geofroy de Paris e di Herman de Valenciennes che trattano della vita di Mosè.
La vicenda. Nell'Antico Testamento la figlia del faraone d'Egitto non è citata per nome. Il Midrash la chiama Bithia per la compassione con la quale salvò Mosè dal fiume Nilo. Viene descritta come una donna pia e affettuosa.
Bithia mentre era vicina al padre con in braccio il neonato, questo con la mano fa cadere la corona dalla testa del faraone. Turbato e timoroso che in futuro quel bambino potrebbe usurpare la ricchezza e il potere, fa porre davanti al pargolo due contenitori: uno con i carboni ardenti, l'altro con le monete d'oro. L'infante deve scegliere cosa prendere. La sua manina prende un carbone e lo mette in bocca ma si si brucia la lingua. La scelta tranquillizza il faraone della sua innocenza.
La scena: Il faraone d'Egitto è seduto sull'alto trono, formato dal basamento rettangolare, sopra il quale c'è la marmorea base decorata con fregio. Un tappetto rosso è disteso su gran parte della struttura. Intorno al faraone ci sono varie figure, anche con abiti esotici.
Davanti a lui, in basso, c'è sua figlia con il neonato Mosé che si protende verso uno dei due contenitori portati da due paggi.
Sullo sfondo il paesaggio: a sinistra alti alberi, a destra un corso d'acqua, una torre con cinta muraria, alcune case, poi colline e la catena montuosa che chiude l'orizzonte.
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Tiziano Vecellio
(https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/0/04/Titian_Madonna_and_Child_with_Sts_Catherine_and_Dominic_and_a_Donor.jpg/800px-Titian_Madonna_and_Child_with_Sts_Catherine_and_Dominic_and_a_Donor.jpg)
Tiziano, Sacra conversazione Balbi (dal nome del precedente possessore: il marchese Balbi di Piovera, Genova), olio su tela, 1513 circa, Fondazione Magnani-Rocca, Traversetolo (prov. di Parma).
Questo dipinto è una delle opere più significative di Tiziano in età giovanile. Raffigura la Madonna con il Bambino, santa Caterina di Alessandria, San Domenico, un donatore.
La Vergine in trono, col Bambino in grembo, si volta verso il donatore, in ginocchio, con le mani giunte in preghiera, introdotto da san Domenico, con la tonaca bianca e la cappa nera.
Gesù bambino ha un panno bianco sulle spalle ed ha il capo rivolto verso santa Caterina d'Alessandria.
La "michelangiolesca" Madonna indossa la sontuosa veste rossa e il mantello blu.
Nell'iconografia il rosso simboleggia il potere, l'autorità, il sangue di Cristo sulla croce, invece il blu rappresenta la trascendenza (Maria portatrice della divinità, Gesù, nella sua umanità), è il colore del cielo.
La bionda e riccioluta santa Caterina d'Alessandria (d'Egitto) è seduta su un architrave, volta di profilo verso il donatore; sopra lo scollato camice bianco indossa una veste color lilla e il mantello verde scuro che dalla spalla sinistra le scende fino a terra.
Il fondale è diviso in due parti. Quello sulla sinistra è una parete nera, mette in risalto le donne con il Bambino;
sulla destra, alle spalle di San Domenico, c'è un declivio con alberi, arbusti e case rustiche;
all'altezza della fronte del donatore si vedono prati, un tratto del letto di un fiume;
in lontananza alberi e una chiesa con il campanile, le montagne, il cielo leggermente velato dalle bianche nuvole.
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Estetica del paesaggio
(https://img2.juzaphoto.com/002/shared_files/uploads/2890707_l.jpg)
Capri vista da Punta Campanella
Nei post precedenti vi ho proposto la visione di dipinti con paesaggio, adesso voglio argomentare sull'estetica del paesaggio.
Cos'è l'estetica e cos'è il paesaggio.
Gli antichi Greci non conoscevano il sostantivo estetica.
Usavano la parola "àisthesis", che significa sensazione, da cui l'aggettivo "aisthetikòn" = capace di sentire.
Il termine "estetica" che oggi usiamo nacque come neologismo ideato dal filosofo tedesco Gotlieb Alexander Baumgarten (1714 – 1762) per il suo elaborato titolato: "Meditationes philosophicae de nonnullis ad poema pertinentibus" (= Meditazioni filosofiche su argomenti concernenti la poesia), pubblicato nel 1735.
Si dedicò anche all'elaborazione di un trattato filosofico (rimasto incompiuto) che titolò "Aesthetica". Il primo volume lo pubblicò nel 1750, il secondo nel 1758.
Ebbe la necessità di definire la "teoria della conoscenza" ed introdusse il termine "gnoseologia".
La "cognitio sensitiva" (= conoscenza sensibile) ha una sua specificità, è poliedrica e polisemantica.
La "sensibilità estetica" denota sia l'esperienza sensibile del bello sia la teoria che ne codifica i criteri tramite il giudizio estetico, incentrato sulla conoscenza della bellezza naturale e artistica.
Baumgarten nel primo paragrafo del suo trattato definisce l'estetica l'arte del pensare bello. La bellezza è connessa all'arte, alla percezione del bello, all'immaginazione.
L'estetica è lo studio del bello nelle sue varie forme, la teoria dell'arte.
Sul termine estetica argomentarono successivamente altri filosofi, a cominciare da Immanuel Kant, che usò il sostantivo "giudizio" in ambito estetico (giudizio estetico) per giudicare "bello" uno spettacolo della natura o una visione.
Tralascio gli altri filosofi per non annoiarvi; i filosofi oltre che noiosi sono mentalmente contorti; rendono difficili i concetti facili per considerarsi "intellettuali" ....
Accenno soltanto al sociologo e filosofo tedesco George Simmel (1858 – 1918). Nel 1913 pubblicò un libro titolato "Filosofia del paesaggio": è una raccolta di suoi saggi pubblicati tra il 1911 e il 1913 dedicati al paesaggio.
Le sue riflessioni sono un tentativo di definire il paesaggio, la sua dimensione estetica, il rapporto tra l'attività creatrice dell'uomo e quella della natura, che nel paesaggio assume forma visibile e cristallizzata, e sul rapporto tra il paesaggio reale e quello artistico nei dipinti.
Per Simmel nel paesaggio non sono i singoli elementi (l'albero, una montagna, il mare, la costa ecc.) a creare il paesaggio, ma la sua visione complessiva, che viene percepita ed elaborata mentalmente dall'osservatore.
Infatti il paesaggio è una costruzione mentale, una organizzazione di elementi. Ognuno di noi compie questa operazione spontaneamente nel suo apprezzamento del paesaggio, ma è solo nella pratica artistica che tale operazione raggiunge il massimo grado.
Il pittore paesaggista compie ciò in maniera consapevole, evidenziando nella composizione i tratti più salienti, giungendo a sintetizzarne le qualità al punto da comporre paesaggi anche immaginari, come esito della costruzione mentale estetica e non di una pittura dal vero.
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Gli studiosi attribuiscono a Francesco Petrarca (1304-1374) la prima descrizione di un paesaggio, dedotta da una sua lettera: "Ascesa al Monte Ventoso", indirizzata a Dionigi di Borgo San Sepolcro, teologo e frate agostiniano che gli aveva donato una copia delle "Confessioni" di Sant'Agostino.
Durante la lettura di questo libro meditò sulla seguente frase: "Et eunt homines admirari alta montium et ingentes fluctus maris et latissimos lapsus flumininum et oceani ambitum et giros siderum, et reliquunt se ipsos" (= E vanno gli uomini ad ammirare gli alti monti e le alte onde del mare, i lunghi corsi dei fiumi, la grandezza dell'oceano e i movimenti degli astri, ma dimenticano sé stessi" ).
La suddetta proposizione invita alla riflessione e a dare poca importanza alle cose terrene, fa capire al poeta l'importanza del cambiamento interiore e dell'impegno necessario per vincere "terrenis impulsibus appetitus", i "desideri suscitati dalle passioni terrene".
L'allegorica lettera narra la scalata del Mont Ventoux, in Provenza, compiuta dal poeta e dal fratello Gherardo tra il 24 e il 26 aprile 1336.
E' un monologo interiore, suscitato dalla scelta del fratello di diventare monaco. Petrarca s'interroga sul significato simbolico e metaforico della sua esperienza di salire sulla cima della montagna e sul paesaggio che ha visto durante l'ascesa, come forma esteticamente rilevante.
(https://www.lacooltura.com/wp-content/uploads/2015/07/petrarch_view_mount_ventoux_france1-660x330.jpg)
Veduta del Monte Ventoso
La contemplazione di un paesaggio, l'ascolto di una sinfonia, la bellezza di fiore, l'ammirazione suscitata da un dipinto, sono esperienze che determinano in noi il godimento, perché piace. Ma non tutto ciò che piace può essere definito bello.
Il sociologo e filosofo tedesco George Simmel (1858 – 1918). Nel 1913 pubblicò un libro titolato "Filosofia del paesaggio": è una raccolta di suoi saggi pubblicati tra il 1911 e il 1913 dedicati al paesaggio.
