Morte e battesimo di Clorinda

Aperto da loreT815, 18 Dicembre 2017, 17:55:13 PM

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loreT815

64
Ma ecco omai l'ora fatale è giunta
che 'l viver di Clorinda al suo fin deve.
Spinge egli il ferro nel bel sen di punta
che vi s'immerge e 'l sangue avido beve;
e la veste, che d'or vago trapunta
le mammelle stringea tenera e leve,
l'empie d'un caldo fiume. Ella già sente
morirsi, e 'l piè le manca egro e languente. 

65
Segue egli la vittoria, e la trafitta
vergine minacciando incalza e preme.
Ella, mentre cadea, la voce afflitta
movendo, disse le parole estreme;
parole ch'a lei novo un spirto ditta,
spirto di fé, di carità, di speme:
virtú ch'or Dio le infonde, e se rubella
in vita fu, la vuole in morte ancella. 

66
«Amico, hai vinto: io ti perdon... perdona
tu ancora, al corpo no, che nulla pave,
a l'alma sí; deh! per lei prega, e dona
battesmo a me ch'ogni mia colpa lave.»
In queste voci languide risuona
un non so che di flebile e soave
ch'al cor gli scende ed ogni sdegno ammorza,
e gli occhi a lagrimar gli invoglia e sforza. 

67
Poco quindi lontan nel sen del monte
scaturia mormorando un picciol rio.
Egli v'accorse e l'elmo empié nel fonte,
e tornò mesto al grande ufficio e pio.
Tremar sentí la man, mentre la fronte
non conosciuta ancor sciolse e scoprio.
La vide, la conobbe, e restò senza
e voce e moto. Ahi vista! ahi conoscenza! 

68
Non morí già, ché sue virtuti accolse
tutte in quel punto e in guardia al cor le mise,
e premendo il suo affanno a dar si volse
vita con l'acqua a chi co 'l ferro uccise.
Mentre egli il suon de' sacri detti sciolse,
colei di gioia trasmutossi, e rise;
e in atto di morir lieto e vivace,
dir parea: «S'apre il cielo; io vado in pace.» 

69
D'un bel pallore ha il bianco volto asperso,
come a' gigli sarian miste viole,
e gli occhi al cielo affisa, e in lei converso
sembra per la pietate il cielo e 'l sole;
e la man nuda e fredda alzando verso
il cavaliero in vece di parole
gli dà pegno di pace. In questa forma
passa la bella donna, e par che dorma. 

70
Come l'alma gentile uscita ei vede,
rallenta quel vigor ch'avea raccolto;
e l'imperio di sé libero cede
al duol già fatto impetuoso e stolto,
ch'al cor si stringe e, chiusa in breve sede
la vita, empie di morte i sensi e 'l volto.
Già simile a l'estinto il vivo langue
al colore, al silenzio, a gli atti, al sangue. 
(Gerusalemme Liberata, XII, 64-70)

Mi ha veramente colpito questa parte dell'opera. Mi ha lasciato abbastanza heartbroken, come direbbero gli inglesi. Mi ha ricordato la frase di Shakespeare che mi piace tanto e ho come firma qui sul forum, tratta da Romeo and Juliet

"What greater punishment is there than life when you've lost everything that made it worth living?"
"Quale punizione più grande che la vita quando hai perso tutto ciò che la rendeva degna di essere vissuta?"

Ricordo che tempo fa mentre scrivevo pensavo a quale potesse essere una delle cose peggiori che ti potessero accadere in vita. E ricordo anche che descrissi qualcosa di molto simile a ciò che Tasso ha descritto in questo frangente. Tancredi amava Clorinda con tutto sè stesso, avrebbe dato e fatto qualsiasi cosa per lei. Ed essere responsabile della sua morte... non posso neanche immaginare il dolore. 
"Ella, mentre cadea, la voce afflitta
movendo, disse le parole estreme"
"In queste voci languide risuona
un non so che di flebile e soave
ch'al cor gli scende ed ogni sdegno ammorza,
e gli occhi a lagrimar gli invoglia e sforza."
"Tremar sentí la man, mentre la fronte
non conosciuta ancor sciolse e scoprio.
La vide, la conobbe, e restò senza
e voce e moto."

Questi passaggi in particolare mi hanno lasciato un po di vuoto dentro...
What greater punishment is there than life when you've lost everything that made it worth living? 

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