L'abbandono della metrica fu un guadagno?

Aperto da Ercole, 15 Settembre 2018, 20:45:03 PM

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Ercole

Al liceo ammiravo profondamente Ungaretti, Montale e Quasimodo per il disinvolto uso che facevano della metrica in poesia: mi sembrava che finalmente ci fosse qualcuno che parlasse con sincerità, senza sottostare a regole stilistiche, inconciliabili con la complessità dell'esistenza. Ora che sono passati vent'anni trovo invece che l'abbandono della metrica fu una perdita incalcolabile... spesso mi sembra che la poesia abbia perso ogni "specializzazione" e che si sia ridotto a puro sfogo emotivo.

Cosa ne pensate?

viator

Salve. Beh.....i tempi corrono e gli artisti non vogliono certo restare indietro. Il problema è complesso. Gli artisti hanno sempre ambito il vivere d'arte....cioè il poter ricavarne di che vivere......possibilmente bene. Il digiuno prolungato nuoce alla produzione artistica sino ad arrivare talvolta ad impedirla !.
Una volta c'erano o mecenati od i committenti che provvedevano, anche se nel farlo limitavano ovviamente la libertà creativa dell'artista.
Allo scomparire di queste figure si accompagnava poi la nascita del commercio e della sempre più rapida ed universale comunicazione, quindi anche artistica.
Ovvio che la produzione artistica si sia dovuta adeguare ai nuovi tempi e ai nuovi modi.
I quali richiedono maggior velocità e maggior semplicità espressiva.
Musica melodica.....armonia ?? Ma di che si ciancia ?. Oggi è molto meno faticoso "creare" e proporre le più variegate fantasie sonore possibilmente guarnite da testi incomprensibili più o meno gutturali (l'incomprensibilità fa tanto arte esotica).
Statue in marmo ? Con il tempo e la fatica che costano ? Siamo pazzi ??.
Metrica e rime...........Ma non facciamo ridere ! Da oggi scriveremo in prosa libera (altro oggi la poesia non è) e, previo accordo con la critica letteraria professionale, la chiameremo poesia.
Benché la vera poesia non abbia bisogno di metrica e rime, essa è troppo rara e preziosa perché si possa farne commercio. Perciò occorre ravvivare il mercato, ed allo scopo andranno benissimo anche scarti e surrogati. Tanto poi i "miti" della poetica moderna si potranno benissimo creare a tavolino (Un caso per tutti : una certa Alda Merini - che come persona ho sempre rispettato ma come poetessa non è proprio mai esistita) Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ercole

Citazione di: viator il 15 Settembre 2018, 22:34:44 PM
Salve. Beh.....i tempi corrono e gli artisti non vogliono certo restare indietro. Il problema è complesso. Gli artisti hanno sempre ambito il vivere d'arte....cioè il poter ricavarne di che vivere......possibilmente bene. Il digiuno prolungato nuoce alla produzione artistica sino ad arrivare talvolta ad impedirla !.
Una volta c'erano o mecenati od i committenti che provvedevano, anche se nel farlo limitavano ovviamente la libertà creativa dell'artista.
Allo scomparire di queste figure si accompagnava poi la nascita del commercio e della sempre più rapida ed universale comunicazione, quindi anche artistica.
Ovvio che la produzione artistica si sia dovuta adeguare ai nuovi tempi e ai nuovi modi.
I quali richiedono maggior velocità e maggior semplicità espressiva.
Musica melodica.....armonia ?? Ma di che si ciancia ?. Oggi è molto meno faticoso "creare" e proporre le più variegate fantasie sonore possibilmente guarnite da testi incomprensibili più o meno gutturali (l'incomprensibilità fa tanto arte esotica).
Statue in marmo ? Con il tempo e la fatica che costano ? Siamo pazzi ??.
Metrica e rime...........Ma non facciamo ridere ! Da oggi scriveremo in prosa libera (altro oggi la poesia non è) e, previo accordo con la critica letteraria professionale, la chiameremo poesia.
Benché la vera poesia non abbia bisogno di metrica e rime, essa è troppo rara e preziosa perché si possa farne commercio. Perciò occorre ravvivare il mercato, ed allo scopo andranno benissimo anche scarti e surrogati. Tanto poi i "miti" della poetica moderna si potranno benissimo creare a tavolino (Un caso per tutti : una certa Alda Merini - che come persona ho sempre rispettato ma come poetessa non è proprio mai esistita) Saluti.
Come vedi in questa lettura i due grandi, cioè Ungaretti e Montale? Furono astuti osservatori del mercato o incolpevoli iniziatori?