Le sue riflessioni sono un tentativo di definire il paesaggio, la sua dimensione estetica, il rapporto tra l'attività creatrice dell'uomo e quella della natura, che nel paesaggio assume forma visibile e cristallizzata, e sul rapporto tra il paesaggio reale e quello artistico nei dipinti.
Per Simmel nel paesaggio non sono i singoli elementi (l'albero, una montagna, il mare, la costa ecc.) a creare il paesaggio, ma la sua visione complessiva, che viene percepita ed elaborata mentalmente dall'osservatore.
Infatti il paesaggio è una costruzione mentale, una organizzazione di elementi. Ognuno di noi compie questa operazione spontaneamente tramite la percezione del paesaggio, ma è solo nella pratica artistica che tale operazione raggiunge l'optimum.
Il pittore paesaggista in modo consapevole evidenzia nella composizione i tratti più salienti della veduta, ne sintetizza le qualità, compone paesaggi anche immaginari, come esito della costruzione mentale estetica e non di una pittura dal vero.
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Cos'è il paesaggio?
È l'insieme degli elementi che caratterizzano un luogo.
Il paesaggio varia nel tempo come conseguenza dei fenomeni naturali e dell'intervento dell'uomo.
Il paesaggio è composto da elementi naturali (laghi, fiumi, montagne, ecc.) e da elementi antropici (città, abitazioni, strade, ecc.). Infatti è possibile distinguere due distinte tipologie di paesaggio: paesaggio naturale e paesaggio antropico.
Il paesaggio naturale è quello plasmato dalla natura, dove l'uomo non ha costruito, non è stato modificato dall'azione dell'antropos (= uomo), come il deserto, la foresta tropicale, ecc..
La sua forma e le caratteristiche sono il prodotto dell'interazione dei suoi componenti climatici, geologici ed ecologici.
(https://facts-news.org/img/medio-ambiente/231/231medio-ambiente.jpg)
Columbia River Gorge (Pacific Northwest, Stati Uniti). La gola del fiume Columbia è uno spettacolare canyon fluviale
Il paesaggio antropico (o antropizzato = umanizzato) è quello modificato dall'uomo: case, ponti, gallerie, fabbriche, paesaggi rurali, industriali, urbani (città).
(https://www.viaggidilussoperpoveri.it/wp-content/uploads/2020/05/Costiera-Amalfitana.jpeg)
paesaggio antropizzato della costiera amalfitana
(https://cp.shb-cdn.com/cdn/books/CP2022_2613699B/html/pages/46/statics?resource=assets/images/046_a.jpg)
Milano, zona Portanuova, sulla destra la torre Unicredit. Questo grattacielo nel centro direzionale è alto 231 metri alla guglia. E' il più alto in Italia.
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Non bisogna confondere il paesaggio con l'ambiente: questo sostantivo deriva dal latino "ambiens", participio presente del verbo ambire (= andare attorno, circondare).
L'ambiente naturale è tutto ciò che ci sta intorno, che ci circonda, come l'ambiente subacqueo circonda un pesce. E' un sistema complesso, formato da fattori fisici, elementi chimici e biologici, che permettono l'interazione tra gli esseri viventi.
Invece è paesaggio anche un locus amoenus: frase usata in letteratura con riferimento ad un luogo ameno, piacevole, fra piante, alberi, vicinanza di una fonte o di un ruscello, il cinguettio degli uccelli.
(https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/d/d7/Thomas_Eakins_-_Arcadia.jpg/800px-Thomas_Eakins_-_Arcadia.jpg)
Thomas Cowperthwait Eakins, Arcadia, olio su tela, 1883, Metropolitan Museum di New York.
Nel bucolico (= pastorale) paesaggio il giovane in piedi suona il doppio flauto; il bambino sdraiato suona il flauto di Pan; la ragazza dai lunghi capelli raccolti sulla nuca è distesa di spalle, poggiata sul fianco destro sopra un lenzuolo sul prato e ascolta la musica.
Arcadia è il toponimo di un territorio montuoso della Grecia, nel Peloponneso. Era ed è frequentata dai pastori per la transumanza degli ovini.
Nella trasfigurazione letteraria e nella poesia l'Arcadia è considerata un luogo idilliaco: questo aggettivo fa riferimento al vivere con serenità nella natura agreste e generosa che dona il necessario per vivere.
Secondo la mitologia greca, l'Arcadia era possedimento di Pan, divinità non dell'Olimpo, dall'aspetto di satiro, protettore della pastorizia ed altro. Era compagno di Dioniso e di ninfe, amava la danza e la musica, era un "viveur": gli piaceva la vita mondana, i divertimenti e le avventure amorose con le ninfe: divinità immortali di vari tipi, collegate alla natura, per esempio, Oreadi (= ninfe di montagna); Nereidi (= ninfe di mare); Naiadi (= ninfe delle fonti) Driadi (= ninfe degli alberi). Compagne della bella dea Artemide (dai Romani denominata Diana), quando Pan suonava il flauto le ninfe danzavano e cantavano in modo melodioso. Spesso partecipavano ai cortei di Dioniso, ma anche di Hermes, di Pan e della cacciatrice Artemide.
La mitologia greca narra che le ninfe erano bellissime, eternamente giovani, corteggiate da uomini mortali e da eroi.
Tornando all'Arcadia, debbo dirti che è soggetto artistico sin dall'antichità, sia nelle arti visuali, sia in letteratura.
Le immagini di bellissime ninfe che giocano e corrono in una rigogliosa foresta sono state frequenti fonti di ispirazione per pittori e scultori.
(https://p1.liveauctioneers.com/2677/108501/55657788_1_x.jpg?auto=webp&format=pjpg&quality=50&version=1503954618&width=512)
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Paesaggio o panorama?
(https://media.tacdn.com/media/attractions-splice-spp-674x446/09/98/78/1e.jpg)
Lago Carezza, in Val d'Ega: è un lago alpino in provincia di Bolzano
In un precedente post ho scritto che il paesaggio è formato dall'insieme degli elementi che caratterizzano un luogo. Sono elementi sia naturali (mare, laghi, fiumi, montagne, ecc.) sia antropici (abitazioni, strade, ferrovie, ecc.).
Invece il panorama è ...., un nome di origine greca, composto da "pan" (= tutto ) + "hòrama" (= visione); allude alla veduta di un luogo, che può offrire un'emozione e un'esperienza estetica.
Da quanto detto è evidente che paesaggio e panorama non sono sinonimi, eppure spesso li usiamo come tali, forse perché nel panorama è insito il paesaggio ?
Esistono panorami brutti o belli, ma non paesaggi brutti o belli, perché ogni paesaggio rappresenta un'identità culturale e territoriale.
Tutti vediamo le cose nella stessa maniera, ma le percepiamo in modo personale, spesso diverso gli uni dagli altri.
(https://th.bing.com/th/id/R.800a54047aa13a40145fc0124c11bbcd?rik=GNL02NSCPqRCgA&riu=http%3a%2f%2fwww.viaggioadriatico.it%2fupload%2fcartella-monica%2fimmagini-itinerario-razzi%2fvasto%2fpunta-penna-faro-e-chiesa-sn.jpg%2fimage&ehk=dpAqXite%2br6tmMZbjpU0eXCGV0%2b7ZK1ewsh%2bPYlR748%3d&risl=&pid=ImgRaw&r=0)
Vasto, faro di Punta Penna e la chiesa di Santa Maria di Pennaluce su un promontorio davanti il Mare Adriatico
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Tu ce l'hai un luogo dell'anima ?
(https://www.nelcuore.org/wp-content/uploads/2019/01/emilia-romagna.jpg)
Brisighella, torre dell'orologio
Un bel panorama suscita emozioni, influenza il nostro stato d'animo.
Il panorama che amo è anche il mio metaforico paesaggio o luogo dell'anima, in cui ci sono punti di riferimento significativi della mia vita.
La poetessa milanese Alda Merini (1931 – 2009) nella sua poesia titolata: "Tra le tue braccia", così lo descrive:
"C'è un posto nel mondo dove il cuore batte forte,
dove rimani senza fiato,
per quanta emozione provi;
dove il tempo si ferma e non hai più l'età;
quel posto è tra le tue braccia
in cui non invecchia il cuore,
mentre la mente non smette mai di sognare...
Da lì fuggir non potrò
poiché la fantasia d'incanto risente il nostro calore e no...
non permetterò mai ch'io possa rinunciare...
a chi d'amor mi sa far volare".
(Alda Merini)
"Quel posto è tra le tue braccia" dice la Merini. E' vero, abbracciarsi è un atto di affetto, di amore, ci permette la connessione tattile con chi si vuole bene.
Le braccia della persona amata è il luogo che ci permette di dimenticare il resto del mondo, anche se per pochi secondi.
Il luogo dell'anima non si sceglie, si riconosce, fa stare bene, dona la sua bellezza, suscita piacevoli ricordi.
La descrizione di un paesaggio è un metodo di scrittura che permette di esporre le proprie emozioni e sentimenti, la dimensione dell'immaginario.
(https://www.reterurale.it/flex/images/6/e/d/D.4070b3cf033a1f435b12/Programma_RRN_A4_Paesaggio_Rurale_ISMEA_3_10.jpg)
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Genius loci e paesaggio
(https://th.bing.com/th/id/R.5935a87e7df078b6925ce0350c680562?rik=DBmKeYBKre0ThA&riu=http%3a%2f%2fsenzaerroridistumpa.myblog.it%2fwp-content%2fuploads%2fsites%2f188999%2f2010%2f01%2fGenius-loci.jpg&ehk=MFSjbvNjbCeSsb86L4HBXu7%2bDAH4JW3GpvtBQq7aLOc%3d&risl=&pid=ImgRaw&r=0)
genius loci = nume tutelare di un luogo, di una città, di un paesaggio.
Genius è il nome proprio della divinità, oggetto di culto nella religione romana.
Locus in latino veniva utilizzato per indicare un luogo riconoscibile nello spazio per la sua peculiare forma, le sue caratteristiche che lo delimitano e lo identificano.
(https://recoveryreadycommunities.files.wordpress.com/2016/06/9538751627_188a197fb0_b.jpg?w=762&h=506)
"Nullus locus sine genio est" (= Nessun luogo è senza un Genio) sostiene nel IV sec. a. C. il retore latino Servio Mario Onorato nei "Commenti all'Eneide" di Virgilio.
Oggi, nel linguaggio dei paesaggisti, architetti ed artisti il "genius loci" è un concetto che riassume il carattere tipico di un luogo, la sua essenza, l'architettura e le tradizioni.
L'architetto norvegese Christian Norberg-Schulz (1926 – 2000) fu docente di teoria dell'architettura all'università di Oslo e scrisse numerosi saggi, fra i quali "Genius loci. Paesaggio ambiente architettura". In questo libro riflette sull'architettura, il suo modo di inserirsi in un territorio e le modalità con le quali questa può trasformarlo in un luogo con una precisa identità, sempre riconoscibile.
Come conciliare la bellezza e la protezione di un paesaggio?
Argomentare sul paesaggio significa confrontarsi con la storia e la geografia, l'economia e la cultura, il modo di vivere delle persone in una località.
I paesaggi riflettono estetica ed etica, l'operosità umana, l'attiva interazione tra ambiente e società.
L'invadenza selvaggia dell'urbanizzazione e della cementificazione hanno trasformato o stanno, trasformando il paesaggio della nostra penisola, alterando, irrimediabilmente, non solo il suo aspetto, ma anche il rapporto fra individuo e natura instaurato in millenni.
Dalla concezione del paesaggio in senso soggettivo (vedutistica e pittorica) al paesaggio oggettivo, inteso come identità ambientale trasformata dall'attività umana. Identità bisognosa di essere salvaguardata da stravolgimenti.
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"Quod natura relinquit imperfectum, ars perficit" (= "ciò che la natura ha lasciato imperfetto, lo compie l'arte") .
Sarebbe stato meraviglioso il pianeta Terra se soltanto l'arte naturale avesse avuto la possibilità di plasmarlo e volgerlo al bello. Ma non servirebbe. E' meglio antropizzato... ma degradato...
Lo psicoanalista e filosofo svizzero Carl Gustav Jung (1875 – 1961) nel suo libro titolato: "Ricordi, sogni, riflessioni", scrisse: "L'uomo è indispensabile al compimento della creazione, è addirittura il secondo creatore del mondo. La coscienza umana ha creato l'esistenza obiettiva e il significato, e così l'uomo ha trovato il suo posto indispensabile nel grande processo dell'essere. Questo è il significato cosmico della coscienza!"
Purtroppo lo scempio edilizio, il sovraffollamento, le favelas (baraccopoli alle periferie del Sud America e in Oriente), ecc., hanno fatto avanzare il degrado.
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E che dire delle costruzioni selvagge che hanno devastato le coste italiane dagli anni '60 dello scorso secolo ?
L'edilizia si mangia 8 km di coste italiane all'anno.
Su più della metà (precisamente il 51%) delle coste italiane sono stati costruiti palazzi, alberghi e ville. La percentuale è destinata a crescere.
Solo il 19% della costa (1.235 chilometri) è sottoposta a vincoli di tutela. Inoltre un terzo delle spiagge è interessato da fenomeni erosivi in espansione.
L'habitat e l'ambiente marino sono costantemente in pericolo: il 25% degli scarichi cittadini ancora non sono stati depurati (in alcune località la percentuale sale 40%).
Le ragioni della fragilità delle aree costiere italiane sono causate da problemi idrogeologici e sono la conseguenza dell'urbanizzazioni, legali e abusiva, in posti spesso a rischio dissesto.
Alcuni fenomeni meteorologici si stanno ripetendo con intensità e frequenza nuove e anomale. Si tratta delle avvisaglie dei cambiamenti climatici che rendono le coste italiane più fragili e mettono in pericolo le persone. Il recente caso della Romagna insegna.
Più di un terzo delle nostre spiagge è in erosione e in futuro sembra prospettarsi un cambiamento, in vista dell'innalzamento del livello del mare e dell'intensificarsi dei fenomeni climatici estremi. Da poco si utilizza la tecnica del ripascimento dei litorali che sembra aver avuto un'efficacia maggiore rispetto agli interventi precedenti.
Natura sive Deus
Il fattore naturale e quello umano sono in correlazione. I vincoli paesaggistici dovrebbero servire per il decente compromesso con le esigenze sociali., invece...
Nelle grandi metropoli il paesaggio naturale spesso non si vede, l'elemento antropico prevale prepotentemente: questo paesaggio urbano può essere detestato o gradito, a chi piace la cosiddetta "vita frenetica", la presenza delle aziende multinazionali, delle sedi finanziarie e commerciali, il fascino del lusso, delle boutique griffate, dei ristoranti gourmet e degli alberghi a cinque stelle, mentre le periferie sono spesso desolate e tristi, le case in "casermoni", i quartieri emarginati come dormitori sovraffollati.
(https://www.arcipelagomilano.org/wp-content/uploads/2021/09/barzi.jpg)
Per consolarci possiamo pensare che senza l'intervento umano la natura sa essere un'artista straordinaria, come nel caso del Gran Canyon, la lunga "gola" (di circa 446 km, profonda fino a 1857 metri, con larghezza variabile dai 500 metri fino a 29 km) creata dal fiume Colorado nel Nord Arizona. Ci sono picchi rocciosi plasmati dagli eventi atmosferici, dal fiume e dal tempo.
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Paesaggi Italia
Paesaggi italiani: noti o sconosciuti, naturali o artificiali, rurali o urbani, artistici, ecc., comunque da proteggere, come detta l'articolo 9 della Costituzione, modificato l'11 febbraio 2022 per estendere la tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico della nazione all'ambiente, alla biodiversità e agli ecosistemi.
Paesaggio è ciò che si vede, ma ha anche un valore culturale, sociale e identitario.
Il paesaggio culturale è un insieme di cose belle che suscitano ammirazione: opere d'arte, chiese, abbazie, castelli, le rovine dell'antichità, ecc..
Alcuni siti eccezionali sono nella lista del patrimonio mondiale dell'Unesco.
In Italia sono numerosi i patrimoni culturali tutelati da quell'ente. Uno è Aquileia: per la sua architettura proto-romana è considerato "patrimonio mondiale dell'umanità".
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Aquileia, basilica di Santa Maria Assunta
Il paesaggio amato da Giacomo Leopardi (1798 – 1837) è descritto nella sua famosa poesia titolata "L'infinito".
E' un paesaggio ispirato dalla concezione panteistica della natura; la realtà scompare, non c'è lo scorrere del tempo, tutto è immobile, l'infinito irrompe nella finitudine, la quale trascende sé stessa nella visione dell'assoluto.
Il poeta guarda e immagina quello che non si vede, perché è nascosto dietro "la siepe che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude". In questo idillio il paesaggio evoca l'infinito, il superamento della realtà rappresentata dalla siepe.
L'infinito
"Sempre caro mi fu quest'ermo colle, e questa siepe,
che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno, e le morte stagioni, e la presente
e viva,
e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare".
(Giacomo Leopardi)
Pittura di paesaggio
Nell'arte occidentale la "pittura di paesaggio", dedicata esclusivamente o prevalentemente alla rappresentazione dello scenario naturale, iniziò nel XVII secolo come genere artistico autonomo, con le sue specificazioni di paesaggio ideale, di locus amoenus o di veduta.
In precedenza, il paesaggio aveva sempre avuto un ruolo secondario, collocato come sfondo di ambientazione in dipinti di carattere laico o sacro.
Alla fine del XV secolo il fondo dorato delle pale d'altare cominciò ad essere sostituito dal paesaggio.
Nel XVI secolo nella pittura fiamminga il paesaggio diventa preminente nei dipinti religiosi e laici. Lo si può vedere, ad esempio, nel dipinto realizzato dal fiammingo Joachim Patinir: il riposo durante la fuga in Egitto.
(https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/7/79/Joachim_Patinir_005.jpg/738px-Joachim_Patinir_005.jpg)
Joachim Patinir, Riposo durante la fuga in Egitto, 1520 circa, olio su tavola, Museo del Prado, Madrid
In primo piano la Vergine e il Bambino, circondati dal paesaggio variegato.
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La riforma luterana iniziò nell'ottobre del 1517 e Patinir dipinse "La fuga in Egitto" in quel periodo. Fu influenzato dalla nuova dottrina ?