viator

Salve Ercole. Due ultimi esponenti italiani della poesia. Poesia ispirata per il primo e poesia culturale per il secondo. Degnissimi candidati al Nobel.
La lapidarietà del mio modo di esprimermi non ti induca a credere che io possieda o semplicemente vanti una qualche formazione o competenza letteraria.
Io sono il (come cantava Celentano) il re degli ignoranti, lontanissimo da frequentazioni artistiche. Solo che, essendo sempre stato estraneo all'arte, ho almeno avuto il privilegio di poterla osservare dall'esterno.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

sgiombo

#4
Penso che la metrica, come la rima e l' allitterazione, cioé quegli "artifici stilistici" che caratterizzano la poesia classica (e anche in origine la musica delle canzoni) siano espedienti mnemonici usati anticamente, prima dell' invenzione della scrittura, per tramandare fedelmente alle generazioni successive racconti e considerazioni ritenute pregevoli o a vario titolo importanti, che poi si sono "perpetuate" come elementi stilistici e "decorativi tradizionalistici"  nobilitanti una certa letteratura (per l' appunto poetica). Ciò non toglie ovviamente nulla -anzi!- alla grandezza artistica della poesia tradizionale e dei poeti del passato -mi vengono in mente soprattutto Dante s Shakespeare- che stava anche nell' esprimersi metricamente con grande efficacia secondo un "ritmo interiore" dei sentimenti universalmente condiviso.

Ma quello della metrica (e della rima) "obbligatoria in poesia" era comunque una sorta di equivoco che prima o poi doveva sciogliersi: un "ritmo interiore" di grande efficacia espressiva può benissimo seguire andamenti non aprioristicamente codificati, in origine a scopo meramente mnemonico!

Secondo me un grande passo avanti in questo senso lo  dobbiamo al sommo Leopardi che, negli anni in cui per esempio un Manzoni usava abbondantemente le rime e una metrica a versi corti particolarmente "cantilenante" e a mio parere talora poco consona ai contenuti che esprimeva* (penso ai cori di tragedie come l' Adelchi; e anche quando la era, e magnificamente, come nel Cinque Maggio, la era a mio parere solo per la genialità dell' autore, e a dispetto della "costrizione formale adottata"; e forse anche perché particolarmente adatta al personaggio di cui trattava, grandissimo uomo d' azione del quale "securo il fulmine tenea dietro al baleno"), adottò gli endecasillabi e settenari sciolti: una coraggiosissima "rivoluzione stilistica"!




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* Oddio, mi sono permesso di criticare con scarsa o nulla delicatezza un "mostro sacro"!
Vi prego d non infierire troppo su di me!

cvc

C'è effettivamente il rischio che la metrica possa stereotipare l'espressività o renderla banale. Un po' come avviene con la rima nelle canzoni di oggi dove qualsiasi fesseria va bene purché sia in rima. Però la metrica conferisce una sorta di regolarità che aggiunge una nota musicale al verbo e ne eleva l'impatto.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

sapa

La metrica in poesia era un canone. Penso a Leopardi, un grandissimo conoscitore dei classici e forse il primo che, in metrica, ha cominciato a forzarla e a modernizzarla, adattandola allo "stream of consciousness" che lui forse per primo e poi nel 900 la poesia ha sentito di dover esprimere. Ungaretti, pur in metrica libera, è stato uno scultore del verso poetico, Montale un musicista, come Quasimodo. Prima di loro, un Carducci teorico della metrica  e poi Pascoli e D'Annunzio hanno proseguito il lavoro di Leopardi e portato nella poesia il colore, il suono, i profumi, una tridimensionalità sensoriale che, a mio avviso, difficilmente si sarebbe potuto costringere in un sonetto o in altra forma metrica canonizzata. Ai tempi di Dante, un sonetto come "Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io" era comunicazione, più ancora che poesia, e strappava gli applausi. Una comunicazione virtuosistica, come quella del corteggiamento. La poesia metrica aveva quindi uno scopo, quello di divertire e piacere, in una specie di certamen poetico generale. Questo scopo, dal 900 in poi, è venuto meno, il poeta si è trovato senza uditorio, a parlare principalmente a sè stesso, non più un cantore o un rapsode, ma uno scrittore e basta. Da qui, perso il ritmo e la musicalità metrica, sono  emersi la musicalità e il colore verbali. Amo moltissimo Ungaretti e Montale, nelle loro poesia non sento affatto la mancanza di una metrica fissa.