Da tener presente che Patinir conosceva le opere di Hieronymus Bosch, dal quale riprese la capacità di evocare scenari fantastici.
La tendenza al paesaggio come 'tema autonomo' e non sfondo di una scena con figure fu facilitata dalla soluzione dei problemi della prospettiva. Come non pensare a Brunelleschi, Masaccio, a Piero della Francesca e al suo trattato titolato "De prospectiva pingendi".
(https://encrypted-tbn1.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcR7oZJtYVm7pZPfU_UEq5cKbl1UxWv55dng5lnsgjKmArCsAWs_)
Nella pittura rinascimentale fu importante l'uso di colori più luminosi.
Leon Battista Alberti, nel suo trattato "De Pictura" del 1435-36, evidenziò come il colore non fosse una caratteristica propria del soggetto, ma dipendesse completamente dalla quantità di luce che investe il soggetto stesso.
E mi sovvengono alla mente i vedutisti veneziani del '700 (Canaletto, Bellotto ed altri); per l'arte olandese la pittura di paesaggio significò realismo ma anche la creazione di un mondo immaginario, da cui nacque, nella pittura francese, l'impressionismo: Monet, Manet, Renoir, Sisley, Pissarro. Furono questi a insegnare a guardare in modo nuovo il mondo circostante: per loro, il paesaggio, studiato nei suoi aspetti più labili di luce e di colore, fu una delle massime prove della pittura. Dopo di loro anche il paesaggio si configura secondo le esigenze delle nuove correnti artistiche (Seurat, Cézanne, Van Gogh).
Nell'arte occidentale, alla fine del XIV secolo, la pittura paesaggistica o di paesaggio cominciò ad essere oggetto di attenzione degli artisti, ma come sfondo, non come tema autonomo.
Dipinti in affresco con paesaggi, attribuiti a Giotto, sono ad Assisi nella basilica superiore, nel ciclo pittorico con le "Storie di San Francesco" e in quello con le "Storie dell'Antico e Nuovo Testamento".
Le scene non hanno tutte la stessa qualità esecutiva, furono dipinte da più mani con la supervisione di un protomagister.
(https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/e/e0/Assisis_Basilica_superiore.jpg/233px-Assisis_Basilica_superiore.jpg)
Pareti affrescate all'interno della basilica superiore di Assisi
(https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/3/38/Giotto_-_Legend_of_St_Francis_-_-02-_-_St_Francis_Giving_his_Mantle_to_a_Poor_Man.jpg)
Giotto, San Francesco dona il mantello a un povero, Assisi, Basilica Superiore
In questa scena il paesaggio attrae subito l'attenzione dell'osservatore. E' evidente che la resa prospettica non è ancora definita: secondo gli studiosi san Francesco, il povero e il cavallo non poggiano i piedi direttamente sul terreno ma restano 'sospesi'. A me non sembra.
Un'altra interessante scena è quella della "Predica agli uccelli".
(https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/f/fb/Giotto_di_Bondone_-_Legend_of_St_Francis_-_15._Sermon_to_the_Birds_-_WGA09139.jpg/269px-Giotto_di_Bondone_-_Legend_of_St_Francis_-_15._Sermon_to_the_Birds_-_WGA09139.jpg)
Giotto: San Francesco predica agli uccelli, affresco, 1290 – 1295 circa, Basilica superiore, Assisi
Questo episodio è descritto nella "Legenda maior": è una biografia di san Francesco d'Assisi scritta da Bonaventura da Bagnoregio: "Andando Francesco dal castello di Cannara verso Bevagna insieme ai confratelli, venne circondato da uno stormo di uccelli. I frati lo videro rivolgersi ai volatili, che lo ascoltavano con attenzione".
San Francesco è raffigurato con il saio, scalzo, con l'aureola della santità, nell'atto di benedire gli uccelli con la mano destra.
A sinistra un compagno osserva la scena, ambientata in un paesaggio verdeggiante organizzato su due piani. Il primo piano è occupato dai personaggi mentre nel secondo piano sono disposti gli alberi.
Il leggendario episodio è molto amato dalla devozione popolare.
I colori originali dell'affresco sono sbiaditi. In passato l'opera subì danni perché collocata sulla controfacciata ed esposta ad eccessiva umidità proveniente dall'esterno della basilica.
Stamane vi offro come "colazione spirituale" la visione di due dipinti di Pieter Bruegel il Vecchio.
Le scene mostrano figure in primo piano dedite alla mietitura di cereali e panorami.
(https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/f/f9/Pieter_Bruegel_the_Elder_-_The_Corn_Harvest_%28August%29_-_WGA03451.jpg/1024px-Pieter_Bruegel_the_Elder_-_The_Corn_Harvest_%28August%29_-_WGA03451.jpg)
Pieter Bruegel il Vecchio, Mietitura, olio su tavola, 1565, Metropolitan Museum, New York
Questa opera fa parte della serie "Mesi", rimasta incompleta: dipinse soltanto cinque tavole.
La scena raffigura il lavoro e il riposo dei contadini durante la mietitura. Domina il colore giallo degli steli e delle spighe del grano, invece lo sfondo ha tonalità verdastre, grigie o grigio-azzurro come il luminoso cielo.
In primo piano due contadini tagliano le lunghe spighe di grano con le falci, mentre un terzo attraversa il campo tramite un varco, porta una brocca con l'acqua (il vino ?) e si dirige verso l'albero frondoso dove ci alcuni contadini seduti in terra che mangiano, bevono o riposano.
Più dietro, a destra, alcune donne legano i covoni e raccolgono le spighe tagliate.
Tornando sulla sinistra, nel varco in mezzo al campo di grano si vedono altre figure intente a mietere, mentre due uccelli sorvolano il podere.
In fondo, un carro agricolo carico degli steli di grano, il campanile di una chiesa tra le fronde degli alberi; più a destra ancora persone, un'abitazione rurale, il castello, un bacino idrico.
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Il pittore olandese Pieter Bruegel il Vecchio purtroppo morì nel 1569 in giovane età: aveva circa 40 anni. E' noto come paesaggista e per le scene di contadini al lavoro.
(https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/a/af/Die_Heuernte.jpg/1024px-Die_Heuernte.jpg)
Pieter Bruegel il Vecchio, La fienagione, olio su tavola, 1565, Lobkowicz Collections, Praga
La scena è ambientata nel mese di giugno o luglio, nel tempo della raccolta del grano.
In primo piano, nell'angolo inferiore sinistro, un uomo seduto sta affilando la falce; al centro, tre ragazze si dirigono verso il sentiero che conduce in basso; poco dietro di loro, a destra, ci sono cinque contadini in fila che camminano, ognuno ha poggiato sulla testa il cesto con le spighe di grano, un altro, col cappello di paglia e la camicia rossa è su un cavallo bianco con la cesta porta vivande che regge con il braccio sinistro.
Nei due grandi cesti in primo piano non riesco a distinguere cosa contengono.
Tornando sulla sinistra, nella sottostante valle ci sono contadini intenti al taglio e alla raccolta degli steli di grano che caricano su un carro trainato da due cavalli.
Nello sfondo, sulla collina si vedono alcune case, una chiesa; a sinistra, lo sperone roccioso con un castello su una delle sommità.
Sulla destra la veduta della vallata traversata da un fiume, un castello su una delle colline circostanti.
I differenti piani sono esaltati dai contrasti coloristici di toni caldi (primo e medio piano) e freddi (sfondo).
Offro alla vostra visione un altro quadro dedicato alla fienagione, realizzato dal pittore francese Camille Pissarro (1830 – 1903), che dal 1885 si dedicò anche alla pittura "impressionista".
(https://www.ada.ascari.name/CasaAda/studio/artec/immagini/pissarro-fieno1.jpg)
Camille Pissarro, Le raccoglitrici di fieno, olio su tela, 1889, Kunstmuseum di Basilea.
Questo dipinto mi lascia perplesso. Ci sono contadine che raccolgono il fieno (o gli steli del grano ?) e lo avvolgono nel telo. Altre che raccolgono il fieno (?) con una sola mano mettendolo nelle ceste. A me sembra che raccolgano le spighe di grano rimaste in terra dopo la mietitura.
Nel passato i mietitori non potevano perdere tempo a raccogliere le spighe cadute sul terreno. Dopo di loro entravano in azione le spigolatrici e gli spigolatori: persone povere che raccoglievano quello che i mietitori lasciavano sul campo. La quantità di grano che riuscivano a raccogliere era esigua. I chicchi di grano che sfuggivano alla loro raccolta diventavano cibo prelibato per numerosi uccelli.
"Le spigolatrici" mi evocano il bel dipinto realizzato nel 1857 da Jean-François Millet, al quale dedicherò un post. Mi fanno anche ricordare la famosa poesia risorgimentale di Luigi Mercantini titolata "La spigolatrice di Sapri", dedicata alla spedizione "militare" di Carlo Pisacane nel 1857. Tale spedizione aveva lo scopo di cominciare una insurrezione armata antiborbonica nel Regno delle Due Sicilie.
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Luigi Mercantini nella poesia "La spigolatrice di Sapri", composta nel 1858, assume il punto di vista di una ragazza, addetta alla spigolatura del grano, che casualmente assiste allo sbarco dei rivoltosi. Lei incontra Pisacane, e tra i due nasce l'infatuazione. La donna parteggia per i cosiddetti "trecento" e li segue in combattimento, ma impotente assiste alla loro uccisione da parte dei contadini locali e delle truppe borboniche.
Testo della poesia:
"Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!
Me ne andavo al mattino a spigolare
quando ho visto una barca in mezzo al mare:
era una barca che andava a vapore,
e alzava una bandiera tricolore.
All'isola di Ponza si è fermata,
è stata un poco e poi si è ritornata;
s'è ritornata ed è venuta a terra;
sceser con l'armi, e a noi non fecer guerra.
Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!
Sceser con l'armi e a noi non fecer guerra,
ma s'inchinaron per baciar la terra.
Ad uno ad uno li guardai nel viso:
tutti aveano una lagrima e un sorriso.
Li disser ladri usciti dalle tane,
ma non portaron via nemmeno un pane;
e li sentii mandare un solo grido:
"Siam venuti a morir pel nostro lido".
Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!
Con gli occhi azzurri e coi capelli d'oro
un giovin camminava innanzi a loro.
Mi feci ardita, e, presol per la mano,
gli chiesi: "Dove vai, bel capitano?".
Guardommi, e mi rispose: "O mia sorella,
Vado a morir per la mia patria bella".
Io mi sentii tremare tutto il core,
né potei dirgli: "V'aiuti il Signore!".
Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!
Quel giorno mi scordai di spigolare,
e dietro a loro mi misi ad andare:
due volte si scontrâr con li gendarmi,
e l'una e l'altra li spogliâr dell'armi:
ma quando fûr della certosa ai muri,
s'udirono a suonar trombe e tamburi;
e tra 'l fumo e gli spari e le scintille
piombaron loro addosso più di mille.
Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!
Eran trecento e non voller fuggire,
parean tre mila e vollero morire;
ma vollero morir col ferro in mano,
e avanti a loro correa sangue il piano:
fin che pugnar vid'io per lor pregai,
ma a un tratto venni men, né più guardai:
io non vedea più fra mezzo a loro
quegli occhi azzurri e quei capelli d'oro.
Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!".
(https://th.bing.com/th/id/R.43713d94092603d9ead74a158545bdf2?rik=JraSZB1staGRoA&riu=http%3a%2f%2fimages.placesonline.com%2fphotos%2f89954_sapri_la_spigolatrice.jpg&ehk=AGS%2bWCbUgLXkfmGljDRDirbvcy6QNgb3UQO3atA4RQs%3d&risl=&pid=ImgRaw&r=0)
Statua bronzea dedicata alla "Spigolatrice di Sapri" sullo "scoglio dello Scialandro, a Sapri (prov. di Salerno), golfo di Policastro. Fu collocata il 25 giugno 1994 a circa un chilometro dal porto, verso Maratea.
Nel mese di settembre del 2021 a Sapri fu collocata un'altra statua bronzea dedicata alla "spigolatrice" di questa località.
(https://www.lanotizialondra.com/wp-content/uploads/2021/12/1738323D-86E8-4973-A458-B769BD488A7E-640x360.jpeg)
Secondo le detrattrici la statua è una versione sessista della lavoratrice dei campi, addetta alla spigolatura.
Nella scultura realizzata da Emanuele Stifano è evidente l'abito trasparente, ma questo ha suscitato le ire di alcune femministe che hanno considerato la statua diseducativa e fuorviante perché rappresenta la donna in modo "sessualizzato" anziché capace di autodeterminazione, che sceglie di non andare a lavoro per schierarsi contro l'oppressore.
Ma chi era la "spigolatrice di Sapri" ? Un personaggio inesistente, ideato dal poeta Luigi Mercantini. Quando scrisse la poesia le spigolatrici erano diffuse in tutta Italia la cui economia era quasi completamente agricola.
Spesso nel passato le spigolatrici erano considerate "trasgressive": andare da sole o in compagnia di altre donne nei campi di grano dava occasioni di incontri che altrimenti non sarebbero stati possibili nella società contadina del tempo.
Nell'Antico Testamento c'è la storia di Ruth la Moabita (vedi Libro di Ruth), vedova che va a spigolare in un campo di grano e finisce con lo sposare il proprietario.
Quindi, si spiega come nella poesia sui "300" si parli di un incontro con una spigolatrice locale che si rivolge a Carlo Pisacane chiamandolo "Bel Capitano".
Quasi alla fine del precedente post ho scritto:
CitazioneNell'Antico Testamento c'è la storia di Rut la Moabita (vedi Libro di Rut), vedova che va a spigolare in un campo di grano e finisce con lo sposare il proprietario.
(https://2.bp.blogspot.com/-nY-L5CQxod0/W5MKqtsroMI/AAAAAAAACwo/PYrJww3TRuwfypbrxZ5qUOkgm-hTiQAgwCLcBGAs/w1200-h630-p-k-no-nu/blogRuth710px-Julius_Schnorr_von_Carolsfeld-_Ruth_im_Feld_des_Boaz.jpg)
Julius Schnorr von Carolsfeld, Rut nel campo di Booz, olio su tela, 1828, National Gallery, Londra.Nel campo di grano di Booz alcune donne stanno "spigolando" (raccolta delle spighe del grano rimasto in terra dopo la mietitura), fra queste c'è Rut, immaginata dal pittore mentre conversa con il proprietario, Booz.
Il quadro fu dipinto a Monaco di Baviera, sulla base di disegni che Schnorr von Carolsfeld aveva realizzato alcuni anni prima durante il suo decennale soggiorno in Italia. Era un pittore che emergeva nel gruppo di artisti tedeschi e austriaci chiamati i "Nazareni", attivi a Roma all'inizio del XIX secolo. Essi rifiutavano nella pittura il "classicismo accademico". Volevano l'arte rinnovata su basi religiose e patriottiche, stilisticamente arcaicizzante.
Tornando alla principessa moabita Rut, rimasta vedova del figlio di Elimelech, un ricco mercante ebreo trasferitosi con la famiglia a Moab per scampare ad una carestia in Israele, dopo la morte di questo e dei figli, la moglie Naomi, suocera di Rut, decise di tornare in Israele, nonostante l'incerto futuro, ma pronta ad affrontare povertà e difficoltà.
Rut preferì lasciare la sua agiata famiglia di origine per rimanere con la suocera: "Dovunque andrai, io andrò; dovunque dormirai, io dormirò; it tuo popolo è il mio popolo e il tuo Dio è il mio Dio": queste furono le parole di Rut alla suocera.
Le due donne si stabilirono a Betlemme (circa 6 km da Gerusalemme), ma la loro vita era economicamente precaria, si adattavano a fare vari lavori, anche le spigolatrici sui campi di grano, raccogliendo le spighe cadute o lasciate dai mietitori.
La legge ebraica imponeva questo atto di carità nei confronti dei poveri: "Quando mieterai la messe della vostra terra, non mieterai fino al margine del campo e non raccoglierai ciò che resta da spigolare del tuo raccolto; lo lascerai per il povero e per il forestiero" (Levitico 23,22).Rut e Booz si sposarono. Dalla loro unione nacque Obed, che diverrà il nonno del re d'Israele, Davide, e da questo ebbe origine la discendenza, che comprende pure Giuseppe, il padre putativo di Gesù di Nazaret.Dio promise al re Davide che la sua discendenza regnerà per sempre su Israele e che da questa discendenza nascerà il Messia. La genealogia che conclude il libro di Ruth viene ripresa e citata nel versetto 5 del primo capitolo del Vangelo di Matteo.
(https://www.arteworld.it/wp-content/uploads/2016/01/La-raccolta-Pissarro-analisi.jpg)
Camille Pissarro, La raccolta del fieno, olio su tela, 1882, The National Museum of Western Art, Tokyo.
Restiamo nel mondo rurale, con quest'altro interessante dipinto realizzato da Pissarro.
Sulla sinistra e centro della scena ci sono 8 contadini, quattro donne e quattro uomini intenti a formare covoni di grano.
La donna in primo piano, con il cappello con strisce rosse, è quella che per prima attrae lo sguardo dell'osservatore.
Prospetticamente più lontano si vedono case nei pressi e sul rilievo collinare con alberi; un altro edificio si vede in lontananza al limite della zona pianeggiante; sulla destra, dopo l'uomo isolato che unisce i covoni, c'è un cavallo col manto bianco staccato dal carro, poi altri alberi.
(https://www.frammentiarte.it/wp-11-15/wp-content/uploads/2016/02/dallImpressionismo/Pissarro%20opere/27-pissarro-la-raccolta-del-fieno-a-mountfocault.jpg)
Camille Pissarro, La raccolta di fieno a Montfoucault, olio su tela, 1876, Musée d'Orsay, Parigi
Montfoucault al tempo di Pissarro era un villaggio nei pressi di Lassay-les-Châteaux, nel nord della Francia, non lontana da Le Mans.
In questo dipinto prevalgono i colori giallo e verde.
Il cielo è quasi coperto da nubi bianche.
I contadini sono sei: tre donne e tre uomini.
In primo piano, sulla sinistra un alto albero, un pagliaio, tre contadine con le tipiche cuffie bianche intente a rastrellare il fieno.