sapa

Citazione di: sgiombo il 18 Settembre 2018, 09:12:37 AM
Penso che la metrica, come la rima e l' allitterazione, cioé quegli "artifici stilistici" che caratterizzano la poesia classica (e anche in origine la musica delle canzoni) siano espedienti mnemonici usati anticamente, prima dell' invenzione della scrittura, per tramandare fedelmente alle generazioni successive racconti e considerazioni ritenute pregevoli o a vario titolo importanti, che poi si sono "perpetuate" come elementi stilistici e "decorativi tradizionalistici"  nobilitanti una certa letteratura (per l' appunto poetica). Ciò non toglie ovviamente nulla -anzi!- alla grandezza artistica della poesia tradizionale e dei poeti del passato -mi vengono in mente soprattutto Dante s Shakespeare- che stava anche nell' esprimersi metricamente con grande efficacia secondo un "ritmo interiore" dei sentimenti universalmente condiviso.

Ma quello della metrica (e della rima) "obbligatoria in poesia" era comunque una sorta di equivoco che prima o poi doveva sciogliersi: un "ritmo interiore" di grande efficacia espressiva può benissimo seguire andamenti non aprioristicamente codificati, in origine a scopo meramente mnemonico!

Secondo me un grande passo avanti in questo senso lo  dobbiamo al sommo Leopardi che, negli anni in cui per esempio un Manzoni usava abbondantemente le rime e una metrica a versi corti particolarmente "cantilenante" e a mio parere talora poco consona ai contenuti che esprimeva* (penso ai cori di tragedie come l' Adelchi; e anche quando la era, e magnificamente, come nel Cinque Maggio, la era a mio parere solo per la genialità dell' autore, e a dispetto della "costrizione formale adottata"; e forse anche perché particolarmente adatta al personaggio di cui trattava, grandissimo uomo d' azione del quale "securo il fulmine tenea dietro al baleno"), adottò gli endecasillabi e settenari sciolti: una coraggiosissima "rivoluzione stilistica"!




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* Oddio, mi sono permesso di criticare con scarsa o nulla delicatezza un "mostro sacro"!
Vi prego d non infierire troppo su di me!
Ciao Sgiombo, non solo non mi sento di infierire per la tua critica alla metrica manzoniana, ma aggiungo che a me è sempre sembrata orrenda, tanto da inibirmi o quasi il desiderio di lettura delle sue opere pooetiche. Ben diverso, invece, il suo spessore di romanziere, lì veramente un sommo!

iano

#8
Ma , se non per la rima , per cosa si distingue la poesia?
Direi per una libertà espressiva, detta appunto libertà poetica, i cui motivi di seduzione sono ancora più tali se non ben espliciti , anche per il poeta stesso, trovati più che cercati.
Se l'essenza della poesia è questa libertà allora la poesia è più un esercizio privato che darà forma e carattere alla pubblica  prosa di chi la ha pratica., più che qualcosa da pubblicare.
È un utile esercizio che chiunque oggi può permettersi.
Se si vogliono usare le parole in modo appropriato e ricco, bisogna prima prenderei la libertà di giocarci.
Poi è anche vero che alcune arti esprimono il meglio di se' quando poste sotto la costrizione di regole fisse.
Sarà pure difficile ricordare una poesia non in rima, ma come alcuni di voi hanno fatto notare e' finito il tempo della trasmissione orale del sapere.
Una mia vecchissima e amatissima zia , recentemente morta , ormai verso la fine , quando si inizia a sragionare , ha iniziato a verseggiare poesie a memoria e tante , che a fatica siamo riusciti a trascriverle in parte.
Non aveva neanche la quinta elementare e in sanità di mente non ne aveva mai recitata alcuna.
Una amatissima zia che era anche un patrimonio culturale come abbiamo scoperto troppo tardi , e ciò se possibile, ha amplificato il senso della perdita dolorosa e irrimediabile.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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