Dietro la raccoglitrice al centro delle tre c'è un altro pagliaio.
Sulla destra si vede un uomo alla guida del carro carico di fieno trainato da due cavalli bianchi, un altro uomo è vicino ai cavalli un altro ancora è sul retro del carro agricolo.
Sullo sfondo la collina boscosa.
Stamane oltre al virtuale caffè vi offro come pasticcino un noto dipinto di Vincent van Gogh, che prima di dedicarsi alla pittura preferì seguire il lavoro religioso paterno: pastore protestante. Con tale ruolo trascorse alcuni mesi tra i minatori poi rivolse la sua attenzione ai contadini, ai poveri e ai diseredati. A questi dette dignità artistica in numerosi suoi quadri.
Nei precedenti post ho descritto alcuni paesaggi realizzati da Camille Pissarro. Questo pittore tra il 1886 e il 1887 impartì lezioni sull'uso del colore all'olandese Vincent van Gogh (1853 – 1890), purtroppo morto in giovane età: 37 anni !.
Nel febbraio del 1888 Vincent si trasferì ad Arles, in Provenza, per dedicarsi alla raffigurazione dei suoi soggetti preferiti: paesaggi, nature morte con fiori, alberi di cipresso, campi di girasole o di grano.
Un bell'esempio paesaggistico è il suo dipinto titolato: "Il raccolto"
(https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/5/59/Vincent_van_Gogh_-_De_oogst_-_Google_Art_Project.jpg/800px-Vincent_van_Gogh_-_De_oogst_-_Google_Art_Project.jpg)
Vincent van Gogh, Il raccolto, olio su tela, 1888, Van Gogh Museum, Amsterdam
Questo dipinto raffigura la campagna di Arles, in Provenza, dove Vincent trascorse due anni, dal 1888 al 1890. Artisticamente furono per lui molto prolifici: dipinse centinaia di quadri per trasferire su tela la bellezza paesaggistica della zona.
"Il raccolto" lo realizzò nel giugno del 1888 dopo alcuni disegni preparatori.
In questo dipinto ci i sono elementi del paesaggio che permettono di individuare la zona.
In alto, sulla sinistra, l'Abbazia di Montmajour, con la torre di vedetta del XIV secolo.
Sullo sfondo, la piccola catena montuosa delle Alpilles, estrema propaggine delle Alpi nella bassa valle del Rodano.
Il cielo è sereno, i contadini sono al lavoro.
La disposizione delle varie tonalità del colore giallo permette di individuare il susseguirsi dei campi di grano nella pianura.
In primo piano c'è il grano maturo da mietere, il recinto del piccolo podere alberato entro il quale si vede un cavallo morello (= mantello equino nero) con sottosella bianco, intento a brucare l'erba.
Al di là dello steccato, sulla sinistra, il pagliaio con addossate due scale, covoni di grano in terra, un contadino con la camicia azzurra intento al lavoro, un carro agricolo con le sponde azzurrognole e un carrello di tonalità marrone.
Sulla destra, verso l'alto, un edificio bianco, alcuni alberi, un uomo su un carro agricolo trainato da un cavallo, col manto scuro.
Più al centro un altro uomo su un carro agricolo trainato da un cavallo col manto bianco.
Due contadini percorrono il sentiero davanti i due bianchi edifici rurali.
I colori prevalenti nella tela: il giallo del grano, il verde degli alberi e il blu del cielo.
Adesso vi mostro altri due famosi dipinti "spirituali" di Vincent van Gogh, rimanendo in tema: anche le notti stellate sono paesaggio.
(https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/e/ea/Van_Gogh_-_Starry_Night_-_Google_Art_Project.jpg/800px-Van_Gogh_-_Starry_Night_-_Google_Art_Project.jpg)
Vincent van Gogh, Notte stellata, olio su tela, 1889, Museum of Modern Art, New york
Vincent ritrasse questo paesaggio dalla finestra della stanza nell'ospedale psichiatrico di Saint-Rémy-de-Provence che prospetta sulla vallata dove c'è il villaggio di Saint-Rémy; sullo sfondo la catena montuosa delle Alpilles.
In una lettera al fratello Theo scrisse: "...guardare le stelle mi fa sempre sognare, così come lo fanno i puntini neri che rappresentano le città e i villaggi su una cartina. Perché, mi chiedo, i puntini luminosi del cielo non possono essere accessibili come quelli sulla cartina della Francia?" Inoltre, riferendosi a questo dipinto, scrisse: "...come se il cielo, passando attraverso i suoi gialli e i suoi azzurri, diventasse un irradiarsi di luci in moto per incutere un timor panico agli umani che sentono il mistero della natura".
Bella e luminosa la "falce" di luna in alto sulla destra ("gobba a levante, luna calante...).
In primo piano uno strano cipresso, il villaggio e la chiesa con campanile cuspidato, alberi sulla destra sullo sfondo le montagne. Si vedono le luci dalle finestre di alcune case.
La contemplazione di questo cielo stellato con alcuni vortici è affascinante e inquietante.
Varie tonalità dei colori blu e azzurro riempiono tutta la superficie dipinta. Come colore complementare il giallo della luna, delle stelle , delle luci evidenti dalle finestre di alcune case.
L'orizzonte è molto basso e la maggior parte della composizione è occupata dal cielo che rappresenta lo schermo emotivo e drammatico di van Gogh.
La profondità è evidenziata dal contrasto tra il grande cipresso in primo piano e il paesaggio con le case e gli alberi che si sovrappongono e diventano più piccoli in lontananza.
Ecco un'altra bella notte stellata dipinta da van Gogh
(https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/9/94/Starry_Night_Over_the_Rhone.jpg/991px-Starry_Night_Over_the_Rhone.jpg)
Vincent van Gogh, Notte stellata sul Rodano, olio su tela, 1888, Musée d'Orsay, Parigi
Ad Arles, tra le sponde del fiume scelse il punto che reputò adatto per rappresentare "Notte stellata sul Rodano".
In una lettera scrisse: "Sto lavorando [...] a uno studio del Rodano, della città illuminata dai lampioni a gas riflessi nel fiume blu. In alto il cielo stellato con il Gran Carro, un luccichìo di rosa e verde sul campo blu cobalto del cielo stellato, laddove le luci della città e i suoi crudeli riflessi sono oro rosso e verde bronzeo...".
In primo piano una coppia passeggia sulla riva del fiume.
Sullo sfondo, le luci della città di Arles.
Questo dipinto mi evoca una celebre frase del filosofo tedesco Immanuel Kant:
"Due cose riempiono l'animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me".
(dalla "Critica della ragion pratica").
Viceversa, il primo dipinto mi evoca il caos primigenio.
Che essendo origine di tutte le cose, è sempre latente.
Bob, oggi ti offro un altro interessante dipinto riguardante le spigolatrici nel paesaggio, fu realizzato dal pittore francese Jean-François Millet (1814 – 1875).
(https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/1/1f/Jean-Fran%C3%A7ois_Millet_-_Gleaners_-_Google_Art_Project_2.jpg/800px-Jean-Fran%C3%A7ois_Millet_-_Gleaners_-_Google_Art_Project_2.jpg)
Jean-François Millet, Le spigolatrici, olio su tela, 1857, Museo d'Orsay, Parigi
In primo piano tre donne del proletariato rurale sono intente alla raccolta delle spighe di grano rimaste sul terreno dopo la mietitura. Nel cielo con nuvole bianche vola uno stormo di uccelli (in alto sulla destra).
Sul fondo, a sinistra, due pagliai: vicino al primo pagliaio c'è un uomo a cavallo; un altro uomo è sul carro carico di steli di grano trainato da due cavalli; numerosi contadini (indossano abiti prevalente bianchi) sono dediti alla mietitura, controllati dal fattore (massaro) su un cavallo col manto nero; verso l'orizzonte abitazioni, magazzini e alberi.
Questo quadro è considerato un capolavoro del "realismo" o "verismo": movimento pittorico e letterario sviluppato dagli anni '40 del XIX secolo anche in Italia.
Il realismo tentava di cogliere la realtà sociale, senza allegorie. E Millet, figlio di poveri contadini, nella vita agreste ebbe la sua ispirazione artistica. Nel febbraio del 1851 scrisse: "... Ciò che di più allegro conosco è questa calma, questo silenzio di cui si gioisce così intimamente all'interno del bosco o sui campi arati. Mi direte che questo discorso è molto da sognatore, di un sogno triste, anche se certo dolcissimo [...] ma è lì, secondo me, che si trova la vera umanità, la grande poesia".
Questo pittore dipinse con vicinanza affettiva la vita dei contadini, dei pastori, dei taglialegna, la loro faticosa quotidianità dall'alba al tramonto, la loro non voluta austerità, il senso religioso della vita e del lavoro.
"Perché mai – scrisse – il lavoro di un piantatore di patate o di un piantatore di fagioli dovrebbe essere meno interessante o meno nobile di qualsiasi altra attività? Si dovrebbe riconoscere che la nobiltà o la bassezza risiedono nel modo in cui tali cose vengono comprese o rappresentate, non nelle cose in sé".
I soggetti più ricorrenti della sua pittura: la famiglia e la figura della donna rappresentata nella propria abitazione, mentre spazza la casa, inforna il pane, rammenda un vestito alla luce di una lampada, fila la lana, prepara il burro, si pettina accanto a una finestra, imbocca i figli piccoli.
Millet presentò il lavoro delle madri come forma di amorevole servizio e non come faticoso dovere. Alcune volte nei suoi dipinti ci sono madri che insegnano ai propri bambini a leggere o a lavorare. Compito della donna non è solo occuparsi della cura del corpo ma educare. Spesso collocò una madre con il bimbo in braccio accanto al compagno che innesta un albero o aggiusta un attrezzo.
La raffigurazione del lavoro rurale e la religiosità nella vita domestica diedero a Millet l'apprezzamento del pubblico. Furono soprattutto gli americani ad amare il suo talento: infatti gran parte delle sue opere si trovano oggi in musei e collezioni degli Stati Uniti.
(https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/1/17/JEAN-FRAN%C3%87OIS_MILLET_-_El_%C3%81ngelus_%28Museo_de_Orsay%2C_1857-1859._%C3%93leo_sobre_lienzo%2C_55.5_x_66_cm%29.jpg/800px-JEAN-FRAN%C3%87OIS_MILLET_-_El_%C3%81ngelus_%28Museo_de_Orsay%2C_1857-1859._%C3%93leo_sobre_lienzo%2C_55.5_x_66_cm%29.jpg)
Jean-François Millet, Angelus, olio su tela, 1858 – 1859, Museo d'Orsay, Parigi
"Angelus" è una preghiera. Veniva (viene ?) recitata tre volte al giorno (alba, mezzogiorno, tramonto). La rammento perché quando ero adolescente la domenica mattina frequentavo la parrocchia, anche per giocare a pallacanestro con gli amici nel campetto della chiesa.
Quando mancava 5 minuti a mezzogiorno, don Egidio ci faceva smettere di giocare, dovevamo attendere il suono delle campane delle ore 12, e subito dopo dovevamo recitare la preghiera dell'Angelus intercalata da varie Ave Maria.
Ancora mi ricordo l'incipit: "Angelus Dòmini nuntiàvit Mariæ et concépit de Spiritu Sancto"" (= "L'angelo del Signore" ha annunciato a Maria.... Ed ella concepì per opera dello Spirito Santo").
Questa preghiera invita i fedeli a pregare in ricordo dell'incarnazione del Figlio di Dio. Ed è ciò che stanno facendo i due contadini raffigurati nel dipinto al suono delle campane della chiesa (accennata sullo sfondo, nel Comune di Chailly-en-Bière, nel Cantone di Fontainebleau): hanno sospeso la raccolta delle patate per pregare, col capo chino e le mani giunte raccolte verso il petto.
Accanto all'uomo c'è il forcone conficcato nel terreno, nella parte destra della donna si vede la carriola con dentro i sacchi pieni, invece vicino al suo piede sinistro c'è il cesto di vimini con le vivande.
Millet sembra aver dato monumentalità ai due contadini in preghiera durante il tramonto. In alto a destra si vede lo stormo di uccelli in volo.
Per questa opera l'artista trasse ispirazione da un ricordo infantile in Normandia.
Egli nel 1865 scrisse: "L'Angelus è un quadro che ho dipinto ricordando i tempi in cui lavoravamo nei campi e mia nonna, ogni volta che sentiva il rintocco della campana, ci faceva smettere per recitare l'angelus in memoria dei poveri defunti".
Il suo scopo non era quello di esaltare un momento religioso (egli non era un praticante), ma di illustrare con la pittura una delle fasi che segnano periodicamente lo scorrere della vita agreste.
Nel 1910 quest'opera entrò a far parte delle collezioni del museo del Louvre. Fu sfregiato da un folle nel 1932.
Nel 1986 il dipinto fu trasferito nel museo d'Orsay, dov'è tuttora esposto.
Questo pittore riesce a cogliere la spiritualità presente in ogni momento di vita.
Vi riesce, perché ciò che lo anima è l'amore.
È sempre così.
Se in me prevale l'amore, ogni cosa si illumina di infinito.
Buongiorno Bob, oggi ti dedico "L'Angelus" disegnato da van Gogh
(https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/d/d3/Angelus_Van_Gogh.jpg/800px-Angelus_Van_Gogh.jpg)
Vincent van Gogh, L'Angelus, disegno a matita, acquerello e gessetto, 1880, Museo Kröller-Müller, Otterlo (frazione del Comune di Ede, Olanda).
(https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/b/be/Otterlo_anzicht.jpg/260px-Otterlo_anzicht.jpg)
Veduta parziale di Otterlo
Nel 1880 van Gogh si dedicò al tema della vita in campagna e realizzò questa copia (reinterpretata in modo personale) del noto dipinto di Millet. Ne parla in una lettera indirizzata al fratello Theo: "Millet è padre, Millet. . . consulente e mentore in tutto per giovani artisti,".
Van Gogh ammirava e studiava anche le opere di Rembrandt e Johannes Vermeer, ma i dipinti di Jean-François Millet lo influenzarono molto, in particolare l'Angelus. Questo quadro fu riferimento iconografico anche per altri noti artisti, come Salvador Dalì, che gli dedicò il suo libro titolato: "Il mito tragico dell'Angelus di Millet". In una pagina c'è scritto: "Nel giugno 1932 si presenta d'improvviso al mio spirito, senza che alcun ricordo recente né associazione cosciente possa darne un'immediata spiegazione, l'immagine dell'Angelus di Millet. Tale immagine costituisce una rappresentazione visiva nettissima e a colori. È pressoché istantanea e non dà seguito ad altre immagini. Ne sono grandemente impressionato, grandemente turbato, poiché, nonostante che nella mia visione di tale immagine tutto corrisponda esattamente alle riproduzioni del quadro da me conosciute, essa mi appare nondimeno assolutamente modificata e carica di una tale intenzionalità latente che l''Angelus di Millet diventa d'improvviso per me l'opera pittorica più inquietante, più enigmatica, più densa, più ricca di pensieri inconsci che sia mai esistita".
Nell'Angelus dipinto da Millet (post n. 96) sono raffigurati i due contadini nel momento della preghiera, indicata dal suono delle campane nella chiesa di Chailly-en-Bière. Questo villaggio è vicino a Barbizon, località nei pressi della foresta di Fontainebleu, circa 60 km a sud di Parigi.
Nel XIX secolo I villaggi di Chailly-en-Bière, Bourron-Marlotte e Barbizon, ospitarono comunità di artisti, diversi per temperamento artistico e stile. Essi volevano stare a contatto della natura, lontano dalla capitale. Successivamente alcuni di essi confluirono nella famosa corrente pittorica dell'Impressionismo.
Tra il 1830 e il 1870 a Barbizon fu attiva una famosa scuola di pittura paesaggistica en plein air, nota come "corrente pittorica paesaggista del realismo". Gli artisti sperimentarono lo studio dal vero.
Millet, per primo, introdusse nel paesaggio la raffigurazione di personaggi dediti ai lavori agricoli. Egli abitò in questo villaggio dal 1849 al 1875, anno della sua morte.
La Scuola pittorica di Barbizon ebbe anche un ruolo importante per la protezione e conservazione della natura. Infatti nel 1848 i "Barbisonniers" riuscirono a far tutelare la "Riserva artistica del foresta di Fontainebleu", minacciata dal progetto di disboscamento.
(https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2022/08/La-foresta-di-Fontainebleau-nei-pressi-di-Barbizon-Francia.-Photo-%C2%A9-Dario-Bragaglia.jpg)
La foresta di Fontainebleau nei pressi di Barbizon: non più villaggio ottocentesco quando gli artisti si mescolavano a poveri contadini, boscaioli e allevatori di bestiame. E' diventato un paese con ville; sulla rue Grande, la strada principale, ci sono gallerie d'arte, piccoli musei, residenze di artisti, ristoranti e bar affollati di parigini che nel fine settimana amano fare la cosiddetta "gita fuori porta".
(https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2022/08/Chateau-Fountainebleau-Francia-photo-%C2%A9CRT-IDFTripelon-Jarry.jpg)
Castello di Fountainebleau
Testimonia le epoche e i gusti dei sovrani che lo hanno abitato ed è anche associato a importanti eventi storici come l'abrogazione dell'Editto di Nantes nel 1685 e l'abdicazione di Napoleone I nel 1814.
L'origine del toponimo deriva da una fontana (oggi situata nel Jardin Anglais), intorno alla quale fu costruito un padiglione di caccia. Fu poi il re di Francia Francesco I (sul trono dal 1515 al 1547) a trasformare il padiglione di caccia nel magnifico palazzo che possiamo ammirare tuttora, lievemente modificato dagli interventi dei successivi monarchi.
La residenza fu gradita sia da Napoleone I Bonaparte, che nelle sue memorie non esitò a descriverlo come la "vraie demeure des rois, maison des siècles" (vera dimora dei re, la casa dei secoli), sia da Napoleone III, suo assiduo frequentatore.
Con le sue 1500 stanze, è uno dei castelli più belli e meglio arredati di tutta la Francia.
Dalla scalinata a ferro di cavallo che orna la facciata principale del palazzo, nel 1814 Napoleone I, in procinto di partire per l'esilio, tenne un commovente discorso di addio.
(https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2022/08/Il-Castello-di-Fontainebleau-visto-da-parterre-Francia.-Photo-%C2%A9-Dario-Bragaglia_3.jpg)
Scalinata a ferro di cavallo
Diversamente dalla gran parte delle città francesi costruite intorno ad una chiesa, a Fontainebleau le case sono costruite nelle vicinanze del castello, che ne ha influenzato la forma urbanistica ed architettonica.
Il pittore inglese John Constable (1776 – 1837) è considerato un caposcuola del paesaggismo romantico. Da Pieter Paul Rubens e da Thomas Gainsborough apprese la tecnica per la ricerca degli effetti di luce.
Le opere di Constable influenzarono altri noti pittori, fra i quali Jean-François Millet (che per primo introdusse nel paesaggismo le figure di umili persone) e Jean-Baptiste Camille Corot.
Constable è noto per i suoi dipinti che ritraggono la campagna di Dedham Vale, località vicina al suo villaggio natio: East Bergholt, nel Suffolk.
Tra i suoi dipinti più celebri: "Il carro da fieno" e "La cattedrale di Salisbury vista dai terreni del vescovo".
"Il carro da fieno".
(https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/d/d9/John_Constable_The_Hay_Wain.jpg/1024px-John_Constable_The_Hay_Wain.jpg)
John Constable, Il carro da fieno, olio su tela, 1821, National Gallery, Londra.
In primo piano: nell'ansa del fiume Stour il vuoto carro per il trasporto del fieno trainato da due cavalli. Forse è nell'acqua per consentire agli animali di bere.
Vicini al carro ci sono due contadini. Quello con il cappello nero ha il braccio destro sollevato, con l'indice della mano sembra indicare e ordinare al cane sulla riva di tornare a casa.
(https://w0.peakpx.com/wallpaper/430/336/HD-wallpaper-john-constable-the-hay-wain-detail-painting-nineteenth-century-landscape-england.jpg)
dettaglio
In lontananza si vedono i lavoratori nei campi, sono come piccoli puntini bianchi.
Sulla sinistra del dipinto c'è una casa. Dal comignolo si vede uscire il fumo. Davanti l'abitazione c'è una donna che attinge acqua nel fiume; dietro di lei si vede una brocca di terracotta; sulla sponda opposta, tra i due alberi, un ragazzo sta lanciando la lenza per pescare.
La parte superiore del dipinto è occupato da nuvole di diverso colore.
Cattedrale di Salisbury
(https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/3/35/Salisbury_from_old_Sarum.jpg)
foto con parziale veduta di Salisbury (Regno Unito). La città dista circa 10 km da Stonehenge, sito neolitico.
(https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/a/ae/Salisbury_Cathedral.jpg/800px-Salisbury_Cathedral.jpg)
foto con la veduta laterale della Cattedrale di Salisbury.
(https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/9/9a/Catedral_de_Salisbury%2C_Salisbury%2C_Inglaterra%2C_2014-08-12%2C_DD_58.JPG/800px-Catedral_de_Salisbury%2C_Salisbury%2C_Inglaterra%2C_2014-08-12%2C_DD_58.JPG)
facciata della cattedrale di Salisbury, dedicata alla Beata Vergine Maria (Blessed Virgin Mary).
L'architettura della chiesa è un esempio del primo gotico inglese. Fu in gran parte costruita in soli 38 anni, dal 1220 al 1258.
La visitabile guglia è la più alta del Regno Unito: 123 metri. Nel piccolo museo ecclesiastico sono conservati il più antico orologio del mondo (del 1386) e una delle quattro copie originali superstiti della Magna Carta.
La cattedrale nei dipinti del noto pittore inglese John Constable
(https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/f/f5/John_Constable_017.jpg/800px-John_Constable_017.jpg)
John Constable: La cattedrale di Salisbury vista dai giardini del vescovo (Salisbury Cathedral from the Bishop's Grounds), olio su tela, 1823, Victoria and Albert Museum, Londra.
Questo dipinto fu commissionato al pittore da suo zio, John Fisher, vescovo di Salisbury.
La prima versione del dipinto (vedi foto sopra) fu rifiutata dal prelato perché non gli piaceva il cielo eccessivamente nuvoloso.
L'artista ne fece un'altra versione simile, ma con meno nuvole e più chiare
(https://www.finestresullarte.info/operadelgiorno/john-constable-la-cattedrale-di-salisbury-vista-dai-giardini-del-vescovo.jpg)
John Constable: La cattedrale di Salisbury vista dai giardini del vescovo (seconda versione), olio su tela, 1825 circa, conservata al Metropolitan Museum of Art di New York.
In primo piano, la vegetazione: due alberi hanno il tronco piegato e verso l'alto formano quasi un arco gotico che sembra incorniciare la chiesa, vista da Sud.
A sinistra c'è il vescovo Fisher con la moglie, in abito bianco e scialle rosso. Il prelato ha il braccio destro sollevato, nella mano regge il bastone da passeggio e con questo indica la cattedrale.
Ill prato è solcato da un ruscello. Due mucche si abbeverano nel corso d'acqua, altre due brucano l'erba nel prato.
Constable ha popolato il cielo con basse nuvole grigio-scure nella versione del 1823 e con bianche nubi nella versione del 1825.
L'artista elaborò le due versioni direttamente sul posto, all'aperto, per vedere meglio la luce che in questo caso proviene da destra è illumina la cattedrale; per contrasto, sulla sinistra, l'ombra sul prato proiettata dai frondosi alberi.
I colori prevalenti: l'azzurro e il verde.
Del pittore inglese John Constable mi piace anche questo paesaggio
(https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/4/4a/John_Constable_028.jpg/800px-John_Constable_028.jpg)
John Constable, Wivenhoe Park (Essex), olio su tela, 1816, National Gallery of Art, Washington, D.C., U. S. A..
In quel tempo la superficie di Wivenhoe Park era di 81 ettari,. E' situata a Est di Colchester, in Inghilterra.
La grande tenuta era della famiglia Rebow. Il maggiore generale Rebow, un amico del padre di Constable, chiese all'artista di ritrarre alcune zone del parco, specificando che alcune caratteristiche dovevano essere incluse nel dipinto.
Il pittore organizzò armoniosamente le richieste del committente modificando la reale posizione di alcuni elementi, come la casa padronale in collina, il corso d'acqua, la "casa dei cervi", non visibili dallo stesso punto di vista.
Realizzare questo dipinto era importante per Constable: aveva bisogno del denaro pattuito per potersi sposare con Maria Bicknell, amata da lungo tempo.
L'opera fu terminata nel settembre del 1816 e la coppia si sposò il 2 ottobre 1816, dopo un lungo periodo di fidanzamento.
Il dipinto
La scena sembra ambientata in un tranquillo pomeriggio d'estate, con le mucche al pascolo entro la sconnessa recinzione lignea, ci sono gruppi di alberi, grigie nuvole nel cielo, la luce solare illumina i prati ed è riflessa dal corso d'acqua.
La giovane driver, Mary Rebow, è insieme ad un amico sul calesse trainato da un asino, sul pendio a sinistra. Il foulard rosso era uno degli accessori preferiti della ragazza, è come un lampo di colore nella composizione dominata dalle tonalità verdi, azzurre e marroni.
(https://cdn.kastatic.org/ka-perseus-images/5df74acb61aaeace4479a3e3c89b3a74eacaf078.jpg)
Mary Rebow con il suo amico sul calesse trainato dall'asino
A destra, in cima alla collina, si vede parte dell'edificio del proprietario della tenuta.
(https://cdn.kastatic.org/ka-perseus-images/198ddcfdcc8fc7edef13fff3f7fd370e68f79e54.jpg)
veduta parziale della casa
(https://web.archive.org/web/20150505002442im_/https://ka-perseus-images.s3.amazonaws.com/daae19e312ea445bddd28ff05335c1523e5ff860.jpg)
al margine del boschetto la chiusa idraulica con paratoia; il piccolo bacino di contenimento della massa d'acqua; in primo piano la petrosa diga sovrastata dal ponte, percorso da due uomini, all'inizio sulla destra.
(https://cdn.kastatic.org/ka-perseus-images/1fb7074ef405211339b906ffeeba6a8988f46e7d.jpg)
i due cigni sembrano veri.
(https://cdn.kastatic.org/ka-perseus-images/38492393ba93c6455d67fb154d6b926cb9a529e2.jpg)
due pescatori nella barca sistemano nel fiume la rete da pesca (sciabica), aiutati da altre persone sulla sponda. Uno di loro, con la camicia bianca, è con le gambe nell'acqua.
(La sciabica è una rete a strascico con assetto verticale, per pesce piccolo. Viene usata al mare ma anche nei fiumi. Nel mare è usata sotto-costa in bassi fondali.
La tecnica di pesca prevede di mantenere un capo della rete a terra mentre una barca a remi la depone a semicerchio nell'acqua fino a condurre l'altro capo a terra. Per raccogliere il pescato la sciabica viene tirata a terra da due squadre di pescatori).
In cima al dosso si vede il tetto spiovente della "casa dei cervi".
Dal 1964 Wivenhoe Park è dell'Università dell'Essex.